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Autore: marthiachan    20/04/2014    0 recensioni
"L’idea che avesse bisogno di un’altra persona solo per sentirsi al sicuro era terribilmente stupida e infantile. D'altra parte, però, una volta valutata quella possibilità, aveva cominciato a pensarci con sempre più frequenza. E più lo faceva, più lo allettava. Poteva essere una terribile debolezza. Poteva rovinare tutto. Significava negare la sua filosofia di vita basata sulla logica e il rifiuto delle emozioni.
Se l'era ripetuto migliaia di volte mentre camminava con passo spedito in piena notte."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hello!
Rieccomi con un'altra fic.
Niente di impegnativo, è giusto per augurarvi buona Pasqua. :)
Questa volta ho deciso di affrontare i personaggi di Sherlock e Molly da un punto di vista un pochino diverso.
Spero vi piaccia.
Ovviamente, nessun personaggio mi appartiene.
Buona lettura.


Feels like home


Era iniziato tutto perché quella sera si sentiva solo, ma non era solo questo.
Non era così semplice.
Si era sentito solo tutta la vita, in mezzo a folle di idioti lamentosi che sembravano evitare di pensare a tutti i costi. Quella sera, però, c'era dell'altro. Non era solo la solitudine, quella poteva affrontarla, l'aveva sempre fatto. Era più un bisogno affettivo.
Si era sempre dichiarato superiore, sostenendo che i sentimenti erano solo una distrazione, ma la verità era che era spaventato dalla possibilità di scoprire che lui non poteva essere amato. Da nessuno.
Eppure, la necessità di avere qualcuno che lo accettasse così com'era, senza giudicarlo, accogliendolo senza remore, era sempre lì e tornava a tormentarlo di tanto in tanto. In passato aveva affogato questi desideri nelle sostanze illecite più potenti che aveva avuto sottomano, ma ora ne era uscito. Se era fortunato, riusciva a distrarsi lavorando, ma c'erano dei momenti in cui non c’era niente all'orizzonte che potesse salvarlo da se stesso. Quella sera era stata una di queste. Le alternative che aveva di fronte erano davvero scarse. C'era solo una cosa che non aveva ancora provato. Il suo orgoglio gli aveva impedito di considerarla sino ad allora. Era un'idea sciocca, una di quelle che forse John avrebbe potuto proporre, data la sua scarsa fantasia.
L’idea che avesse bisogno di un’altra persona solo per sentirsi al sicuro era terribilmente stupida e infantile. D'altra parte, però, una volta valutata quella possibilità, aveva cominciato a pensarci con sempre più frequenza. E più lo faceva, più lo allettava. Poteva essere una terribile debolezza. Poteva rovinare tutto. Significava negare la sua filosofia di vita basata sulla logica e il rifiuto delle emozioni.
Se l'era ripetuto migliaia di volte mentre camminava con passo spedito in piena notte.

Quando lei aveva aperto la porta era apparsa sorpresa. Non troppo, in realtà. Probabilmente era consapevole del fatto che l'unico che avrebbe potuto suonare il campanello a quell'ora della notte era proprio lui.
Sherlock, cosa fai qui? È successo qualcosa?” aveva domandato con voce impastata dal sonno.
Aveva osservato con attenzione la vecchia vestaglia che indossava, i suoi capelli raccolti in una treccia e ancora umidi per la doccia, e i resti della crema da notte agli angoli del suo viso.
Posso entrare?” aveva chiesto semplicemente, cercando di mascherare la paura che lo scacciasse.
Certo.” aveva risposto invece cedendogli il passo e chiudendo la porta alle sue spalle. “Va tutto bene?”
Era entrato nel piccolo appartamento e si era guardato intorno. Solo il fatto di essere lì lo faceva sentire meglio. Aveva fatto dei grossi respiri chiudendo gli occhi, beandosi della sensazione di pace che provava in quel posto.
No, non in quel posto. Non era l'appartamento a farlo sentire così, ma lei. La sua semplice presenza gli trasmetteva serenità.
Sherlock, ti senti bene?”
Si era voltato a guardarla. Scalza e infagottata in quella vestaglia sembrava ancora più piccola. Una donna minuta e fragile. Lui però sapeva che non era così. Sapeva che lei era forte, glielo aveva dimostrato, e sapeva che avrebbe potuto sempre fidarsi di Molly Hooper.
Posso dormire qui?”
Certo, preparo il divano e...”
“Il letto andrà bene per entrambi.”

L'aveva vista sussultare spalancando la sua piccola bocca per lo stupore.
T-tu vuoi... Tu vuoi che dormiamo insieme?” aveva balbettato arrossendo.
Sarebbe un problema?”
Lei era rimasta a osservarlo per qualche secondo, il respiro e il battito accelerato, con le guance rosse, somigliando in maniera incredibile a un’illustrazione di libri sulle fate.
Pensavo che preferissi avere i tuoi spazi...” aveva commentato mentre abbassava lo sguardo con imbarazzo.
Avrebbe potuto rispondere che normalmente era così, ma che quella notte era diversa. Quella notte aveva bisogno di avere qualcuno vicino. Qualcuno che non l'avrebbe giudicato per la sua debolezza e in cui riporre totale fiducia. Qualcuno che sarebbe rimasto semplicemente in silenzio accanto a lui, accettandolo.
Qualcuno che lo amasse.
E nessuno corrispondeva alla descrizione meglio di Molly.
Invece, non aveva detto una parola, si era tolto il cappotto e lo aveva poggiato sul divano, e poi si era diretto in camera. Il letto era disfatto dal lato destro, il che era perfetto, perché lui preferiva il sinistro. Si era tolto la giacca appendendola sulla spalliera di una sedia e aveva iniziato a togliersi la camicia, mentre Molly era rimasta timidamente sulla porta, timorosa.
Non è necessario che resti lì. Mettiti pure a letto, sono in grado di fare da solo, ora.”
Lei aveva annuito e aveva fatto qualche passo nella stanza. Lui aveva continuato a togliersi gli abiti e aveva visto con la coda dell’occhio che si era tolta la vestaglia… E che sotto indossava solo una canottiera e dei vecchi pantaloncini. Boxer da uomo, per l'esattezza. Avrebbe voluto dedurre a chi appartenevano, ma la sua attenzione fu calamitata da come la canottiera trasparente lasciasse intravedere l'aureola dei suoi capezzoli. O da come le sue cosce sembrassero così incredibilmente lisce e morbide. Fu solo una fugace visione, ma sufficiente per imprimersi a fuoco nel suo cervello. Lei, intanto, si era stesa a letto e fissava il soffitto. Non guardava lui e questo, stranamente, lo deluse. Non era certo sua intenzione mettersi in mostra, ma per un attimo aveva desiderato quei caldi occhi nocciola che percorrevano il suo corpo. Dandosi dello sciocco, aveva piegato i suoi abiti e poi si era messo a letto spegnendo la luce.
Nel buio, pur non riuscendo a distinguere nulla, poteva percepire il nervosismo di Molly. Sentiva che cercava di fare dei profondi respiri per calmarsi, ma invano. Incuriosito, iniziò a studiarla. Si girò su un fianco, con il viso rivolto verso di lei, annusando il suo profumo e presto si rese conto che lo inebriava.
Aveva desiderato avvicinarsi di più a lei. Così, lentamente aveva allungato un braccio per circondarle la vita. In questo modo, però, i loro corpi si erano stretti l’un l’altro e aveva finito per sprofondare il viso fra i suoi capelli.
Dopo un attimo di stupore, Molly era rimasta immobile, in attesa, ma non lo aveva respinto. Lui aveva atteso qualche secondo per assicurarsene e poi la sua mano aveva risalito la sua pancia, sfiorando il seno e percorrendo il collo, sino a raggiungere la sua piccola bocca. Aveva le labbra dischiuse e il suo fiato caldo gli solleticava la pelle. Era rimasta immobile, mentre i suoi respiri acceleravano di secondo in secondo, lasciando che lui studiasse la forma delle sue labbra con le dita. Era una sensazione incredibile. Aveva quasi dimenticato cosa significasse avere un contatto fisico di quel genere con qualcuno. La sensazione di essere desiderati a quel modo era entusiasmante. Molly, la sua Molly, lo accettava esattamente così com'era. Non più gentile o più normale, semplicemente Sherlock. E questo lo attraeva come una calamita. Era quello di cui aveva bisogno. Aveva preso coraggio e, a tentoni, l’aveva raggiunta e aveva posato la sua bocca su quella di lei. Molly aveva esitato, ma continuava a non rifiutarlo e lui non desiderava fermarsi.
Non era andato lì con quell'intento, o almeno non razionalmente, aveva solo pensato che il fatto di dormirle accanto l’avrebbe fatto stare meglio. In quel momento, però, era evidente che ciò di cui aveva realmente bisogno era toccarla. Alla cieca, si era posizionato sopra di lei, percorrendo a memoria ogni centimetro di quella pelle liscia e deliziosamente profumata. Molly lo aveva accolto senza remore, ricambiando ogni bacio e carezza, come se fosse sempre stata pronta. Come se lo avesse aspettato per tutta la vita.
Si erano amati appassionatamente per tutta la notte, senza neanche dire una parola, senza nemmeno guardarsi negli occhi.
Quando era giunta l'alba, lui si era svegliato con il piccolo e morbido corpo di lei accovacciato contro il suo. Era stato piacevole e intenso, ma la notte era finita, e i suoi irrazionali bisogni erano pronti a rintanarsi in un qualche meandro della sua mente.
Senza svegliarla, si era alzato e rivestito e, prima di andar via, le aveva lasciato un biglietto sul cuscino.

Grazie.

*


Le volte successive che si erano visti non erano soli, e fu moderatamente imbarazzante. Molly arrossiva ogni volta che gli rivolgeva la parola e non lo guardava mai in viso. Lui, invece, parlava esclusivamente di lavoro e la ignorava per la maggior parte del tempo. Nessuno sembrava aver notato nulla, fortunatamente. Non sarebbe stato facile da spiegare.
Con le settimane divenne più facile perché, a quanto pareva, Molly aveva deciso di comportarsi come se nulla fosse successo e questo rendeva le cose più semplici.
Sherlock non voleva ripensare a quella notte. Non voleva ricordare come la sua bocca fosse morbida e come le sue piccole mani lo avevano toccato con riverenza. Non voleva ammettere che quella notte, dopo tanto tempo, si era sentito come a casa. Proprio lui che non si era mai sentito a casa da nessuna parte. Grazie a lei. Perché lo aveva amato incondizionatamente. Non aveva chiesto nulla. Gli aveva dato il conforto di cui aveva bisogno, come un regalo.
Rifugiandosi nella logica, si era detto che era assolutamente naturale. Molly lo aveva sempre amato e, in fondo, era quello che aveva sempre voluto. Lui le aveva dato la notte dei suoi sogni e lei gli aveva donato un momento in cui lasciarsi andare ai suoi più profondi bisogni.
Lui si era sempre fidato di lei e, anche quella notte, lei non lo aveva deluso.

*

Era passato circa un mese da quella notte, quando aveva deciso di recarsi al Bart's da solo. Nessun Ispettore di Scotland Yard o blogger erano lì per fare da scudo tra loro due. Si sarebbero trovati soli uno di fronte all'altra ed era possibile che lei volesse affrontare l'argomento. Ciò poteva essere un problema, perché ancora non era riuscito a fare chiarezza sul perché quella notte avesse ceduto alle proprie debolezze, quindi non avrebbe mai potuto spiegarlo a lei.
Era rimasto fermo per qualche secondo di fronte alla porta del laboratorio domandandosi come avrebbe dovuto comportarsi. Quale atteggiamento sarebbe stato più appropriato? Alla fine optò per una sempre valida indifferenza.
Era entrato nel laboratorio con passo deciso come sempre. Lei era lì, china su dei documenti, e aveva alzato appena lo sguardo quando aveva sentito la porta aprirsi, salutandolo rapidamente prima di tornare alle sue scartoffie.
Aveva le spalle ricurve, sembrava stanca. Probabilmente era al termine del suo turno. Forse era addirittura alla fine del secondo consecutivo.
Hai un cadavere per me?” aveva chiesto semplicemente lui cercando di non apparire nervoso.
Un barbone di sessantacinque anni morto stanotte?”
Causa della morte?”
“Hai l'imbarazzo della scelta. Infarto, cirrosi epatica e congelamento. Scegli quella che preferisci.”

Non ne avresti uno più... sano?”
“Sherlock, stiamo parlando di cadaveri, come puoi aspettarti che siano sani?”
“Intendo, con una singola causa di morte. Magari che non sia una malattia.”

Per oggi ho solo lui. Prendere o lasciare.”
D'accordo.”
Che tipo di esperimenti vuoi fare?”
Scariche elettriche.”
E perché un cadavere malato sarebbe meno adatto di un cadavere sano?” aveva chiesto lei trattenendo una risata.
Non voglio rischiare che abbiano l'organismo pieno di sostanze chimiche presenti nelle medicine.”
Lei aveva alzato gli occhi al cielo e si era alzata dallo sgabello.
Andiamo ora perché poi voglio andare a casa.”
Si era appena tirata su, quando l'aveva vista oscillare per un secondo. Era corso verso di lei giusto in tempo a sostenerla.
Molly, stai male?”
“Un giramento di testa. Mi sta venendo l'influenza.”

Non hai la febbre.”
Lo so, ma il mio stomaco è in subbuglio da ieri e pare che quest'anno colpisca così.”
Quando si era stabilizzata, lei aveva sorriso e poi si era liberata dolcemente dalla sua presa, facendogli strada verso l'obitorio.
L'aveva seguita meccanicamente, ma non riusciva a non sfregarsi le mani nel tentativo di cancellare la sensazione di averla toccata solo poco prima. Era come se il contatto lo avesse ustionato, ma senza procurargli dolore, o almeno non di tipo fisico.
Lei gli aveva aperto la cella e gli aveva detto che poteva fare ciò che desiderava mentre lei finiva di compilare i moduli al piano di sopra, e poi lo aveva lasciato solo. Aveva osservato sommariamente il cadavere, ma aveva perso interesse quasi subito. Non era andato lì per quello, non davvero.
Era stato solo un modo per incontrare Molly e magari trovare un po' di pace nel groviglio che aveva in testa. Inutilmente. Ora, in aggiunta a tutto il resto, provava anche delusione.
Si era aspettato che lei avrebbe colto l'occasione di essere soli per cercare di parlare. Ne era stato terrorizzato, ma quando si era reso conto che lei mostrava indifferenza e non era interessata ad affrontare argomenti personali, non aveva potuto fare a meno di provare disappunto.
Rassegnato, aveva richiuso il cadavere nel suo sacco di plastica ed era uscito dall'obitorio per tornare da lei, ma l'aveva incontrata in corridoio.
Già finito?”
“Sì. Il cadavere non è adatto ai miei esperimenti.”

Non è abbastanza sano, giusto?”
“Giusto.”

D'accordo. Lo faccio tornare alla sua bella cella, che è sicuramente meno fredda del posto dove ha passato la notte scorsa.”
Lui l'aveva seguita e l'aveva guardata rimettere a posto il corpo e poi mettere la giacca per andare via.
Avevi bisogno di altro? Perché io sono a pezzi.”
No, nient'altro.”
“Ok, allora ciao.”

L'aveva osservata uscire dall'ospedale con passo lento e aveva sentito una parte di sé implorarlo di raggiungerla. L'altra parte di sé, quella più forte e razionale, l'aveva zittita immediatamente perché era un bene che Molly affrontasse con distacco quello che era successo.

Era tornato a Baker Street con una strana sensazione di disagio. C'era qualcosa che non capiva. E lui detestava non capire le cose.
Aveva provato a combattere la frustrazione chiudendosi in cucina facendo degli esperimenti chimici, ma aveva dovuto smettere quando Mrs. Hudson si era lamentata che l'aria in casa era irrespirabile.
Rassegnato, si era chiuso nel suo Mind Palace alla ricerca dell'indizio che avrebbe svelato il mistero.
Aveva ripercorso i propri passi di quella giornata, uno dopo l'altro, sino ad arrivare alla breve conversazione con Molly. Era certo che quella fosse la causa.
L'aveva rivissuta decine di volte prima di arrivare all'unica soluzione possibile.
Solo che, una volta compresa, non voleva crederci.
Se fosse stato vero, tutto sarebbe cambiato.
Era ancora in preda alla confusione quando era arrivato John, direttamente dall'ambulatorio.
Sherlock, che hai combinato? C'è una puzza terribile.”
Era rimasto immobile, ancora preso dalle sue riflessioni e ipotesi, mentre John aveva spalancato le finestre cercando di far cambiare l'aria.
Si gelerà, ma almeno potremo respirare. Che succede?” aveva chiesto sedendosi di fronte a lui e studiandolo perplesso. “Sherlock, ti senti bene? Hai un aspetto molto strano. Sembra quasi che tu stia per vomitare...”
Sto bene. Sono solo preoccupato per Molly.” Aveva ammesso senza preoccuparsi troppo di cosa avrebbe pensato l’amico.
Ah, sì? E da quando ti preoccupi per un altro essere umano?” commentò con sarcasmo John.
Fece finta di ignorare la provocazione e cercò di trovare una soluzione. Doveva sapere.
Molly sta male, vorrei che la visitassi.” Aveva detto infine come colto da un’illuminazione.
Non sono il suo medico.”
Ma sei suo amico e lei sta male. E tu hai fatto un giuramento. È il momento di una visita a domicilio, Dottor Watson!” aveva esclamato alzandosi in piedi e indossando il cappotto.
Aspetta, Sherlock! Qual è il problema? Cos'ha Molly e perché sei così preoccupato?” aveva domandato il dottore mentre lo rincorreva per le scale.
Lei ha detto che probabilmente è influenza. E questo significherebbe perdere il suo prezioso aiuto per un lasso di tempo elevato.” aveva spiegato all'amico con la prima bugia credibile che gli era venuta in mente.
Ok, sarà influenza, deve solo riposare e...”
“La visiterai e le darai il tuo parere di persona.” aveva decretato spingendo John fuori dal portone.

Durante il viaggio in taxi aveva continuato a ripetersi che non poteva essere. Sicuramente doveva trattarsi di influenza, era impossibile che fosse qualcos'altro. Ed era per questo che aveva bisogno di John con sé, per averne la conferma. Lui avrebbe fugato tutti i suoi dubbi.
Non capisco tutta questa apprensione. Hai forse paura che qualcuno le abbia fatto del male? O magari è colpa tua? L'hai usata come cavia per qualche esperimento?”
Sherlock non rispondeva, trincerato dietro al suo mutismo continuava a osservare fuori dal finestrino sino a che non arrivarono a destinazione.
John, ho assolutamente bisogno di sapere se è davvero influenza.” aveva spiegato mentre facevano le scale sino all'appartamento di Molly.
Ma perché? Che succede?”
“Me lo dirai, vero? Se non dovesse essere influenza.”

Sherlock, esiste qualcosa che si chiama riservatezza medico-paziente. Non ti dirò nulla. Se vorrai sapere qualcosa dovrai chiederlo a lei.”
Lei non me lo direbbe.”
“E allora io non posso certo violare la sua privacy.”

Sherlock aveva sbuffato proprio mentre si posizionavano di fronte alla porta di Molly e suonavano il campanello.
Era strano stare di nuovo di fronte a quella porta. I ricordi di quella sera si riaffacciavano prepotentemente nella sua testa, confondendolo.
Quando la porta si era aperta, li aveva accolti il viso sorpreso di Molly.
Che cosa fate qui?”
Sherlock non era riuscito a parlare ed era rimasto a fissarla in silenzio.
Ciao Molly, eravamo preoccupati per la tua salute.” era subentrato John con un sorriso cordiale. “Quindi, sono qui per offrirti una visita a domicilio gratuita.”
Molly aveva sorriso e li aveva fatti entrare.
John, sei molto gentile ma non è necessario. Ho preso un'aspirina e ho passato la giornata a letto. Credo di stare già molto meglio.”
“Mi permetti comunque di visitarti? Sai, solo per sentirci...
sentirmi più tranquillo.”
Va bene.” aveva acconsentito lei facendo spallucce e guidandolo verso la sua stanza.
Vederla camminare in quella direzione seguita da un altro uomo lo irritava. Sì, era John, ma era anche un uomo nella sua camera da letto. Aveva tentato di seguirli, ma la porta gli era stata sbattuta in faccia. Infastidito aveva iniziato a guardarsi intorno nella sala e nella mini cucina alla ricerca di indizi. Niente nell'appartamento indicava che ci fosse stato un cambiamento di vita da parte di Molly. Tutto era identico a quella sera.
Proprio tutto, compreso il profumo di lei che lo aveva colpito come uno schiaffo non appena era entrato. O la vecchia vestaglia che copriva malamente le sue belle gambe. O il bisogno di lei che sentiva esploderle dentro.
Aveva dovuto chiudere gli occhi per concentrarsi o sarebbe impazzito. Pochi minuti dopo, John e Molly erano usciti dalla camera da letto.
Riposati, mi raccomando.”
“Grazie John.” aveva detto lei con un sorriso e poi il suo sguardo aveva iniziato a saettare per la stanza per evitare gli occhi di Sherlock.

Lui voleva chiederle qualcosa, ma la sua lingua sembrava essere inchiodata al palato.
Andiamo, Sherlock. Molly è stanca.” lo aveva trascinato via John.
Grazie per la vostra preoccupazione, ragazzi. Siete stati carini.”
“Dovere.” aveva detto John prima di farle un gesto di saluto.

Sherlock era rimasto impalato a guardarla per un secondo, ma lei non lo aveva nemmeno notato e aveva chiuso la porta.
Durante il viaggio di ritorno in taxi aveva cercato più volte di convincere John a parlare ma era stato inutile.
Sherlock, non fare il bambino. Se vuoi sapere qualcosa, chiediglielo!”
Ho solo bisogno di avere la conferma che sia influenza. Puoi dirmi solo questo?”
“Scordatelo. Ho un obbligo nei confronti dei miei pazienti.”
“Molly non è una tua paziente.”
“Da oggi lo è, per merito tuo.”

Non mi sei di nessun aiuto in questo modo.”
Non ho mai detto che lo sarei stato.”
Aveva sospirato frustrato. Aveva bisogno di sapere.
John, ti prego, sono davvero preoccupato per lei. Temo che sia qualcosa di più grave.”
A cosa ti riferisci? Spiegamelo e, se lo riterrò opportuno, condividerò le informazioni con te.”
Non poteva dirglielo. Non sino a che non fosse stato certo. E così si era chiuso nuovamente nel suo mutismo.
Testardo come un mulo...” aveva commentato con sarcasmo John proprio mentre arrivavano a destinazione.


*

Nei giorni successivi aveva fatto delle frequenti brevi visite al Bart's. Dal momento che nessuno gli diceva cosa aveva Molly, aveva deciso di dedurlo da solo, osservandola. Dopotutto era il suo lavoro.
Capitava da lei in orari diversi e con richieste improvvisate di esperimenti o di analizzare cadaveri, ma poi si tratteneva solo il tempo sufficiente per studiare il suo aspetto e subito dopo fuggiva con una scusa.
La cosa che più lo faceva impazzire, era che sembrava non ci fosse niente di diverso. Niente nelle abitudini di Molly era cambiato, eppure lei appariva sempre molto stanca e continuava ad avere problemi allo stomaco.
C'era un'unica soluzione possibile, e ogni giorno che passava si faceva più concreta, ma allo stesso tempo sembrava sempre più una sua fissazione.
John ormai non rispondeva più alle sue telefonate perché sapeva che l'unico motivo che aveva per chiamarlo era sempre lo stesso: estorcergli informazioni su Molly.
Stava impazzendo. E non solo perché non sapere lo terrorizzava. C'era anche il resto.
Le notti in cui continuava a girare per casa come una scheggia impazzita, trattenendosi dall'impulso impellente di correre da lei.
I sogni in cui lei continuava a tormentarlo rivivendo quell'unica notte con una serie infinita di dettagli che in realtà aveva solo potuto immaginare.
Le mattine in cui si svegliava convinto di sentire il suo profumo nella stanza.
Era ossessionato e presto avrebbe nuovamente ceduto.
La parte debole di lui, quella che lo aveva spinto ad andare da lei quella notte, si faceva più forte ogni giorno che passava, portando allo sfinimento la parte razionale che lo aveva sempre sostenuto sino ad allora.
Era disperso in mezzo a un mare di emozioni che non capiva e che non voleva, e non aveva neanche un salvagente.

Una delle volte che si era recato da lei era stato all'ora di pranzo. Stava ancora pensando a quale scusa utilizzare quel giorno per la sua visita, quando la incontrò nel corridoio in direzione dell'uscita. E non era sola.
Accanto a lei c'era un uomo sulla trentina, altezza media, capelli lunghi e legati in una coda, tatuaggi, calli da musicista sulle dita. Indossava un camicie da infermiere, ma chiaramente non era quella la sua aspirazione. E, di sicuro, non aveva niente in comune con Molly.
La sua sola presenza lo infastidiva.
Con passo deciso si era piazzato di fronte a loro, bloccandogli la strada.
Oh, ciao Sherlock.” aveva detto Molly non appena si era ripresa dalla sorpresa.
Dove stai andando? Ho bisogno di te in laboratorio.”
Mi spiace, sto andando fuori a pranzo con Kevin, ma tornerò entro un'ora. Puoi iniziare senza di me.”
Lei deve essere il famoso Sherlock Holmes. Ho sentito molto parlare di lei. Kevin Peterson.” si era presentato l'uomo porgendogli la mano.
Sherlock lo aveva squadrato severamente, non nascondendo il suo disgusto per quel gesto.
Molly, ho bisogno di te. Ora.”
Mi spiace, Sherlock, ma io ho bisogno di mettere il naso fuori da questo posto per un po'. Anche solo un'ora sarà sufficiente per non impazzire. Ci vediamo dopo.”
Così dicendo, Molly lo aveva evitato ed aveva continuato a camminare verso l'uscita, seguita da Kevin. Lui era rimasto lì, immobile, a guardarli andare via, con una inspiegabile fitta allo stomaco.
Lo smarrimento era durato qualche secondo, e poi li aveva seguiti.

Erano entrati in una delle tante caffetterie della zona e avevano preso un sandwich. Sherlock si era fermato all'esterno, guardandoli attraverso le vetrate. Vedeva entrambi di profilo e poteva studiare ogni gesto, ogni sorriso, ogni smorfia di imbarazzo. Ed era evidente che fosse ben più di un pranzo fra colleghi. Kevin continuava a sfiorarle la mano e il braccio, parlava tanto e gesticolava, mettendosi in mostra come un pavone. Molly arrossiva e rideva. Sherlock si chiese se l'avesse mai vista ridere così. Forse, ma di sicuro non con lui. Lui non la faceva mai ridere. Lui la prendeva in giro, le ordinava di fare questo e quello, la insultava e, purtroppo, la faceva piangere. Era successo tante di quelle volte che aveva perso il conto. Solo ripensarci gli causò nuovamente quella strana fitta allo stomaco.
Riprese a osservarli e vide Molly abbassare lo sguardo, torcersi le mani e dire qualcosa arrossendo. Kevin aveva annuito, scatenando un nuovo sorriso sul viso di lei.
No, decisamente quello non era solo un pranzo. Era un appuntamento.
Non poteva restare lì a guardarli ancora. Girò sui tacchi e se ne tornò a casa.

L'isolamento auto imposto durò appena qualche ora poi, incapace di trattenersi oltre, era uscito di casa. Aveva camminato senza meta mentre il buio calava su Londra, e il freddo lo costringeva a stringersi nel suo cappotto.
Aveva cercato di evitarlo, facendo continue deviazioni, ma era inutile. Finiva sempre nella stessa strada. Di fronte allo stesso palazzo. A osservare la stessa finestra illuminata. Dopo la quarta volta in cui i suoi piedi continuavano a portarlo lì, decise di arrendersi.
Fece le scale lentamente, confuso e nervoso, chiedendosi se forse non fosse la cosa giusta da fare, per una volta. Aveva seguito la logica e la razionalità per tutta la vita, forse era arrivato il momento di seguire l'istinto. E il suo cuore.
Aveva bussato velocemente, nella paura di cambiare idea, e infatti se n'era pentito un secondo dopo. C'era come una lotta nella sua testa, e non sapeva per quale parte tifare. Stava per rinunciare e scappare via, ma la porta si era aperta, bloccandolo sul posto.
Sherlock?” si era sorpresa lei nel vederlo.
Ciao Molly. Posso entrare?”
Lei lo aveva guardato per un lungo istante, indecisa. Si stava mordendo il labbro, chiaramente confusa. Era evidente che stesse ripensando a quella notte e a come tutto era cominciato così.
Certo, entra pure.” aveva detto infine facendogli strada.
Lui aveva fatto qualche passo e poi si era fermato al centro della stanza guardandosi intorno con imbarazzo. Lei era rimasta in piedi, nel punto più distante da lui, con le braccia piegate sul petto, chiaramente sulla difensiva.
Perché sei qui, Sherlock?”
Non mi tratterrò molto. Ho solo bisogno di chiederti una cosa.”
Va bene. Dimmi.”
Quando John ti ha visitato...”
Non gli ho detto niente. Era questo che ti preoccupava?” lo aveva interrotto lei leggermente infastidita.
No. Quello che mi preoccupa è cosa ti ha detto lui.”
Cosa vuoi dire?”
“Ti ha confermato che si trattava di influenza o...”

O... cosa?”
O... dell'altro?”
Lei sciolse le braccia e fece qualche passo verso di lui, accigliandosi.
Di cosa stai parlando?”
“Io vorrei solo sapere se avevi l'influenza.”
“Certo che avevo l'influenza. E il mio stomaco non si è ancora ripreso del tutto. John ha detto che sicuramente lo stress e la stanchezza hanno reso più lento il processo di guarigione.”

Quindi, sei assolutamente sicura che fosse solo influenza?”
Sherlock, cos'altro avrebbe potuto essere? Insomma, non penserai che... Oh.”
Molly aveva spalancato gli occhi e la bocca per la sorpresa, poi era arrossita e aveva abbassato lo sguardo, ma dopo qualche secondo era scoppiata a ridere.
Trovo che la tua ilarità sia fuori luogo in questo momento.”
“Eri terrorizzato, vero? Pensavi davvero che fossi incinta?”

Diciamo che era un'ipotesi molto probabile.”
Non sono incinta, Sherlock. Rilassati.”
Nei sei certa?”
“Al cento per cento.”

Lui fece un profondo sospiro e cominciò a girare per la stanza. Come si sentiva? Sollevato? O deluso?
Sono felice di vedere che la cosa ti fa stare meglio. Ora, se non ti dispiace, domani inizio a lavorare molto presto, quindi...” lo invitò lei con tono freddo indicandogli la porta.
Lo sguardo di Molly era cambiato negli ultimi dieci secondi. Se prima era divertita dalla situazione, ora sembrava essere irritata. Chiaramente la reazione di Sherlock non era stata quella giusta e lui sentiva di dover chiarire.
Molly, voglio solo che tu sappia, che se fosse successo... Io mi sarei preso le mie responsabilità.” spiegò con il tono più gentile che aveva.
“Certo, a costo di farmelo pesare per il resto della vita.” commentò Molly con sarcasmo.

Non intendevo...”
“Vai a casa, Sherlock.”

Ti ho offesa. Mi dispiace.”
“Non importa, davvero. Ora, però, vai.”

Sherlock sentì nuovamente quella fitta allo stomaco. Quel disagio che si faceva sempre più acuto. Perché era successo. Molly lo stava rifiutando. E qualcosa dentro di lui stava urlando per impedirlo. Come un bambino capriccioso, rifiutava di accettarlo. Aveva solo un'ultima, flebile, speranza.
Buonanotte Molly Hooper.” aveva detto avvicinandosi a lei per baciarla sulla guancia, ma lei si era scansata.
Buonanotte Sherlock.” gli aveva risposto facendo un passo indietro.
Ingoiando il suo orgoglio ormai a brandelli, aveva annuito e se n'era andato. Tornando a casa e nella sua solitudine.


CONTINUA



   
 
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