Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: MadaraUchiha79    21/04/2014    3 recensioni
Una volta sporcata un anima non può essere mondata.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madara Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
"Per vincere il male bisogna divenire il male stesso."
 
Erano passati ben due anni da quando aveva lasciato quel fatiscente appartamentino.Due anni. Eppure nel ritornarci non sentiva nemmeno un po'di quella che comunemente si chiama nostalgia. Non le era mancato proprio niente di quella vita ,o almeno era questo che con veemenza continuava a ripetersi senza sosta in modo da far tacere un dannatissimo pensiero. Quel pensiero che tutta la vita la aveva accompagnata senza darle un minuto di tregua : un nome, un nome solo. 
Un nome particolare, amato e odiato. Strinse i denti e contorse leggermente le labbra, quasi a voler disgustare quelle lettere che a susseguirsi, identificavano quello che aveva sempre sognato, ma mai raggiunto. Una volta entrata in casa, unica eredità lasciata a lei da suo padre, lasciò cadere il borsone logoro e pieno ai suoi piedi. Si guardò attorno spaesata. Polvere ovunque , il mobilio spartano e consunto era ancora coperto da lenzuola bianche e rovinate che avrebbero dovuto evitare ammassi di polvere sulla superficie di quelle vere e proprie reliquie di antiquario. Scoprì bruscamente solo il tavolo, alzando un polverone non indifferente. Starnutò più volte, a causa della sua acuta allergia alla polvere, ma poi si sedette su una sedia ancora coperta. Si lasciò proprio cadere su di essa. Appoggiò le braccia al tavolo e si guardò attorno ancora una volta, con un'espressione triste disegnata in volto. 
 
- Ben tornata , Rasetsuya.-
 
Si parlò da sola con un tono triste. Nessuno era rimasto ad accoglierla. Ed ora si trovava sola con quella casa coperta da lenzuola bianche e polvere. Di quelle persone care che avevano formato il suo passato erano rimaste solo foto impolverate appoggiate su un altarino sparuto al quale non si sarebbe mai rivolta. Eccole lì infatti, il sorriso mite di sua nonna, e lo sguardo severo di suo padre. Passò un dito su quei quadretti, togliendo la polvere su quei volti impressi e oramai immutabili. 
Sorrise , soffermandosi a guardare le foto per qualche lungo secondo, poi si allontanò e continuò la sua opera di restituire una parvenza di abitazione a quel luogo. Sembrava incredibile che una simile topaia e la tecnologica Tokyo convivessero nella stessa zona. Passarono diverse ore, e il pomeriggio si tramutò in tarda sera. Rasetsuya era stanca ma soddisfatta. Quel poster dei Cradle of Filth dava un tocco di suo a quella parete.Ormai quel pezzo di carta era vecchiotto, stropicciato agli angoli, rovinati da qualche strato di nastro adesivo sovrapposto. Ora che ci pensava , Midian , l'album culto di quella band, era uscito da un bel po'.Era una ragazzina da quando aveva fatto colletta con Madara per comprarlo, appena uscito. Madara... Anche quello stupido pezzo di carta parlava di lui. Da quando era tornata cercava di non chiedersi che cosa ne fosse stato di lui, eppure si perdeva nel fare ipotesi. Madara aveva preso un brutto giro, peggiore di quanto fosse quello delle corse clandestine, al quale la stessa Rasetsuya aveva votato due o tre anni della sua vita. Si era invischiato nel traffico di droga. Quella merda faceva guadagnare parecchio, e per un morto di fame era un vero e proprio sentiero per il paradiso. Esatto, un morto di fame, perché anche Madara, come Rasetsuya, era nato e cresciuto in un appartamentino fatiscente che a stento conviveva con la realtà avanzata di Tokyo. Quali magnifici anni Ottanta?? Forse per chi aveva una famiglia di lavoratori seri e costanti, ma per chi sopravviveva tra ubriaconi e criminali ,era d'obbligo campare di espedienti. Dicono che la società giapponese si basi su un sistema serio di meritocrazia netta. Ed effettivamente è così. Solo che non sono ammessi errori. Se si sbaglia non si torna indietro , difatti il padre di Rasetsuya si era macchiato l'esistenza per la sua passione. Passione illecita , sì ma pur sempre una ragione di vita. Patito di motori da sempre, aveva aperto un'officina meccanica per la riparazione di auto e moto. Solo che la riparazione non era che una copertura. Lui utilizzava quel suo garage per truccare auto da corsa. Auto che poi sfrecciavano per le strade di Tokyo, attorno alle quali orbitava un buon giro di scommesse; ovviamente giro gestito dalle più grandi famiglie della Yakuza. Si sa che da certi giri non si esce se non stesi. Sai troppe cose e a loro non interessa se hai famiglia o meno, crepi e basta se ti ribelli. Infatti successe così al povero Kyomori. Voleva lasciare tutto, per il bene della sua figlioletta, già privata della mamma,voleva evitare di proibirle il futuro normale. Non voleva che anche lei fosse involontariamente coinvolta in quel giro di silenzi, coperture, illegalità. Voleva difendere anche la vecchia madre, quella donna che aveva perso la salute per colpa di quel figlio degenere. E fu così che trovarono il cadavere di Kyomorì , con la testa fracassata, riverso su una di quelle auto lucide. La sua auto preferita. La carrozzeria nera con le fiamme disegnate sulle fiancate. Quei disegni che da bambina, Rasetsuya, guardava sempre stupita, ci passava sopra le dita, cercando di capire come il padre avesse potuto farli. Quelle fiamme erano macchiate di sangue, e i suoi occhi di tredicenne non se le sarebbero più dimenticate. Visse gli altri anni con la nonna che essendo molto anziana non poteva più darle nessun tipo di aiuto. Anzi, era un ulteriore fardello per lei. Rasetsuya aveva però un aiuto molto significativo, il pilastro indistruttibile che era la consolazione della sua vita. Nell,'appartamento sopra a quello in cui viveva lei, abitava la famiglia di Madara. Gli Uchiha non erano criminali, non erano intrecciati con la Yakuza, ma il padre di Madara era già un crimine. Violento e alcolista era un pericolo per sua moglie e soprattutto per i figli. Capitava spesso infatti che Madara uscisse di casa e si rifugiasse da Rasetsuya assieme a suo fratello più piccolo. Non aveva solo Izuna, il piccolo, come fratello, ma anche altri due molto più grandi di lui. Erano quattro bambini, quattro maschi. I due grandi avevano lasciato la casa non appena compiuti ventuno anni abbandonando Madara appena undicenne alle prese con la violenza del padre e la follia della madre, apice della disperazione che un uomo del genere le aveva donato in enorme quantità. Aveva incontrato Rasetsuya subito dopo essersi trasferito, a soli cinque anni. In quella zona non c'erano molti bambini, o perlomeno, non uscivano in mezzo a tutto quel degrado, specialmente la sera. Rasetsuya invece era una monella, ribelle e disobbediente. Non ascoltava niente e nessuno, e se la nonna la chiudeva in camera a chiave, lei usciva dalla finestra. Quella sera aveva sentito strane urla provenire dall'appartamento dei nuovi inquilini, era una norma ormai, da quando quella famiglia aveva iniziato a vivere da quelle parti. Non comprendeva le origini di quegli schiamazzi, ne il significato di certe parole ma ascoltava e basta. Stava alla finestra affacciata sulla strada sottostante. Scattò all'indietro quando vide un bambino correre giù per le scale esterne. Un bambino che piangeva. L'espressione di lei passò da annoiata a triste. I bambini hanno una forte empatia, un'alta capacità di condividere i sentimenti anche se non sì conoscono. Era tardi . suo padre non era in casa, mentre sua nonna lavava i piatti sporcati a cena. Rasetsuya scappò senza farsi notare. Chiuse la porta lentamente senza fare rumore e corse nella direzione del bambino, si fermò nascosta dietro ad un muro, lo ascoltò piangere e dopo qualche minuto decise di avvicinarsi a lui.
 
-Ciao!-
Disse lei timida. Lui si voltò ma non rispose. 
-Perché piangi?-
Chiese lei con l'innocenza di una bambina di soli sei anni. Alla fine anche lui decise di rispondere, asciugandosi in fretta gli occhi. 
-Non sto piangendo!-
Esclamò con voce ferma quasi stizzita. 
- Ah, scusa, è che ti guardavo prima e sembrava che piangessi. Mi sarò sbagliata. Comunque io sono Rasetsuya Tenzen! E ti ho visto dalla finestra perché vivo nell'appartamento sotto il tuo.-
Sorrise ampiamente , come era suo solito. L'altro la guardò , spalancando gli occhi, sorpreso da quell'improvvisa vitalità. 
-Io sono Madara, Madara Uchiha. -
-Torni a casa subito o stai fuori un po', Madara? -
Rasetsuya dondolò un po sui piedi, stringendo una mano all'altra dietro la schiena.
-Starò fuori tutta la notte. Non voglio tornare a casa.-
-Bello!!!! Allora ti faccio compagnia io! Dove andiamo?-
- Non lo so... -
Lui non era mai scappato di casa, quindi non aveva la più pallida idea di dove poter andare una volta uscito.
-Uhm, vieni con me dai. A casa mia, intanto mia nonna mica si accorge, passiamo dalla finestra. L'ho lasciata aperta. Dai vieni vieni Madara!! -
Prese per il polso di Madara senza nemmeno farsi domande : "ma non ci conosciamo" , oppure, "mio padre si arrabbia" . I bambini sono così, spontanei e noncuranti,infatti l'altro non si oppose nemmeno, e ,anzi le corse appresso senza nemmeno opporsi, sorrise divertito in contrasto alle lacrime che gli si erano seccate sulle guance. I due si infilarono velocemente nella finestra della camera di Rasetsuya . La ragazzina la chiuse alle sue spalle. 
Spesero tutta la nottata insieme . all'inizio furono lunghi silenzi, ma poi anche Madara si sciolse e iniziò a parlare della sua situazione descrivendola con l'innocenza dei suoi anni. All'alba Madara se ne andò e tornò a casa sua, subendo le ire della sua instabile mamma, che si avventò su di lui per la sua mancanza durante la notte,ma sopportò, consapevole che gli sarebbe bastato scendere quelle scale per raggiungere Rasetsuya, per vivere da bambino giocando e sognando con lei.  
Erano passati gli anni da allora, molti,oltre ventisei da quella sera ,eppure Rasetsuya ricordava ogni frase e ogni istante di quel momento : l'inizio della sua vera vita. Si dice che una persona non possa viversi la vita se non riesce a condividerla con qualcuno, e Rasetsuya era convinta che fosse così. Infatti quei due anni in cui era rimasta lontana da Tokyo, dal Giappone in generale, erano trascorsi vuoti, come se non fossero mai stati vissuti. Si era stabilita temporanemanete negli Stati Uniti ,aveva passato un po' di tempo vivendo presso i parenti sconosciuti di sua madre, precisamente la cugina di lei e il suo compagno . Erano due artistuncoli che campavano vendendo opere di arte moderna, che piacevano ai ricconi newyorkesi. In Giappone non sarebbero sopravvissuti un giorno. Non erano cattive persone, all'inizio era anche divertente vivere alla meno peggio ,nel l'entropia più totale, ma poi, la mancanza di un senso per vivere l'aveva stancata ,e soprattutto ,sentiva di avere qualcosa in sospeso nel luogo in cui era nata, e dove doveva vivere. Così era tornata, senza alcuna prospettiva. Non aveva un lavoro per le mani, solo qualche soldo messo da parte in America dopo aver faticato al McDonald come commessa, e la casa, quell'appartamentino fatiscente. 
Quella notte non riuscì a prendere sonno. Ci provò più volte, ma niente. Accese così il vecchio TV e girò distrattamente i canali. Niente di interessante, solo talk show, anime e drama. Non le era mai fregato nulla della TV e delle sue trasmissioni. Doveva essere tremendamente giù di corda per attardarsi a fare zapping come una casalinga insoddisfatta. Ed era così, ma non sapeva come spiegarsene il motivo. La tristezza di solito ha un nome, forse era "solitudine", o forse..."Madara". È quella la sensazione di dipendenza che si crea tra due persone quando si varca il limite dell'amicizia e si inizia a parlare di amore? Sì, un tacito vincolo che si crea tra due anime affini. Averlo avuto accanto per così tanto tempo, avergli parlato con i sospiri,con i baci e col corpo stesso, essersi uniti come unica cosa nella calorosa danza macabra della passione incontrollabile, quasi violenta, aver rischiato la vita insieme, aver tremato di paura fra le sue braccia, averlo picchiato, aver ricevuto le sue parole di disprezzo, i suoi insulti, il suo sdegno. Tutto questo la legava a lui, a quel ragazzino forte positivo e ribelle che si era trasformato in un uomo cinico, sarcastico e spregiudicato. Un freddo assassino, sadico, che avrebbe sacrificato ogni cosa per il potere, i soldi e il rispetto. Un uomo in grado di sputarle addosso dopo averla violentata. Eppure lei lo cercava ancora. Anche se non voleva ammetterlo nemmeno a se stessa. Una frase gli soggiunse alla mente :" Te ne andrai e ritornerai, dannata puttana. Perché una volta sporcata l'anima non si ripulisce. " 
Rabbrividì a quel ricordo e si rannicchiò sul letto. Si addormentò in quella posizione con le lacrime agli occhi.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: MadaraUchiha79