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Autore: La Gomma    15/07/2008    1 recensioni
Nel vicolo buio avanzo lentamente. Lei mi guarda, in preda a quel terrore quasi irreale. Si cerca di convincere chè è un’incubo, che ora si sveglierà nel suo letto. Non lo farà mia più. Il mio giubbotto lungo sfiora il terreno, il suono leggero della mia camminata mi fa ridere. E rido. La guardo, sembra stanca. Il suo viso ha l’espressione che preferisco, quella innocente. Nel silenzio riesco quasi a sentire il suo cuore, la sua anima che sussurra, perché io? No, dolcezza, tu non hai fatto nulla di male. Avanzo di qualche metro, i suoi occhi sbarrati si riempiono di lacrime. Non cercare di scappare Sai che ti prenderò, fosse l’ultima cosa che faccio. Ti prenderò.
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel vicolo buio avanzo lentamente.

Lei mi guarda, in preda a quel terrore quasi irreale.

Si cerca di convincere chè è un’incubo, che ora si sveglierà nel suo letto.

Non lo farà mia più.

Il mio giubbotto lungo sfiora il terreno, il suono leggero della mia camminata mi fa ridere.

E rido.

La guardo, sembra stanca.

Il suo viso ha l’espressione che preferisco, quella innocente.

Nel silenzio riesco quasi a sentire il suo cuore, la sua anima che sussurra, perché io?

No, dolcezza, tu non hai fatto nulla di male.

Avanzo di qualche metro, i suoi occhi sbarrati si riempiono di lacrime.

Non cercare di scappare

Sai che ti prenderò, fosse l’ultima cosa che faccio.

Ti prenderò.

Perché tu?

Perché sei bella. E intelligente. E giovane.

Hai tutto ciò che vorrei io.

E a me non va.

Morirai per questo, lo adoro.

Volevo la tua vita, la meritavo io, non tu, tu non sai apprezzarla.

Se non posso averla io non la avrai nemmeno tu.

Sono a pochi centimetri dal suo volto rigato dal pianto.

Trema.

E io rido, ancora, e quello sarà l’ultima cosa che sentirà.

La risata di un uomo sconosciuto.

Le prendo il mento tra il pollice e l’indice, la faccio voltare verso la parete ricoperta di umidità e sporcizia.

Il coltellino che ho in mano sembra prendere vita, affonda nella sua guancia provocandole spasmi di dolore.

Ma la sua faccia è ben fissa nelle mie mani.

Le mani ben legate dietro alla schiena.

Il sangue comincia a colare dalla ferita, rosso, pastoso, i miei occhi si riempiono di quel colore, le narici godono dell’odore.

Il coltellino sale per la guancia, arrivando al sopracciglio, la lama raggiunge la palpebra con delicatezza, la sua reazione istintiva è quella di serrare gli occhi.

Segno il contorno della palpebra con il filo sottile del coltello, il sangue riprende a fluire, tra le urla della mia vittima.

Grida, tanto non ti sentirà nessuno.

Grida, dolcezza, è il suono più bello che tu possa regalarmi.

Comincio a toglierle i vestiti, lei si agita più sommessamente, probabilmente vuole solo farla finita. Dalla sua tasca scivola una foto.

È lei. Con suo marito probabilmente. E i suoi bambini.

Che bel quadretto.

Metto la foto nella tasca del mio cappotto.

Ormai rimasta senza vestiti, non c’è che dire, un corpo perfetto, tonico muscoloso.

Partendo dall’orecchio, seguo con la lama una linea immaginaria, passando per il collo, tra i seni, arrivando fino all’ombelico, per poi lentamente far pressione leggermente più a destra, affinché il dolore diventi insopportabile e lei ricominci a gridare.

Spalanca l’occhio che le ho risparmiato.

Io estraggo al foto di poco prima e gliela mostro.

“tranquilla, dolcezza, ti raggiungeranno presto”

  
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