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Autore: Ziamsvoices    21/04/2014    2 recensioni
AU!Divergent, Ziam, accenni Zayn x Eric.
Nella Chicago futuristica, la città è divisa in cinque fazioni: Intrepidi, Eruditi, Candidi, Abneganti e Pacifici.
Cosa succede se in un contesto troppo complicato, un Intrepido degno della sua fazione di nome Zayn e un Pacifico di nome Liam si scontrassero?
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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N.B.  C’ho messo anima, cuore e 17 pagine per scrivere questa os: per favore, NON plagiate, annullereste i miei sforzi.
Questa storia contiene, oltre allo Ziam, Zaric (Zayn+Eric) e accenni Quattro x Tris. (Il carattere di Tris è un po’ alterato.)
Vorrei chiarire che un po’ di cose sono inventate –come è giusto che sia- e che potrei non aver seguito le indicazioni originali del libro.
Può darsi che ci siano degli errori perchè non ho riletto: scusatemi in anticipo! 
Ancora una cosa: il titolo dovrebbe essere provvisorio, anche se non ne sono convinta! (E non centra niente con la canzone di Miley Cyrus lol)
Un’ultima cosa: ci sarà un seguito, ambientato nel libro Insurgent (seguito di Divergent), che non so quando pubblicherò.
Grazie per l’attenzione e..Buona lettura!




Gli Intrepidi erano ufficialmente riconosciuti come coraggiosi e forti, alcuni addirittura ci definivano pazzi. Salti dai treni in corsa, dai tetti dei grattacieli e mille altre imprese ci caratterizzavano e tutte le altre fazioni cercavano di starci alla larga.
Personalmente anche io cercavo di stare alla larga da loro: mi sembravano tutti burattini. I candidi non dicevano mai una bugia, e già questo mi sembrava una grande stronzata; gli Abneganti vivevano per il prossimo, si negavano addirittura la possibilità di guardarsi allo specchio perché considerato un atto di egoismo, ma andiamo, chi è che non pensa per un minuto a sé stesso? Gli eruditi erano quelli colti, e il loro quartier generale era formato da menti considerate superiori alle altre; ma chi poteva dire che una mente fosse superiore di un’altra? Per ultimi c’erano i Pacifici, coloro che non avrebbero mai combattuto, coloro che non avrebbero mai attaccato briga con nessuno, i più calmi, i più pacati, e andiamo, chi vorrebbe passare la propria esistenza nell’assoluta monotonia? Erano proprio quest’ultimi ad irritarmi di più.
“Malik”
Mi voltai, trovandomi di fronte Eric, il capo fazione degli Intrepidi.
“Si?” domandai con nonchalance.
“I pacifici stanno portando come tutte le settimane i legumi.”
Inarcai le sopracciglia “E quindi?”
“Dovresti dare una mano a scaricarli”
Sbattei le palpebre per poi “Perché proprio io?”
Un’altra cosa che faceva di me un Intrepido era proprio l’eccesso di coraggio. Infatti, quello che in quel momento stava davanti a me, non era sicuramente uno dei miei amici. Eric lo odiavo perché l’unica cosa che faceva era mettere ansia, pavoneggiarsi e dare ordini, ciò che sin da piccolo avevo sempre odiato. Lo sfidavo, a volte, e lui mi rispondeva di stare attento, che lo strapiombo qualche giorno sarebbe stato il mio letto di morte. Io ridevo e me ne andavo. Di lui non avevo paura.
“Perché è un ordine, Malik. Vai, muoviti.”
Serrai i denti e i pugni, e passandogli avanti mi aggiustai il colletto della camicia nera, sbottonando qualche bottone. Lo vidi sospirare profondamente e sorrisi: anche io lo irritavo da morire, soprattutto quando lo prendevo in giro imitandolo.
“Ah, un’ultima cosa” mi bloccò, prima che chiudessi la porta alle mie spalle e aggiunse “Ricorda, nessun contatto con i Pacifici.”
Vedendo l’ennesimo sorriso sarcastico che mi si dipinse sulle labbra, continuò: “Fallo e sei morto”.
Chiusi la porta alle mie spalle e ridacchiai fra me e me.
Oh si, che l’avrei fatto.
 
I pacifici avevano un’aria troppo tranquilla per i miei gusti. Anche provocandoli, loro continuavano ad essere impassibili.
Gli stavo letteralmente tirando gli scatoloni dalle mani, guardandoli in malo modo, ma nessuno di loro accennava ad una reazione.
Sbuffai, guardando all’altro lato del quartier generale, poi sorrisi.
Era un pacifico che vedevo tutte le settimane.
Ogni volta che passavo, o aiutavo a scaricare i compagni e per caso mi giravo, lo sorprendevo sempre a guardarmi. Capelli tendenti al biondo miele, occhi castani che trasmettevano una dolcezza che nemmeno i suoi compagni avevano mai avuto e i vestiti rossi e gialli della sua fazione. Stava passando gli scatoloni a Tris, una delle mie migliori amiche.
“Ehi, Uriah!” chiamai, e il mio amico si girò.
“Dimmi Zayn”
“Potresti continuare ad aiutare tu lui?” indicai il Pacifico “Io vado ad aiutare Tris.”
“Certo”, mi sorrise e passandogli lo scatolone, m’incamminai verso Tris e il ragazzo.
Quando arrivai, lo guardai e lui ricambiò lo sguardo, arrossendo e poi guardando a terra.
“Ehi Zayn!” mi salutò lei, con un po’ di affanno per gli scatoloni pesanti.
“Ciao Tris. Senti, puoi anche riposarti, ci penso io qui”
Le rivolsi un sorriso sbilenco e lei ricambiò.
“Va bene.” Disse, rivolgendosi poi al ragazzo “Ci pensa lui qui”.
Il ragazzo spalancò gli occhi e poi annuì, guardando di nuovo a terra.
Sorrisi ancora una volta.
Prima di andare via, Tris si avvicinò sussurrandomi all’orecchio “Fa’il bravo Zayn!” e dandomi una pacca sulla spalla, per poi scoppiare a ridere e andare via.
Il ragazzo continuò a passarmi per un po’ gli scatoloni in silenzio, senza mai incrociare gli occhi ai miei.
Stufo di quel silenzio, gli dissi “Perché non mi guardi?”
Lui si fermò, tenendo fermo lo scatolone nelle mani e guardandomi, senza però rispondere.
Sbuffai, battendo il piede a terra: odiavo quando m’ignoravano.
“Mi rispondi?” continuai.
Tese lo scatolone verso di me che presi, e lo sentii sussurrare “Niente contatti con le altre fazioni.”
La sua voce era esattamente come la immaginavo: dolce e vellutata.
Roteai gli occhi al cielo.
“Oh, già, dimenticavo. E i Pacifici seguono sempre le regole per evitare guerre, no?”
Annuì.
“Come ti chiami?” chiesi.
Si morse il labbro inferiore, indeciso, e uno strano calore si fece spazio in me.
“Non ti mordo, sai!”
“Liam” , rispose timido.
“Io sono Zayn, Leeyum” gli sorrisi.
Lui annuì, arrossendo di nuovo.
Mi venne da ridere, ma mi trattenni, stuzzicandolo solo un po’, come tanto mi piaceva fare.
“Hai qualche problema?” gli domandai di nuovo, prima di posare lo scatolone sopra gli altri, nell’apposito spazio.
Me ne passò un altro e mi guardò. “No, perché?”
“Ah, perché arrossisci sempre.”
Se prima era arrossito, in quel momento il volto gli stava andando letteralmente in fiamme.
“Lo so che mi stai prendendo in giro, Zayn”, sussurrò con un filo di voce.
Scoppiai a ridere. “Sei perspicace per essere solo un Pacifico.”
“Tu sei un po’ stupido, per essere addirittura un Intrepido”
Il sorriso mi si spense sulle labbra, sbattendo lo scatolone sugli altri.
“Oddio, scusa! Io non volevo!” si scusò, come solo un Pacifico poteva fare per evitare una rissa.
Lo guardai e le parole mi uscirono da sole.
Prevedibile” dissi, prima di allontanarmi definitivamente da lui.
 
 
“Odio tutto questo casino. Gli ficcherei un coltello in gola a tutti” dissi, posando la forchetta nel piatto.
“Sei un po’ nervoso o sbaglio?” cantilenò Tris, come se già sapesse il motivo.
“No.” Gridai irritato, confermando il contrario.
“Se la mente non m’inganna..” iniziò Quattro, colui che doveva essere il nostro istruttore, diventato poi  anche il fidanzato di Tris. “Oggi ti ho visto battibeccare con un Pacifico..”
Serrai la mascella.
Tris rise, troppo perspicace secondo i miei gusti, prima di “Te lo avevo detto di fare il bravo, Zay” dire, sorridendo.
Quattro la ammonì con lo sguardo, passandole un braccio intorno alle spalle e scoccandole un bacio sulla tempia. “Non interferire, amore, fa’ la brava anche tu.”
La mia amica si spostò irritata. “Guarda chi parla”
Quel piccolo siparietto amoroso mi fece sorridere e il malumore si allontanò di colpo.
“Siete incredibili!” esclamai, ridendo.
“Lo sappiamo”, risposero all’unisono.
Scossi la testa e continuai a mangiare.
 
Un’altra settimana era trascorsa tranquilla, tra allenamenti e preparazione per la prova finale che si sarebbe tenuta dopo tre settimane.
L’unico ostacolo era Eric, che continuava ad irritarmi.
Quel mercoledì, però, superò tutti i limiti e quando la sala dell’allenamento si svuotò io restai dentro da solo con lui.
Alzò lo sguardo verso il mio.
“Cosa vuoi, Malik?”
Si torturò il piercing sul labbro con la lingua e aspettò che parlassi.
Mi avvicinai, lasciando a stento qualche cm di distanza tra noi.
Alzai le maniche della camicia nera, scoprendo tutti i tatuaggi, per poi “Voglio che tu la smetta.”
Inarcò le sopracciglia, anch’esse coperte di piercing.
“Di fare cosa?”
“Di rompermi i coglioni, capo fazione dei miei stivali.”
Mi avvicinai ulteriormente e potei vederlo sospirare. Nascosi un sorriso dietro le labbra.
“Il mio compito qui dentro è di controllare che tutto vada alla perfezione.”
“E va tutto alla perfezione, infatti. Almeno prima che tu arriva e venga a rimproverarmi cose immaginarie. Che dici, la smetti o devo fare diversamente per farti chiudere quella boccaccia?”
Rise, ma quel suono che uscì dalla sua gola assomigliò più ad una supplica che altro.
“Diversamente come?” domandò.
E lo sapevo, sapevo che era attratto da me, sapevo che stava facendo tutto quello proprio per scaricare la frustrazione di non poter avere altro da me con cose che non esistevano. Ed io lo stavo assecondando, anche se involontariamente. Non che non mi piacesse, anzi, Eric aveva un fisico proprio niente male per la sua età, ma non m’interessava, non in quel senso, ma se quella era l’unica alternativa per farlo smettere di rimproverarmi e di conseguenza abbassarmi i punteggi che non mi avrebbero fatto superare la prova finale, lo avrei fatto volentieri.
“Diversamente così.”
Annullai la distanza tra noi posando la mia bocca sulla sua. Il bacio diventò subito passionale, poi, schifato, mi spostai.
“Questo è solo un assaggio, Eric. Mi sa che io e te andremo molto lontano”, sussurrai al suo orecchio, alludendo con la frase a tutt’altro.
Lui mi guardò. “Con molto piacere, Malik.”
Quando chiusi la porta alle mie spalle, mi pulii la bocca con il dorso della mano, per poi borbottare “Ti piacerebbe, Eric.”
 
Il pomeriggio tornarono i Pacifici con i loro legumi, ed io, stavolta, mi limitai a sedermi sul muretto e guardare gli altri aiutare.
Le coppie di Pacifici ed Intrepidi erano quasi le stesse della volta precedente, e gli sguardi che Liam mi stava mandando erano quelli delle volte precedenti, con in più dispiacere.
Sospirai alzando gli occhi al cielo quando per l’ennesima volta mi aveva riservato un’occhiata dispiaciuta.
Mi alzai e mi avviai nella sua direzione. Tris appena mi vide, mi diede un colpetto sulla spalla e sparì, correndo verso Quattro che aveva appena finito di aiutare.
Presi il primo scatolone che Liam mi diede in silenzio, come il secondo e il terzo. Sapevo che se non l’avessi fatto io, lui non avrebbe mai iniziato a parlare, per paura di essere scoperto.
“Lo sai che mi stanno terribilmente sul cazzo questi sguardi da pesce lesso dispiaciuto che mi riservi?”
Le sue spalle ebbero un tremolio; boccheggiò un po’ prima di rispondere.
“Mi dispiace davvero.”
“E a me non interessa un cazzo del tuo dispiacere, sai?”
Il ciuffo biondo al sole risultava più chiaro, lo potei notare dall’angolazione in cui ero. Lo sguardo si abbassò di nuovo e la mia bocca si mosse da sola.
“Comunque va bene, non ne parliamo più.”
I suoi occhi continuarono a puntare terra e il nervosismo si fece sentire ancora.
Alzai una mano e gli presi il mento tra il pollice e l’indice, alzandogli lo sguardo.
“Mi sta sul cazzo anche il fatto che abbassi sempre lo sguardo, che non mi guardi negli occhi, che sembri..debole”
“Mi dispiace.” Mormorò.
Battei una mano sulla fronte. “Mi dispiace. Ma fai sul serio?”
“Non possiamo parlare, Zayn.”
“Non m’interessa un cazzo se non possiamo parlare.”
Posai lo scatolone a terra, e come se fosse una calamita, mi avvicinai a lui.
S’irrigidì immediatamente e indietreggiò, sbattendo vicino al camion.
La mia mano corse nuovamente al suo mento, alzandoglielo e facendo sì che i nostri sguardi s’incrociassero.
La mano, al contatto con la sua pelle, per la seconda volta la trovò calda, accogliente e morbida. Indugiai un po’, guardando i lineamenti del suo viso, il naso che si adattava perfettamente al suo volto, la bocca sottile che faceva venir voglia di accarezzarla.
Avvicinai il viso al suo, un po’ per gioco, un po’ per voglia.
“E se..” iniziai, ma fui interrotta dalla voce di Tris.
“Zayn, ma sei pazzo? Sta passando Eric per i controlli!”
Liam si staccò dalla mia presa e corse all’interno del camion per cercare qualcosa che non c’era.
Mi girai verso di lei. “Tris, mi hai spaventato!”
“Zay, oddio, mi è preso un infarto al posto tuo. Per fortuna io e Quattro eravamo seduti li vicino.”
Spalancai la bocca.
“Ci stavate spiando?!” chiesi, non tanto sorpreso.
La sua espressione si trasformò nell’Intrepida in cui era, per poi “Assolutamente no!”
Risi, lasciando perdere.
“Grazie per l’informazione”
Mi sorrise e andò a sedersi di nuovo accanto a Quattro, proprio quando Eric passò e mi sorrise lascivo. Ricambiai, fingendo una malizia che non c’era nei suoi confronti.
Liam continuò a cercare qualcosa che non c’era.
Sbuffai e “Liam, la smetti? Esci fuori, Eric è andato via.”
Finalmente uscì e gli occhi gli brillavano più del solito. La stretta al mio stomaco e la voglia di provocarlo invece, aumentò a dismisura.
Si avvicinò e “Devi smetterla di parlarmi, finiremo nei guai.”
Lo guardai incrociando le braccia al petto e scrutando quel viso che tanto stava iniziando a piacermi. “Ci vediamo la settimana prossima”.
E così dicendo, con il solito ghigno, che si stava trasformando pian piano in un piccolo sorriso, me ne andai, consapevole che la settimana seguente sarei tornato da lui.
 
“4 minuti e 50 secondi, bravo Zayn”
La voce di Quattro giunse ovattata alle mie orecchie, ancora stordito dal liquido per la simulazione. Sbattei le palpebre più volte, realizzando che mi trovavo di nuovo nella stanza delle simulazioni con il mio istruttore.
Sospirai, poi sorrisi. “Grazie”.
 Il mio amico mi sorrise per poi “E’incredibile come le tue paure rimangano sempre le stesse. Non se ne aggiungono mai altre, nonostante qui dentro vivi delle situazioni poco piacevoli per via degli addestramenti e altro.”
Mi alzai dalla sedia, cercando di mantenere stabile il mio equilibrio.
“Non sono uno che s’impressiona facilmente!”
Risi e Quattro mi diede un pugno scherzoso sulla spalla. “Ciao Zayn!”
Uscii dalla stanza, recandomi nel dormitorio. Era vuoto, se non per Tris, sdraiata sul letto che ticchettava nervosamente le dita sul letto.
Mi sedetti al suo fianco.
“C’è qualcosa che non va, Tris?”
Le accarezzai la guancia, risistemandole poi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Mi guardò per un momento, come a soppesare qualcosa, poi scosse la testa, rassegnata.
“No, sono solo preoccupata per la simulazione.”
“Sei sempre andata alla grande, perché sei preoccupata?”
Sospirò.
“Non lo so.”
Capii che c’era qualcosa che non andava, ma non volli insistere.
“Stai tranquilla, ci sarà Quattro, e se c’è lui tu sei al sicuro.”
Spalancò i suo occhioni grigi prima di “Grazie, ti voglio bene”.
Le sorrisi e la abbracciai.
Si schiarì la voce e capii che avrebbe domandato qualcosa.
“Mi dici una cosa? Sinceramente però!”
Risi, alzando gli occhi al cielo. Ormai la conoscevo benissimo.
“Dimmi.”
“Ti piace il Pacifico, vero?”
I miei occhi si spalancarono. “Eh?!”
Mi diede un colpo sulla spalla e “Dai Zay, si vede, e poi ti avevo detto di essere sincero!”
Sbuffai. “Non è che mi piace. E’ che…mi attrae illecitamente, ecco!”
Tris scoppiò a ridere, poi ritornò serio. “Stai attento..Soprattutto a Eric.”
Pensai un po’ a quelle parole, prima che un ghigno mi si formasse sul viso. “Non ti preoccupare, so come farlo tacere..”
La mia amica afferrò al volo, tanto che “Sono sicura che ti caccerai nei pasticci, Zay. E con te trascinerai quel ragazzo.”
“Si chiama Liam. Beh io vado a letto. ‘Notte Tris.”
“Notte, Zayn.”
 
 
Quei giorni sembravano non passar mai. Anche se c’erano mille cose da fare e ostacoli da superare, le lancette scorrevano lente nell’attesa del giovedì, quando i Pacifici sarebbero venuti come al solito per scaricare i legumi. Da quando avevamo parlato la settimana prima, non  facevo altro che pensare a Liam: ai suoi occhi, al suo volto, ai suoi capelli, al fisico imponente che si nascondeva sotto i vestiti larghi della sua fazione, alla sua bocca, ma soprattutto al suo comportamento. Lui non era uno di quelli che avevano varie facciate, come il Rubik, lui era così come si presentava, come si esponeva, con la passione per la sua fazione e la purezza nell’animo. Lo avevo osservato molto lui, anche prima di parlarci per la prima volta. Lo vedevo come facesse il suo lavoro senza proferire parola e senza lamentarsi mai, anche se stava sudando o non stava bene. Lo avevo visto quando si era asciugato la fronte con la mano e per la prima volta aveva alzato lo sguardo e aveva puntato i suoi occhi nocciola nei miei, che forse, lo avevano notato anche prima di lui, che non avrebbe mai avuto il coraggio di sorridermi o fare qualche passo verso di me.
Ed ora la voglia di vederlo di nuovo, di parlarci, provocarlo e baciarlo, andando contro le regole, contro Eric, era più forte che mai.
Per fortuna il giovedì arrivò, e alle 8 e 10 del mattino ero già pronto a scendere nel cortile, ma Eric mi fermò sulla porta del dormitorio già vuoto.
Posò una mano sullo stipite proprio quando stavo uscendo, bloccandomi e sorridendomi.
Il buon umore scomparse immediatamente.
“Eric”, salutai.
“Ciao Zayn. Dove stai andando?”
Il tono della sua voce mi sembrò minaccioso, ma decisi di non farci caso.
“Ad aiutare a scaricare i legumi.”
“E vai così di buon umore e soprattutto di tua spontanea volontà?
Sbattei le palpebre, cercando una scusa. “Sapevo che saresti comunque a rimproverarmi e ad ordinarmi di andare, quindi ti ho anticipato.”
Finalmente il sorriso sul suo volto si distese, così come i suoi muscoli.
“Bravo, Malik, potrei ricompensarti..”
Sorrisi anche io, furbo.
“Ah si? Come?” lo provocai.
Si avvicinò e “Proprio così”, sussurrò, prima di annullare la distanza fra noi e mordermi il labbro per approfondire il bacio.
La mia testa, durante il bacio, rifiutava di registrare ciò che stava succedendo, perché Eric non mi piaceva, era solo uno stupido sotterfugio per passare le prove finali e per farmi lasciar perdere. L’immagine di Liam si ripeteva nella mia mente, mentre immaginavo lui con le sue labbra sulle mie.
Sorrisi, pensando che dopo pochi minuti lo avrei visto e staccandomi, dissi “Beh, vado a lavorare”, con così tanto entusiasmo che a Eric per la prima volta brillarono gli occhi, credendo che tutto quell’allegria fosse per lui.
Illuso.
Tris mi accolse all’entrata prendendomi per un braccio e trascinandomi in un garage isolato da tutti gli altri. Potei vedere che anche li c’era un camion. Lo squadrai, scettica, prima che una testa castana sbucasse fuori, evidentemente imbarazzato.
Guardai la mia amica, che avvicinandosi al mio orecchio sussurrò “L’ho fatto spostare io. Non sia mai che ti vengano idea come quella della volta scorsa. Almeno qui Eric non dovrebbe passare, né gli altri vedervi.”
Un vero ed autentico sorriso si dipinse sul mio viso scoprendomi i denti, mentre Tris mi dava il solito buffetto allontanandosi.
Liam mi guardò, aprendo le portiere posteriori del grosso camion.
Il mio cuore battè un po’ di più quando “Ehi” sussurrai, ma non ottenni risposta.
Il volto restò impassibile, anche se quella vena di non so chè brillava su di lui.
Mi passò il primo scatolone. Poi il secondo e ancora il terzo.
Lo scrutai, incerto.
“Liam” lo chiamai.
Nessuna risposta, ancora.
“Liam” riprovai.
E trovai il silenzio, di nuovo.
I muscoli della mascella si tesero nuovamente, l’adrenalina mista ad ansia si fece spazio dentro di me.
“Leeyum!” dissi quindi.
I suoi occhi passarono per un momento nei miei, prima di abbassarli totalmente verso il pavimento e arrossire.
Aveva abbassato lo sguardo, ancora.
Si atteneva alle regole, ancora.
Mi ignorava, ancora.
Così buttai letteralmente l’ennesimo scatolone a terra e prendendolo per i fianchi, lo feci scontrare al muro dietro di lui.
I suoi occhi sbatterono più volte, provò anche a dimenarsi, ma non glielo permisi.
“Che cazzo ti prende?!”
E il silenzio mi avvolse ancora, come una nuvola grigia e carica di pioggia in una giornata di sole.
Lo strattonai, nonostante fosse già bloccato e lo sentii emettere un gemito di lamento. Forse avrei dovuto staccarmi, ma il ciò alimentò la mia adrenalina e la voglia che mi avvolgeva da settimane.
Così “’A fanculo tu e le tue regole del cazzo che hai deciso di seguire!” esclamai, poggiando la bocca sulla sua.
Lo vidi spalancare gli occhi, prima che con me, anche lui si lasciasse andare, trasportare in quel vortice di emozioni che stava aleggiando su entrambi.
Quel giorno seppi che Liam, oltre che ad essere autentico e rispettoso, era anche coraggioso; coraggioso perché aveva deciso di non seguire l’unica regola che contava più di tutte e che io ero impulsivo e pazzo, ma anche un coglione, perché nel momento in cui entrambi ci rendemmo conto che qualcosa stava iniziando, Eric passò alla nostra insaputa, preparando, aiutato dalla sua ira, la guerra che a insaputa di tutti, stava da tempo preparando.
 
Tre giorni dopo, dopo il consueto allenamento, Eric mi trattenne con un “Malik, tu rimani qui, devo parlarti.”
Tris mi riservò un’occhiata severa –ed era ovvio, siccome le avevo raccontato tutto-, ed io ricambiai sorridendole, cercando di trasmetterle una serenità che forse nemmeno io avevo.
Inspirai profondamente quando anche l’ultimo Iniziato uscì dalla stanza, e stampai sul mio volto il solito sorrisino che avevo prima di incontrare Liam con Eric, cosa che stava diventando complicata da fare, quando avevo ben altro per la testa, come per esempio il volto di Liam tinto di rosso dopo il bacio e il suo mordersi le labbra, da cui era scaturito un altro bacio, al termine del quale, finalmente, aveva sorriso e alla fine della giornata mi aveva detto “Spero di rivederti”, con il sorriso timido ad incorniciargli il volto.
“Ciao, Zayn”
Mi sorrise, ma stavolta qualcosa dentro di me scattò: come un senso d’allarme, un presentimento.
La sua bocca sorrideva, i suoi occhi erano fissi nei miei, una luce cattiva brillava.
“Ciao Eric. C’è qualcosa che non va?”
“No, semplicemente, volevo…” Si avvicinò, più lentamente di quanto potesse. “Darti un bacio”, finì.
Qualcosa nelle sue parole mi sfuggì.
Ebbi subito l’impulso di ritrarmi, ma un senso di protezione per me stesso, quello che non sapevo ormai non avere più, mi costrinse a tenere i piedi ben fissi a terra, sebbene i pugni fossero serrati.
Poggiò la bocca sulla mia, stavolta in modo diverso, in modo più forzato, così come lo ero io, tanto che al posto di lasciarlo fare come le altre volte, serrai la bocca, non ricambiando.
Si staccò e “Che succede, Zayn?” sussurrò, quel sorriso malizioso ad accompagnare la sua espressione cattiva.
“Niente, perché?” decisi di mentire.
“Non vuoi baciarmi..”
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma la sua risata cattiva, stavolta senza freni, invase la stanza.
“Non vuoi baciarmi per quale motivo, Zayn? Potrai dirmi che sei stanco, che non ti senti bene, che è stata un’impressione, ma io non ti crederò.”
Sbattei le palpebre, domandandomi cosa stesse succedendo.
“Non ti crederò perché tu sei un bugiardo, Zayn..A pensare che avevo creduto potesse esserci qualcosa tra di noi..Solo qualche giorno fa l’ho capito.”
Una morsa mi attangliò lo stomaco, ma aspettai che continuasse.
“E’ bello il Pacifico, si?”
Sgranai gli occhi.
“Non-“
“Mi hai solo usato, Malik”, continuò, interrompendomi e girandomi intorno, e per la prima volta sentii la paura invadermi. “Volevi solo che ti lasciassi in pace in modo da passare tranquillamente la prova finale, mh? Volevi solo questo, mentre infrangevi una delle regole più importanti, insieme all’altro…Com’è che si chiama? Uhm, Liam, sì.”
“Lascialo stare, Eric. Lascia stare lui, altrimenti te la faccio pagare”, riuscii a sussurrare, perché nonostante la paura, ero pur sempre un Intrepido.
Eric si fermò di fronte a me, sorridendo e accarezzandomi una guancia. “Non sei nella posizione di parlare. A lui non farò niente, anzi, ora che ci penso, anche lui ha infranto le regole..Mh, poi ci penserò.”
M’irrigidii, serrando i denti.
“Buttami nello strapiombo, fallo. Ma non toccare lui, io l’ho trascinato in questo vortice.”
Il mio capo fazione sorrise di nuovo.
“Troppo facile così, dovresti saperlo..” Riprese a girarmi intorno, poi mi diede un buffetto, che somigliò più ad una coltellata. “Ed ora vai via.”
Provai a ribattere, ma non me lo permise. “Via.”
Agitato e tremante, mi recai nel dormitorio.
Se fosse successo qualcosa a Liam, non me lo sarei mai perdonato.
 
“7 minuti..”
“Al posto di migliorare peggioro?” risi amaramente, il cuore che batteva, mentre Quattro mi aiutava a rimettermi in piedi dopo l’ennesima simulazione.
“Zayn?”
“Mh?”
“Alle tue paure se n’è aggiunta un’altra.”
“Quale?” chiesi, spaesato dall’ultima simulazione che non ero riuscito a decifrare.
“Perdere Liam.”
 
Camminavo come fanno i soldati quando entrano in guerra. Fucile in spalla, divisa degli Intrepidi in ordine. Mi trovavo in un altro quartiere generale, questo lo avevo capito.
Erano tutti vestiti di grigio, le donne avevano i capelli legati: il quartiere generale degli Abneganti.
All’improvviso il mio braccio scattò, prendendo la testa di una ragazza e facendo pressione affinchè si abbassasse. Non sapevo cosa stavo facendo, la mia testa non ragionava lucidamente, il mio corpo si muoveva in automatico.
Il fucile scivolò dalla spalla, finendo nella mia mano. Le dita, in un gesto che non riuscii a capire, premettero sul grilletto e tutto ciò che vidi fu la ragazza davanti a me cadere a terra.
In quel momento, non ebbi idea di cosa stesse succedendo.
 
Tutto ad un tratto i miei occhi si aprirono come per la prima volta. Mi guardai intorno, alcuni miei compagni buttarono a terra dei fucili e si guardarono le mani sporche di sangue, dopo averle passate su qualcosa a terra. Sgranai gli occhi, incapace di capire cosa stesse succedendo. Distese di grigio si estendevano davanti ai miei occhi, classificandosi poi come persone: cadaveri.
Rabbrividii e abbassai lo sguardo davanti a me, toccando qualcuno a terra, inerme: anche le mie mani erano sporche di sangue ora, anche io feci scivolare il fucile dalla spalla buttandolo a terra, come terrorizzato, ed esattamente come tutti gli altri.
Ero un assassino.
E non sapevo come era successo, ma soprattutto cosa fosse successo. E non sapevo se li ci fossero solo gli Abneganti oppure dentro ci fossero tutti i ragazzi delle altre fazioni.
“No..no..No..Che cazzo ho fatto..Che cazzo ho fatto..Sono un assassino!”
Lacrime amare rigarono le mie guance, mostrando il lato che neanche io avrei immaginato di dover tirare fuori un giorno.
Presi i capelli fra le mani e scossi più volte la testa. “No no no no no”.
“Zayn!”
Alzai lo sguardo, rassegnato. Il volto malconcio di Tris mi fece allarmare di più. Non ebbi tempo di chiedere cosa fosse successo, perché mi prese la mano aiutandomi ad alzarmi e “dobbiamo andare via Zayn, dobbiamo andare via. Non c’è tempo. Andiamo a prendere l’ultimo treno.”
La seguii, le lacrime a bruciare come ferite e il cuore che mi costrinse ad urlare, mentre mi fermavo: “Dove cazzo è Liam?!”
Fu quella la volta in cui, ebbi davvero paura di perderlo, o di averlo già perso.
  
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