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Autore: Therainsmelody    23/04/2014    1 recensioni
Abby ha problemi con il padre che la tratta come una serva;
Cara vive una vita agiata ma è insoddisfatta di se;
Nicholas ha un terribile e oscuro passato;
Lucas non fa che preoccuparsi per gli altri;
Ethan cerca solo di salvare il fratello dalla loro disastrosa famiglia
e Alan di scoprire il segreto che suo padre gli tiene celato da anni.
Sarà una lettera a dare inizio a quella che verrà ricordata come
la più grande rivelazione di segreti a cui la piccola cittadina di Wahoo abbia mai assistito,
ma la verità arriva sempre con un prezzo.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6 – Come un’ombra

L'amore fugge come un'ombra
l'amore reale che l'insegue,
inseguendo chi lo fugge,
fuggendo chi l'insegue
 
 
Pov Abby
 
L’interno della casa dei Gray sapeva di antico. Non quell’odore di polvere e vita vissuta della casa di un anziano. Era un profumo tutto particolare: sapeva di secoli passati, di gloria e di saggezza. Era intrisa in un aroma di segreti e mezze verità. Io ero sempre molto attenta agli odori a differenza dei miei amici che sembravano avere il naso otturato per lo smog e l’indifferenza che contraddistingueva la nostra generazione. Quando entrammo i loro occhi vagarono sul mobilio, sulla struttura della casa e sulla figura di Chris Gray che ci guardava con stupore misto a rabbia. Io chiusi gli occhi e presi un bel respiro, assaporai l’essenza della casa e dei suoi abitanti e cercai di capire cosa volevano comunicare a chi varcava la loro soglia. Normalmente nessuno ci faceva caso ma quella volta, quando riaprii gli occhi, trovai lo sguardo di Alan. C’era una comprensione così totale in lui che ne rimasi colpita. Capiva esattamente quello che stavo provando perché lui faceva la stessa cosa ogni giorno, anche lui prestava attenzione. Prima di distogliere lo sguardo e proseguire mi sorrise leggermente. Quel sorriso carico di tristezza lo porto ancora nel cuore.
 
Chris Gray ci aveva fatto accomodare nel salotto, lui aveva preso posto su di una vecchia poltrona sgualcita mentre io, Nicholas e Cara ci eravamo seduti sul divano arancione smorto che si trovava nel lato opposto della stanza. Lucas, visto che non c’era più posto, si era posizionato al fianco di Cara, la schiena contro il lato destro del divanetto. Alan era rimasto in piedi, appoggiato allo stipite della porta con una spalla. Le braccia erano incrociate sul petto, in quel momento mi sembrò palese che lui fosse il figlio di Chris: esclusi gli occhi erano uno la fotocopia dell’altro. Forse non prestavo così tanta attenzione come credevo di fare. Ci fu un lungo attimo di silenzio e fu Chris a romperlo:
<< Allora ragazzi, Alan mi ha detto che vi ha trovato fuori dalla porta di casa, se siete qui per la questione dell’altra volta io vi ho già detto che … >>
<< Lo sappiamo cosa ci ha detto ma non era la verità, giusto? >> raramente mi permettevo di interrompere una persona ma odiavo essere trattata come una bambinetta ignorante. Il viso del signor Gray rimase impassibile mentre quello di Alan si corrugò, pensieroso, pensai stesse per domandare qualcosa invece rimase in silenzio. Tornai a posare gli occhi su Chris e capii che aveva notato lo scambio di sguardi tra me e suo figlio, ora c’era una specie di avvertimento che lampeggiava come una tempesta tra le sue iridi azzurro cielo.
<< E voi come siete arrivati a questa conclusione? >> lo chiese con lo stesso tono di voce di prima ma io vidi l’angolo della sua bocca alzarsi leggermente e seppi che stava giocando con noi, voleva vedere cosa sapevamo esattamente.
<< Mia zia mi ha parlato di voi quando sono tornato a casa la scorsa volta, strano che non abbiate riconosciuto il cognome. >> Nicholas, come me, aveva capito a che gioco stavamo giocando. In quell’istante fu come se la maschera che Chris Gray aveva portato fino a quel momento si sbriciolasse, un’enorme tristezza gli pervase i lineamenti. Staccò gli occhi da noi per posarli sui suoi piedi.
<< Gemma >> sussurrò. Rialzò la testa e tornò a fissarci intensamente, ora sapevo che quello sguardo Alan l’aveva ereditato da lui.
<< Cosa volete sapere esattamente? >>
<< Quello che siamo venuti a chiedervi la scorsa volta. >> risposi.
<< Quindi volete sapere della lettera. >> concluse lui. Seguì un assenso generale. Vidi Chris prendere un bel respiro prima d’incominciare a parlare.
<< Come vi avrà già raccontato Gemma, al liceo eravamo molto uniti. Io, i tuoi genitori, Gemma e Daniel eravamo inseparabili, erano i miei migliori amici ma col tempo le cose cambiano. >> si fermò e fece un piccolo sospiro, sembrava essersi perso nel labirinto tortuoso dei ricordi.
<< Gemma lasciò John, diceva che stare con una persona che non ti ama è peggio che non starci affatto. Io credo che nonostante tutto lei lo ami ancora, è stata una scelta difficile e molto sofferta la sua. Non ha più voluto avere niente a che fare con tutti noi. >> si interruppe di nuovo e solo per un attimo mi parve di vedere i suoi occhi luccicare per le lacrime. Forse era solo un’impressione.
<< John non era più lo stesso, si approfittava delle debolezze degli altri per costringerli a fare ciò che voleva e questo lo allontanò da tutto e da tutti, tranne che da Alexis. Lei vedeva il buono in ogni persona, era convinta di poterlo salvare dandogli l’affetto che il mondo sembrava negargli con sempre maggior forza. Inutile dire che non servì a nulla. >> lo stavano tutti ascoltando nel silenzio più totale, non sembrava una storia vera ma una sorta di triste favoletta della buona notte. Chris Gray era un eccellente oratore.
<< Io e Daniel eravamo giovani e stupidi, credevamo che nessuno avrebbe mai potuto piegarci al suo volere, nemmeno la legge. Trafficavamo illegalmente di tutto: dalle armi alla droga e John l’aveva scoperto. In quegli ultimi anni era diventato sindaco e aveva alle sue dipendenze molti uomini spietati. Ovviamente i cittadini non sapevano nulla di tutto questo, per loro lui, benché fosse un’orribile persona, era comunque onesto. Mandò uno dei suoi a dirmi che se non avessi lasciato Alexis mi avrebbe sbattuto in prigione. >> fin’ora aveva continuato a guardarsi le scarpe senza fare caso alle reazioni di nessuno di noi ma mentre narrava il resto della sua storia i suoi occhi restarono fissi sui miei.
<< Io lo ignorai. Tempo dopo lo rimandò con l’ordine di picchiarmi e, se fosse stato necessario uccidermi. Solo che non trovò me ma Daniel. Quando arrivai scoprì che Dan per difendersi aveva ucciso l’uomo, lo aiutai a nascondere il corpo, era il mio migliore amico ed era tutta colpa mia, glielo dovevo. Da lì non ci vidimo più. Non potevo mettere a rischio la vita di un amico così lasciai Alexis perché tuo padre potesse finalmente avere ciò che più al mondo desiderava. Suppongo tu abbia trovato le lettere quindi sai che continuammo a vederci nonostante il suo matrimonio fino alla fine. >> sospirò
<< Io l’amavo, non avrei mai potuto lasciarla andare. >> seguirono degli interminabili minuti di silenzio. Nessuno aveva idea di cosa dire dopo una rivelazione del genere. Vidi lo sguardo di Chris spostarsi leggermente e allora li udii: passi che si allontanavano. Guardai verso la porta, Alan se n’era andato.
<< Se tuo padre viene a sapere che sei stata qui per me è finita, lo sai vero? >> mi voltai nuovamente e lui incatenò i nostri occhi in cerca di una promessa.
<< Conosco la sensazione. >> ci fissammo per un altro po’ prima che aggiungessi:
<< Non ne parlerò con mio padre, è una promessa. >> lui sembrò rilassarsi. Si alzò dalla poltrona e tutti noi facemmo altrettanto.
<< Ora se volete scusarmi dovrei parlare con mio figlio. >> di comune accordo raggiungemmo la porta, Chris Gray ci congedò velocemente e poi la richiuse alle nostre spalle. In quel momento fu come se per la prima volta realizzassi che ciò che avevamo appena udito era reale, che la donna che lui aveva amato e che gli era stata portata via per un suo errore di gioventù e l’egoismo perverso di mio padre era mia madre.
Alexis.
 John non mi aveva mai parlato di lei ma forse Chris l’avrebbe fatto se avessi insistito.
<< Abby? Stai bene? >> Nicholas mi aveva passato un braccio attorno alle spalle e mi stava stringendo dolcemente a sé per confortarmi.
<< Sì, tutto bene. >> mi stavano guardando tutti con dell’espressioni tremendamente sconvolte sul viso, probabilmente la mia non era migliore. Poi capii cos’era che non andava, avevo l’orribile sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato.
Ripensai al dolore sul volto di Chris mentre ci raccontava la sua storia.
Aveva detto la verità questa volta.
Ripensai alla lettera che ci aveva portato fin lì.
Non ci aveva detto tutto.
 
Pov Alan
 
Pensavo di conoscere mio padre, credevo che l’unico segreto tra me e lui fosse mia madre. Evidentemente non avevo capito nulla.
Mi sentivo bruciare.
La rabbia.
Il risentimento.
La sensazione di essere stato tradito.
Andava tutto a fuoco.
Continuai ad ardere finché le lacrime non arrivarono a darmi un po’ di sollievo e riuscii finalmente a mettere in chiaro la situazione: mio padre aveva raccontato la storia della sua vita davanti ad un gruppo di miei compagni di scuola, tra cui Abby, solo perché i loro genitori erano i suoi migliori amici del liceo.
Era assurdo che avesse parlato per loro e non per me.
Era assurdo anche solo pensare che avesse trafficato in armi e droga e che avesse nascosto il cadavere di un uomo.
Era assurdo che avesse amato tanto la madre di Abby da piangere tutte le sue lacrime solo per pronunciarne il nome mentre la mia non aveva importanza.
Non sapevo neppure come si chiamava.
Niente aveva più senso.
Mi lasciai scivolare contro la porta della mia stanza che avevo precedentemente sbattuto per chiudere fuori un mondo che non riuscivo più a comprendere. Fu allora che udii i passi di mio padre sulle scale seguiti da un leggero bussare che mi fece vibrare la schiena.
Rimasi in silenzio.
I colpi si ripeterono.
Non avevo voglia di vederlo, figuriamoci parlargli!
<< Alan so che sei arrabbiato. >>
Bella scoperta.
<< Volevo che nessuno sapesse ma devi capire, lei è … >>
La persona a cui tenevo di più, quella per cui avrei dato la vita senza esitare, l’unica che potesse rendermi felice. Abby era il mio tutto.
Allora capii cosa stesse provando mio padre.
La mia Abby era la sua Alexis.
Solo che Abby era viva, la potevo vedere tutti i giorni, mentre Alexis non c’era più. Abby era tutto ciò che rimaneva a mio padre del suo grande amore e per questo era stato sincero con lei: era il suo modo per dimostrare quanto ancora fosse profonda la sua devozione.
<< Lei è sua figlia >> risposi quasi in un sussurro
<< E tu la ami ancora >> conclusi.
Dall’altra parte ci fu silenzio ma anche se non riuscivo a vederlo lo conoscevo così bene che la mia mente poteva immaginarlo: la testa appoggiata alla porta; gli occhi chiusi umidi di lacrime e un leggero sorriso sghembo pieno di tristezza sulle labbra. Entrambe le mani appoggiate alla mia porta, una delle due chiusa a pugno, l’altra che scivolava implorante sul legno lucido.
Immobile.
Forse tratteneva il respiro per non piangere, era quello che aveva fatto prima davanti agli altri per non versare lacrime sul nome dell’amata.
Mi alzai e mi posizionai così come l’avevo immaginato.
Era decisamente una posa da Chris Gray, esprimeva le sue emozioni ma al contempo era dannatamente sexy.
Una sua abilità che senza dubbio non ero riuscito ad ereditare.
Dopo quelle che mi parvero ore parlò di nuovo:
<< Come sempre non c’è stato bisogno di spiegarti nulla, l’intelligenza l’hai presa da tua madre. >>
Fu come un piccolo colpo al cuore, lui non parlava mai di lei.
Avrei voluto chiedergli il suo nome ma sapevo che non mi avrebbe risposto.
Pensai ad una domanda più facile.
<< Lei com’era? >> Chris rimase in silenzio di nuovo ma io udii il suo sorriso
<< Proprio come te. >>
I passi di mio padre si allontanarono dalla porta e scesero nuovamente le scale.
Mi accasciai ai piedi del letto e fissai l’oscurità fuori dalla finestra, le luci distanti del centro.
In una delle case che non potevo vedere c’era Abby e mentre io la pensavo lei probabilmente pensava a Nicholas.
Che strana cosa l’amore.
Nella mia vita c’erano state tante ragazze interessate a me solo perché pensavano che fossi bello e di cui non mi era mai importato niente e poi, quando finalmente avevo trovato la ragazza perfetta per me, lei si era gettata tra le braccia di un altro.
Il viso di Abby riempì la mia mente.
Non l’Abby cupa e preoccupata che avevo visto questa sera ma l’altra, quella sorridente e allegra che avevo osservato con attenzione per tre lunghi anni.
Poi qualcos’altro spazzo via il suo sorriso lentigginoso: lei ultime parole di mio padre.
 
Lei com’era?
Proprio come te.
 
Forse non avrei mai scoperto il suo nome e non l’avrei rivista nel mio aspetto fisico ma da quel momento sapevo con certezza che ogni mia scelta o decisione sarebbe stata come la sua.
Il mio modo di essere era come il suo.
Perché io ero proprio come lei.
 
Pov Ethan
 
Era passata un’ora o forse due. Spensi la quinta sigaretta della serata sul muretto al quale mi ero appoggiato e alzai gli occhi verso il cielo. Erano anni che non guardavo le stelle, erano sempre state così belle o era un’illusione dovuta al tempo passato senza osservarle?
Non avevo voglia di tornare a casa, papà aveva il turno di notte in fabbrica perciò avevo intenzione di starmene fuori dai piedi fino alle sette di sera.
Guardai l’orologio.
Erano solo le sei.
Accesi un’altra sigaretta e la tenni ferma fra le dita, l’osservai consumarsi e infine la spensi contro il muro. La mia vita era esattamente così.
Un gruppo di voci attirò la mia attenzione e mi voltai svogliato nella loro direzione. Era buio e non riuscivo a distinguere nessuno di loro ma capii che erano in quattro.
Poi riconobbi l’inconfondibile voce di Cara Williams e mi diedi una spinta per rimettermi in piedi con la voglia di prenderla a pugni.
Mi trattenni. Non potevo certo pestare una ragazza.
Se c’era Cara gli altri tre dovevano per forza essere Nicholas, Lucas e Abigail.
Quei quattro erano come un tutt’uno.
M’incamminai verso una strada laterale pregando di scomparire nelle tenebre prima che uno di loro mi notasse: gli insulti banali e senza senso erano l’ultima cosa che volevo sentire quella sera. Una  volta nel vicolo mi voltai. Non so esattamente perché lo feci, forse volevo solo osservare l’amicizia passarmi accanto sottoforma di quattro ragazzi, sta di fatto che i miei occhi incontrarono quelli di Cara e vidi il sorriso morirle sulle labbra. Mi aspettavo anche uno dei sui sguardi minacciosi invece niente. Nelle sue iridi azzurre c’era solo il vuoto come quando, settimane fa, mi aveva visto con Jess.
Cos’era cambiato esattamente non lo sapevo, forse si era accorta che non passavo tutto il mio tempo a pestare persone a caso.
Sentii un brivido freddo percuotermi da capo a piedi e mi strofinai la mani sulle braccia per riscaldarle, dopotutto indossavo solo la felpa che faceva parte dell’uniforme scolastica.
L’assenza di reazioni di Cara mi stava mettendo a disagio così mi voltai e rincominciai a camminare sperando, senza nessun motivo particolare, che lei non fosse più la tipica cheerleader carina da scuola superiore americana.
 
Quando rientrai a casa papà era già uscito da mezz’ora e Jess era seduto al tavolo della cucina intento a risolvere alcuni problemi di matematica che, ne ero sicuro, facevano parte del programma dell’ottavo anno.
Lui era al settimo.
Il mio fratellino era diverso da tutti in famiglia. Era silenzioso e riflessivo, molto più intelligente di tutti gli altri ragazzini della sua età messi insieme ma per un certo verso questo lo faceva sentire molto più solo di quanto non mi sentissi io.
Lui ancora non lo capiva ma il suo genio era un dono, era la sua chance di andarsene da qui.
La nostra famiglia era un disastro. Nostro padre faceva turni lunghissimi in una fabbrica fuori città e quando era a casa era sempre o troppo ubriaco o troppo fatto per darci retta. Il che non era male visto che l’alternativa all’essere ignorati era venir pestati a sangue. Non che m’importasse, potevo sopportare un paio di pugni e qualche calcio ma non volevo che lui toccasse Jess, non ne aveva alcun diritto.
Se avessi trovato un solo livido su mio fratello l’avrei ucciso. Senza esitare.
Nostra madre invece sembrava non venir sfiorata da nulla come se sulla Terra non ci fosse niente in grado di turbarla.
A lei non importava di noi e non le importava di papà.
Lora se n’era andata una mattina d’estate quando avevo tredici anni: mi aveva svegliato baciandomi sulla guancia; ricordo il canto dei grilli nel praticello sul retro e la brezza calda e leggera di quando aveva aperto la porta per uscire.
“Torno subito, bada a tuo fratello” erano state le sue uniche parole.
Non l'avevo più rivista.
Andai in camera e gettai lo zaino per terra poi mi sdraiai sul letto coprendomi il viso con un braccio.
Restai così per alcuni minuti finché non sentii la voce di mio fratello arrivare dalla cucina:
<< Se hai fame ti ho messo da parte un po’ di ramen. Vuoi che te lo riscaldi? >>
Quindi quella sera avevano ordinato giapponese invece che indiano.
Sempre meglio che niente.
<< Faccio io, finisci i compiti. >>
Mi alzai e andai in cucina. Riscaldai la scatoletta nel microonde e mangiai in silenzio osservando Jess che scriveva con foga sul suo libro.
Avrei fatto qualsiasi cosa per lui.
Di punto in bianco smise di scrivere e appoggiò la penna sul tavolo alzando la testa nella mia direzione. Mi stava guardando nello stesso modo in cui si guarda qualcosa d’incomprensibile solo che per lui tutto aveva un senso.
<< Devi smetterla di evitare papà, i problemi non si risolvono girandosi e facendo finta che non esistano. >>
Lo guardai ammirato. Come poteva un genio del suo calibro essere nato in una famiglia tanto disastrata?
Dovetti ammettere, ancora una volta, che aveva ragione.
Io sbagliavo sempre, su tutti i fronti.
<< Non voglio che anche tu te ne vada. >> aggiunse.
Questo no.
Questo mai.
Io non ero come mia madre.
<< Non potrei mai andarmene da te Jess, lo sai. >> lui annuì lievemente e tornò a fare i suoi esercizi.


Spazio Autrice

Come sempre ho impiegato una vita a finire il capitolo (e sono pure stata malata per una settimana D: ) ma eccolo qui!
Ovviamente spero vi piaccia e se avete critiche o consigli recensite (infondo servono sempre per migliorarsi, no? ;) ).

La frase che ho scelto per l'inizio è presa da "Le allegre comari di Windsor" di William Shakespeare.

Ricordo che la storia è scritta in collaborazione con
Abbysullivan.


Al prossimo capitolo! :D

 
   
 
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