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Autore: Afaneia    22/04/2014    3 recensioni
È passato circa un anno dal ritorno di Rosso a Biancavilla e la sua storia con Blu pare finalmente essere stabile: Missingno ha abbandonato la sua mente e lui ha rinunciato alle sue ambizioni per vivere una vita quieta e serena. Persino Giovanni è ormai tornato per restare. Tutto sembra perfetto, finalmente, e Rosso e Blu decidono di fare il passo forse più importante della loro vita: quello di adottare un figlio.
Diventare genitore sarà senz'altro un'esperienza nuova per Rosso, che in vita sua non ha conosciuto mai che la solitudine delle cime innevate, e che non ha avuto molto tempo per essere bambino, quando era il momento; ma ad aiutarlo nel trovare la sua strada verso la paternità sarà forse la persona che meno si aspettava, ma che più di tutte al mondo pare comprenderlo, Giovanni, che ancora deve convivere con lo spettro di Mewtwo...
Il più grande desiderio di questi due uomini così diversi sembra ora quello di trovare la pace negli occhi dei loro figli.
(spin off della Saga della Prescelta Creatura; sconsiglio caldamente di leggerla a chi non avesse letto le precedenti).
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Giovanni, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga della Prescelta Creatura'
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Salve a tutti!

Inutile sottolineare il grande ritardo nell'aggiornamento: purtroppo ho avuto gravi problemi di cui occuparmi nell'ultimo mese, e a causa di questi stessi problemi può darsi che anche il prossimo capitolo (l'epilogo di questa storia) subirà un grave ritardo. Sento di dovervi delle scuse e spero che comprendiate.

Tengo anche a dire che, a causa di recenti risvolti nella mia vita privata, questo capitolo è stato arricchito di un significato totalmente nuovo e più profondo rispetto al periodo nel quale è stato scritto. Spero che possiate apprezzarlo a vostra volta.

Che altro dire? Come al solito, vi auguro una buona lettura!

Afaneia.




Emone: Questa grande forza e questo coraggio, questo dio gigante che mi sollevava nelle sue braccia e mi salvava dai mostri e dalle ombre, eri tu? Questo odore proibito e questo buon pane della sera sotto la lampada, quando mi mostravi i libri nel tuo studio, eri tu, credi?

Creonte: Sì, Emone. [...]

Emone: Padre, non è vero! Non sei tu, non è oggi! Non siamo tutti e due ai piedi di questo muro dove bisogna solamente dire sì. Sei ancora potente, tu, come quando ero piccolo. Ah! Ti supplico, padre, che io ti ammiri, che io ti ammiri ancora! Sono troppo solo e il mondo è troppo spoglio se non posso più ammirarti.

Creonte: Si è completamente soli, Emone. Il mondo è spoglio. E tu mi hai ammirato troppo a lungo. Guardami, è questo diventare un uomo, vedere di fronte a sé il viso del proprio padre, un giorno.


Jean Anouilh, Antigone.


Quando Giovanni uscì da quella grotta, sembrava che sul suo volto sbiancato si fossero succeduti innumerevoli anni; ma egli camminava in silenzio, come rapito da un sogno, e i suoi occhi erano privi e vacui come se ancora dovessero uscire da quella grotta, separarsene...

Senza una parola, Rosso balzò in sella al suo Blastoise e aiutò Giovanni a salire, poi si diressero verso Biancavilla, in silenzio. Quando costeggiarono l'Isola Cannella, la sua desolazione, la possenza del suo vulcano, Rosso colse la strana fissità con cui lo sguardo di Giovanni l'accarezzò, vi si soffermò; gli sembrava di poter sentire il suo pensiero, il suo rimorso al ricordo di ciò che quell'isola aveva ospitato...

Finalmente, raggiunsero la spiaggia. Rosso richiamò il suo Blastoise e i due rimasero in piedi, silenti sulla sabbia tiepida.

"Va tutto bene?" chiese Rosso, finalmente. Giovanni non rispose.

"Vuoi venire a pranzo da noi?"

Giovanni parve riscuotersi un po'. Guardò Rosso, come se stentasse a riconoscerlo. "A pranzo? Oh... no. No, grazie."

"A cena, allora" insistè Rosso. "Ci sarà anche Blu. Vuoi che veniamo noi da te? Oppure mia madre..." Ma Giovanni non reagiva: teneva gli occhi fissi al suolo, traendo profondi sospiri. Rosso si sentiva il petto gonfiarsi d'ansia e di crescente disperazione. "Giovanni, su, dimmi qualcosa!" Non era certo di cosa dire, di cosa fare. Giovanni guardava la sabbia, senza reazione o segno di star ascoltando. Poi, senza motivo, d'improvviso mosse un passo verso il paese. Come se quel passo l'avesse sbloccato, Giovanni ora camminava verso il centro senza più guardarlo. Rosso protese la mano, fece per chiamarlo, ma non lo seguì. Qualcosa nel suo cuore gli diceva che nessuno al mondo, neppure Suicune, in quel momento avrebbe potuto raggiungerlo.


Per una serie di innumerevoli giorni, Giovanni parve svanito dal mondo. Rispondeva al telefono solo se vedeva il numero di Blu sul display, e contrariamente al suo costume non passò neppure una volta a portare a Drake qualche regalo. Più di una volta Rosso andò dirittura a casa sua, a suonare il campanello con rumorosa insistenza, ma per quanto a lungo suonasse, non ottenne mai alcuna risposta.

Finalmente, un tardo lunedì pomeriggio, quando ormai aveva perso ogni speranza, e pensava soltanto alla terribile indecisione tra prepararare un'insalata di pollo e patate o ordinare un paio di pizze per cena in attesa di Blu, udì il suo Pokégear trillare per un messaggio ricevuto. Lo aprì distrattamente, aspettandosi l'ennesimo messaggio di sua madre circa del succo di fragole che aveva preparato per loro, o un delizioso golfino che aveva trovato al mercato e non aveva potuto resistere a comprare per Drake, e per questo motivo, quando lesse il messaggio inviatogli da Giovanni, non lo capì. C'era scritto: Perché non andiamo incontro a Blu stasera? Se sei d'accordo, passerò da te alle 19.00.

Fissò a lungo il piccolo schermo luminoso incredulo, senza capire, senza crederci. Poi, senza nemmeno chiedersi se credeva davvero a quello che aveva appena letto, si alzò e andò a mettere a Drake dei vestiti per uscire: se davvero Giovanni aveva intenzione di mantere la parola, sarebbe passato a prenderlo da lì a quaranta minuti.

Precisamente quaranta minuti dopo, in seguito a una lunga, accalorata lotta, Drake era ben assicurato sul suo passeggino, aggrappato a un pupazzetto di Houndour che amava portarsi dietro quando usciva, e un discreto scampanellio risuonava nel salotto mentre Rosso finiva di allacciarsi freneticamente le scarpe da ginnastica e si lanciava a spalancare la porta.

"Ehm... Buonasera, Giovanni."

Gli dispiacque subito di non aver trovato nulla di meglio da dire, qualcosa di più profondo, pregno di significato, carico di aspettativa. Ma lo sguardo quieto, sereno di Giovanni gli toglieva ogni parola, ogni iniziativa: non era quello l'uomo che si era aspettato di vedere. Sì, egli si era aspettato l'uomo di quel giorno alle Spumarine, sulla spiaggia bianca di Biancavilla... e ora, di fronte a lui, vi era un altro uomo.

"Buonasera, Rosso" rispose Giovanni lentamente, chinando il capo verso di lui con un sorriso tranquillo. "Sei pronto?"

Non vi fu risposta. Si avviarono a passi lenti lungo il Percorso 1, spingendo con vaga difficoltà il passeggino lungo il sentiero irregolare: stava arrivando l'estate, e la sera era tiepida e immobile.

"Perché mi hai chiesto di andare incontro a Blu?" domandò Rosso lentamente, come se stesse ponendo cautamente un piede davanti all'altro sul ghiaccio secco. Giovanni lo guardò dall'alto della sua elevata statura, come divertito dalla sua domanda.

"Non l'indovini? Voglio andare a salutare mio figlio, con mio genero e mio nipote. Non trovi che sia una cosa piuttosto normale, durante una serata piacevole come questa?"

Eppure Giovanni doveva ben sapere che non era quella la risposta che Rosso si aspettava e voleva. Ma Rosso si sforzò di mantenere la calma. Domandò: "Per nessun altro motivo che questo?" Ma stavolta Giovanni lo guardò senza rispondere.

"Che cosa ti ha detto Mewtwo, Giovanni?" esclamò finalmente Rosso, spazientito. Il volto di Giovanni parve distendersi, come se non stesse aspettando altro che quella domanda, e la sua bocca si piegò appena in una sorta di sorriso.

"Devo chiederti perdono, Rosso" disse. Il suo volto guardava ora lontano. Calava la sera, e le ombre degli alberi cominciavano a confondersi e a divenire indistinguibili dal terreno circostante. "Mi spiace di non averti risposto, di aver ignorato le tue chiamate, i tuoi messaggi. Non volevo vedere nessuno, parlare con nessuno. Ho faticato molto a mostrarmi tranquillo e indifferente con Blu, per non preoccuparlo. So di aver sbagliato a ignorare proprio te, che potevi aiutarmi, ma... spero che tu mi capisca."

Rimase in silenzio per un po'. Rosso continuava a spingere difficoltosamente il passeggino, ma Drake non sembrava minimamente turbato e ora protendeva le braccia verso tutto, gli alberi, l'erba, emettendo sillabe eccitate.

"Sì, ti capisco" ammise finalmente a bassa voce.

Camminarono ancora a lungo, in silenzio. Finalmente, Giovanni riprese: "Non penso che dirò mai a nessuno, neppure a te, che cosa è successo laggiù, e sono certo, più che certo che capirai. Ma posso, voglio dirti che cosa ho portato con me fuori da quella grotta." Rosso levò lo sguardo su di lui con viva curiosità: Giovanni lo ricambiò direttamente e disse con voce profonda, sonante: "Laggiù ho trovato la risposta alla domanda che mi hai fatto tempo fa. Rammenti?"

Quale domanda? Rosso si guardò attorno con perplessità, come cercando in ciò che lo circondava la domanda che gli aveva fatto. Poi, d'un tratto, quando chinò gli occhi sul passeggino che spingeva, e vide il biondo capo di Drake reclinato all'indietro, e i suoi chiari occhi azzurri che lo scrutavano ridenti ed eccitati, affettuosi, seppe d'un tratto che quella domanda se l'era portata dietro per mesi, ininterrottamente. Era la domanda che ogni giorno, ogni notte si poneva e vedeva riflessa in quegli occhi limpidi.

"Sì, rammento" disse con voce sorda.

Giovanni sorrise appena, alzando lo sguardo. La sera era ora uniformemente grigia, ma ancora luminosa, e i suoi duri lineamenti robusti si stagliavano contro quel cielo livido.

"C'è qualcosa che molto spesso non ci ricordiamo" cominciò. "Qualcosa che a volte ci sembra tanto ovvio, tanto naturale da non sembrarci nemmeno importante. Mi sono ricordato che il compito di generare figli è stato demandato a noi. Lo so" soggiunse, come in risposta al suo sguardo sgomento. "Te l'avevo detto che sembra ovvio, tanto scontato da essere privo d'importanza. Ma d'improvviso ho compreso che è questo il punto cruciale, la chiave di volta del problema."

"I nostri figli non nascono dal mare, o dalle montagne, o dai fiori... o da nient'altro. Non li genera Celebi per porgerceli e affidarceli. Li generiamo noi. Scegliamo noi se generare un figlio, o più di uno, e quando farlo. È una scelta demandata a noi, a noi umani deboli e fallaci. E diventare genitori non ci rende necessariamente migliori, o infallibili, o saggi. Ci rende solo responsabili della vita che abbiamo generato... ma non ci fornisce alcuno strumento per migliorare noi stessi, per aiutarci a non commettere altri sbagli, a compiere sempre le scelte giuste. Diventare genitori lascia deboli e sciocchi come siamo sempre stati... con un peso che non sempre siamo in grado di portare. Io non lo sono stato" soggiunse, e la sua voce ebbe una profonda vibrazione dolorosa.

"Ma questo, all'inizio, i nostri figli non lo sanno. Noi padri specialmente sembriamo sempre belli, invincibili, saggi, intelligenti... noi siamo tutto: protezione, amore, vita, nutrimento. Ripongono in noi la massima fiducia, ci vedono come depositari di ogni potere e facoltà; e il peggiore tradimento che possiamo compiere nei loro confronti è di non portarli al parco perché piove..."

"Ma la loro cecità non dura per sempre, e verrà sempre, per tutti, un giorno in cui i nostri figli ci guarderanno negli occhi, e ci domanderanno: perché hai fatto questo? Non ti eri reso conto che era un errore? Come hai potuto farlo? Quel giorno non potremo più far finta di essere bravi e forti, bearci della considerazione di cui avevamo goduto nei loro occhi... Dovremo confessare tutto quello che abbiamo fatto. E non ci rimarrà nient'altro da fare che chiedere loro di perdonarci, di comprendere che siamo stati umani, non soltanto per nostra colpa... sperare, finalmente, che ci perdonino. Ma a loro volta, anche loro sono umani, umani come siamo noi! E non è detto che essi vogliano, o sappiano perdonarci per gli errori che abbiamo fatto; errori che forse, dopotutto, anche loro compirebbero al posto nostro, o che avrebbero compiuti se noi non l'avessimo fatto prima di loro..."

"E tuttavia, rimane quello il nostro unico compito, Rosso: tutto quello che ci resterà da fare, da tentare... è chiedere perdono e sperare che i nostri figli siano in grado di darcelo. Forse è tutto quello che ho voluto fare io, alla fine."

"Blu ti ha perdonato" disse debolmente Rosso. Non sapeva quasi cosa dire. Ma Giovanni ebbe un sorriso sardonico.

"Blu ha perdonato anche te, se è per questo. Quasi senza averla conosciuta, Blu ha preso da sua madre... qualcosa in più di ciò che aveva lei stessa, forse. Anche sua madre ha sempre saputo perdonare... certo, è giunto il momento in cui le cose da perdonare sono diventate imperdonabili, e lei mi ha abbandonato. Al contrario di lei, Blu ha saputo perdonare anche l'imperdonabile. Blu mi ha perdonato quando sono tornato..." Rosso si sentì pieno di vergogna a queste parole, come sentendosi di aver abusato di quella grande generosità di Blu. Giovanni parve cogliere il suo disagio.

"Blu ti ama nel modo meno umano che conosco, Rosso. Ha saputo perdonare i tuoi errori, le tue mancanze, le tue sciocchezze. E lo stesso ha fatto con me. Non è facile per noi uomini perdonare, Rosso. Ma che strana la vita, non è vero, vecchio mio? Nella mia, ho generato un figlio meraviglioso, capace di comprendere, amare, perdonare; e il più potente fra tutti i Pokémon, una creatura leggendaria, divina, immortale, ma tanto legata alla terra da essere totalmente incapace di perdonare..."

Calò il silenzio, finalmente. Pareva che Giovanni fosse ormai rassegnato, quasi sollevato dall'aver condiviso con lui quella conclusione che faticosamente, quasi per miracolo aveva riportato da quella grotta. Rosso continuò lentamente a camminare, con gli occhi chini sul biondo capo di Drake proteso verso gli arbusti e le rocce a lato della strada... era dunque questo che avrebbe dovuto fare, un giorno? Guardare suo figlio negli occhi e dirgli tutta la verità, tutti i suoi errori, sperando che lo perdonasse, che non lo disprezzasse...?

"Oh, guarda. Eccolo. Lo vedi?"

La voce di Giovanni gli giunse come da una grande lontananza. Gli parve immensamente serena. Alzò lo sguardo dal passeggino: sì, dall'ombra grigia emergeva una magra figura slanciata, che camminava con passo leggero ed elastico. Sì, Giovanni aveva ragione, considerò dolcemente: l'amore di Blu, la sua capacitù di perdonare, ancora poco aveva di umano, di terreno. Chissà se anche Drake avrebbe saputo perdonare.

"Pensi che Drake si offenderebbe se lo spingessi io per qualche metro?"

Benché ormai fosse concentrato e attento, gli parve che questa domanda provenisse da una distanza ancora maggiore. Non c'era alcun dubbio su cosa Giovanni intendesse, allora perché era tanto sorpreso? Forse, gli disse un angolo remoto della sua mente, perché mai Giovanni gli aveva rivolto alcuna richiesta. Sì, educatamente, gli aveva chiesto il permesso di entrare in casa, di fermarsi a cena, di usare il bagno o il telefono; ma non era una semplice formalità? Quando, anni prima, una vita prima a dire il vero, gli aveva chiesto di unirsi a lui e diventare un suo ufficiale, era stato un invito, quasi una sfida: ma non era mai stata una richiesta. Quella, inevitabilmente, lo era.

"Penso che ne sarebbe onorato" disse infine. Chissà come, quelle parole non gli costarono alcuna fatica. Gli lasciò il passeggino, ritraendosi di qualche passo, e continuarono a passeggiare lentamente, incontro a Blu, lungo l'ingrigire del giorno.



   
 
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