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Autore: lupacchiotta blu    19/04/2014    2 recensioni
Fabio corre a perdifiato per le vie della sua città. Corre nel buio, senza mai fermarsi, con le gambe che tremano, il cuore che batte troppo forte e gli occhi che piangono.
“Cos’hai fatto?” chiede una voce nella sua testa.
«Io non ho fatto nulla!» risponde disperato.
“Bugiardo” lo riprende la voce “Non mi puoi mentire”.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fabio corre a perdifiato per le vie della sua città. Corre nel buio, senza mai fermarsi, con le gambe che tremano, il cuore che batte troppo forte e gli occhi che piangono.
“Cos’hai fatto?” chiede una voce nella sua testa.
«Io non ho fatto nulla!» risponde disperato.
“Bugiardo” lo riprende la voce “Non mi puoi mentire”. È dolce e delicata come quella di una donna.
Fabio sente che ride dentro la sua testa, come se trovasse la situazione molto divertente; è una risata contenuta, che nasconde una cattiveria indescrivibile.
“So cosa è successo... come hai potuto farlo?” domanda pacatamente “Pensavo foste amici”.
«Stai zitta! Ti ho detto che non ho fatto nulla! Non è stata colpa mia!».
“Non è colpa tua? Che strano… eppure sono le tua mani ad essere sporche di sangue, non quelle di qualcun altro. E non sei stato forse tu a passare dalle parole ai fatti?”.
«Esci dalla mia testa! Vai via!» urla Fabio piangendo «E’ stata solo colpa sua, ha cominciato lui».
“Già, ma hai finito tu. E per cosa poi? Per una ragazza! Tsk tsk tsk…”.
Fabio non risponde, sa che lo tormenterà senza tregua, e sa che ha ragione.
Ha la fronte imperlata di sudore, appoggia la schiena al muro di una casa per riposare. I suoi vestiti sono macchiati da schizzi di sangue, il viso rigato di lacrime e la coscienza sporca.
“Cosa pensi di fare adesso?”.
Non sa cosa dire, non ci aveva ancora pensato.
“Fino a pochi minuti fa avevi il coraggio di un leone, adesso invece piangi come un bimbetto. Strana cosa i sensi di colpa, eh?” lo schernisce la voce.
Fabio si porta le mani alla testa, vorrebbe schiacciarla e far uscire tutto lo schifo che c’è dentro, ma quello è sempre lì.
Si accuccia a terra e stringe le braccia attorno al busto per calmare lo stomaco, per sedare quell’angoscia così opprimente che però non accenna ad andarsene.
“Cosa c’è? Stai male, povero piccolo cucciolo?” soffia lei con falsa premura.
«Ti ho detto di stare zitta!».
“Guarda che sei tu a farmi parlare, sei tu che mi hai creata. Io esisto solo nella tua testa” gli ricorda “Non puoi zittirmi”.
Fabio ha paura, è terrorizzato da quello che ha fatto e da quello che potrebbe succedergli. No… ciò che accadrà a lui non gli importa, sa che qualunque punizione non sarà mai abbastanza per il guaio che ha combinato; vorrebbe non essere mai uscito di casa quella notte.
Il panico gli si lega attorno al collo come un cappio e si stringe sempre di più.
“Ma come… prima, quando stavate litigando, dicevi che senza di lui saresti stato più felice, urlavi che non ti importava più nulla di lui, sostenevi che non eravate più amici, e guardati adesso:  ti sei rimangiato tutto. Non ti pare di essere un po’ patetico?”.
Ride, ride ancora. Le piace affliggerlo.
«Basta! Devi smetterla!» grida Fabio.
“Te l’ho già detto, parlo perché sei tu a ordinarmelo”.
Lui capisce che c’è solo un modo per farla tacere.
Prende il coltello ancora rosso del sangue dell’amico e si incide i polsi. La sua vita sgorga via assieme alla sua sofferenza.
“Guarda che non cambierà nulla” gli dice la voce “Sei comunque un assassino”, ma Fabio si sente più leggero man mano che il tempo passa. Sa che il suo ultimo gesto non riporterà in vita l’amico, ma spera di espiare la propria colpa privandosi a sua volta della vita.
Adesso ha sonno, gli occhi umidi di lacrime si chiudono da soli, il cuore rallenta e lui si calma.
Raccoglie le forze, e con l’ultimo respiro esala queste parole:
«Adesso ti tocca star zitta per forza».
 
 
 
 
 
  
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