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Autore: delilahs    20/04/2014    4 recensioni
Caskett,Future!Fic
Ambre si agitò appena quando il padre la prese tra le braccia. I due avevano deciso di chiamarla così per i suoi capelli, che erano risultati un grazioso misto tra il rosso di Martha, il castano cioccolato di Kate e il suo, dando vita ad una leggerissima sfumatura dorata, così com’erano le pagliuzze nei suoi occhi. Controllò che fosse pulita, e che non avesse bisogno di niente. Guardò nostalgico la culla, ma la tenne tra le braccia.
Amava ammirarla. Le ricordava sua moglie, in ogni dettaglio. Le stesse espressioni, lo stesso naso e la stessa bocca, persino il sorriso era rimasto il suo. A volte, scherzando, diceva che da lui avrebbe ereditato la vena scrittrice e nulla di più. Ma anche lì nutriva i suoi dubbi. Ambre era una bambina molto intelligente, con una curiosità spiccata, che non poche volte avrebbe potuto far impazzire lui e Beckett. Proprio come quel giorno.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'This is war'
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Ambre.

 

 



“Richard, io ti amo, ma ripetimi quando questa idea mi è sembrata ottima.” Sbuffò Kate.

“Ugh, fino ad una settimana fa?” mollò lì lo scrittore, catapultandosi sul divano ed emettendo un lungo sospiro.

La stanza era fresca, e dalla finestra aperta entrava una brezza leggere estiva. Le lenzuola sottili trattenevano la luminescenza della luna, e un profumo di magnolie in fiore si diffuse nell’aria. Il letto a baldacchino era color crema, con l’intelaiatura in legno di noce e scolpita con motivi floreali.

“Devo ammettere, Castle, che questa non è stata affatto una cattiva scelta di luogo.”

“Come lo sono sempre, Beckett.” Borbottò lui in mezzo alla massa di cuscini.

Il detective si spogliò del suo vestito marrone e lo gettò disordinatamente sulla cassapanca di vimini intrecciata che giaceva ai piedi del letto. Castle fece lo stesso con la sua maglietta, osservando con occhi assonnati il profilo di Kate nella luce soffusa del piccolo bagno.
I marmi rigati di rosa brillavano, e una candela bruciava lentamente, inesorabilmente. Sua moglie si infilò una maglietta lunga e si gettò a letto, accanto a lui. Il vento continuava a soffiare, e poco lontano si distingueva lo sciabordio delle onde. Qualche granello di sabbia candida soffocava il parquet del
pavimento. La serata sembrava prospettarsi tranquilla.
“Tranquilla?”

“Vado io, Kate. Non dormi da settantadue ore, tesoro.” Rispose calmo Castle, ammirando sereno il profilo del detective tra le coperte. Lei lo ringraziò con un bacio sul petto e uno sulla guancia, lasciandogli addosso un odore penetrante di salsedine e vaniglia.

Alzandosi lentamente, lo scrittore si trascinò verso la stanzetta più vicina, adiacente alla loro.
Le pareti verde pallido erano oscurate dal buio della notte, anche se una vetrata enorme dava spazio al cielo costellato di comete. Il pavimento di moquette rifinita attutì i passi di Castle, permettendogli di arrivare fino al lato destro della stanza. Lì, avvolta in una copertina rosa, dormiva placido una bambina di sei mesi, illuminata fiocamente dalla lucina gialla attaccata al muro.

Ambre si agitò appena quando il padre la prese tra le braccia. I due avevano deciso di chiamarla così per i suoi capelli, che erano risultati un grazioso misto tra il rosso di Martha, il castano cioccolato di Kate e il suo, dando vita ad una leggerissima sfumatura dorata, così com’erano le pagliuzze nei suoi occhi. Controllò che fosse pulita, e che non avesse bisogno di niente. Guardò nostalgico la culla, ma la tenne tra le braccia.
Amava ammirarla. Le ricordava sua moglie, in ogni dettaglio. Le stesse espressioni, lo stesso naso e la stessa bocca, persino il sorriso era rimasto il suo. A volte, scherzando, diceva che da lui avrebbe ereditato la vena scrittrice e nulla di più. Ma anche lì nutriva i suoi dubbi. Ambre era una bambina molto intelligente, con una curiosità spiccata, che non poche volte avrebbe potuto far impazzire lui e Beckett. Proprio come quel giorno.

Si risvegliò dalla sua trance solo quando sentì un tocco leggero sulla spalla. Girò leggermente la testa, per scorgere Kate con il viso appoggiato al suo, che sorrideva e aveva quasi le lacrime agli occhi. Si girò, sempre attento a non svegliare la bambina. La musica soffice del carillon continuava a diffondersi per la stanza.
Sua moglie continuava a sorridere, osservando la bambina che teneva con cura tra le braccia. In quei sei mesi, anche quando era tornata al lavoro, Kate era stata onnipresente. Per essere una persona che non amava i bambini, Castle non aveva potuto ricordare il periodo della crescita di Alexis. Non era più solo. Se la bambina si svegliava di notte, Kate si alzava per farlo riposare, ma poi si alzava anche lui, perché non sopportava né di lasciarla sola, né di perdersi un solo momento della loro prima figlia. Avevano trascorso notti intere a cercare di farla dormire, finché una notte non aveva dormito in mezzo a loro. Castle si era svegliato, quando ormai la luce del giorno rifletteva i più belli fra i suoi gioielli.
Ambre si agitò un poco, e aprì gli occhietti marrone chiaro. Rick guardò sua moglie, supplicandola con lo sguardo e scuotendo la testa funesto.

“Non dormirà con noi, Castle. Non voglio che prenda il vizio.” Ribatté dubbiosa la detective.

“Non vorrai lasciarla sola in una nuova stanza, senza i suoi giochi, senza i suoi genitori?” fece il broncio suo marito, e proprio in quel momento Ambre ebbe il buon senso di lamentarsi. Non troppo, però. Giusto per far sapere che approvava.
Kate, un po’ per compassione, ed un po’ perché terrorizzata dalla prospettiva di un’altra notte in bianco, annuì torva. Lo scrittore annuì soddisfatto, facendo una smorfia che fece divertire la bambina. Poi notò lo sguardo della moglie.

“D’accordo, Beckett. Ti aspetto di là.” Concluse, passandole la bambina. Ambre si calmò subito, come spesso accadeva quando passava nelle mani della madre. Che la impaurisse o la calmasse, Kate ancora se lo chiedeva. Ma almeno stava buona, ed era più facile osservarla di quando si agitava per afferrare un nuovo gioco o scoprire le nuove parti del viso di suo padre.
La detective, al contrario di suo marito, più guardava Ambre e più vedeva Richard. La stessa intelligenza sopraffina negli occhi, la stessa vivacità, persino gli occhi avevano una sfumatura azzurra. Con un respiro felice, e un po’ impaziente, la strinse, inspirandone l’odore di borotalco, e si avviò verso la stanza matrimoniale.
Castle era sul letto ad aspettarla, un sorriso sornione sul volto. La donna depose la bambina sul letto e si sdraiò affianco a lei, spegnendo le luci appena passava. Alla fine rimase solo la luce della luna ad illuminarli.

“Mi hai convinta solo perché non riesco più a distinguere tra sogno e realtà, Richard. Faremo i conti domattina.” Sbuffò Kate tra le lenzuola, mordendosi le labbra.

“Sissignora. Ora però, visto che non è ancora domattina …” Non concluse la frase, allargando le braccia per quanto gli permetteva la bambina. Il carillon ancora risuonava nell’altra stanza, e portava una musica sonnolenta e rilassante. Kate si raggomitolò sul suo petto, lasciando uno spazio tra loro per Ambre, che però sembrava dormire beata.

“Mmh.” Mugugnò dopo mezz’ora in quella posizione. “Ti amo.”

“Perché me lo dici ora?” chiese il marito, facendo affiorare un briciolo di curiosità tra le nebbie dell’incoscienza.

“Perché voglio che tu lo sappia subito. Ho qui la prova, questo miracolo è nato grazie a te, ed io sono qui, adesso, e ti amo.” Rispose tranquilla la donna, scivolando definitivamente nelle braccia di Morfeo, stretta contro il petto dell’uomo che amava di più al mondo, lasciata libera ad ascoltare i battiti dei cuori delle persone più importanti della sua vita.
   
 
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