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Autore: shimichan    21/04/2014    4 recensioni
L'organizzazione nera è ormai un ricordo, ma cominciare una nuova vita sarà, per Shiho, tutt'altro che semplice. Cosa aspettarsi quando non si ha un passato alle spalle? Come affrontare un mondo che i suoi occhi non hanno mai conosciuto?
"Così, seppur con leggera esitazione, aveva ingoiato la pillola, dicendo addio ad Ai Haibara, cercando di dimenticare per sempre Sherry e aspettando di scoprire quale futuro il destino avesse in serbo per Shiho"
[Post Black Organization] [ShihoxHigo] [Accenni ShinRan]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Altro Personaggio, Hiroshi Agasa, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5. Attraverso gli occhi
 
La matita ruzzolò sul banco per l’ennesima volta, ma Shiho l’afferrò prima che compisse un salto oltre il bordo e, bloccandola tra l’indice ed il medio, prese a picchettare con il gommino il foglio quadrettato che aveva davanti. Il suono prodotto era ovattato e monotono, scandiva il tempo da dedicare a ciascun tetto che il suo sguardo riusciva a scorgere dalle vetrate opache dell’aula, relegando in secondo piano la voce del professore di enzimologia, un rumore di fondo in cui si confondevano anche gli sbuffi dei suoi compagni e il graffiare delle loro penne sui quaderni.
Ne aveva distinti un numero considerevole, quando il brusio alle sue spalle si fece tanto insistente da costringerla a voltarsi.
Il docente stava enunciando il teorema di Michaelis.
A Shiho bastò un istante per capire che non erano le elissi tracciate alla lavagna il motivo del sottile stato di angoscia permeante l’aria, ma un’ombra, dietro la porta.
Il volto scarno di Yuto copriva buona parte dell’oblò ed i suoi occhi, seri sotto l’innaturale corrugamento delle sopracciglia, frugavano l’interno della classe con molle interesse.
Dal giorno in cui si era presentata nel suo studio, capitava non di rado di vederlo girovagare per i corridoi del terzo piano e questo aveva suscitato l’immediata curiosità degli studenti.
Era, infatti, nota la misantropia che anni addietro gli aveva fatto accettare un posto nell’amministrazione universitaria, due piani più sopra, e la sua meticolosa abitudinarietà, che lo portava, ogni mattina, a chiudersi nel suo studio e a rimanervi fino pomeriggio inoltrato, consumando un pasto veloce a l’una meno dieci e riservandosi una pausa caffè attorno alle quindici, salvo seccanti imprevisti.
Shiho sentiva che quel brusco cambiamento fosse, in parte, dovuto a lei, ma la cosa non la toccava più di tanto, anzi.
La presenza ingombrante di Yuto la privava della poca concentrazione che riusciva a racimolare per arrivare al termine delle lezioni senza cedere prima all’indolenza ed il suo sguardo indagatore si tramutava in un formicolio sulla schiena, un formicolio che, una settimana orsono, le si era arrampicato su per il collo e le aveva afferrato le tempie.
Si trovava in laboratorio.
Yuto era entrato senza preavviso, interrompendo il professore, che in quel momento stava interrogando la classe sulle molecole zwitterioniche.
“Potrebbe rispondere la signorina in terza fila” aveva detto.
Shiho l’aveva fissato per alcuni secondi, notando come dilatasse leggermente le narici per respirare e trattenesse l’aria nei polmoni il tempo sufficiente a non diventare cianotico,poi si era concentrata sulla propria voce, in modo che uscisse sicura, priva d’increspature, mentre lui annuiva corrucciato e sbirciava lo stupore crescente nel volto del collega.
Gli dedicò un’occhiata fuggente, un misto tra l'arroganza di chi ha finalmente il diritto di essere se stesso fino a distruggersi e la rassegnazione amara di chi gira lo sguardo intorno e dappertutto vede il nulla. Voltando, infine, il capo verso la finestra, pensò solo che si era dimenticata il numero dei tetti e che non sarebbe riuscita a contarli da capo, perché la lezione era ormai terminata.
 
 
“Ciao” sentì dire, troppo vicino a sé.
Nel vetro vide riflesso un ragazzo, che stava fermo davanti al suo banco, dando le spalle alla cattedra. Teneva un piede poggiato sull’esterno e continuava a grattare la suola dell’altro contro il gradino: sembrava aspettare qualcosa.
“Ciao”salutò, atona, sollevando il capo per incrociare i suoi occhi, che rapidi si posarono sul quaderno aperto di Shiho.
“Lezione noiosa, eh?”.
S'irrigidì a quella constatazione, provando un senso di smarrimento per aver reso così palese la propria negligenza. Al contrario, quelle pagine completamente linde, sembrarono incoraggiare il ragazzo, che alzò la testa, tirando la bocca in una smorfia comprensiva.
"Senti...ti va venire a bere qualcosa con noi?".
Il noi in questione era un gruppetto di ragazzi, radunati accanto all'uscita, che chiacchieravano tra loro, liberando, di tanto in tanto, una risata, di quelle frettolose, da sciocche battutine, che riempiono l'aria senza variarne il volume.
"No, mi spiace. Ho altri programmi" replicò, facendo scivolare il blocco nella borsa con un gesto secco. Il tintinnio delle chiavi rimase per qualche secondo sospeso tra loro.
Poi Shiho si alzò, lo scostò un po' senza toccarlo e scese in fretta gli scalini, alla fine dei quali c'era l'appendiabiti dov'erano rimasti ormai solo un paio di cappotti.
"Ehi...ehi aspetta! Così mi farai perdere la scommessa!".
Nella sua voce non c'era acredine e quando, incuriosita, si voltò, il suo cipiglio interrogativo dovette scontrarsi con il sorriso ammiccante del giovane, che cercava così di dissimulare l'imbarazzo, ostentando una sicurezza che, in realtà, non possedeva affatto.
Shiho fissò le sue labbra tanto chiare e sottili da sembrare un taglio sul volto.
"Quale scommessa?".
"Quella di uscire con la ragazza più misteriosa del corso!" rispose, accentuando con orgoglio le ultime parole. Probabilmente sperava di suscitare in lei interesse, simpatia o almeno un briciolo di tenerezza per spingerla ad accettare; invece accadde l'opposto.
Shiho aggrottò la fronte, anziché sorridere, e, tra le sopracciglia, comparve un solco di profondo dissenso. "Scommetti su altro, la prossima volta".
 
 
Le porte dell’ascensore erano d’acciaio, di un grigio fosco ma abbastanza lucido per potervisi specchiare.
La figura che aveva davanti era alta, più alta di quanto rammentasse - forse perché negli ambienti che aveva frequentato si era sempre sentita piccola, e magra, ma non secca.
Il cappotto aperto lasciava intravedere la curva morbida del seno, sotto al quale il leggero maglioncino creava una serie di grinze che andavano a coprire la piattezza del ventre; sopra, invece, un accenno di scollatura faceva immaginare senza apparire osceno o volgare.
Focalizzò, poi, l’attenzione sui dettagli. I capelli non arrivavano a sfiorarle le spalle, erano mossi, arricciati attorno al viso, più domabili verso le punte e di un biondo scuro che le ricordava il rame bruciato. Aveva la frangia, una disordinata e lunga frangia che le copriva interamente fronte e sopracciglia, rendendo ancor più indecifrabile la strana piega dalle sue labbra. Erano rilassate, eppure il solco che le separava non assomigliava né ad un sorriso né ad un broncio.
Shiho fissò il proprio riflesso a lungo, chiedendosi come dovesse apparire agli occhi altrui, a quel ragazzo, ad esempio, ai suoi compagni, a Yuto…poi scosse la testa.
Non sarebbe mai corrisposta all’immagine che aveva di sé.
Una volta, infatti, qualcuno le aveva detto che chi aveva gli occhi chiari non poteva giudicare le cose e gli eventi come se avesse gli occhi neri, che il colore dello sguardo doveva fatalmente corrispondere al colore del suo pensiero e, in quell’istante, le porte dell’ascensore si aprirono.
Al suo interno un paio di studenti, impegnati in una fitta conversazione, accennarono un saluto senza smettere di battibeccare.
“Mi stai prendendo in giro!” ringhiò uno, mentre lei si faceva posto in un angolo.
“Ti dico che è vero!”.
Nah, secondo me è tutta una frottola. I giornali ne avrebbero parlato!”.
“È stato organizzato tutto in segretezza per evitare curiosi! Ryusuke Higo inizierà le terapie tra pochi giorni, così vedrai che ho ragione!”.
Shiho aveva colto solo poche parole del discorso, ma quel nome fece vibrare qualcosa nel suo cuore, una sorta di corda legata al ricordo dei minuti trascorsi con lui.
Non aveva più ripensato a quel giorno e, nella sua mente, i particolari si stavano già confondendo, sprofondando velocemente in mezzo ad un oceano di altri ricordi senza importanza. A restare viva era, tuttavia, un’inspiegabile sensazione di famigliarità.
Higo era riuscito a scalfire, in modo assolutamente inatteso, la superficie della sua indifferenza senza risultare pedante e soprattutto senza risvegliare il sentimento d’inadeguatezza che provava verso il mondo.
E come era rimasto seppellito dentro di lei tanto a lungo, altrettanto velocemente, quel ricordo, riaffiorò, prendendo a vorticare nella sua testa in un moto incessante.
Quando il campanello suonò e l’ascensore arrestò la propria corsa al piano terra, Shiho uscì, urtando con la spalla uno dei ragazzi, che le urlò un ‘Ehi’ risentito. Lo ignorò, affrettandosi a raggiungere le porte scorrevoli dell’ingresso.
Fuori il cielo era plumbeo e le striature arancioni del tramonto stavano lentamente scomparendo all’orizzonte, schiacciate dalle prime stelle della sera.
Abbottonò il cappotto, ma non il bavero per lasciarsi accarezzare il volto dall’aria pungente dell’autunno e riflettere.
Lo stato d’improvviso torpore che l’aveva assalita poco prima, cominciò a lentamente a dissolversi e il sentimento della gratitudine che nutriva nei confronti di Higo venne sopraffatto da quello del rammarico. Alla gentilezza che le aveva mostrato, infatti, lei era riuscita a rispondere solo fuggendo, una volta usciti dal locale.
Si morse un labbro, trattenendolo tra gli incisivi finché il dolore non fu abbastanza acuto da farle spalancare gli occhi davanti alla sua irriconoscenza e sentì lo stomaco contorcersi dall’ansia di dover rimediare perché Higo era un buono.
E aveva imparato che i buoni avevano un modo tutto loro di entrarle nel cuore, di smuoverla, di impegnarla solo per il piacere di ricevere in cambio un 'grazie'.
 
 
Rincasò all’ora di cena, trovando il professore seduto nel salone ad aspettarla.
“Com’è andata oggi?”.
Shiho annuì e prese posto a tavola, spizzicando il riso con scarso appetito visto che la sua mente era rapita da tutt’altri pensieri. Ignorò anche i racconti di Agasa e quasi non si accorse di quando questo, rendedosi conto della sua assenza, le porse una lettera.
Era indirizzata alla Sig.na Miyano e al tatto così leggera e inconsistente da non poter credere che dentro vi fosse buona parte del suo futuro.
Non gliel’aveva mostrata fino ad allora, forse per l’imbarazzo di averla aperta, per sbaglio, senza permesso.
“È arrivata questa” disse, allungandola sopra i piatti.
Gli lanciò un’occhiata interrogativa e si passò il tovagliolo sulle labbra già pulite prima di prenderla. Osservando il timbro impresso poco sopra l’indirizzo, riconobbe il logo dell’università ed estrasse il foglio all’interno, certa ormai del contenuto.
Dopo aver letto, ripiegò la lettera, la ripose nella busta e affondò la forchetta nella torta di mele che il dottore le aveva fatto trovare come dessert.
“Mi hanno accettato” disse al piatto e, prima che potesse ingoiare il boccone, il professore l’abbracciò con slancio.
Fu sorpresa da quel gesto spontaneo, naturale come avrebbe dovuto essere, di rimando, la sua stretta.
Invece, Shiho, rimase immobile e rigida sulla sedia.
Solo dopo alcuni secondi, gli posò una mano sulla spalla, rilassando il corpo e abbandonandosi alle sue braccia.
Gli voleva bene e non sapeva perché. Forse perché l’aveva salvata e doveva essergli riconoscente, oppure perché gli mancava una moglie come a lei mancava una famiglia e le mancanze si assomigliano un po’ tutte.
Quando Agasa si ritrasse, Shiho notò che i suoi occhi erano umidi e sotto la luce del salone apparivano straordinariamente chiari.
Higo ha gli occhi azzurri e limpidi, pensò. E forse la gentilezza era una caratteristica che apparteneva a coloro che possedevano il pensiero del colore del cielo e che la vedevano come un essere speciale.
Tornando a dedicarsi al dolce, ogni angolo del suo volto sorrise.

 
 









Angolo Autrice
GYAAAAAAAAA!!!! Lo so, lo so sono in ultra ritardissimo!
Putroppo anche quando mi riprometto di aggiornare con una certa costanza, ci si mette la sfiga...Mi si è corrotto il file della fic e ho perso tutto, quindi la sto riscrivendo T___T! Portate pazienza!
Da dire sul capitolo non ho molto. Come avete letto non si parla di Higo (beh, più o meno...), ma non temete tornerà già nel prossimo e...beh ci saranno degli sviluppi!

Come sempre alla prossima e....TANTI AUGURI!!!!

bye bye
  
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