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Autore: Angel_15    19/04/2014    2 recensioni
Lo chiamano istinto di sopravvivenza quella strana e stupida ancora che ti tiene con i piedi fermi a terra. La stessa che ti tiene lontano dai pericoli. L'ancora che ti fa agire in modo automatico, dandoti l'ordine di proteggere te stesso.
Un po come l'adrenalina ti da la forza di agire nei momenti di panico... L'istinto di sopravvivenza ti dona la forza di mantenere la lucidità. Di agire in modo corretto. Ti ordina di non sfidare la morte.
Ma in quel momento, a mio parere, quell'ancora era totalmente inutile.
Anzi mi era totalmente di intralcio.
Non era solo inutile... Era di troppo.
Non avevo bisogno dell'ancora in quel momento – sebbene teoricamente avrebbe avuto comunque il compito di salvarmi.
In quel momento volevo solo prendere l'ancora e gettarla in qualche posto estraneo.
Non mi serviva. Non volevo l'istinto di sopravvivenza. Mi sarebbe solo stato d'intralcio.
Non volevo che qualcuno mi impedisse di sfidare la morte.
***
"Impara ad amarti. Fallo per me. Apri gli occhi e renditi conto della perfezione che sei"
< No, io sono un mostro >
"E non mi merito tutto l'amore che mi dai"
< Sei un mostro bellissimo >
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Lu Han, Lu Han, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chiusi la porta d'ingresso con uno scatto secco.
Era una fortuna che fossi solo in casa. Avrei potuto proseguire le mie intenzioni senza intralci.
A dirla tutta non avevo delle reali intenzioni, stavo semplicemente seguendo dei movimenti dettati da non so chi.
O almeno, non mi pareva fosse il cervello a coordinare tutto.
Camminai per il viattolo di fronte casa mia e alzai il cappuccio della felpa dopo qualche passo.
La stradetta sterrata non era molto lontana.
Se fossi stata fortunata nessuno mi avrebbe vista. Dopotutto erano le nove di sera.
Il buio pesto dominava il cielo e l'unica illuminazione era data dalle stelle.
Grazie ad esse trovai il punto esatto della mia ricerca.
Presi a camminare a passi lenti e per la prima volta, da quando ero uscita di casa, una parte della mia testa tentò di ragionare su ciò che stavo inconsciamente per fare.
E che cavolo.
Proprio ora doveva mettercisi la ragione di mezzo?
Non potevo semplicemente proseguire?
 
Lo chiamano istinto di sopravvivenza quella strana e stupida ancora che ti tiene con i piedi fermi a terra. La stessa che ti tiene lontano dai pericoli. L'ancora che ti fa agire in modo automatico, dandoti l'ordine di proteggere te stesso.
Un po come l'adrenalina ti da la forza di agire nei momenti di panico... L'istinto di sopravvivenza ti dona la forza di mantenere la lucidità. Di agire in modo corretto. Ti ordina di non sfidare la morte.
Ma in quel momento, a mio parere, quell'ancora era totalmente inutile.
Anzi mi era totalmente di intralcio.
Non era solo inutile... Era di troppo.
Non avevo bisogno dell'ancora in quel momento – sebbene teoricamente avrebbe avuto comunque il compito di salvarmi.
Non stavo ragionando col cervello. Forse col corpo?
No. Non credo...
Fatto sta che emisi un forte sospiro. Avanzai a passi lenti verso quel vecchio muretto di mattoni.
Poggiai le mani su di esso e sentì gli occhi pizzicarmi.
No. Le lacrime ora, No.
Mi sporsi avanti con la testa e osservai il corso del fiume sotto di me che scorreva.
Vidi una goccia vicino ai miei occhi cadere leggera nell'aria fino a mischiarsi nel corso del fiume.
Se avessi aspettato ancora, le lacrime avrebbero dato la possibilità al cervello di prendere il controllo del mio corpo.
Non lo volevo.
In quel momento volevo solo prendere l'ancora e gettarla in qualche posto estraneo.
Non mi serviva. Non volevo l'istinto di sopravvivenza. Mi sarebbe solo stato d'intralcio.
Non volevo che qualcuno mi impedisse di sfidare la morte.
Con uno slancio deciso salì sul muretto poggiando saldamente i piedi su di esso.
Non ci voleva niente.
Un salto e tutto sarebbe finito.
Ma quella piccola parte di lucidità che (sfortunatamente o non) mi era rimasta, si ritrovò a chiedersi se la mia motivazione per lo meno valida.
Chiusi gli occhi, strinsi le mani e ripetei il “mantra” che mi ero preparata per l'evenienza.
Avevo calcolato che non ne avrei avuto il coraggio, così mi ero ripromessa che, nel caso, mi sarei ripetuta le motivazioni che mi avevano portata a uscire di casa.
Annie, Mi dissi, Ficcatelo in testa una volta per tutte.
Non ci spieghi nulla qui. Guardati.
Sei orribile.
Brutta, grassa, goffa, impacciata, sciatta, sbagliata. In tutto.
Non ne fai una giusta. Smettila di tormentare la vista delle persone con la tua abominevole immagine.
Fai un favore all'umanità. Vattene. Brutto mostro, vattene via da qui.
Mi ripetei mentalmente più volte le parole che negli ultimi mesi erano state al centro costante dei miei pensieri.
Nonostante il gesto che stavo per compiere non lo avessi programmato da molto tempo, in quel momento ero fermamente convinta delle mie intenzioni.
Le punizioni corporali non bastavano più.
Era arrivato il momento di agire
 
Mi concentrai al massimo, per scacciare via quel briciolo di parte che ancora ci teneva alla vita.
Quanto lo odiavo.
Come essere umano vivente era logico che una parte di me ci tenesse alla vita, ma la “me” interiore proprio non ne voleva sapere.
Era una vera e propria tortura.
Odiavo essere in quell'odiosa via di mezzo.
Un po' (molto, molto poco) ci tenevo a me, ma al tempo stesso sapevo di non meritarmi un giorno di più su questo mondo.
Non potevo essere tutta da una parte?
Non potevo odiarmi completamente, o amarmi completamente?
No, doveva esserci quell'irritante metà e metà che mi distruggeva ancora di più.
Non bastava il fatto che fossi l'essere più orripilante della terra, dovevo anche convivere con quell'odiosa via di mezzo.
Ma forse il gesto avrebbe messo fine a tutto. Non era così male in fondo...
Me ne sarei liberata finalmente.
 
Non c'era più niente da pensare.
I muscoli della mia gamba destra si tesero in avanti. Guardai attentamente il corso del fiume pronto ad attendermi. Ancora un movimento e tutto sarebbe finito. Finalmente.
Avevo atteso così tanto un salvatore che mi aiutasse. Che mi insegnasse a vivere.
Non era arrivato. E ora il tempo stava scadendo.
 
Cinque, pensai, quattro...
< Tre >
Addio.
< Due >
Non c'è altro da fare...
< Un.. >
 
Accadde l'impensabile.
Un fruscio dietro di me. Udii il chiaro movimento dell'erba e anche un rametto spezzarsi.
La mia mente non seppe che pensieri formulare.
Sapevo che stava accadendo ma il tutto aveva sotto sotto dell'incredibile.
Era chiaro... Non ero sola...
Non avevo mai creduto al destino.
Eppure con una strana percezione negli occhi del mondo mi voltai...
E vidi chiaramente un volto. Un volto impassibile. Serio. Determinato.
Il volto di un ragazzo dagli occhi a mandorla e i capelli biondi.
   
 
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