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Autore: Venice C Hunt    22/04/2014    2 recensioni
La diciannovenne Umbriel se lo sente: questa notte catturerà il famoso ladro di gioielli (“Il Matto”) della città. Ricevuta una lettera anonima da parte dello sconosciuto, il rompicapo più difficile che le fosse mai capitato fra le mani, Umbriel decide di stare ai suoi ordini. Segue tutto quanto scritto e si presenta ad uno dei più costosi casinò, con un taser elettrico nella borsetta. Ma l’incontro con l’affascinante ragazzo non sarà proprio come si aspettava. Caduta vittima del suo charme, Umbriel lascerà da parte la sua missione soltanto per avere ancora un altro bacio.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Arcano Maggiore n°6

 
Parole chiave: amore e unione.


Si rigirò fra le dita la carta del Matto: quella stessa notte avrebbe trovato la soluzione al suo rompicapo. Mesi, notti, passati tra dubbi insistenti e poche certezze davanti agli occhi, la diciannovenne Umbriel Rethon si era ritrovata in un labirinto di inganni e di misteri, a ricorrere le ombre di un misterioso e affascinante ragazzo con il vizio per i bei gioielli. Sapere che a distanza di poco tempo gli avrebbe strappato la maschera dal volto e avrebbe assaporato la vittoria, la rendeva eccitata come se avesse delle scariche elettriche a fluirle nelle vene. Suo padre, l’amato commissario della città, sarebbe stato fiero di lei e sua madre, con un’espressione sbalordita sul volto, lo immaginava, l’avrebbe riempita di complimenti. Ma non era tanto divenire l’orgoglio dei suoi genitori che le interessava, l’intera faccenda era diventata una questione personale e risolverla significava raggiungere una soddisfazione tale che niente a confronto avrebbe mai potuto farla sentire così. Il Matto, il ladro più in gamba ed elegante che avesse mai potuto immaginare, le aveva rubato un bacio e l’aveva esplicitamente sfidata. Umbriel non poteva accettarlo. Così aveva seguito ogni regola che il ragazzo le aveva mandato sotto forma di una lettera anonima: aveva indossato un vestito blu abissale, lungo fino alle caviglie e stretto al petto, una maschera impreziosita di frammenti di pietre chiare e brillantini, aveva lasciato i lunghi capelli biondi liberi sulle spalle, e si era presentata nel luogo indicato. Tutto come richiesto dal Matto e senza avvertire la polizia. Sembrava che lui volesse giocare con lei e Umbriel era pronta a mettersi in gioco con l’eccessiva sicurezza che lo strano interesse che nutriva per lei, avrebbe portato il ladro alla sua stessa rovina. Sorrise soddisfatta, mentre lasciava scivolare l’Arcano Maggiore nella borsetta vicino ad un taser elettrico. La richiuse e riprese a passeggiare tra i tavoli da gioco. I tacchi risuonavano sul marmo, lo sguardo lo faceva vagare ovunque, osservando ogni persona che le si parava davanti, mentre le orecchie erano riempite delle chiacchiere e delle grida dei giocatori d’azzardo. 
Il Matto aveva scelto un posto molto carino e dispendioso, aveva notato. L’ambiente era elegante e ricordava l’interno di un famoso casinò di Montecarlo. Dal soffitto pendevano enormi candelabri con lampadine a forma di fiamme, braccia nodose e miliardi di gocce di vetro a riflettere le luci. La sala si divideva poi in varie parti: una per le roulette, una per i tavoli del poker, e le altre per altri giochi di carte e slot machines.  Le pareti candide erano attraversate da ghirigori dorati ed erano affollati di affreschi allegri, ma a cui nessuno prestava attenzione. C’erano dei camerieri in smoking che portavano bevande alcoliche sui loro vassoi; un odore di tabacco, di colonia e di fiori, aleggiava nell’aria ed intorno ai presenti - donne con abiti succinti e uomini con camice sbottonate e facce rosse. 
Umbriel fece ancora un altro giro, sperando che non fosse stato tutto uno scherzo e che il Matto si sarebbe davvero presentato. Erano passati diversi minuti dall’ora prestabilita e ancora non vedeva niente che potesse attirare la sua attenzione. Quando le passò per la mente il pensiero di andarsene, un cameriere dagli occhi affilati e scuri le si piazzò davanti. «Mi scusi, la signorina Rethon?» La ragazza annuì. «Bene. Un signore mi ha chiesto di lasciarle questo» le disse, porgendole con gentilezza un foglio ripiegato. Lo afferrò e appena il cameriere cercò di allontanarsi, Umbriel lo fermò per un braccio. «Chi l’ha mandato? Dove si trova?»
Lui fece spallucce. «Mi dispiace, non so dirle niente.» Con quelle parole si mischiò tra la folla e i suoi occhi non riuscirono più a seguirlo. Umbriel aprì il foglietto, trovandosi davanti due parole scritte con una calligrafia pulita e stretta: “primo piano.” Non perse tempo. Accartocciò il biglietto nella borsetta, messa a tracolla, e corse, per quanto i tacchi le permettessero di farlo. Si alzò il vestito per salire gli scalini, dando una spallata ad un uomo che la guardò truce, ma Umbriel si era ormai estraniata dal resto del mondo. L’unica cosa che contava era Il Matto. Il cuore le martellava all’impazzata, il labbro inferiore divenne vittima dei suoi incisivi, e lo sguardo sembrò scintillare per tutta la determinazione che le bruciava nel corpo. 
Giunta al primo piano, scrutò ogni angolo in cerca dell’attraente ladro, non lasciandosi sfuggire niente. Due ragazzi erano appartati dietro una pianta intenti a baciarsi con passione. Una donna parlava con un uomo che le sussurrava qualcosa all’orecchio, facendola ridere. Umbriel distolse lo sguardo e riprese a camminare per un lungo corridoio, dal suolo sempre di marmo e illuminato da lampade da parete dall’aria costosa. Nel momento in cui passò davanti ad una terrazza con la porta aperta - una leggera brezza fresca le accarezzò la pelle - qualcuno le mise una mano davanti alla bocca. Sentiva il petto dello sconosciuto aderire alla sua schiena; l’altro braccio bloccarle il busto con forza; e appena il suo fiato caldo le solleticò il collo, si irrigidì. «Sei incantevole stasera. Ho sempre saputo che il blu è il tuo colore.» 
Il Matto. Umbriel si ribellò. Conficcò la punta del tacco nel piede del ragazzo, facendogli mollare la presa, e si voltò pronta a dargli un pugno ma il giovane la bloccò per un polso. Le labbra sottili del Matto si piegarono in un sorriso. 
Il fisico longilineo racchiuso in un elegante smoking nero, senza cravatta o farfallino, ma con la camicia aperta ai primi quattro bottoni; i capelli corvini, scarmigliati e lucenti, che gli sfioravano la grande maschera - semplice e nera - premuta contro il viso dalla pelle rosea e posata delicatamente sul naso dritto. Per la prima volta, con l’ambiente illuminato, poté notare le sue iridi verdi come due luccicanti smeraldi. Per un momento, pensò di aver perso il contatto con il terreno. Il proposito di afferrare furtivamente il taser andò scemando; il proposito di colpirlo con una ginocchiata ricadde nel dimenticatoio. La bocca la sentì più asciutta; le emozioni avevano preso completamente il sopravvento sulla sua razionalità, e il cuore … be’, il cuore galoppava matto nel petto.
Potevano degli occhi essere così intensi e meravigliosi?
Socchiuse la bocca e poi deglutì, prima che il Matto con rapidità le afferrasse anche l’altro polso. La spinse contro il muro, tirandole in alto le braccia con una mano, mentre con l’altra le sollevò la maschera sulla testa. Umbriel trattenne il respiro nello stesso instante in cui lui avvicinò le labbra al suo orecchio. «Vuoi ancora catturarmi?» 
La voce del Matto era sensuale e delicata, come se avesse toccato una parte sensibile del suo corpo. Aveva accesso a luoghi sconosciuti dentro di lei. Fiamme ed elettricità che si mescolavano e creavano sensazioni inebrianti. 
Come diavolo ci riusciva? Come riusciva a farle perdere se stessa in un battito di ciglia? A placarla con dei miseri gesti? Si sentiva patetica. Beffata da un bel ragazzo con una stupidissima maschera! Da un ladro, per giunta! Eppure, il suo corpo sembrava festeggiare; desiderava ardentemente ogni tocco dello sconosciuto. «Perché a me sembra che sono stato io a catturarti» proseguì seducente. Profumava di colonia al sandalo e di foglie di menta. Umbriel si morsicò il labbro inferiore, vittima delle sue stesse emozioni. «La-lasciami andare …» e sospirò. Perdeva lentamente la sensibilità alle mani, ma non le importava se questo significava averlo così vicino. Ed ovviamente le sue parole erano ciò a cui ogni centimetro di lei si era rivoltata, anche se una piccola parte, quel briciolo di razionalità che le era rimasto, sperava che Il Matto seguisse l’ordine. Ma lui non lo fece. Sorrise e avvicinò le labbra alle sue. Adesso sentiva il suo respiro sul mento ed il naso che le sfiorava il suo. Lo sguardo si incatenò a quello profondo e diretto del ragazzo. Lo vide spostare la mano verso la sua borsetta, aprirla ed afferrare il taser. Il Matto spostò gli occhi da lei per scrutarlo prima di gettarlo in fondo al corridoio.
Umbriel sperò che qualcuno arrivasse e la ridestasse da quello stato quasi catatonico, ma non c’era più nessuno. Erano soli. «Pensavi di fermarmi con una scarica elettrica?» Rise. Umbriel annuì impercettibilmente. «Era quello il piano prima che …»
«Che cosa, Umbriel?»
«I-io …»
«Non capisco» le mormorò sfiorandole le labbra. Si zittì. Era un tormento. Perché non la baciava e basta? Era così divertente prenderla in giro? 
A quanto pareva lo era. Il giovane fece scivolare le labbra alla base del mento di Umbriel, posandole con dolcezza, ma furono come piccole mine seminate sul suo corpo: sarebbe bastato poco per farla esplodere nel piacere. Affondò ancora di più i denti nel labbro inferiore, mentre lui proseguiva l’esplorazione della sua pelle. Si muoveva con delicatezza, come petali di un fiore tenuti sul palmo della mano. Rabbrividiva sotto il suo tocco sensuale. Sentiva la pelle del volto bruciare e il basso ventre scaldarsi. Battiti, battiti, battiti. Le risuonavano nelle orecchie come tamburi. E perfino respirare diveniva una fatica.
Umbriel provò a spingersi in avanti, ma lui la respinse di nuovo contro la parete. «Buona» la ammonì. 
Era troppo forte per lei. Si pentì di non aver seguito quel corso di karate consigliatole da una sua amica. Lo avrebbe senz’altro incominciato dopo quella esperienza, sempre che riuscisse a sopravvivere. Più che Il Matto rappresentava Il Diavolo nei tarocchi. «Perché la Carta del Matto?» mormorò Umbriel, in tono debole, come se avesse corso per chilometri. Lui si fermò e tornò a guardarla con intensità. «Mi piace quello che rappresenta» rispose pacato. «Accettare la propria follia, liberarsi dei propri vincoli, dimenticare di quello che gli altri pensano di te. Libertà e spontaneità. Sono aspetti molto importanti.»
«E rubare ti rende libero?»
Sogghignò. «Non tentare di capirmi, non ci riusciresti, mia dolce Umbriel.» Silenzio.
«Un giorno ti toglierò quella maschera» replicò lei, poco dopo, fissandolo. 
«Ma oggi non è quel giorno. E, anzi, oggi vorresti decisamente togliermi qualcos’altro» bisbigliò e finalmente lasciò che i loro respiri si mescolassero. La mano di lui si posò sul fianco destro di lei, mentre la sua bocca si muoveva con dolcezza contro quella di Umbriel. Le loro lingue si rincorsero, ed Umbriel perse ogni pensiero. Voleva soltanto che lui continuasse, che lui la toccasse, che la rendesse sua. Desiderava sentire le sue mani sotto il vestito e desiderava farlo anche con lui. Sentire con le proprie dita la sua pelle, farle passare per lo stomaco, fino ad aggrapparsi ai passanti dei pantaloni e spingerlo di più verso di lei.
Non seppe perché lo fece, ma il giovane la liberò. Umbriel si aggrappò con le braccia al suo collo, percependo la maschera del Matto sfiorarle la pelle. Aveva l’occasione perfetta per toglierla, ma non era in quel modo che voleva scoprire la sua identità. Non in quel momento di confusione e di estasi. Il Matto le cinse i fianchi e risalì al suo seno e poi alle spalle. Le abbassò le spalline del vestito e allontanò le labbra per baciarle il petto, mentre con una mano le tenne più in alto la catenella della borsa. Arrivò al profondo sentiero fra i due seni. Umbriel continuò a mordersi il labbro per non gemere, mentre sentiva Il Matto spargere la propria saliva sulla sua pelle. Era come se si fosse scolata bicchieri e bicchieri di Sex on the Beach, il suo cocktail preferito. Dentro di lei era in atto una guerra. Il fuoco che lui le accendeva, le fluiva nelle vene, negli organi, vicino le ossa, e la bruciava lentamente. Era una bellissima tortura, di cui voleva subirne la pena più grande. Fece scivolare le mani sul suo petto, sentendo il cuore del Matto battere veloce, e incominciò a sbottonargli il resto della camicia. Ma, inaspettatamente, lui si ritrasse brusco.
Non sentire più il suo tocco fu straziante. 
Le afferrò i polsi e le abbassò le braccia. «Non ora» mormorò con un ghigno. 
«Che significa “non ora”?!» brontolò Umbriel, indispettita. Ma lui al broncio che le si creò sul viso, ridacchiò. «La prossima volta ti strapperò il vestito e metterò le mie mani su di te,» si bloccò per avvicinarsi nuovamente al suo orecchio. «Ovunque.»
Detto ciò, il ragazzo la lasciò andare e si avviò celermente verso la terrazza. Umbriel lo seguì, togliendosi velocemente le scarpe. «Non puoi andartene!» gli gridò, imbarazzata mentre si sistemava il vestito. Lui si arrampicò sul cornicione di pietra, le lanciò una lettera che Umbriel afferrò al volo, e prima che si buttasse, le fece un saluto simile a quello militare con l’indice ed il medio uniti. Si precipitò verso di lui ma quando guardo giù, dell’elegante ladro non c’era nessuna traccia. Tutto quello che le rimase di lui era una stupidissima lettera. Sbuffò, sedendosi per terra, con le gambe al petto, e l’aprì. Quello che vi trovò dentro fu la carta degli Amanti che raffigurava una donna ed un uomo abbracciati nudi nel giardino dell’Eden. Niente di più.



Angolo Autrice ♦
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Salve! Rieccomi qua con un'altro spacco di storia. Visto che sono un po' fissata con i tarocchi ultimamente (e ci sto scrivendo una storia; non so mi affascinano troppo), mi sono ispirata leggermente a questi ed ho scritto un'altra OS no sense. Ora, non so da dove cavolo mi sia venuto in mente il nome "Umbriel", ma sta di fatto che lo adoro u.u  (I miei gusti bizzarri.)
Ah, scusate, non è proprio rating arancione, ma ero indecisa e alla fine ho messo questo.


Anyway, mi piacerebbe sapere che ne pensate :) Non starò a supplicarvi di recensire (ricordandovi quanto è importante per una persona che scrive  - non uso il termine "scrittore", perché non mi definisco una "scrittrice" ma più un'aspirante senza però quel grande talento - ricevere pareri, sia brutti che carini).

Detto ciò, se volete passare anche da altre mie OS vi lascio i link: Scena Rubata (Het / rating verde), Enigmatica Bellezza (Slash / rating verde), Cuore contro cuore (Slash / rating giallo) e infine Inferno paradisiaco (Het / rating arancione).

Thank you,

Ven.


p.s. Sì, lo so, è un po' inverosimile la storia.




 
  
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