<
Dove corri ragazzina? >
< Lasciami stare > urlò
la ragazza
cercando di dimenarsi dalla presa di quell’uomo.
La ragazzina corse via veloce,non dopo aver tirato uno schiaffo a
quell’uomo
minaccioso. Corse via, lungo la strada illuminata dai lampioni,a testa
bassa e
con le lacrime agli occhi finché non sbatté
contro una figura alta e slanciata.
< Grazie al cielo sei tu …... > disse la
ragazza lasciandosi mancare tra
le sue braccia.
Mi svegliai in un letto che non era
il mio, e non avevo idea
di dove fossi. Mi guardai intorno, e sul capezzale del mio letto
dormiva,
alquanto beata,mia zia. Decisi di lasciarla dormire e mi toccai il
collo; non
vi trovai quello che speravo… probabilmente avevo perso la
mia collana in
quello strano parco, o forse no, chissà, più
cercavo di ricordare più il mio
mal di testa aumentava.
La zia si svegliò d soprassalto facendomi perdere un battito.
< Oh cara, finalmente ti sei svegliata!- disse con la sua vocina
squillante
–grazie al cielo stai bene >
< Su zia non strillare, non vedo dove stia tutta questa
preoccupazione, in
fondo avevo solo un po’ di mal di testa no? >
La zia sembrava scossa ma annuì con la testa.
< Si può sapere zia perché sono qui e non
nel mio appartamento? >
< Semplice cara mia, questo è il tuo nuovo
appartamento, e questa volta è
definitivo! Nuova scuola e nuovi amici! >
< Si zia, certo, come se avessi amici! > dissi un
po’ rassegnata.
Era già le terza volta in due mesi che cambiavo
città, e così dovevo sempre
ricominciare tutto. E pensare che stavo per ambientarmi, e conoscevo
pure
qualcuno. Di loro però non ricordavo nulla, se non di una
figura alta slanciata
e muscolosa.
< Zia anche la volta scorsa era una cosa definitiva, sta volta
lo sarà per
davvero? > mi sembrava giusto volere delle risposte, in fondo
una ragazza di
quasi 17 anni meritava di avere degli amici, o quantomeno dei
conoscenti.
< Si cara, questa è una promessa! Ora ti lascio, le
tue cose sono
all’ingresso. Domani vengo a prenderti alle 7.45, ti porto io
a scuola. >
< Ciao zia… >
Sentì sbattere la porta e mi alzai dal letto. Andai in
cucina e cercai qualcosa
da mangiare.
Dopo la lunga battaglia KensiVScucina, dalla quale uscii vincitrice con
un
bicchiere di latte, trovai un biglietto della zia che diceva:
Ebbene si, ti ho
eliminato un po’ di vestiti.
Esci di casa, e alla prima svolta a destra; alla fine della strada
ti troverai di fronte ad un adorabile negozio.
Mannaggia, lo aveva fatto ancora!
Presi le mie valigie e
buttai tutti i vestiti nella lavatrice. Sistemai tutto il resto delle
mie cose,
presi al volo il portafoglio e uscii di casa.
Seguendo le indicazioni della zia mi ritrovai di fronte all’
adorabile negozio
di cui mi aveva scritto. Presi coraggio ed entrai.
Venni subito travolta da un rumore di stoffa strofinata e da
un’armonia di
colori che si presentava davanti ai miei occhi. Subito una ragazzina
che avrà
avuto all’incirca la mia età mi si parò
davanti
< Buon pomeriggio e benvenuta, posso aiutarla in qualche modo?-
disse quasi
squittendo – uhm, penso che lei signorina abbia bisogno di un
ritocchino al
look> mi tirò per un braccio.
Senza che io potessi dire nulla mi ritrovai dentro un camerino e la
ragazza
dall’altra parte della tenda mi porgeva enormi
quantità di abiti. Fossi stata
da sola non avrei mai provato nulla di tutto ciò, fatto sta
che la persuasività
di quella ragazza, che aveva detto di voler essere chiamata Rosa, mi
convinse
non solo a provare quella massa di vestiti, ma pure a comprarne gran
parte.
Quando uscii dal negozio stava ormai tramontando il sole, diedi un
occhiata al
display del cellulare che segnava le 17.57, e mi diressi verso casa.
Entrai nel mio nuovo appartamento, appesi tutti i miei acquisti in
camera e
decisi di farmi una doccia.
Ero sotto l’acqua bollente quando sentii uno strano rumore,
che sembrava quasi
una melodia. Spensi il getto dell’acqua, mi avvolsi in un
asciugamano e con i
capelli ancora fradici mi recai sul balcone, dove potevo ormai
distinguere le
note di quella strana melodia. Sembrava rock, e mi sembrava anche di
riconoscere quella melodia, che proveniva dall’appartamento
di fronte.
Faceva davvero freddo, e ormai era davvero buio, ma decisi di rientrare
in casa
solo quando l’ultima nota cessò.
Mangiai qualcosa e andai a dormire.
L’alta
figura aveva preso in braccio la ragazzina svenuta,
e la portò a una che poteva essere casa sua. La distese sul
letto, fece una
telefonata e si abbandonò su una sedia di fianco al letto.
Qualcuno bussò alla porta, e l’ombra, prima di
andarsene per sempre le diede un
bacio sulla fronte e le tolse qualcosa che portava al collo.
Mi svegliai di soprassalto, con la
fronte imperlata di
sudore; buttai un occhio sulla sveglia: 6.43, tanto valeva iniziare a
prepararsi.
Corsi di sotto a fare la colazione, andai a lavarmi la faccia e mi
recai in
camera per cercare qualcosa da mettere. Notai con un certo terrore che
i miei
panni erano rimasti nella lavatrice e con grande rammarico cercai tra
tutti
quei nuovi vestiti che non coprivano un accidente.
Tra tutti quei mini abiti trovai qualcosa che sembrasse una camicia
abbastanza
normale; inutile dire che di normale non aveva nulla. Era un camicia
bianca, e
fin li andava tutto a gonfie vele, se non fosse stato che cucita ad
essa vi era
un corpettino nero di pelle.
Cercai qualcosa da poterci abbinare e l’unica cosa che trovai
furono dei
pantaloncini di pelle nera, dannatamente stetti e corti. Ricordai
ciò che Rosa
aveva detto di quel completo
< Ma guardati! Ti sta alla grande! E poi risalta tutte le tue
bellissime
curve! >
Certo, il completo era davvero carino, ma sarebbe stato di sicuro
meglio a
qualcun’altra. Rassegnata andai in bagno a mettere un filo di
trucco, e poi
cercai nell’armadietto delle scarpe che potessero stare bene
con il mio nuovo
coordinato. Avevo trovato degli alti stivali di finta pelle,
anch’essi neri. Mi
sbrigai ad indossarli e raggiunsi la porta, dove avevo sentito che la
zia mi
stava aspettando.
Quando uscii di casa mi sentivo gli occhi puntati addosso, ma non solo
quelli
della zia, vidi infatti che qualcuno usciva dalla porta
dell’appartamento di
fonte. Era un ragazzo, avrà avuto pressappoco la maggiore
età, alto e ben
piazzato, aveva i capelli rossi lunghi fino alle spalle, portava una
giacca e
dei pantaloni di pelle.
Il ragazzo ne complesso era dannatamente sexy, ma la sola vista di quel
materiale ormai mi dava sui nervi, decisi quindi di distogliere lo
sguardo e di
salire in macchina.
La zia mi portò davanti al liceo, fermò il
motore, e senza una parola scappai
via dalla macchina; infatti sapevo che se le avessi dato tempo per
pensare mi
avrebbe accompagnato fin davanti alla classe.
Entrai in quello strano edificio e cominciai a cercare la segreteria.
Quando la
trovai bussai leggermente alla porta, e quando questa si
aprì mi ritrovai di
fronte ad un ragazzo, dai capelli biondi e gli occhi color del grano.
Era ben
vestito, proprio come si addiceva ad un delegato.
Dopo aver svolto migliaia di pratiche e aver fatto un po’ di
conoscenza (sempre
se presentarsi significa aver fatto conoscenza) mi consegnò
l’orario delle
lezioni e il permesso per entrare alla seconda ora; la prima era quasi
andata.
Andai a fare un giro nel cortile e mi sedetti su una panchina. Iniziai
a
pensare ad un’ adeguata presentazione da fare in classe, e mi
misi a fare prove
ad alta voce.
< Non è che potresti piantarla? È alquanto
irritante sentirti ripetere ad
alta voce tutto quello che ti passa per la testa sulla tua vita, ormai
potrei
dire di conoscerti da anni. >
Mi guardai intorno ma non vidi nessuno
< Chi ha parlato? > chiesi un po’ allarmata
< Sono sul muretto pivella. Sentimi a nessuno interessa la tua
vita privata,
tanto più che in qualsiasi classe finirai basterà
esporti un po’ e sorridere,
fidati, vestita cosi, non sarà di certo la tua presentazione
ad attirare
attenzione >
Stavo iniziando ad alterarmi leggermente, scattai in piedi, e il
ragazzo steso
sul muretto si raddrizzò. Stavo per dirgliene quattro quando
suonò la
campanella, e diversamente da quello che mi aspettavo, il ragazzo se ne
andò
sbuffando verso l’ingresso del liceo.
Presi le mie cose e lo imitai, ignara del fatto che lo avrei avuto in
classe per
tutto l’anno.
Quando entrai nella mia nuova classe, tutti mi sembravano abbastanza
felice
della perdita di dieci minuti, o forse più, di lezione a
causa della mia
presentazione.
Iniziai a parlare di me, senza guardare nessuno negli occhi, proprio
come facevo
un attimo prima nel cortile finché una voce dagli ultimi
banchi urlò
< Bambola, come ti avevo detto, penso che tu posso smetterla di
stare li a
parlare di te, quello che tutti dovevano vedere è stato
ammirato abbastanza >
A parlare era stato il ragazzo che avevo incontrato in giardino, che
accidentalmente era lo stesso che avevo definito
‘dannatamente sexy’ pochi
secondi prima di salire in macchina.
Il professore lo guardò con aria truce e lo
interpellò
< Dato che è così simpatico nei confronti
della sua nuova compagna di
classe, che ne direbbe signorino Castiel di togliere i piedi dalla
sedia del
banco vicino e di fare accomodare la signorina? >
Il professore mi diede una leggere spinta e io fui davvero costretta a
sedermi
vicino a lui.
La lezione cominciò e io colsi il momento per chiedergli
< Ci tenevi così tanto a rovinarmi la presentazione?
>
< Bambola con tutti gli sguardi che avevi puntati addosso ti si
stava per
corrodere la camicetta >
< Ah, e cosi sarebbe questo il problema? Non penso, dato che
nemmeno tu
disdegnavi quel panorama. Non ti avrebbe che giovato
l’improvvisa lacerazione
della mia camicia > dissi, cercando di essere maliziosa. Era
infatti il tipo
da una botta e via, quello che ne ha una per giorno della settimana.
Come
biasimarle quelle gallinelle, lui era davvero… beh, diciamo
che lasciava senza
fiato.
< Certo che mi avrebbe infastidito- si avvicinò al
mio orecchio e sussurrò
più piano di quanto già non stessimo facendo
– gli altri non devono godere di
certe visioni bambola >
Stavo per ribattere, ma lui scattò in piedi e senza il
permesso dell’insegnante
uscì dalla porta.
La mia faccia doveva essere a dir poco allibita, perche il prof tenne a
precisare che gli alunni non avevano
questo tipo di comportamento, ma lui era
l’eccezione alla regola.
A ricreazione non uscii dalla classe,ero ancora un po’ scossa.
Finalmente anche l’ultima campanella suonò e,
racimolate le mie cose,mi
incamminai verso l’uscita. Una mano afferrò il mio
polso e mi sentii trascinare
via. Stavo per urlare, quando un dito si posò sulle mie
labbra e riconobbi la
figura del mio dannatamente sexy, quanto irrecuperabilmente stupido,
compagno
di banco.
< Bambola ti porto a casa io, tanto abitiamo nella stessa via
>
Non ebbi tempo di ribattere che Castiel mi prese in braccio e mi fece
sedere su
una moto. Mi porse un casco e si sedette davanti a me.
< Bambola tieniti al mio petto, non vorrei rischiare di farti
sfracellare
sull’asfalto! >
Incrociai le mie mani sul suo petto e lui partì a tutta
velocità. Da quella
posizione potevo distinguere perfettamente il suo profumo, e potevo
sentire con
le mie dita i suoi pettorali scolpiti.
In un batter d’occhio la moto era ferma, davanti al cortile
del suo
appartamento. Io non me ne ero accorta, ero troppo assorta nei miei
pensieri,
finché non lo sentii alzarsi. Solo allora capii che eravamo
arrivati, e cercai
in qualche modo di scendere da quella moto. La mia operazione non stava
andando
a buon fine, ma presto sentii le sue braccia stringermi e farmi
scendere da
quel mezzo di trasporto alto quanto un edificio.
< Grazie- biascicai – ora va… >
< Oramai mi tocca ad accompagnarti fin davanti alla porta,
sembrava che tu
stessi aspettando un invito scritto per scendere >
Fu di parola. Mi portò davvero fino all’ingresso
di casa in braccio.
Quando mi mise con i piedi a terra gli chiesi se volesse entrare a bere
qualcosa, dissi che era il minimo che potessi fare. Lui
accettò di buon grado,
e una volta in cucina gli lanciai una bottiglia di birra.
< Trasgressiva la bambolina > disse con un ghigno
< Senti scusa se prima non sono scesa subito dalla moto >
abbassai lo
sguardo
< Lascia stare con le scusa, più che altro, sembravi
assorta, sono andato
troppo veloce per caso? >
Era strano, da quando ‘bambola’ era diventato
‘bambolina’? E perché si stava
preoccupando? Lui non mi sembra assolutamente il tipo.
< No, tranquillo, stavo solo pensando, quella moto mi sembrava
famigliare… >
< Ne girano tante così in giro > disse
visibilmente scocciato
< Si, scusa, è solo che tempo fa mi frequentavo con
un ragazzo di un’ altra
città, e quando veniva
a trovarmi era
sempre con una moto come la tua > tirai fuori la
verità tutta in un colpo
< La bambolina faceva conquiste eheh ecco perche non eri a
disagio a
mostrarti vestita così davanti a dei liceali con gli ormoni
a palla >
< L’unico liceale con gli ormoni a palla li eri tu
signorino, e poi ho detto
che lo frequentavo, non è mai successo nulla di tutto
ciò! Non ricordo nulla di
lui, nemmeno il suo nome… >
Castiel scattò in piedi e mi si piazzò davanti
< Se sono l’unico qui con gli ormoni alle stelle
perché mi hai fatto salire
in casa tua? Non hai paura di me? >
< Io non ho paura di te Castiel, non mi faresti del male >
Fu allora che mi mise a spalle contro il muro e mi bloccò
contro la parete. Non
strillai, ne dissi nulla, ma senza accorgermene presi a tremare e i
miei occhi
erano gonfi di lacrime. Non penso che Castiel se ne accorse, ma subito,
senza
un valido motivo mi abbracciò e mi strinse forte.
Forse era solo un’illusione, ma mi parve di sentirlo alludere
qualcosa riguardo
al mio profumo che gli era tanto mancato.
Non ci capivo più nulla, ma in fondo andava tutto bene,
sentirlo vicino a me mi
metteva sicurezza e la paura che poco prima mi aveva assalita stava via
via
svanendo.
Castiel allentò la presa e mi schioccò un bacio
in fronte, poi si diresse verso
la porta e senza dire nulla uscì.
Andai a sedermi sul tavolo della sala e ripensai a quanto era appena
successo.
Quello che non capivo era perché avevo iniziato a piangere.
Siccome avevo un certo languorino, andai verso il frigo, ma prima di
aprirlo
notai un post-it che prima non c’era. Lo staccai e lessi ad
alta voce
Sta sera ti porto a
mangiare in un posto carino.
No, non è un invito a cena, non farti paranoie.
Fatti trovare pronta alle 19.45
Vestiti da bambolina in versione estiva.
Castiel