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Autore: anonymus94    19/04/2014    0 recensioni
l'unico spettatore del loro amore è quella quercia che ogni giorno conta i loro passi fino a che l'ultima foglia non cade dal ramo secco di metà dicembre....
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Il sole stava tramontando dietro le grandi vette innevate di metà novembre, illuminate soltanto da quel rossore che ormai stava scomparendo. I nidi dei passeri, erano ormai abbandonati, appesantiti dalla soffice neve che li ricopriva, fino a farli cadere dai rami, permettendo così al vento di trasportarli via. Le case erano contornate dalla candida neve posata sulle grondaie di rame e sulle ringhiere smaltate, arrugginite dal tempo. Le grandi colline che fiancheggiavano la città, erano passate dal giallo delle ginestre primaverili, al biancore della neve, per poi ritornare a metà aprile piene di colori vivaci. Come diceva il vecchio del porto, le stagioni sono colori inoltre diceva che da dove veniva lui erano tutte uguali, perché le uniche piante erano pini, quindi sempreverdi. Le stagioni portano colori, stati d’animo, sensazioni, speranze e amicizie, amori e fortune. Le piccole pozzanghere, rimaste dopo l’ultima pioggerella fastidiosa di stagione, riflettevano i rami spogli dei prugni e dei piccoli cespuglietti sulla proda. Fu precisamente in questo periodo che la rividi, all’assemblea d’istituto della scuola. la conoscevo, certo, ma non pensavo che sarebbe diventata grande così in fretta e mai l’avevo vista sotto quell’aspetto, era da un che non parlavamo insieme e di lei avevo perso le tracce. Ne rimasi affascinato, per qualche secondo, mi parve come se tutti gli altri non ci fossero stati… ma poi ritornai alla realtà, quando un mio compagno di classe mi diede una botta facendomi cenno di proseguire, era il classico imbecille che poi come diceva sempre mio nonno gli imbecilli non nascono da soli ci vogliono sempre altri imbecilli, una catena infinita di imbecilli, come il diverbio su chi sia nato prima l’uovo o la gallina. Dopo le prime due ore ritornammo in classe ed il mio pensiero, seppur ero preoccupato per la verifica di mate, non si liberò mai dell’immagine di quella ragazza. le stagioni continuavano a passare, come nella “guerra di Piero” a passo di java. Infatti la quercia fuori dalla scuola iniziava a rimettere le sue prime foglie…. Un altro anno era passato ed un altro cerchio si era aggiunto alla pianta secolare. In questi ultimi mesi passati, con quella ragazza, non ebbi nessun tipo di avvicinamento se non qualche occhiata durante la ricreazione o i cambi dell’ora. Non avevo il coraggio di farmi sotto, eppure nei suoi occhi notavo non un rifiuto a i miei sguardi… Come si dice, “aiutati che Dio ti aiuta”, infatti Dio per me, o a qualsiasi altra cosa voi crediate, mi aiutò, senza che io mi aiutassi…: era un giorno soleggiato, era circa il 16 Maggio, se non ricordo male… La campanella era suonata come tutti i giorni e la routine era pronta a ripetersi. Percorsi rapidamente le scalinate che portavano ai distributori automatici, le scale erano spaziose, di un grigio scuro ed circondate da grandi finestroni che davano sul cortile della scuola, dove si alzava impetuosa la vecchia quercia. Non c’erano molti studenti, era strano, di solito le macchinette erano assaltate da studenti affamati, quel giorno invece non c’era nessuno… se non lei, la ragazza che per mesi avevo guardato… ma la cosa non mi parve così strana, anche questo passo poteva far parte della mattinata scolastica… Stavolta però, era più vicina, potevo sentire il suo fresco profumo, ogni monetina che inseriva, serviva a me per guardare ogni suo singolo muscolo che si muoveva, ogni tendine, ogni capello era sotto il mio possesso visivo. La mia trans visiva, venne interrotta proprio da lei che chiedeva alle sue amiche gli ultimi dieci centesimi che mancavano per il thè, ricevendo da entrambe una risposta negativa. Fece un segno di resa, consapevole che i suoi cinquanta centesimi se ne sarebbero rimasti lì insieme al thè… Forse quella poteva essere la mia occasione… no doveva essere la mia occasione… Presi coraggio, mi feci avanti… i suoi occhi risplendevano alla luce dei forti neon dei lampadari. “ Li ho io” dissi imbarazzatissimo, lei non mi rispose con nessuna parola, ma il suo sguardo diceva più di mille parole… Il suono della campanella ci interruppe, un mio compagno mi prese per il braccio per tirarmi via, non riuscì a dire nient’altro che solo un semplice “ciao”. La quercia davanti alla scuola, ormai riusciva con le sue grandi fronde verdi a coprire il sole che trovava spazio solo tra un ramo e l’altro… Dopo che ero riuscito a salutarla, eravamo passati dagli sguardi al saluto che già per me era una conquista. Non riuscivo a trovare altri momenti per scambiare qualche parola o semplicemente non riuscivo a trovare altre parole e forse sfuggivo volontariamente a situazioni che mi potevano essere favorevoli… Ero in fila per le macchinette, come ogni giorno attendevo che quell’enorme fila scemasse, quando lei con la sua piccola mano, mi batté sulla spalla… “I dieci centesimi”, mi disse con tono imbarazzato. In quel momento non riuscivo a muovere un muscolo, la mia mascella era serrata… Feci di tutto per sfiorargli le mani, cercando di prendere la piccola monetina tra le fossette che si creavano all’interno del palmo… restituii il dolce sorriso che si era creato fra le sue labbra, come per nascondere un crescente imbarazzo… entrambi sapevano che per l’altro si provava un qualcosa di più profondo di quel docile sorriso, ma nessuno dei due aveva il coraggio di esternarlo. I frutti della grande quercia, ormai ondeggiavano, insieme alle fronde sotto l’alito fresco estivo che lasciava spazio alle torride giornate di Luglio. La nostra “relazione” continuava, lentamente, ma progrediva, ma del resto la corsa la vince sempre la tartaruga!. Eravamo arrivati a più di un semplice “ciao”, le nostre discussioni, seppur su face book trattavano i temi più disparati… Sapevo che lei era già fidanzata, ma non importava, il nostro rapporto non era uguale agli altri, avevo la possibilità di sorprenderla in ogni modo. Nelle nostre chiacchierate esistevamo solo io e lei, nient’altro. Pian piano la quercia iniziò a perdere le foglie che cadevano al suolo ingiallite, i manti erbosi si trasformavano in praterie dipinte di rosso, giallo e marrone ed il vento giocava con loro raccogliendole e disfacendo le “montagne” con un soffio. Sicuramente, l’estate mi aveva aiutato a rafforzare il mio rapporto con lei. La scuola, però, ritornava ad impossessarsi delle mie giornate e la mia routine a ritornare monotona. L’unica consolazione era quella di rivederla. Quando si vuole una cosa, Dio o il destino per gli altri, trama a tuo favore… agli inizi del mese, si era lasciata ed io mi ero avvicinato ancora di più. Sul tronco della quercia un bruco aveva trovato posto fra le spaccature del legno e si era annidato nel suo bozzolo, il nostro amore era proprio come quel bruco, ora da quel bozzolo, soffice e bianco, doveva riuscire quella farfalla a romperlo delicatamente e volare via… Iniziammo a vederci anche fuori dagli orari scolastici, con il passare del tempo io e lei entravamo sempre più in confidenza, ci mandavamo sms, ci sentivamo almeno due volte al giorno… Stavamo ore intere a guardarci senza esprimere parola, ma con la mente si viaggiava uno affianco all’altro. Quelle poche volte che parlavamo, rimanevamo intere notti al cellulare a parlare… parlare…parlare… forse anche di cose assurde, improbabili, ma non era importante di cosa parlassimo, l’importante era per l’uno sentire la voce dell’altro. Io ero il suo guscio e lei la tartaruga, infatti io ero niente senza di lei, come la tartaruga sarebbe morta senza il suo guscio. Furono mesi intensi, ma Dio o il fato per gli altri, aveva altri piani per noi che nessuno avrebbe capito. Era circa il 20 novembre, la grande quercia aveva quasi perso tutte le foglie, solo alcune, più forti resistevano al gelido vento. Successe tutto di un tratto, non so dire come né tanto meno perché, quando le sue braccia divennero pesanti sopra le mie. Cadde a terra , come un sasso che poco tempo prima di cadere se ne stava quieto sopra un gradino ma qualcuno aveva interrotto la sua pace calciandolo di sotto……. Rimase gironi all’ospedale, senza sapere la causa di quel malessere, ma intuendo che provenisse da qualcosa di più grande di lei… di me… della vita…. Stavo giorno e notte accanto a lei, ora dopo ora, consapevole che ogni minuto potesse essere stato l’ultimo accanto a lei ed ogni secondo importante. Mi prese il viso tra le sue mani bianche e le sue labbra si chiusero sopra le mie dicendomi “ti amo”. In tutto il tempo che avevamo passato insieme mai me lo aveva pronunciato, forse perché era consapevole che quello potesse essere il suo ultimo bacio. La guardavo come avevo fatto la prima volta che l’avevo vista, ogni suo capello, ogni suo movimento erano per me una gioia… Erano passati alcuni giorni dall’ultima volta che ci eravamo visti, mi aveva detto lei di non tornare, non voleva che la vedessi in quello stato. Infatti erano bastati pochi giorni per deturpare quella maestosa bellezza. Ma a me non importava se non aveva più i capelli… se le sue mani erano troppo pesanti per sfiorarmi, io la guardavo negli occhi, come avevo fatto sempre facendola diventare pura astrazione la sua bellezza……… Stavo seduto sul mio banco, era ricreazione ma da quando lei non c’era più, non aveva più senso uscire dalla classe. La mia testa era avvolta dalla mie mani e i miei occhi erano puntati sulla grande quercia, i miei gomiti poggiavano sul libro sgualcito di latino… Catullo…. “Odi et amo”… io avevo amato…adesso odiavo la vita (ma non Dio), troppo monotona con la sua routine, capendo che “per sempre” e “vita” sono un ossimoro inequivocabile. Mentre era assorto tra tutti i miei pensieri, l’ultima foglia cadde dalla grande quercia.
  
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