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Autore: Astoria McCartney    20/04/2014    2 recensioni
Milano, Giugno 1965: I Beatles sono finalmente arrivati in Italia per un meraviglioso ed entusiasmante concerto! Le protagoniste sono due adolescenti, Bianca e sua sorella Beatrice.
Spero questo raccontino vi possa interessare ;) Buona Pasqua a tutti!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: Questo è un raccontino che mi è venuto in mente stamattina mentre ascoltavo 'Please please me' a tutto volume, spero vi piaccia! Buona Pasqua a tutti i lettori. ;)
Se vi interessano le altre mie storie, sto pubblicando:
-> "Let me take you down 'cause I'm going to..."
->" Un pizzico di McAsher"
Un bacio, Astroria McCartney.





Milano, 23 Giugno 1965.

Mi chiamo Bianca, ho quindici anni e sono Italiana.
Questa mattina me ne cammino zitta zitta per le strade del mio quartiere, vorrei arrivare al locale dove lavora mia sorella Beatrice. 
Mia sorella ha diciassette anni ed è costretta a lavorare come cameriera in un bar per aiutare la mia famiglia, già la mia famiglia...
Vivo con mia madre, mia sorella e mia nonna, fatichiamo ad arrivare a fine mese. Mia madre ha una piccola lavanderia e, con i pochi soldi guadagnati da mia sorella riusciamo a beccarci un pasto sicuro molto raramente. 
Fa un caldo boia a Milano, soprattutto superata la metà di Giugno.
Spero di non incontrare qualcuno, sopratutto le mie compagne di classe che sono sicuramente in giro. 
Cammino a passo svelto verso il piccolo bar e, appena cerco di voltare l'angolo una voce stridula mi costringe a voltare lo sguardo. Amaramente riconosco quella voce.
"Ciao Bianca.." Strascica Carlotta, un'odiosa compagna di classe. "A quanto pare oggi hai trovato una gonna decente di tua nonna da infilarti?"
Le sua combriccola ride rumorosamente.
"Ah..ah...ah, che ridere cara Carlotta." Ribatto seccata mentre sto per rigirarmi e riprendere il cammino verso il locale di mia sorella. 
"Bianca!" Esclama Stella, un'amica di Carlotta.
"Stella?" Rispondo.
"Li vieni a vedere anche tu con noi i Beatles domani sera? Si?" Mi chiese lei facendo gli occhioni dolci.
Abbasso lo sguardo imbarazzata. "Non mi interessano i Beatles."
"Ah già, l'avevamo dimenticato che quello che tua madre e tua sorella guadagnano in un anno non basterebbe nemmeno a comprare mezzo biglietto" Sbottano insieme Stella e Carlotta.
Trattengo le lacrime e stringo i pugni furente, non devono permettersi.
"Ci dispiace tanto, Bianca..! Poi non sai nemmeno parlare l'inglese quindi se li incontrassi non potresti nemmeno.." Comincia Stella.
"Ora basta!" Esplodo non vedendoci più dalla rabbia e mi butto addosso a quelle due ragazze a dir poco odiose.
"Lasciaci, brutta..." Ansima Carlotta prendendo in pieno petto i miei pugni, ci tiriamo i capelli e tutte e tre gridiamo per il dolore e i graffi che ci procuriamo. Le grida devono essersi sentite in tutta la via, infatti mia sorella Beatrice accorre sul posto per separarci.
"Bianca! Basta!" Mi trascina via dalla rissa e andiamo insieme verso il suo locale. Allontanandomi sento quelle streghe ridere con gusto.
"Cosa ti è saltato in mente?" Mi dice Beatrice con aria di rimprovero mentre entriamo insieme nel locale dove lavora.
"Hanno cominciato loro, mi hanno..anzi..ci hanno insultato" Ghigno.
"Bianca, non devi assolutamente abbassarti al loro livello!" Risponde lei con un abbraccio, amo quando fa così.
"Sai Bea..domani ci sono i Beatles.." Sussurro triste.
Lei alza il volume della radio la quale rivela il brano 'Can't buy me love', comincia a canticchiare sognante. "Lo so, sorellina..." Aggiunge triste anche lei.
"Sono stanca di ascoltare le loro meravigliose canzoni attraverso i luoghi pubblici, vorrei anch'io...comprare i dischi e andare a vedere il loro concerto domani...sai cosa significherebbe per me.." Dico guardandola con gli occhi lucidi, io amo i Beatles e anche mia sorella.
"Non sono stupida..so che non possiamo permetterci due biglietti" Continuo guardandomi le unghie delle mani.
Mia sorella sembra pensarci un po su e poi schiocca le dita trionfante. "Ma certo! Come ho fatto a non pensarci? Ho una piccola somma da parte...dovrebbero bastare per i biglietti!"
Sgrano gli occhi completamente basita, "Davvero? Oh mamma!".
Lei sorride e dopo qualche minuto mi raggiunge con una busta gonfia di risparmi. "ANDIAMO A COMPRARE I BIGLIETTI, VELOCE!" Esclama lei turandomi per un braccio e insieme corriamo con tutta la forza che abbiamo nelle gambe verso il botteghino dello stadio.


"Salve..!" Dice piano mia sorella al tizio del botteghino. "Noi vorremmo.."
"I biglietti per il concerto dei Beatles, si..lo so." Continua l'uomo con espressione annoiata. "Li abbiamo finiti la settimana scorsa, esattamente il secondo giorno di vendita"
"No..." Comincio a piangere con la voce bloccata in gola.
"Mi dispiace signorine, ma molte persone hanno dovuto affrontare questo duro colpo" Dice il tizio. 
Io e mia sorella ci incamminiamo verso casa totalmente deluse, mano nella mano.

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Milano, 24 Giugno 1965.

I clacson insistenti delle automobili interrompono il mio sonno agitato, deve essere mattinata super inoltrata perchè il sole è già molto alto nel cielo.
"Sono voluta rimanere a casa oggi, qui con te" Dice Beatrice con dolcezza. Mi giro e l'abbraccio.
"Come vorrei andare a quel concerto.." Sospiro portandomi le ginocchia al petto. Lei mi accarezza la guancia e annuisce. "Io un'idea ce l'avrei.."
"Ossia?" Chiedo curiosa.
"Possiamo lo stesso andare davanti lo stadio, nessuno ce lo vieterà..può darsi anche che potremo vederli arrivare!"
"Massì, è vero! Perchè non ci abbiamo pensato prima?" Sono completamente gioiosa e balzo giù dal letto piena di energie. "Che ore sono Bea?"
"Le due del pomeriggio.." Ride.
"Porco Cane!" Esclamo portandomi le mani alle gote. "Se' incredibile!"
"Tranzolla, andremo non appena la folla sarà dentro lo stadio." Dice Beatrice con un sorriso.


Per le nove di sera siamo entrambe davanti lo stadio, c'è una folla indescrivibile di gente che probabilmente come noi non ha avuto fortuna con i biglietti. Io indosso l'unico vestito buono che ho.
"La nostra idea è stata molto apprezzata" Commento ironica mentre ci mischiamo in quella folla delirante. La sicurezza cerca in continuazione di spingerci fuori dai cancelli, le grida si fanno assordanti. Io e mia sorella non abbiamo speranze. 
Una limousine attraversa l'ingresso laterale dello stadio, mia sorella mi porta via dalla folla. Insieme riusciamo a raggiungere di soppiatto quell'ingresso. "Devono essere loro" Mi dice in un orecchio. "Non possiamo entrare da quella porta, è pieno di poliziotti armati di manganello. Continua sempre Beatrice con un filo di voce.
"Guarda!" Esclamo a bassa voce indicando uno strano carretto del cibo poco più avanti.
"E'..è geniale Bianca! Dobbiamo cercare di non farci vedere" Continuo studiando la folla non molto lontana da noi situata davanti l'ingresso principale, siamo dietro dei grandi arbusti e non dovrebbero accorgersi di noi.
Per nostra grandissima fortuna due delle guardie che erano davanti alla porta laterale sono chiamate ad intervenire con la folla in delirio. Ne rimane solo una a guardia del piccolo ingresso. 
Io e Beatrice, molto lentamente e cercando di non farci sentire apriamo il carretto del cibo (Ha due ante) e lo svuotiamo silenziosamente di tutte le vettovaglie nascondendole nell'aiuola nella quale siamo nascoste.
"Ci infiliamo qua dentro." Sussurro a Beatrice.
"E poi?" Mi chiede lei accertandosi che l'unica guardia rimasta non si accorgesse di noi.
"Aspettiamo che ci trasportino da qualche parte, sono sicura che riusciremo a vedere i Beatles da qui dentro." Dico facendo infilare prima mia sorella. Lei mi tira dentro e, tutte rannicchiate e strettissime chiudiamo le ante per poi rimanere nel buio più totale.
"Fortuna che siamo di corporatura esile" Commenta lei con voce rotta, siamo talmente appiccicate da non riuscire a parlare bene.
Come previsto, dopo qualche minuto parso un'eternità qualcuno comincia a trasportare il carretto del cibo con fatica.
"Ma quanta roba ci ha messo quell'imbecille? Diamine....sono quattro marmocchi...non un esercito di leoni..." Commenta il nostro trasportatore con il fiatone. "Non mi pagano abbastanza" 
"Bingo" Sussurro a mia sorella mentre il carretto si ferma, probabilmente di fronte alla porta laterale dello stadio.
"Devo portare questo ai marmocchi, è la loro cena" Dice il tizio.
Io e Beatrice incrociamo le dita speranzose. "Puoi passare" Dice la voce profonda della guardia che era rimasta lì davanti.
Per diversi secondi il carretto cammina finchè il tipo non bussa ad una porta.
"Who is it?" Sentiamo io e mia sorella chiedere da dentro, la porta si apre. "Oh, yeah..thank you sir."
Il carretto viene trasportato dietro e la porta viene chiusa. Io e Beatrice restiamo immobili con il fiato sospeso.
"You have five minutes, later you must go there..You'll be fantastic!" Dice la stessa voce di prima uscendo dalla stanza. Non capisco niente di inglese e nemmeno mia sorella.
"Oh, we can eat! My food is my love.." Sentiamo dire da una voce simpatica e nasale, si avvicina al carretto con passo deciso e, ad un tratto, le ante vengono spalancate facendo cadere me e mia sorella sul tappeto del...CAMERINO.
"Where's my food?" Chiede George Harrison continuando a vedere dentro il carrettino completamente vuoto.
Non ci credo, sono loro...sono davanti a noi!
"Who are they?" Chiede John Lennon indicandoci divertito. 
Io e mia sorella rimaniamo immobili con gli occhi sgranati per lo stupore, non mi esce la voce neanche per urlare dalla felicità.
Ringo si avvicina a noi e ci stringe la mano. "Good Everning girls, I'm Ringo..and what are your name?" Ci guarda in attesa di risposta. 
Io e mia sorella non rispondiamo, non capiamo nulla d'inglese. 
"They've lost their voice, Ringo..!" Dice Paul McCartney sorridendoci e facendoci il baciamano. "I'm Paul, darling
Mia sorella cede e cade a terra respirando con affanno.
La porta del camerino si spalanca e entrambe veniamo trasportate con la forza fuori dalla stanza e dallo stadio.
Abbiamo visto i Beatles davvero, era ora che qualcosa di nuovo e frizzante venisse a bussare alle porte della nostra difficile vita.
  
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