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Autore: fourty_seven    20/04/2014    0 recensioni
In un futuro molto lontano, su una Terra diversa da come la conosciamo oggi, un ragazzo, che vive in una enorme baraccopoli, sorta attorno ad una città, lotta contro il suo mondo per cambiare il proprio destino
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Mi rialzo da terra.
Ora sono più forte di lui, ma comunque non riesco a batterlo.
Esco dalle macerie di quello che un tempo era un palazzo, e mi fermo ad osservare Flint. Mi sembra di cominciare a cogliere segni di stanchezza, colpi non più potenti come prima, riflessi più lenti. Però purtroppo anch’io sto cedendo.
Ancora una volta parte alla carica, e io lo imito. Il primo colpo lo evito e il secondo lo paro. Salto e batto le ali e lo colpisco con tutte le mie forze all’addome; il suo corpo si piega in due e ne approfitto per colpirlo con una ginocchiata sotto al mento. Sento le sue ossa spezzarsi sotto la mia gamba, ma lui riesce comunque a reagire, facendomi volare via con un pugno.
Impatto contro una casa, prima di poter reagire, e un pezzo di una trave mi trapassa il corpo. Spazientito la rompo e mi alzo in volo.
Lui è ancora fermo, in piedi al centro della strada, che mi osserva con un ghigno sul volto.
Mi tuffo verso di lui e lui salta verso di me.
Ci scontriamo a mezz’aria e ci scambiamo una rapida serie di colpi. Poi tocchiamo terra e ci separiamo. Sono riuscito a ferirlo abbastanza seriamente e, anche se tutte le sue ferite si rimarginano davanti ai miei occhi, mi sembra più stanco di prima.
“È stato divertente giocare con te, ma è ora di finirla. Non ho più tempo” dice, e queste parole confermano la mia idea: non riuscirà a continuare ancora a lungo. Si getta verso di me, caricandomi a testa bassa. Io reagisco velocemente; con due possenti battiti d’ali lo raggiungo e, prima che possa spostarsi, lo colpisco in faccia con un calcio; mentre barcolla, gli afferro un braccio e con un singolo colpo glielo trancio di netto. Vengo investito da una fontana di sangue, mentre lui prorompe in un agghiacciante urlo di dolore. Senza dargli tregua, gli afferro la testa e mi alzo in volo, salendo sempre più in alto. Però lui si riprende troppo in fretta. Il braccio ricresce, con un movimento rapido mi afferra le ali e tira, strappandone una. Immediatamente perdo quota e cominciamo a cadere verso il basso. Provo a allontanarmi da lui, ma con una mano mi afferra una gamba e mi tira a se, schiacciandomi fra le sue braccia e rompendomi ogni singolo osso del corpo. Poi colpisco il suolo di testa.
 
 
 
 
 
Sono morto?
No, non penso. Semplicemente il nostro corpo è completamente a pezzi.
Ah, questo spiega perché non sento più nulla.
Infatti ho la sensazione di essere nel vuoto, come se fossi sospeso in aria. Menomale che non proviamo dolore, altrimenti sarebbero stati guai. Poi qualcosa comincia a ritornare, prima comincio a sentire, poi mi ritorna la vista e infine, osso dopo osso, il corpo si sistema. A fatica ci rimettiamo in piedi. Ho la vista un po’ annebbiata e le gambe non sono molto stabili.
Dobbiamo finire questo combattimento, possiamo resistere ancora solo per qualche minuto.
Un rumore di macerie spostate cattura la nostra attenzione. Da una parete distrutta esce Flint, in forma umana.
Com’è possibile!
L’impatto deve essere stato troppo violento anche per lui, e non è riuscito a rimanere trasformato.
Effettivamente non è conciato molto bene: barcolla vistosamente, un braccio gli pende inerte da un fianco e ha una brutta ferita sulla fronte. Per un attimo provo pena per lui. Ma solo per un attimo, poi lui con un grido si trasforma nuovamente e si lancia verso di noi. E noi ci lanciamo verso di lui.
Tira un pugno alla cieca, noi lo evitiamo facilmente e il nostro braccio affonda nel suo petto, proprio all’altezza del cuore. I suoi occhi si spalancano per la sorpresa, mentre dalla sua bocca esce un grido strozzato. Noi con una spinta ci allontaniamo di qualche passo.
Per qualche istante il suo cuore pulsa nella nostra mano, poi si ferma. Il corpo di Flint viene scosso da uno spasmo, mentre lui barcolla verso di noi.
Riuscirà a guarire anche da questa ferita?
No, non credo, è troppo grave.
Dopo un altro passo, il corpo di Flint cede e cade sulle ginocchia. Lentamente i suoi occhi si chiudono.
È finita?
Ma prima che possa parlare, gli occhi di Flint si spalancano. Non può essere. Mi muovo, mi vorrei muovere in avanti per colpirlo, ma Regina mi ferma.
No, fermo; guarda, non c’è più pericolo.
Davanti ai miei occhi avviene una cosa incredibile. Flint, il corpo che era di Flint, comincia a cambiare. Gli occhi, che erano neri, si schiariscono fino a divenire azzurri, azzurri come il cielo che ho visto nei ricordi di Regina. La sua pelle grigia comincia a risplendere, di una luce tenue, antica.
Davanti ai miei occhi ora c’è quell’essere magnifico, quel gigante che ho visto nei ricordi di Regina; anche se non capisco come possa essere possibile. All’improvviso ci muoviamo, si muove, Regina, io non volevo fare nulla. Ci, si avvicina alla creatura e le pone una mano sulla fronte, che in questa posizione è alla nostra altezza. Poi dalle nostre, dalle sue, in questo momento questo corpo non mi appartiene, dalle sue labbra escono dei suoni, che penso siano parole. Sul viso dell’essere compare un sorriso incredibile, mentre Regina parla; poi quando ha finito esala un ultimo grande respiro e si accascia fra le sue braccia. Delicatamente depone il corpo a terra; entrambi rimaniamo fermi ad osservare mentre, lentamente, le spoglie di questa creatura antica sono sostituite da quelle di Flint, da quelle umane di Flint, che rimane disteso a terra con un buco nel petto.
Ora è veramente finita.
Che cosa li hai detto, se posso saperlo?
L’ho semplicemente congedato dalla vita, ho decretato che il suo compito può considerarsi concluso.
Lentamente ci allontaniamo dal corpo, e cominciamo ad uscire dalla trasformazione. Più il potere e le energie di Regina abbandonano il mio corpo, più mi sento debole e stanco.
Penso che sverrò per qualche minuto, ti va bene?
Lo sento ridere.
Sì, d’accordo.
Appena ritorno completamente umano le gambe mi cedono e gli occhi mi si chiudono. Prima ancora di aver toccato il suolo, sono immerso del buio.
 
Ehi Jack, sveglia. È già passata quasi un ora, penso che sia sufficiente.
Lentamente apro gli occhi.
Pensi che troveremmo da mangiare? Sono abbastanza affamato.
Prova ad entrare in una delle case ancora intatte e vedi se c’è qualcosa.
Uhm, buona idea.
Mi metto in piedi con un po’ si sforzo, e mi incammino traballante verso una casa mezza sfondata. Passo attraverso le macerie e ho molta fortuna: trovo immediatamente da mangiare. Prendo quello che posso ed esco. Mangio mentre cammino.
E ora dove andiamo? Io mi sono completamente perso.
Io non completamente, comincia a seguire la scia di distruzione che vi siete lasciati dietro e torna al punto di partenza. Da lì dovrei riuscire a guidarti fino al Laboratorio.
Come puoi sapere dove andare?
Ho ascoltato le istruzioni di Erik; la mia mente non è limitata come la tua, riesco a fare due cose contemporaneamente.
Ti stai per caso prendendo gioco di me?
No, assolutamente no! Non mi permetterei mai di compiere un’azione simile!
Fai anche del sarcasmo! Però, come sei cambiato! Non sei più quello di un tempo!
Di cosa stai parlando?
Parlo dei bei vecchi tempi!
Quali vecchi tempi?
Quelli di... Quanto? Sette, otto ore fa? Quando non avevamo ancora compiuto una strage simile?
Già, hai ragione. Quelli sì che erano bei tempi.
Intanto sono riuscito a tornare da punto di partenza, e da qui Regina comincia a guidarmi verso il Laboratorio.
Non impieghiamo molto ad arrivare. E quando vedo il muro grigio innalzarsi di fronte a me, sono colpito da un leggero tremito.
Che ti prende Jack?
Niente, solo un brivido di paura. Andiamo.
Cammino seguendo il muro, fino a che non trovo il cancello, che è stato sfondato.
Scommetto che è opera di John.
Entro nel cortile e poi nell’edificio.
“Ehi, ragazzi? C’è qualcuno?” urlo, mentre procedo verso la mensa. Chiamo ancora, ma nessuno risponde. Arrivo nella mensa, ma non li trovo. Avevo pensato che anche loro fossero affamati, e che quindi si sarebbero messi a mangiare. Ma mi sono sbagliato. Magari sono ancora in infermeria; dopotutto erano feriti. La raggiungo, ma trovo anche questa vuota. Tuttavia vedo dei segni, che indicano che è stata usata di recente. Quindi sono stati qui. Ma adesso dove potrebbero essere?
Potrebbero essere nella stanza che doveva cercare quella ragazza.
Giusto hai ragione! Ma come la trovo?
Conosco io la strada, ma prima devi raggiungere la camera di Erik.
No, un momento. Come puoi saperlo? Io me ne ero già andato, quando ha spiegato la strada a Monica!
Lascia stare, fidati di me e basta!
Okay, va bene! Guidami.
Dopo aver raggiunto la stanza di Erik, seguendo ancora una volta le sue indicazioni e raggiungiamo la meta.
Trovo la porta aperta. Entro e faccio appena in tempo a vedere che appesi alle pareti ci sono degli strani oggetti quadrati, che un ruggito terrificante risuona nell’aria, facendo tremare ogni cosa.
Che diavolo era?
Temo di saperlo, ma spero di sbagliarmi.
Corro fuori, perché sono sicuro che, anche se è stato terribilmente forte, il ruggito non proviene da dentro il Laboratorio. Mi guardo attorno, ma non noto nulla; quando mi volto, per vedere il pezzo di Città alle mie spalle, rimango pietrificato dal terrore.
Verso il centro della Città, dove i palazzi si fanno molto alti, un qualcosa, una sagoma, come una specie di ombra, li sovrasta.
Non può essere. Non è possibile che sia lui.
Lui chi? Cos’è quel... coso là!
Quello è il responsabile della scomparsa del mio popolo. È, era come me; anche lui nato per combattere, ma amava più la morte che la vita. Non è stato possibile fermarlo, ci ha annientati tutti dal primo all’ultimo.
Guardo nuovamente il mostro, ancora più terrorizzato dalle parole di Regina, ida cui ho capito che anche lui è spaventato da quell’essere. Da questo posto si vede solo la testa, simile a quella di un serpente, che supera di molto i palazzi circostanti. Poi con un altro terribile ruggito, ne compare una seconda.
È enorme, mostruoso!
Dall’alto vedo scendere qualcosa ad una velocità folle, qualcosa che colpisce una testa e la manda a sbattere contro l’altra, ed entrambe spariscono dalla mia vista, colpendo il terreno.
Veloce, dobbiamo raggiungerlo.
Ci mettiamo a correre, fino a che non ci spunta un paio d’ali e ci alziamo in volo. Mi alzo fino a superare i palazzi, per vedere le reali dimensioni di quell’essere; e rimango ancora più sconvolto.
In uno spiazzo, creato dal mostro stesso, c’è questo essere immenso, deve essere lungo un centinaio di metri e alto qualche decina; mi ricorda molto una lucertola, se non fosse per le due orribili teste, che si trovano al termine di due lunghi colli, e le due lunghe code. Per adesso se ne sta immobile, le zampe piantate nel terreno, solo le code e le teste si muovono, ma penso che sia così tanto massiccio da essere limitato nei movimenti. Però c’è un particolare che mi terrorizza ancora di più, il suo colore: è nero come la notte.
Regina, non mi dirai che è nella sua vera forma, che ha accesso al suo vero potere?
No, non ci arriva neanche lontanamente, fortunatamente. Forse potrete sperare di riuscire a sconfiggerlo. Tu ed Erik assieme.
Appena lo menziona, appare a qualche decina di metri da me una figura alata, che si posa sul tetto di un palazzo, vicino al mostro. Atterro di fianco a lui.
“Jack” mi saluta con un cenno del capo, “Chi avrebbe mai pensato che avremmo dovuto combatterlo ancora assieme?” continua. Io rimango per un attimo spiazzato, poi capisco che non è veramente Erik a parlare, ma entrambi assieme. Lui e L’altro.
“Anche se non è nel pieno delle forze, è comunque un osso duro; per quanto colpisca forte, non riesco a scalfire la sua pelle” dice ancora.
“Sai chi è? È uno di quelli che abbiamo incontrato prima?” chiedo.
Esita un attimo, poi capisce che mi riferisco all’uomo, che si è trasformato in quell’essere.
“Sì, è il Dottore. L’ho incontrato per caso, mentre mi dirigevo al Laboratorio e con lui c’era la tua a mica, Monica, svenuta”.
“Cosa?! Com’è possibile! L’ho ucciso! Non può essere ancora qui! Nessun uomo sarebbe potuto sopravvivere a quel colpo!” grido.
“Appunto, lui non è un uomo. Comunque non ricordi Flint? Ci ha tenuto testa per qualche minuto in forma umana, e lui è ancora più forte; quindi eccolo qui” conclude.
“E Monica, dov’è ora?” continuo io, più preoccupato per lei, che del mostro.
“Per adesso è al sicuro con John e Tom; sono nascosti in una casa da quella parte” mi risponde, indicandomi una direzione. Abbastanza rassicurato, mi preparo per iniziare a combattere.
Ancora insieme come prima, io e te?
Certo e dobbiamo dare il massimo subito. Non ha senso trattenersi contro di lui.
Perfetto.
 
 
 
 
 
Riapro gli occhi e scatto. Lui è lentissimo. Si accorge di me solo quando gli sono addosso. Lo colpisco con tutta la mia forza in mezzo agli occhi della testa di destra. La mia intenzione è quella di fracassargli il cranio; invece si fracassa il mio braccio.
Mi allontano, evitano tranquillamente l’altra testa, che nel frattempo si è mossa per cercare di mordermi. Male gli ho fatto, perché quando l’ho colpito gli è scappato un grugnito di dolore, però non ho ottenuto altri effetti.
“Come ti dicevo, per quanto lo si colpisca forte, non si riesce a ferirlo seriamente. Per fortuna che è lento. L’unica cosa che potremmo fare a questo punto è cercare di sfinirlo e sperare che il corpo dell’umano ceda tra breve” mi dice Erik, affiancandomi.
“Non so te, ma io non so per quanto ancora riuscirò a resistere, lo scontro di prima mi ha sfinito” rispondo.
Lui mi guarda per qualche istante, poi parla: “Allora abbiamo bisogno d’aiuto. Va a chiamare anche John e Tom”.
“Cosa credi possano fare! Inoltre sono feriti!” ribatto.
“Se noi due veniamo sconfitti ora, loro dovranno affrontarlo da soli dopo; quante probabilità hanno di vincere?”. Non rispondo. “Dunque è meglio affrontarlo ora tutti assieme” conclude. Io annuisco.
Erik si fionda in avanti, per distrarre il mostro, mentre io mi dirigo il più velocemente possibile dalla parte opposta.
Non impiego molto tempo a trovare gli altri, li sento parlare ad alta voce. Così entro nella casa, sfondando una finestra.
  
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