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Autore: Ino_Nara    22/04/2014    3 recensioni
Kensi è una ragazzina che ha perso i genitori tempo fa, ed è ormai abituata a vivere da sola.
Dopo un primo trasferimento a causa del lavoro della zia, la ragazza si trasferirà una seconda volta senza un' apparente motivo.
Scoprirà solo in seguito qual'è il suo passato, per quale motivo ha perso la memoria e grazie ai nuovi compagni tornerà a vivere, anche meglio di prima.
Dal testo: "Una bambina,decisamente cresciuta, stretta al suo ragazzo, in quella che era una disperata ricerca di calore e affetto; un uomo, ancora troppo bambino, che sembrava proteggerla da tutto pure nel sonno, quasi volesse rimediare ad errori passati e recuperare il tempo perduto."
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, La zia/La fata, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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< Dove corri ragazzina? >
< Lasciami stare >  urlò la ragazza cercando di dimenarsi dalla presa di quell’uomo.
La ragazzina corse via veloce,non dopo aver tirato uno schiaffo a quell’uomo minaccioso. Corse via, lungo la strada illuminata dai lampioni,a testa bassa e con le lacrime agli occhi finché non sbatté contro una figura alta e slanciata.
< Grazie al cielo sei tu …... > disse la ragazza lasciandosi mancare tra le sue braccia.

Mi svegliai in un letto che non era il mio, e non avevo idea di dove fossi. Mi guardai intorno, e sul capezzale del mio letto dormiva, alquanto beata,mia zia. Decisi di lasciarla dormire e mi toccai il collo; non vi trovai quello che speravo… probabilmente avevo perso la mia collana in quello strano parco, o forse no, chissà, più cercavo di ricordare più il mio mal di testa aumentava.
La zia si svegliò d soprassalto facendomi perdere un battito.
< Oh cara, finalmente ti sei svegliata!- disse con la sua vocina squillante –grazie al cielo stai bene >
< Su zia non strillare, non vedo dove stia tutta questa preoccupazione, in fondo avevo solo un po’ di mal di testa no? >
La zia sembrava scossa ma annuì con la testa.
< Si può sapere zia perché sono qui e non nel mio appartamento? >
< Semplice cara mia, questo è il tuo nuovo appartamento, e questa volta è definitivo! Nuova scuola e nuovi amici! >
< Si zia, certo, come se avessi amici! > dissi un po’ rassegnata.
Era già le terza volta in due mesi che cambiavo città, e così dovevo sempre ricominciare tutto. E pensare che stavo per ambientarmi, e conoscevo pure qualcuno. Di loro però non ricordavo nulla, se non di una figura alta slanciata e muscolosa.
< Zia anche la volta scorsa era una cosa definitiva, sta volta lo sarà per davvero? > mi sembrava giusto volere delle risposte, in fondo una ragazza di quasi 17 anni meritava di avere degli amici, o quantomeno dei conoscenti.
< Si cara, questa è una promessa! Ora ti lascio, le tue cose sono all’ingresso. Domani vengo a prenderti alle 7.45, ti porto io a scuola. >
< Ciao zia… >
Sentì sbattere la porta e mi alzai dal letto. Andai in cucina e cercai qualcosa da mangiare.
Dopo la lunga battaglia KensiVScucina, dalla quale uscii vincitrice con un bicchiere di latte, trovai un biglietto della zia che diceva:

Ebbene si, ti ho eliminato un po’ di vestiti.
Esci di casa, e alla prima svolta a destra; alla fine della strada
ti troverai di fronte ad un adorabile negozio.

Mannaggia, lo aveva fatto ancora! Presi le mie valigie e buttai tutti i vestiti nella lavatrice. Sistemai tutto il resto delle mie cose, presi al volo il portafoglio e uscii di casa.
Seguendo le indicazioni della zia mi ritrovai di fronte all’ adorabile negozio di cui mi aveva scritto. Presi coraggio ed entrai.
Venni subito travolta da un rumore di stoffa strofinata e da un’armonia di colori che si presentava davanti ai miei occhi. Subito una ragazzina che avrà avuto all’incirca la mia età mi si parò davanti
< Buon pomeriggio e benvenuta, posso aiutarla in qualche modo?- disse quasi squittendo – uhm, penso che lei signorina abbia bisogno di un ritocchino al look> mi tirò per un braccio.
Senza che io potessi dire nulla mi ritrovai dentro un camerino e la ragazza dall’altra parte della tenda mi porgeva enormi quantità di abiti. Fossi stata da sola non avrei mai provato nulla di tutto ciò, fatto sta che la persuasività di quella ragazza, che aveva detto di voler essere chiamata Rosa, mi convinse non solo a provare quella massa di vestiti, ma pure a comprarne gran parte.
Quando uscii dal negozio stava ormai tramontando il sole, diedi un occhiata al display del cellulare che segnava le 17.57, e mi diressi verso casa.
Entrai nel mio nuovo appartamento, appesi tutti i miei acquisti in camera e decisi di farmi una doccia.
Ero sotto l’acqua bollente quando sentii uno strano rumore, che sembrava quasi una melodia. Spensi il getto dell’acqua, mi avvolsi in un asciugamano e con i capelli ancora fradici mi recai sul balcone, dove potevo ormai distinguere le note di quella strana melodia. Sembrava rock, e mi sembrava anche di riconoscere quella melodia, che proveniva dall’appartamento di fronte.
Faceva davvero freddo, e ormai era davvero buio, ma decisi di rientrare in casa solo quando l’ultima nota cessò.
Mangiai qualcosa e andai a dormire.

L’alta figura aveva preso in braccio la ragazzina svenuta, e la portò a una che poteva essere casa sua. La distese sul letto, fece una telefonata e si abbandonò su una sedia di fianco  al letto.
Qualcuno bussò alla porta, e l’ombra, prima di andarsene per sempre le diede un bacio sulla fronte e le tolse qualcosa che portava al collo.

Mi svegliai di soprassalto, con la fronte imperlata di sudore; buttai un occhio sulla sveglia: 6.43, tanto valeva iniziare a prepararsi.
Corsi di sotto a fare la colazione, andai a lavarmi la faccia e mi recai in camera per cercare qualcosa da mettere. Notai con un certo terrore che i miei panni erano rimasti nella lavatrice e con grande rammarico cercai tra tutti quei nuovi vestiti che non coprivano un accidente.
Tra tutti quei mini abiti trovai qualcosa che sembrasse una camicia abbastanza normale; inutile dire che di normale non aveva nulla. Era un camicia bianca, e fin li andava tutto a gonfie vele, se non fosse stato che cucita ad essa vi era un corpettino nero di pelle.
Cercai qualcosa da poterci abbinare e l’unica cosa che trovai furono dei pantaloncini di pelle nera, dannatamente stetti e corti. Ricordai ciò che Rosa aveva detto di quel completo
< Ma guardati! Ti sta alla grande! E poi risalta tutte le tue bellissime curve! >
Certo, il completo era davvero carino, ma sarebbe stato di sicuro meglio a qualcun’altra. Rassegnata andai in bagno a mettere un filo di trucco, e poi cercai nell’armadietto delle scarpe che potessero stare bene con il mio nuovo coordinato. Avevo trovato degli alti stivali di finta pelle, anch’essi neri. Mi sbrigai ad indossarli e raggiunsi la porta, dove avevo sentito che la zia mi stava aspettando.
Quando uscii di casa mi sentivo gli occhi puntati addosso, ma non solo quelli della zia, vidi infatti che qualcuno usciva dalla porta dell’appartamento di fonte. Era un ragazzo, avrà avuto pressappoco la maggiore età, alto e ben piazzato, aveva i capelli rossi lunghi fino alle spalle, portava una giacca e dei pantaloni di pelle.
Il ragazzo ne complesso era dannatamente sexy, ma la sola vista di quel materiale ormai mi dava sui nervi, decisi quindi di distogliere lo sguardo e di salire in macchina.
La zia mi portò davanti al liceo, fermò il motore, e senza una parola scappai via dalla macchina; infatti sapevo che se le avessi dato tempo per pensare mi avrebbe accompagnato fin davanti alla classe.
Entrai in quello strano edificio e cominciai a cercare la segreteria. Quando la trovai bussai leggermente alla porta, e quando questa si aprì mi ritrovai di fronte ad un ragazzo, dai capelli biondi e gli occhi color del grano. Era ben vestito, proprio come si addiceva ad un delegato.
Dopo aver svolto migliaia di pratiche e aver fatto un po’ di conoscenza (sempre se presentarsi significa aver fatto conoscenza) mi consegnò l’orario delle lezioni e il permesso per entrare alla seconda ora; la prima era quasi andata.
Andai a fare un giro nel cortile e mi sedetti su una panchina. Iniziai a pensare ad un’ adeguata presentazione da fare in classe, e mi misi a fare prove ad alta voce.
< Non è che potresti piantarla? È alquanto irritante sentirti ripetere ad alta voce tutto quello che ti passa per la testa sulla tua vita, ormai potrei dire di conoscerti da anni. >
Mi guardai intorno ma non vidi nessuno
< Chi ha parlato? > chiesi un po’ allarmata
< Sono sul muretto pivella. Sentimi a nessuno interessa la tua vita privata, tanto più che in qualsiasi classe finirai basterà esporti un po’ e sorridere, fidati, vestita cosi, non sarà di certo la tua presentazione ad attirare attenzione >
Stavo iniziando ad alterarmi leggermente, scattai in piedi, e il ragazzo steso sul muretto si raddrizzò. Stavo per dirgliene quattro quando suonò la campanella, e diversamente da quello che mi aspettavo, il ragazzo se ne andò sbuffando verso l’ingresso del liceo.
Presi le mie cose e lo imitai, ignara del fatto che lo avrei avuto in classe per tutto l’anno.
Quando entrai nella mia nuova classe, tutti mi sembravano abbastanza felice della perdita di dieci minuti, o forse più, di lezione a causa della mia presentazione.
Iniziai a parlare di me, senza guardare nessuno negli occhi, proprio come facevo un attimo prima nel cortile finché una voce dagli ultimi banchi urlò
< Bambola, come ti avevo detto, penso che tu posso smetterla di stare li a parlare di te, quello che tutti dovevano vedere è stato ammirato abbastanza >
A parlare era stato il ragazzo che avevo incontrato in giardino, che accidentalmente era lo stesso che avevo definito ‘dannatamente sexy’ pochi secondi prima di salire in macchina.
Il professore lo guardò con aria truce e lo interpellò
< Dato che è così simpatico nei confronti della sua nuova compagna di classe, che ne direbbe signorino Castiel di togliere i piedi dalla sedia del banco vicino e di fare accomodare la signorina? >
Il professore mi diede una leggere spinta e io fui davvero costretta a sedermi vicino a lui.
La lezione cominciò e io colsi il momento per chiedergli
< Ci tenevi così tanto a rovinarmi la presentazione? >
< Bambola con tutti gli sguardi che avevi puntati addosso ti si stava per corrodere la camicetta >
< Ah, e cosi sarebbe questo il problema? Non penso, dato che nemmeno tu disdegnavi quel panorama. Non ti avrebbe che giovato l’improvvisa lacerazione della mia camicia > dissi, cercando di essere maliziosa. Era infatti il tipo da una botta e via, quello che ne ha una per giorno della settimana. Come biasimarle quelle gallinelle, lui era davvero… beh, diciamo che lasciava senza fiato.
< Certo che mi avrebbe infastidito- si avvicinò al mio orecchio e sussurrò più piano di quanto già non stessimo facendo – gli altri non devono godere di certe visioni bambola >
Stavo per ribattere, ma lui scattò in piedi e senza il permesso dell’insegnante uscì dalla porta.
La mia faccia doveva essere a dir poco allibita, perche il prof tenne a precisare che gli alunni non avevano  questo tipo di comportamento, ma lui era l’eccezione alla regola.
A ricreazione non uscii dalla classe,ero ancora un po’ scossa.
Finalmente anche l’ultima campanella suonò e, racimolate le mie cose,mi incamminai verso l’uscita. Una mano afferrò il mio polso e mi sentii trascinare via. Stavo per urlare, quando un dito si posò sulle mie labbra e riconobbi la figura del mio dannatamente sexy, quanto irrecuperabilmente stupido, compagno di banco.
< Bambola ti porto a casa io, tanto abitiamo nella stessa via >
Non ebbi tempo di ribattere che Castiel mi prese in braccio e mi fece sedere su una moto. Mi porse un casco e si sedette davanti a me.
< Bambola tieniti al mio petto, non vorrei rischiare di farti sfracellare sull’asfalto! >
Incrociai le mie mani sul suo petto e lui partì a tutta velocità. Da quella posizione potevo distinguere perfettamente il suo profumo, e potevo sentire con le mie dita i suoi pettorali scolpiti.
In un batter d’occhio la moto era ferma, davanti al cortile del suo appartamento. Io non me ne ero accorta, ero troppo assorta nei miei pensieri, finché non lo sentii alzarsi. Solo allora capii che eravamo arrivati, e cercai in qualche modo di scendere da quella moto. La mia operazione non stava andando a buon fine, ma presto sentii le sue braccia stringermi e farmi scendere da quel mezzo di trasporto alto quanto un edificio.
< Grazie- biascicai – ora va… >
< Oramai mi tocca ad accompagnarti fin davanti alla porta, sembrava che tu stessi aspettando un invito scritto per scendere >
Fu di parola. Mi portò davvero fino all’ingresso di casa in braccio.
Quando mi mise con i piedi a terra gli chiesi se volesse entrare a bere qualcosa, dissi che era il minimo che potessi fare. Lui accettò di buon grado, e una volta in cucina gli lanciai una bottiglia di birra.
< Trasgressiva la bambolina > disse con un ghigno
< Senti scusa se prima non sono scesa subito dalla moto > abbassai lo sguardo
< Lascia stare con le scusa, più che altro, sembravi assorta, sono andato troppo veloce per caso? >
Era strano, da quando ‘bambola’ era diventato ‘bambolina’? E perché si stava preoccupando? Lui non mi sembra assolutamente il tipo.
< No, tranquillo, stavo solo pensando, quella moto mi sembrava famigliare… >
< Ne girano tante così in giro > disse visibilmente scocciato
< Si, scusa, è solo che tempo fa mi frequentavo con un ragazzo di un’ altra città, e quando veniva  a trovarmi era sempre con una moto come la tua > tirai fuori la verità tutta in un colpo
< La bambolina faceva conquiste eheh ecco perche non eri a disagio a mostrarti vestita così davanti a dei liceali con gli ormoni a palla >
< L’unico liceale con gli ormoni a palla li eri tu signorino, e poi ho detto che lo frequentavo, non è mai successo nulla di tutto ciò! Non ricordo nulla di lui, nemmeno il suo nome… >
Castiel scattò in piedi e mi si piazzò davanti
< Se sono l’unico qui con gli ormoni alle stelle perché mi hai fatto salire in casa tua? Non hai paura di me? >
< Io non ho paura di te Castiel, non mi faresti del male >
Fu allora che mi mise a spalle contro il muro e mi bloccò contro la parete. Non strillai, ne dissi nulla, ma senza accorgermene presi a tremare e i miei occhi erano gonfi di lacrime. Non penso che Castiel se ne accorse, ma subito, senza un valido motivo mi abbracciò e mi strinse forte.
Forse era solo un’illusione, ma mi parve di sentirlo alludere qualcosa riguardo al mio profumo che gli era tanto mancato.
Non ci capivo più nulla, ma in fondo andava tutto bene, sentirlo vicino a me mi metteva sicurezza e la paura che poco prima mi aveva assalita stava via via svanendo.
Castiel allentò la presa e mi schioccò un bacio in fronte, poi si diresse verso la porta e senza dire nulla uscì.
Andai a sedermi sul tavolo della sala e ripensai a quanto era appena successo. Quello che non capivo era perché avevo iniziato a piangere.
Siccome avevo un certo languorino, andai verso il frigo, ma prima di aprirlo notai un post-it che prima non c’era. Lo staccai e lessi ad alta voce

Sta sera ti porto a mangiare in un posto carino.
No, non è un invito a cena, non farti paranoie.
Fatti trovare pronta alle 19.45
Vestiti da bambolina in versione estiva.
                                                Castiel


  
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