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Autore: AClaudia    23/04/2014    1 recensioni
"La testa gli girava come se dovesse improvvisamente alzarsi in volo e le gambe parevano fatte di pasta frolla. Afferrò pesantemente il corrimano per scendere i gradini, ma sembrava impossibile. Avrebbe salvato il suo compagno a qualsiasi costo. Sull'orlo dello svenimento, stava per accasciarsi su se stesso, quando una mano lo aiutò a rialzarsi..."
AGGIORNAMENTO!!: voglio proseguire questa storia e sto cercando qualche autore che voglia collaborare con me ;)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La neve scendeva lentamente e si poggiava silenziosa sulla ghiaia intorno a noi. Non era affatto strano. L’inverno di Mosca era cupo e gelido. Proprio come l’atmosfera che aleggiava sul gruppo di ragazzi schematicamente schierati nel cortile del Monastero Vorkov.

Era così ogni santo giorno.
Sveglia prestissimo, colazione veloce e poi subito in cortile, pronti per un’altra terribile giornata di allenamenti.
Già, terribile. Terribile per chi, purtroppo, non aveva la forza o la capacità di sopportare i soprusi e le torture che venivano inflitte a coloro che erano definiti deboli. Deboli.
Deboli erano coloro che non riuscivano a mantenere la mente fredda durante gli allenamenti, andando oltre il dolore fisico, oltre le regole civili, per ottenere la vittoria finale.

Questo era l’obiettivo degli allenamenti imposti da Vorkov, queste erano le sue regole.
Noi ragazzi, aspiranti campioni di Beyblade, dovevamo ottenere la vittoria a tutti i costi. Proprio tutti.
Ci veniva insegnato che gli affetti andavano eliminati, poiché ci rendevano vulnerabili. Ogni legame andava estirpato.
Ecco perché restavamo sempre rinchiusi tra queste quattro mura, con pochissime occasioni di poter uscire e girare per la città. Anche i rapporti tra gli stessi ragazzi al monastero erano ridotti al minimo, senza contare il fatto che durante gli allenamenti eravamo sì tutti insieme, ma di certo il clima non era amichevole. Eravamo impegnati in una lotta tutti contro tutti.

Per fortuna io ero un ragazzo cosiddetto ‘talentuoso’, perciò già da qualche anno, grazie agli allenamenti, ero diventato uno dei migliori qua dentro. Uno dei più forti, e quindi uno dei più freddi e più violenti. Per forza. Non c’era scelta.
Se avessi perso una sfida a beyblade, la punizione sarebbe stata memorabile, in modo da spingerti ad essere più aggressivo nell’incontro successivo.
Capita l’antifona, mi ero adeguato subito a questo sporco gioco, superando tutti i miei compagni in quanto a tecnica, velocità, forza, forma fisica. Cattiveria. Rancore. Rabbia.

Solo uno era più forte di me. L’unico che fosse riuscito a battermi. Colui che più di tutti risvegliava il mio istinto distruttivo. Quello straniero. Quello che parlava russo con un accento terribile. Quello che era diventato il preferito di Vorkov da quando era arrivato. Lo odiavo per questo, lo odiavo con tutte le mie forze. E un giorno la sua spavalderia gli si ritorcerà contro. Dovevo solo aspettare quel momento.
Io, Yuri Ivanov, sarò il migliore del monastero e poi diventerò campione del mondo. So che ce la farò.

Avevo tutto il tempo di fare queste riflessioni, visto che sicuramente sarebbero passati ancora svariati minuti prima che Vorkov decidesse di raggiungerci in cortile per intimarci l’inizio degli allenamenti.
Noi nel frattempo dovevamo essere schierati come un esercito, perfettamente immobili e pronti ad eseguire gli ordini. La disciplina era tutto. I più forti tra noi dovevano essere in prima fila, a rappresentare i migliori elementi. Inutile dire che io ero tra questi.
Alla mia sinistra sentivo l’irritante presenza di quel giapponese dallo sguardo duro, mentre alla mia destra c’erano Boris, Sergei e Ivan. Ecco, i migliori.

Mi riscossi subito dai miei pensieri quando vidi l’inquietante figura di Vorkov metter piede nel cortile, seguito dai suoi assistenti più fedeli, come cani al guinzaglio, e dai capi delle guardie. Loro si occuperanno di controllare i nostri allenamenti al posto di Vorkov. Insomma quelli che decideranno chi verrà torturato e chi invece meriterà la cena.

Il monaco avanzò lentamente verso di noi, guardandoci con aria soddisfatta. Tutta quella disciplina era una soddisfazione per lui.
Ci scrutò per un attimo, passando in rassegna ogni singolo ragazzo, poi con un cenno della testa diede il via agli allenamenti.

Si iniziava con la corsa di riscaldamento, un classico. Poi un po’ di palestra per migliorare le singole abilità ed infine si migliorava la tecnica col bey. Tutto questo nell’arco di una mattina. Inutile dire che eravamo sfiniti già prima di pranzo.
Breve pausa per poi dare il via alle sfide nel pomeriggio.

Ci recammo tutti nella grande sala degli stadi, dove il pavimento era ricoperto di campi da gioco, e ognuno consumava la proprio tragedia oppure esaltava le proprie abilità.

Noi cinque ‘capitani’ ci schierammo in fretta contro il muro in fondo alla stanza. Da lì dovevamo supervisionare ogni singola sfida, insieme alle guardie.
Noi saremmo stati gli ultimi a combattere.
Con un gesto secco del braccio la guardia diede il via alle sfide, che ai miei occhi si susseguirono rapide, senza però perdermi alcun particolare. In silenzio osservavo i ragazzi lottare per sopravvivere. E non sto scherzando.


Battaglia dopo battaglia, i perdenti venivano puniti in vario modo, a seconda della gravità della sconfitta. Quelli che venivano portati via rischiavano di non vedere più la luce del giorno.

Registrai nella mente ogni dato di quei combattimenti, sapendo che anche gli altri quattro avrebbero fatto lo stesso. Fra poco sarebbe toccato a noi. Di norma avremmo dovuto affrontare chi aveva vinto precedentemente, non capitava spesso di sfidarci tra noi, se non per volere del monaco. Voleva conservare al meglio i suoi elementi migliori, decidendo lui quando e come sfidarci tra noi. Queste sfide erano epiche, ma anche i danni riportati spesso erano tali.


Pensai all’ultima volta che sfidai Kei.
Avevo insistito, perché mi sentivo pronto a sconfiggerlo, la rabbia mi bruciava nelle vene. Condizioni perfette per vincere.
Vorkov aveva acconsentito e io di trovai di fronte a lui al tramonto di un giorno senza nuvole.
Lanciammo in campo i nostri bey. I sfoderai subito i miei colpi migliori cercando di liquidarlo in fretta, invece non ci fu storia.
Venni sconfitto, e dovetti portare fasce e bende per parecchi giorni.
Mi aveva demolito e portavo sul corpo i segni della sconfitta.
Mi aspettavo una punizione esemplare, che invece stranamente non arrivò. Non saprò mai il perché. C’erano delle cose che ogni tanto mi fuggivano. Ad ogni modo quella sconfitta fece crescere in me la rabbia e la frustrazione in modo esponenziale. Calmo, devi stare calmo. Avrai la tua vendetta.

Mentre le guardie si occupavano degli ultimi ragazzi da punire, Vorkov entrò nella sala, sempre seguito dai suoi leccapiedi, avvicinandosi a noi e richiamando il silenzio con uno schiocco delle dita. Tutti si voltarono verso di lui, sopprimendo il terrore negli occhi.
“Quest’oggi è un giorno molto fortunato per voi. Assisterete ad una grande sfida, tra due dei migliori bladers del monastero!” Annunciò fiero, allargando le braccia.
“Oggi si sfideranno Boris e Kei!”
Si voltò a guardare le loro reazioni. Come previsto nessuno fece una piega. Per Boris sarebbe stata un’occasione per rifinire i suoi freddi calcoli strategici, mentre per Kei l’occasione di esercitare ancora di più la sua incredibile potenza.
Sarà davvero una sfida interessante, pensai.
 
Senza proferir parola, nel mormorio dei presenti, i due bladers si misero in posizione di fronte allo stadio. L’aria era carica di tensione. Boris aveva uno sguardo gelido mentre Kei aveva gli occhi accesi dal desiderio di battaglia.

Lanciarono.

I bey si scontarono sul campo di gioco. Una volta. Due volte. Sempre più potenti e più veloci gli attacchi.
Divenne ben presto una guerra aperta tra i due, non risparmiandosi alcun colpo, anche quelli proibiti, pur di superare l’avversario.
Boris riuscì a creare una lama d’aria in gradi di colpire direttamente il blader, strappando a Kai un grido di dolore. Questa mossa mi incuriosì. Quell’arma poteva diventare micidiale se ben sviluppata.
Ma Kei rimase in piedi e riuscì bene presto a distruggere il bey avversario con la sua potente onda di fuoco, che riempì la sala di un calore allucinante.

Boris era stato sconfitto.
Dovrà subirne le conseguenze.
Pensai a quali atrocità andrà incontro.
Ancora una volta Kei era riuscito a mantenere l’imbattibilità, la sua potenza non aveva pari.
 
Osservai Boris rimettersi in piedi, lo sguardo basso.
Non provai alcuna pietà per lui.
Si meritava la punizione. Venne portato via dalle guardie.
Già sapevo che quella notte non sarei riuscito a dormire a causa delle sue urla provenienti dai sotterranei.


“Kei è il vincitore!” Annunciò con un ghigno indecifrabile Vorkov. Quell’uomo mi dava la nausea.
Guardai Kei sorridere beffardo, perfettamente conscio della propria forza. Eppure...

Eppure vidi un lampo di insoddisfazione nei suoi occhi che non riuscii a decifrare. Aveva distrutto Boris, cosa voleva ancora?

Le guardie ci condussero fuori dalla sala, il cielo era già buio. Cenammo in silenzio, poi ognuno tornò silenziosamente alla propria cella. Certo perché nei monasteri e nei conventi le stanze si chiamano così, no? Del resto assomigliavano in tutto e per tutto ad una prigione.

Decisi di passare per l’ala ovest, allungando un po’ il percorso. Non mi andava di rientrare subito. L’accesso a questa parte del monastero era riservato ai collaboratori di Vorkov, alle guardie e a me. Il monaco in persona mi aveva dato il permesso di entrarci.
Mentre camminavo lentamente ai bordi del chiostro notai una musica delicata provenire dalla chiesa. Una struttura antica a cui si accedeva direttamente dal colonnato, in cui Vorkov soleva ritirarsi ogni giorno per molto tempo.
Anche con la porta chiusa sentivo che qualcuno all’interno stava suonando l’organo. Chi poteva essere? Nessuno lì dentro si dava alla musica, men che meno i ragazzi. Non erano concesse distrazioni.

Rimasi per qualche minuto immobile ad ascoltare quella melodia.
Mi suonava familiare.
Erano rarissime le occasioni per me di ascoltare musica, ma quelle note credevo di conoscerle. Come se fosse stato smosso un pezzo del mio inconscio.
Sentivo quasi il movimento delle dita sui tasti duri dell’organo, come fossero accanto a me.
E mi davano pace. Incredibile.
Sembrava di essere in un altro mondo. Ma come potevo conoscere quella melodia?

Il chiacchiericcio concitato di alcune guardie mi fece risvegliare da quel coma. Mi guardai rapidamente intorno e mi nascosi dietro una colonna. Delle guardie in fondo al corridoio discutevano animatamente. Sembrava stessero parlando di una spedizione non riuscita.
Non era la prima volta che li vedevo spaventati a quel modo, ma dal basso dei miei 11 anni era difficile capire.  






  
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