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Autore: LaniePaciock    20/04/2014    4 recensioni
Torniamo indietro nel tempo e spostiamoci di luogo: 1943, Berlino, Germania. Una storia diversa, ma forse simile ad altre. Un giovane colonnello, una ragazza in cerca della madre, un leale maggiore, una moglie combattiva, una cameriera silenziosa, una famiglia in fuga e un tipografo coraggioso. Cosa fa incrociare la vita di tutte queste persone? La Seconda Guerra Mondiale. E la voglia di ricominciare a vivere.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Cap.14 Scegliere in cosa credere
 

“Kev, che succede?” domandò subito. Ci fu un momento di silenzio e poi un sospiro.
“Abbiamo un problema.”
Castle sbuffò irritato. Fantastico. Serviva proprio aggiungere un altro problema alla loro già rosea situazione.
“Quale problema?” chiese.
“Familiare.” rispose Ryan. “I miei non stanno bene. Non possono tornare a casa al momento.” Rick decodificò all’istante il suo codice: il problema riguardava gli Esposito. Sperò che nessuno stesse seriamente male. All’improvviso però gli venne in mente che il bombardamento di quel giorno era avvenuto particolarmente nella zona nord della città. E il piccolo aeroporto da cui sarebbero dovuti partire si trovava proprio da quelle parti. Rick ebbe un terribile sospetto.
“Cazzo…” mormorò. “Ok.” disse poi a voce più alta, passandosi intanto una mano sulla faccia. “Vuoi che venga subito?”
“Uhm, no, no, per stanotte staranno bene.” replicò Kevin con tono un po’ ansioso. “Volevo solo avvertirti. Però se potessi venire domattina ad aiutarmi con la nuova organizzazione te ne sarei grato.”
“Va bene, vengo appena posso.” ribatté Castle. Quindi si salutarono e riagganciò. Organizzare un nuovo viaggio non sarebbe stato uno scherzo. Se davvero era come pensava, ovvero che l’aeroporto era stato danneggiato, allora sarebbe stato molto più difficile far uscire gli Esposito e Beckett dalla Germania. In treno non era più fattibile, troppe guardie che giravano costantemente per i convogli, e in camionetta sarebbe stato lungo, con il rischio di incontrare numerosi posti di blocco. Anche andare a piedi fino al confine attraverso la foresta non sarebbe stato possibile con un bambino. Leandro era forte, ma erano in pieno inverno e la marcia era lunga. Sarebbe stata un’idea rischiosa anche per un adulto in buona salute. Inoltre, se non fossero stati attenti, i cani avrebbero sentito il loro odore in caso di perlustrazione. Rick sbuffò frustrato. No, doveva farsi venire in mente qualcos’altro. Però più ci pensava e più capiva che l’aereo era la loro unica risorsa. Sapevano come muoversi ed era il metodo più veloce e sicuro. L’unico inconveniente potevano essere i posti di blocco all’entrata dell’aeroporto, ma quelli erano un problema suo e di Ryan, di solito facilmente risolvibile con il loro grado. Una volta fuori dai cieli tedeschi, gli Esposito e Beckett sarebbero stati in salvo.
Rick si passò una mano sulla faccia, stanco, e si appuntò mentalmente di accertarsi, come prima cosa la mattina dopo, in che condizioni fosse l’aeroporto. Forse non aveva subito danni così ingenti da fermarlo. Magari sarebbero stati fortunati e si sarebbe trattato solo di un blocco di qualche giorno. Qualche ritardo lo mettevano sempre in conto. Erano ben poche le volte in cui le cose andavano per il verso giusto in quelle operazioni clandestine.
Con quella nuova, seppur debole, speranza, Castle tornò al bicchiere di whiskey che aveva abbandonato prima della telefonata. Buttò giù il liquore d’un fiato e andò a dormire. Appena si fu cambiato e steso a letto, un pensiero lo colpì: forse l’indomani avrebbe rivisto Kate. Anche solo l’idea di osservarla di sfuggita gli diede come un senso di pace che non sentiva più da giorni. Sospirò leggermente e chiuse gli occhi. Cullato dai pensieri di riconciliazione con Beckett, si addormentò molto più velocemente e tranquillamente che nelle ultime notti.
 
La mattina dopo Castle si alzò presto in modo da poter andare da Ryan e poi in centrale senza dover chiedere ore di permesso. Fece una veloce colazione e, prima ancora di vestirsi, chiamò il piccolo aeroporto a nord di Berlino. Dopo una breve conversazione con un agitato addetto ai voli, capì che era come aveva temuto: buona parte delle piste era stata bombardata e anche piuttosto pesantemente. Diversi aerei erano stati distrutti e i viaggi da quell’aerostazione probabilmente non sarebbero ripresi prima di un mese. Non appena chiuse la cornetta, Rick imprecò sottovoce e andò a cambiarsi velocemente. Doveva andare subito da Kevin.
Venti minuti dopo il colonnello stava bussando alla porta del suo amico.
“Ciao, Rick.” lo salutò veloce Ryan, facendosi da parte per farlo entrare. Nella sua voce non c’era nulla del tono scherzoso con cui lo accoglieva di solito. Era serio e, da come si mordeva costantemente l’interno della guancia, doveva essere anche nervoso.
“Ciao.” rispose Castle, togliendosi il cappello e avanzando di qualche passo nell’ingresso. Fece per parlare, ma Kevin gli fece cenno di tenere bassa la voce. “Gli altri dormono?” chiese il colonnello in un sussurro, levandosi intanto pure i guanti. Ryan annuì.
“Non mi sembrava il caso di svegliarli così presto.” rispose piano. “E poi volevo prima parlare con te.” Rick annuì e finì di togliersi il pesante giaccone. Quindi lo appese all’attaccapanni e poi lui e il maggiore si spostarono silenziosamente in cucina. La porta che dava sulla camera della Gates era chiusa, quindi erano sicuri che parlando a bassa voce non l’avrebbero disturbata. Sarebbero andati in salone, ma lì c’era Kate che dormiva sul divano. Kate… Il pensiero colpì d’improvviso Castle un attimo prima di entrare in cucina. Si lanciò un’occhiata dietro le spalle verso il salone, ma se anche la donna fosse stata sdraiata sul divano era completamente invisibile a causa dell’alto schienale, voltato dalla loro parte.
Ryan si sedette rigido su una delle sedie presenti attorno al tavolo in cucina e poggiò i gomiti sul banco, le mani strette l’una all’altra con forza.
“Rick, non so che fare.” sussurrò il maggiore ansioso, torcendosi le dita. “L’aeroporto è stato danneggiato e…”
“Non potrà riprendere i voli prima di un mese, lo so.” concluse per lui Castle con lo stesso tono di voce. Kevin lo guardò sorpreso. “Ho collegato la tua chiamata di ieri sera al bombardamento nel nord della città.” spiegò il colonnello. L’amico annuì con un sospiro.
“Non è più come agli inizi.” mormorò Ryan agitato, passandosi una mano tra i capelli. “Prima era molto più facile spedire qualcuno fuori da qui. Ora sta diventando sempre più difficile. Senza quel trasporto aereo, io non so come farli andare via!”
“I casi sono due.” sussurrò Rick di rimando, restando in piedi, ma appoggiandosi allo schienale di una delle sedie con gli avambracci. “O troviamo un altro modo oppure aspettiamo.”
“Aspettare ancora??” esclamò sottovoce Ryan esasperato. “Sai che dopo l’annuncio del tuo fidanzamento con Kate mi aspettavo Dreixk spuntare in ogni momento??” disse quasi in tono di rimprovero, anche se sapeva perfettamente che l’idea non era stata sua ed era stata la loro unica possibilità. “Sono tuo amico e quel bastardo è una vita che vuole affondarci. Prima ero tranquillo perché sapevo che nel giro di giorni gli Esposito sarebbero stati su quel maledetto aereo! Ora però come faccio?? Se quello stronzo arriva in casa mia non potrò proteggere né loro né mia moglie se vengono scoperti!”
“Faremo in modo che non accada!” replicò deciso Castle in un sussurro, fermando il discorso angosciato dell’amico. “Dreixk non è mai riuscito a metterci nel sacco finora. Non ci riuscirà neanche in futuro.” Kevin lo guardò con un sopracciglio alzato.
“Sai che c’è una prima volta per tutto, vero?” chiese scettico. Rick sbuffò e scosse la testa.
“Kev, da quando sei diventato così pessimista?” ribatté a metà tra il serio e l’ironico.
“Da quando Jenny è incinta!” sbottò alla fine Ryan secco. Sospirò e si passò poi stancamente una mano sul collo, gli occhi bassi, come se quell’unica confessione gli avesse tolto tutta l’energia che aveva in corpo. “Forse sono diventato più prudente o più vigliacco o più egoista, non lo so.” mormorò piano. “Ma io non voglio che succeda qualcosa a mia moglie o al mio bambino…” A quelle parole Rick gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla in segno di conforto.
“Troveremo una soluzione.” disse sottovoce, ma in modo chiaro e rassicurante. “Come abbiamo sempre fatto. Non è la prima volta che ci troviamo nei guai e non sarà neanche l’ultima. Però supereremo anche questo, vedrai. Fidati di me.” Kevin sospirò brevemente, quindi annuì. Rick gli fece un piccolo sorriso. “Ok, ora vediamo di trovare il modo di cacciare il culo di Javier fuori da casa tua.”
 
Castle e Ryan rimasero in cucina per quasi un’ora a vagliare ogni singola possibilità per portare via di nascosto gli Esposito e Beckett dalla Germania. Alla fine però, come il colonnello aveva già intuito in precedenza, la cosa più sicura che trovarono fu proprio quella di aspettare che l’aeroporto riprendesse a funzionare. Javier e la sua famiglia avrebbero dovuto avere ancora un po’ di pazienza. E Kate…
“Non c’è altra alternativa: Kate deve riprendere il suo ruolo di fidanzata.” sussurrò Kevin alla fine. Rick scosse la testa.
“Non vuole neanche vedermi.” mormorò in risposta con un tono insieme malinconico e rassegnato. “Figurarsi apparire al mio fianco come la mia fidanzata!”
“Beh, non può fare altro.” commentò il maggiore serio. “E’ la sua unica possibilità. Ora che molti sanno di lei non possiamo farla sparire. Attirerebbe troppo l’attenzione.” Castle sospirò e si passò una mano tra i capelli, nervoso. Non sarebbe stato facile convincere Kate. Per niente. E lui non avrebbe potuto biasimarla.
A un certo punto il colonnello sentì la mano di Kevin sulla sua spalla.
“Le parlerò io.” disse piano il maggiore. “Oppure dirò a Jenny di parlarle se non vorrà ascoltarmi. Ma, Rick…” lo chiamò poi. Non continuò finché Castle non si fu girato a guardarlo. “Capirà, vedrai.” Rick sospirò e annuì piano, anche se non avrebbe saputo dire se Kevin parlasse del loro piano o del fatto che le avesse nascosto della madre. Poi il maggiore guardò l’orologio. “Tra poco dobbiamo andare. Vado ad avvertire Jenny, così le spiego anche la nostra idea. Torno subito.” Il colonnello annuì di nuovo. Vide l’amico alzarsi e dirigersi fuori dalla cucina, quando all’improvviso lo colpì un pensiero.
“Kev?” lo chiamò piano un secondo prima che sparisse. Ryan si fermò e si girò, facendogli un cenno a dire che ascoltava. “Kate è riuscita a parlare con suo padre?” L’amico scosse la testa sconsolato.
“Abbiamo provato a chiamare, ma il centralino non ha voluto passare la chiamata in America.” mormorò in risposta. “Gli ho mandato un telegramma da parte di Kate. Non è il massimo, ma almeno ora conosce la sorte di sua moglie e sa che sua figlia sta bene.” Rick annuì piano, quindi Kevin si voltò e uscì dalla cucina.
Castle attese qualche secondo poi si alzò anche lui. Entrò in salone il più silenziosamente possibile e si avvicinò cauto al divano. Ricordava bene come Beckett fosse sensibile a ogni rumore. Arrivò allo schienale e si fermò. Quindi, lentamente, si affacciò oltre questo, mordendosi il labbro inferiore nervosamente. Finalmente riuscì a vederla. Kate era su un fianco con almeno tre coperte su di lei, rannicchiata in posizione fetale con le mani strette a pugno accanto al viso. I capelli, lasciati liberi, le nascondevano buona parte del volto. Rick si mosse a disagio sul posto. Avrebbe voluto vederla un’altra volta, ma allo stesso tempo non voleva che si svegliasse e lo cacciasse via. Alla fine però il desiderio fu più forte. Facendo molta attenzione, si appoggiò allo schienale del divano e si protese appena verso di lei, fino ad arrivare a scostarle lievemente i capelli dal viso. Sorrise senza neanche accorgersene. Kate era bellissima quando dormiva. Sembrava una bambina senza alcuna preoccupazione a offuscarle i sogni. Castle vide però che era più pallida di come la ricordava e con delle occhiaie scure piuttosto marcate, come se negli ultimi giorni non avesse dormito e fosse riuscita a prendere sonno solo poco prima che lui entrasse a casa Ryan. Strinse la mascella e sospirò silenziosamente, sapendo bene che era colpa sua se lei ora stava così male.
Rimase diversi minuti a osservarla, senza poterne fare a meno. Lei attirava il suo sguardo come il miele attira un’ape. Fu solo quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla che si ricordò che non erano soli al mondo.
“Dobbiamo andare.” sussurrò Kevin, quando voltò la testa per guardarlo. Vide che aveva uno sguardo comprensivo in volto che in qualche modo gli fece sentire di nuovo tutto il peso del suo silenzio con Beckett. Annuì solo in risposta. Si girò a dare un’ultima occhiata a Kate, quindi si spostò dal divano e seguì l’amico fuori di casa.
 
Non appena sentì la porta chiudersi, Kate aprì gli occhi. Si era svegliata quando aveva sentito Castle entrare dall’ingresso e parlare a bassa voce con Ryan. Avevano cercato di tenere il tono basso, ma qualcosa di tanto in tanto era riuscita a captarla anche lei. Avevano parlato di aeroporti, nascondigli, scappatoie e cose del genere. A un certo punto aveva sentito anche la parola fidanzamento. Era bastato quello a farle desiderare di potersi rannicchiare ancora di più sul divano, possibilmente fino a scomparire tra i cuscini. Le facevano male lo stomaco, il petto e la gola tanti erano stati i pianti e le volte che aveva rigettato il pranzo o la cena. Stava iniziando ad accettare solo in quelle ore cosa era davvero successo a sua madre e Castle che faceva? Si ripresentava in giro. Aveva bisogno ancora di tempo. Aveva bisogno di potersi alzare in piedi senza che il ricordo di sua madre le desse un pugno nello stomaco ogni volta. Aveva bisogno di ripensare a Rick come all’uomo che aveva conosciuto e non come quello che forse aveva fatto morire sua madre. Forse. Perché aveva ripensato al racconto di Ryan centinaia di volte nella sua testa negli ultimi giorni e aveva comparato il Castle che aveva conosciuto con quello che si era lanciato in un palazzo per salvare una donna. E aveva realizzato che forse, forse, era davvero come diceva Ryan. Rick non aveva ucciso sua madre. Si sentiva in colpa perché non era riuscito nella sua missione di salvare Johanna da quel soldato, certo, ma non l’aveva uccisa lui. Non era stata colpa sua.
Quando aveva sentito Castle avvicinarsi, Kate avrebbe voluto scappare, gridargli contro, mandarlo via lontano da lei. Eppure non era riuscita a muovere un muscolo. Qualcosa l’aveva trattenuta lì, immobile, ad ascoltare il suo respiro regolare sopra di lei, a sentire le sue mani calde muoversi delicate sul suo viso per scostarle i capelli, mentre il cuore le batteva a una velocità molto maggiore di quella che avrebbe dovuto avere. Quando Ryan arrivò a chiamare Castle, per un momento non seppe se ringraziarlo o maledirlo internamente. Non voleva Rick vicino, ma allo stesso tempo le mancava terribilmente, più di quanto avrebbe mai potuto ammettere.
 
Rick passò la giornata intera alla centrale, ma con la testa completamente altrove. Aspettava impaziente che arrivasse sera, in modo da poter andare a casa di Ryan e scoprire cosa ne pensavano gli altri della loro idea. Kevin gli aveva assicurato che Jenny avrebbe parlato sia con Javier e la sua famiglia, sia con Beckett, in modo che non dovessero aspettare loro per avere notizie. Non era preoccupato per gli Esposito, Castle sapeva che non sarebbero stati entusiasti delle nuove decisioni, ma si sarebbero adeguati. Quello che lo impensieriva e gli toglieva la concentrazione era Kate. Più le ore passavano e più era certo che quella sera la risposta di lei sarebbe stata di andare a quel paese. Non c’erano alternative però. Rick avrebbe lottato per farle capire che era la loro unica soluzione. Non voleva vederlo? Perfetto, sarebbe potuta rimanere in casa di Ryan oppure tornare da lui e fare come se non esistesse. A lui sarebbe andata bene qualsiasi cosa, purché lei accettasse quell’unica condizione di ‘rifidanzamento’.
Quando finalmente scese la sera e Kevin venne a recuperarlo dal suo ufficio, in cui aveva concluso poco o niente tutto il giorno, ormai il colonnello si era convinto che Beckett gli avrebbe tirato qualcosa addosso direttamente da una finestra, senza farlo neppure avvicinare alla casa. Rimase in silenzio per tutta la strada, chiuso nei suoi pensieri funesti mentre Ryan cercava invano di confortarlo con parole positive, e arrivato davanti all’appartamento del maggiore si guardò intorno nervoso, quasi temendo un attacco a sorpresa.
Una volta davanti alla porta, Kevin tirò fuori il suo mazzo di chiavi per aprire casa. Rick lo guardò perplesso, le sopracciglia aggrottate.
“Perché non suoni il campanello?” chiese, sfregandosi insieme le mani per combattere il freddo pungente che si infiltrava anche dentro i guanti. Ryan trovò la chiave e la infilò nella toppa.
“Non voglio far spaventare Jenny con una chiamata improvvisa.” rispose. Castle alzò un sopracciglio.
“Certo, perché piombare in casa senza annunciare il proprio arrivo la farà sicuramente stare più tranquilla…” commentò ironico. Il maggiore sbuffò e una nuvoletta chiara gli si formò subito davanti alla faccia.
“Voglio solo evitare di allarmarla o farle prendere dei colpi che potrebbero farle male.” replicò senza guardarlo, girando più volte la chiave finché non si sentì lo sblocco del meccanismo. Rick alzò gli occhi al cielo, ma non commentò. Era certo che la signora Ryan non avrebbe apprezzato quell’eccesso di preoccupazione del marito. “Jenny?” la chiamò Kevin, non appena ebbe aperto la porta. “Tesoro?” riprovò, mentre sia lui che il colonnello si infilavano in casa e chiudevano la porta dietro di loro.
“Ah, ma sei tu!” esclamò all’improvviso la voce di Jenny. Si voltarono, con le giacche tolte solo a metà, e videro la signora Ryan venirgli incontro dal salone a grandi passi e con uno sguardo torvo.
“Ciao, amor…” iniziò il maggiore, ma la moglie non lo fece finire.
“Non chiamarmi ‘amore’!” lo riprese lei irritata, puntandogli l’indice con forza contro petto. Rick notò che in qualche modo la gravidanza la faceva apparire più pericolosa. Kevin indietreggiò leggermente, preoccupato. “Quando hai girato la chiave nella toppa mi è preso un colpo!” esclamò ancora la donna seccata. “Si può sapere perché non hai suonato come fai sempre??” Rick si morse il labbro inferiore, cercando di non ridere, mentre intanto appendeva lentamente il giaccone all’attaccapanni.
“Ma… ehm… tesoro, non volevo…” balbettò Ryan, decisamente in difficoltà. Gettò un’occhiata a Castle in cerca di aiuto, ma, vedendolo sul punto di scoppiare a ridere e con un’aria da te l’avevo detto stampata in faccia, si limitò a lanciargli un’occhiataccia.
“Maggiore Kevin Ryan, guardami quando ti parlo!” sbottò Jenny furiosa, focalizzando di nuovo l’attenzione del marito su di lei. “Per tua informazione, ho dovuto far scappare nella loro stanza in fretta e furia Lanie, Javier e Leandro! Se tu avessi evitato di fare l’agente segreto, non avrei dovuto stancarmi per nulla del genere!! Una donna incinta non può permettersi certe emozioni, lo sai??” Ryan si fece piccolo davanti alla moglie, mentre Castle faceva finta di essere ancora impegnato a sistemare giaccone, guanti e cappello di lato, cercando insieme di non ridacchiare. Quando Jenny finì la sua tirata, si voltò irritata e se ne tornò verso il salone, sbottando che sarebbe stato il marito a spiegare ai tre Esposito la loro improvvisa e immotivata fuga.
Non appena la donna fu sparita dalla loro vista, Kevin sospirò brevemente.
“Salvate il soldato Ryan…” commentò Castle divertito, non riuscendo a trattenersi. L’amico gli lanciò un’occhiata omicida, quindi si voltò e seguì a testa bassa la moglie.
 
Quando Rick uscì dalla casa di Kevin, quella notte, era più tranquillo, ma insieme ancora nervoso. Da una parte infatti gli Esposito avevano avuto la reazione che sospettava, ovvero erano frustrati, ma propensi ad aspettare, e in più Kate non aveva detto di no alla loro proposta di rifidanzamento. Il problema però era che non aveva detto nemmeno di sì. Attraverso Lanie e Jenny, poiché lei non si era presentata, aveva risposto di aver bisogno di tempo per pensare di ritornare a essere la sua finta fidanzata. Castle aveva sperato di vederla o almeno di parlarle visto il suo non-rifiuto. Aveva auspicato di poterla convincere, ma le altre due donne gli avevano intimato di stare lontano da lei. Beckett non voleva vederlo e questo era tutto. Quando si sarebbe sentita pronta, lo avrebbe cercato lei.
Rick si strinse di più il giaccone sul collo con un lieve brivido e si calcò meglio il cappello sulla testa. Quindi si perse a osservare inquieto le piccole nuvolette di fumo bianco che gli si formavano davanti alla bocca e al naso mentre respirava. La voce che si era fidanzato era girata in fretta, più di quanto avesse pensato, e quel giorno il suo superiore lo aveva anche chiamato per fargli le congratulazioni. Per salvare le apparenze, aveva dovuto dire che la festa per il fidanzamento sarebbe stata a breve e che di certo sarebbe stato invitato. Non poteva più rimangiarsi quelle parole. Con Ryan avevano concordato di lasciar passare ancora qualche giorno, ma non di più, altrimenti sarebbe parso strano. Non potevano aspettare più di un mese o qualcuno si sarebbe insospettito e avrebbe iniziato a fare domande. E poi a quel punto, se non potevano rimandarlo, tanto valeva farlo subito e togliersi il pensiero. In fondo sarebbe stata solo una festa. Musica, balli, persone che si congraulavano… niente che non avessero già visto. Non c’era neanche da divertirsi davvero, solo intrattenere un po’ gli ospiti e fare in modo che il tutto fosse il più indolore e breve possibile. In sé sarebbe stato facile, ma era lì che nasceva il problema. Come convincere gli altri che lui e Kate erano fidanzati se la promessa sposa non si fosse presentata alla sua stessa festa?
 
“Kate, pensi di deciderti prima della fine dell’anno?” chiese Lanie ironica, entrando insieme a Jenny nella stanza segreta dove si era rifugiata la donna. Beckett si scostò dalla parete, dove c’era un minuscolo foro quasi invisibile che dava sul salone, e andò a buttarsi a peso morto sul letto a pancia in giù.
“Beh, in fondo a Capodanno manca ormai poco.” replicò Kate, borbottando contro il cuscino. Si accorse che profumava vagamente di Lanie. “Meno di un mese.” Sentì la signora Esposito fare uno sbuffo scocciato.
“Non sei spiritosa.” replicò. Beckett fece una risata sarcastica dentro il cuscino.
“Kate, so che quello che è successo è terribile,” si intromise Jenny per porre fine al battibecco tra le due. “Ma sappiamo tutte e tre che hai capito che Rick non è cattivo e che non ha davvero ucciso tua madre.” continuò decisa, ma insieme dolce. Ne avevano parlato a lungo e più ne parlavano, più anche Beckett si convinceva che l’unico capo d’accusa che restava sulla testa di Castle era averle mentito per tutto quel tempo. “So che sei ancora arrabbiata con lui, ma Rick per tutto questo tempo ha tentato, a suo modo, di proteggerti. E vuole farlo ancora. Anche se l’unica soluzione che hanno potuto trovare lui e Kevin è stata quella di recitare ancora per un po’ la parte della fidanzata…”
“Come se le venisse difficile!” commentò Lanie beffarda. Kate alzò la testa dal cuscino per guardarla male. “E’ inutile che fai quella faccia, mi ricordo benissimo come vi comportavate uno in presenza dell’altro!” continuò la signora Esposito senza minimamente scomporsi davanti alla sua occhiata omicida. “I sorrisi, le occhiate di nascosto, gli sfioramenti, la vicinanza, le battute, le prese in giro… Tutto il pacchetto completo dei perfetti innamorati era in mano vostra. E ci hai detto pure che vi siete baciati!” esclamò alla fine Lanie, felice della cosa, ma insieme quasi seccata di non aver potuto assistere all’evento. “Quindi puoi tentare di mentire a te stessa quanto vuoi, ma sai meglio di noi che riusciresti a recitare la parte della fidanzata di Castle meglio di come parli tedesco!” La donna finì la sua arringa e incrociò le braccia al petto, guardando Kate torva, come a volerla sfidare a controbattere. Su quel punto, Beckett dovette ammettere che Lanie non aveva tutti i torti. Sarebbe stato indubbiamente più difficile imparare il tedesco in un mese per tentare di andarsene da sola, piuttosto che restare fintamente fidanzata con Rick ancora per un po’ facendo la parte della russa. Non avrebbe smesso di essere arrabbiata con lui, quello no, ma di certo avrebbe avuto la vita più facile nel prossimo futuro se semplicemente avesse ripreso quella farsa. Eppure, nonostante tutto, ancora non riusciva a dire quel semplice ‘sì’ a Castle.
“Kate, tesoro, qual è il problema?” chiese Jenny amorevolmente, venendo a sedersi accanto a lei sul letto e carezzandole piano la schiena. Beckett voltò la testa per guardarla. Da quella posizione, stesa sulla pancia e abbracciata al cuscino, poteva vedere il profilo della signora Ryan perfettamente. La sua pancia era sempre più prominente e tesa. Pensò che Jenny sarebbe stata una bravissima madre.
“Non voglio vederlo.” mugugnò Kate, sapendo benissimo di sembrare quasi una bambina. “Non voglio stare di nuovo male per colpa sua. E poi non riuscirei a togliermi dalla mente la sua faccia e la sua voce quando mi ha detto che mia madre era morta. Continuo ad avere questo ricordo di lui e non sarei capace di…”
“Allora esci e crea un nuovo ricordo!” la bloccò Lanie, avvicinandosi anche lei al letto. “Se l’ultima cosa che hai in mente di Castle è quella, allora non riuscirai più a parlare con lui e lo vedrai sempre come l’uomo che ti ha nascosto di tua madre. Ma se tu ora esci e crei un nuovo ricordo di lui, allora non dico che la precedente immagine verrà spazzata via o cancellata, però potrà sbiadire fino a restare solo un qualcosa di lontano.” Kate la osservò per un momento, come spiazzata. Poi riabbassò lo sguardo e si appoggiò di nuovo al cuscino, affondando metà faccia all’interno con un sospiro smorzato. “La domanda giusta quindi ora sarebbe:” continuò poi Lanie dopo averla lasciata riflettere per qualche momento. “Vuoi andare e creare un nuovo ricordo con lui oppure vuoi rimanere qui e continuare a mantenere l’immagine negativa che hai senza nemmeno lasciarlo provare a cambiarla?”
 
Castle si mosse nervoso per il salone. Continuava costantemente a passeggiare avanti e indietro, lanciando occhiate preoccupate alla pendola ogni volta che gli passava davanti, come se questo potesse in qualche modo rallentare il tempo. Invece le lancette continuavano a scattare in avanti ogni secondo e ogni minuto, con ticchettio costante, inesorabili. Era il pomeriggio del 10 dicembre e mancava esattamente un’ora all’inizio della festa per il loro fidanzamento. Di Kate però nemmeno l’ombra.
Per giorni Kevin, Jenny, Lanie e Javier avevano provato alternativamente a convincere Beckett ad andare. Ci avevano provato perfino sua madre e la Gates. Lei però non era ancora riuscita a decidersi. Avrebbe voluto parlarle lui, ma sapeva che avrebbe solo peggiorato le cose. Ryan gli aveva assicurato che avrebbero provato a persuaderla fino all’ultimo secondo, ma l’aveva sentito meno di dieci minuti prima e ancora non avevano risolto nulla. Ormai le sue paure stavano prendendo vita. Kate doveva aver scelto di credere alle sue parole invece che a quelle di Kevin riguardo Johanna. Castle si era dato del cretino mille volte nei giorni precedenti per quella storia. Se solo non avesse detto esplicitamente ‘è colpa mia’, forse non sarebbero in quella situazione. Si sentiva in colpa per Johanna, ovvio, ma avrebbe dovuto spiegare a Kate il perché, ora lo capiva.
Rick sospirò e si passò una mano tra i capelli. Si era talmente agitato durante il giorno che, pur di non pensare a quella sera, aveva sistemato la casa e si era già preparato nella sua divisa tirata a lucido da almeno due ore. Con Ryan avevano concordato che se Kate non si fosse presentata, allora avrebbero detto che stava poco bene, ma non era quello a preoccuparlo. Era il fatto che se lei non fosse venuta, allora avrebbe voluto dire che lo odiava a un punto tale da non avere nemmeno la forza di guardarlo in faccia.
“Richard, calmati.” La voce di Martha lo fece sobbalzare. Non l’aveva sentita scendere le scale dalla sua camera al piano di sopra, dove si stava preparando. Si voltò e la vide con indosso un decorato vestito a maniche lunghe, lungo fino alle caviglie e color arancione acceso, accompagnato da una stola blu mare dall’aria piuttosto pesante che le copriva le spalle. Sorrise appena. Se c’era una donna che avrebbe saputo portare un vestito del genere con classe, quella era sua madre. “Stai consumando il pavimento a furia di camminarci sopra con tanta foga.” continuò poi Martha scuotendo la testa esasperata. Castle sbuffò, ma si fermò nella sua instancabile camminata. Non mancò comunque di lanciare un’occhiata all’orologio. Solo cinquanta minuti e gli ospiti avrebbero iniziato ad arrivare. “E smettila di guardare la pendola, ragazzo!” aggiunse l’attrice, mettendosi le mani sui fianchi come a volerlo rimproverare. “Kate arriverà, vedrai.”
“Come fai a esserne tanto sicura?” le chiese stupito e rassegnato insieme, le sopracciglia aggrottate. “Ci hai parlato meno di due giorni fa e ti ha detto lei stessa che non sa cosa decidere. E finora la cosa non è cambiata a quanto pare…” aggiunse con tono ferito. “Per cui cosa ti fa pensare che lei si presenterà stasera?”
“Perché quella ragazza prova qualcosa per te.” rispose Martha con una semplicità quasi disarmante. Rick rimase con la bocca semiaperta. “Che c’è?” chiese lei divertita. “Non dirmi che non te ne sei accorto!” Il colonnello non rispose. Ci aveva riflettuto sopra e più di una volta. Aveva ripensato agli unici due baci che si erano scambiati e non aveva potuto fare a meno di notare che lei lo aveva sempre ricambiato. E pure con una certa passione. Ma quello era avvenuto prima della sua confessione. Scosse la testa.
“Se mai avesse provato qualcosa per me, quel qualcosa è andato in fumo il giorno che le ho detto della morte di Johanna.” replicò Castle tetro. “In ogni caso,” continuò poi con tono più neutro, come se la cosa non lo riguardasse. “Ora la questione non è che cosa prova, ma quanto vuole sopravvivere a questo inferno senza farsi scoprire.”
“Ne sei certo?” domandò Martha. Rick la guardò confuso, ma la donna non spiegò la sua domanda. Anzi, all’improvviso distolse lo sguardo e si avvicinò alla mensola con sopra gli oggetti a lui più cari: la piccola Torre Eiffel della madre, la medaglia del padre, la sua targa e il ceppo di Kate. Martha li osservò uno a uno, mentre il figlio rimaneva immobile pochi passi dietro di lei, ancora perplesso. Poi l’attrice si fermò davanti alla lucida medaglia dorata e gliela indicò. “Ti sei mai chiesto perché alla fine io abbia deciso di seguire tuo padre qui?” Rick si irrigidì. Parlare del padre non era praticamente mai qualcosa di piacevole per lui.
“Sì.” rispose secco. “E più di una volta. Ma con questo dove vuoi arrivare?” chiese sbrigativo e scocciato. Aveva già abbastanza pensieri su Kate senza doversi agitare pure per il padre. Lanciò un’occhiata all’orologio: quaranta minuti e poco più ancora.
“La prima volta che mi disse che ci saremmo trasferiti qui pensai che scherzasse.” confessò Martha atona, gli occhi puntati sulla medaglia. “Venire a vivere in Germania mentre la follia e il fanatismo di Hitler crescevano non mi piaceva per niente. Soprattutto per te, perché sapevo che ci avresti seguito…” Prese un respiro profondo e allungò poi una mano per carezzare lievemente il freddo metallo. “Quando capii che Nicholas stava dicendo sul serio, per un momento lo odiai.” riprese con tono triste e lo sguardo perso a chissà quale ricordo. “Discutemmo, urlammo, minacciai di lasciarlo, cercai di essere categorica e impedirgli di fare questa assurdità. Nulla funzionò. Così alla fine gli diedi un ultimatum. O noi o il nazismo.” Castle la seguiva con la bocca semiaperta, stupito, scoprendo cose di cui lui non aveva mai saputo l’esistenza. O meglio, sapeva che i suoi avevano avuto qualche litigio, ma quello che sua madre stava descrivendo andava oltre la sua immaginazione. Dovevano aver approfittato dei momenti in cui lui non era in casa perché non si era accorto di nulla.
“Lui però scelse il nazismo.” disse qualche secondo dopo Rick, cauto e perplesso. “E tu sei rimasta con lui.” Martha fece un mezzo sorriso, lo sguardo ancora perso sulla medaglia.
“Prima di partire mi chiese di perdonarlo.” rivelò la donna piano, abbassando lo sguardo al pavimento. “Non potevo farlo con quello che stava per provocarci. Avrei dovuto odiarlo per aver deciso arbitrariamente di cambiare la nostra vita di punto in bianco. Eppure non riuscii a lasciarlo. E lo perdonai.” Ci fu un momento di silenzio, mentre entrambi erano persi nei propri pensieri.
“Perché?” domandò alla fine Castle in un sussurro. “Perché lo hai perdonato?” Finalmente Martha si voltò verso di lui. Rick notò che aveva gli occhi leggermente lucidi.
“Perché lo amavo.” rispose sicura. “Nonostante tutto, io lo amavo. Per questo lo perdonai e rimasi con lui.” Il colonnello sospirò appena e si passò una mano tra i capelli. Ovviamente sapeva che sua madre aveva amato suo padre. Non aveva mai pensato però che quella devozione avrebbe potuto portarla fino a quel punto. “Richard,” lo chiamò la madre. Lui alzò gli occhi e incrociò il suo sguardo. “Questa sera lei verrà.” disse, sorridendogli dolcemente mentre osservava la faccia sorpresa di Rick. “Fidati della tua vecchia madre.” Il colonnello si mosse a disagio sul posto, non sapendo bene cosa replicare. Martha ridacchiò appena, vedendolo così in difficoltà. “Ora però il tempo dei ricordi è finito.” aggiunse poi, tornando a un tono più vivace e schietto, molto più simile a come era di solito. “Tra meno di mezz’ora i tuoi invitati saranno qui, quindi vai a sistemarti quei capelli, Richard, o Katherine avrà un buon motivo per non presentarsi stasera!” Detto questo, sbuffò con aria teatrale e si allontanò verso la cucina, probabilmente per prendere qualcosa da bere, lasciando un attonito Castle in piedi in mezzo al salone.
 
Rick guardò nervoso la pendola del salone. Tre quarti d’ora. La festa era iniziata da tre quarti d’ora e di Kate nemmeno l’ombra. E neppure Kevin e Jenny si erano ancora fatti vivi! Sbuffò agitato e prese un bicchiere di spumante dal tavolo su cui avevano appoggiato gli alcolici. Dietro di esso sua madre la faceva da padrona. Distribuiva sorrisi scintillanti e bicchieri colmi a qualsiasi persona gli si avvicinasse. Ormai gli invitati erano quasi tutti presenti. C’erano alcuni dei suoi soldati più fidati di grado minore, ma anche diversi generali erano intervenuti. Si erano presentati anche il Colonnello Dreixk e il Generale Otto con sua moglie Meredith. In tutto erano una trentina di persone. E tutti, immancabilmente, gli avevano già chiesto almeno una volta dove fosse Kate. Perfino il suo superiore glielo aveva già domandato due volte. Tutti erano impazienti di vedere la sua fantomatica fidanzata.
Castle prese un sorso dal suo bicchiere e si guardò attorno. Il grammofono di sua madre spandeva una vivace musica che aveva portato diverse coppie a improvvisare qualche passo di danza nel salone. Per l’occasione, il colonnello aveva spostato tutti i mobili di lato in modo che ci fosse appunto uno spiazzo adatto proprio a quello. Nel resto della sala si erano formati dei piccoli gruppetti di persone, in piedi o seduti, che facevano da sottofondo alla musica con un costante chiacchiericcio, interrotto solo di tanto in tanto da qualche risata. Poteva riconoscere a colpo d’occhio gli amici di sua madre: erano i pochi uomini senza divisa. Nonostante tutto, sembravano essersi ambientati bene con gli ufficiali e i sottoufficiali, tanto che vide uno strano tipo con due baffi neri a manubrio e un frac rosso scuro parlare divertito con uno dei Generali presenti dai capelli brizzolati tagliati a spazzola, altrettanto sorridente.
Rick si passò una mano tra i capelli e lanciò un’altra occhiata all’orologio. Cinquanta minuti. Con Ryan avevano concordato che se entro un’ora dall’inizio della festa non si fossero presentati, allora avrebbero simulato una chiamata a casa per avvisare che Kate si era sentita male. Ormai mancava poco. Castle si stava già ripassando mentalmente le parole da dire, quando incrociò lo sguardo della madre. Lei gli lanciò un’occhiata come a dire ‘porta pazienza, sta arrivando’. Lui rispose scuotendo appena la testa. Non sarebbe venuta. Lo sapeva già. Non erano riusciti a convincerla. Kate doveva aver deciso di credere che lui era un assassino.
Il colonnello sospirò e bevve tutto d’un fiato il rimanente spumante. Sentì il suono del campanello della porta d’ingresso, ma Martha scattò subito per andare ad aprire, quindi non si diede pena di affrettarsi. Lasciò il bicchiere sul tavolo e si avvicinò al telefono appeso al muro. Tanto che senso avrebbe aspettare? pensò funereo. Chiamarli ora o tra cinque minuti non cambia niente. Lei non verrà, quindi meglio togliersi il pensiero subito…
Rick stava già per tirare su la cornetta del telefono, quando di colpo si accorse che qualcosa intorno a lui era cambiato. Si bloccò e tese le orecchie. Il chiacchiericcio. Che fine aveva fatto il chiacchiericcio? Si voltò e vide praticamente tutti i suoi ospiti voltati verso il corridoio d’ingresso. Si girò anche lui. E rimase senza fiato.

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Xiao! :D
Innanzitutto: BUONA PASQUA!!! :D:D Secondo: in questo giorno di tal gaiezza vogliate perdonare il mio siffatto ritardo per la consegna di codesto mio umile capitolo... (tradotto = a causa di un momento un po così non ero molto in grado di scrivere indi non sono riuscita a fare prima, sorry...)
Anyway, bando alle cavolate, spero che il capitolo vi piaccia! :) Qualcuno immagina per chi/come/cosa Rick è rimasto senza fiato? XD Lo sapremo vivendo temo... XD
Ah, prima che mi dimentichi (di nuovo), GRAZIE a chi ha messo finora questa storia tra le seguite/ricordate/preferite e che addirittura mi ha aggiunto tra gli autori da seguire e anche a chi ha recensito o anche solo letto e ancora a chi pure mi ha mandato messaggi preoccupati per sapere se e quando avrei pubblicato!! Davvero ho la stessa emozione che provo nel rivedere Always!! *____* (in pratica tanto fangirlamento e ajsnflsdkjnvlaskjfnvlaksfjvn per voi! :D (sto fuori, lo so...))
Ok la finisco e sparisco! XD Ah, un'ultima cosa: non vi piacerà molto, ma devo avvertirvi che la prossima settimana sono fuori per qualche giorno e non avrò pc, quindi prima di due settimane mi sa che purtroppo non riuscirò a publicare il nuovo capitolo... (non uccidetemi, please!!)
Al solito, tanto love per le mie due "compagne di stanza"! <3
Ok sparisco sul serio! XD
A presto e ancora buona pasqua!! :D
Lanie

ps: la piccola citazione cinematografica... era una vita che cercavo il momento buono per metterla!! XD L'avete trovata? ;)
  
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