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Autore: katyjolinar    23/04/2014    0 recensioni
Il Ponte interuniversi venne chiuso nel 2012. Tempo dopo l'equilibrio viene minato da una nuova minaccia. La Divisione Fringe dovrà affrontare un pericolo mai affrontato prima, mentre il nuovo membro del team cerca di ambientarsi nel nuovo mondo. [Lincoln/AltLiv]
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non ricordo bene cosa successe in quei lunghi minuti. Tutto era diventato confuso nel momento in cui avevo visto Olivia perdere i sensi e cadere a terra in preda alle convulsioni.
Ricordo che le tenevo la testa e che qualcuno si era avvicinato e mi aveva detto qualcosa, non so cosa. Avevo risposto senza badare troppo a cosa dicevo, e avevano tentato di allontanarmi da lei.
Avevo opposto resistenza, e devo aver fatto anche qualcosa con le mie abilità, perché, dopo un momento di confusione del gruppo (non sono molto sicuro di cosa successe, ma avevo sentito la bambina di Peter urlare e il mio lupo abbaiare), qualcun altro si era avvicinato e mi aveva tirato un doloroso ceffone in piena faccia, riportandomi alla ragione.
Fu come risvegliarsi da un incubo confuso; la mia mente si era improvvisamente schiarita, riportandomi alla realtà. Mi guardai intorno, rendendomi conto di avere addosso gli occhi di tutti, quindi abbassai lo sguardo su Olivia. Era ancora priva di sensi, ma le convulsioni sembravano essere passate.
"Dobbiamo portarla in ospedale!" dissi, rivolto a Logan, che era inginocchiato di fronte a noi, per cui dedussi che era stato lui a tirarmi il ceffone che mi aveva riportato alla realtà.
"No, Tenente, non possiamo." mi rispose l'altro "È più sicuro portarla alla scuola, lì saranno in grado di curarla. Ora andiamo, abbiamo un lavoro da fare." concluse, alzandosi in piedi e guardando Peter, che si era avvicinato di nuovo, passato lo spavento della figlia.
"Come sta Olivia?" domandò "Cosa è successo?"
"È successo che il novellino ha fatto il passo più lungo della gamba: la Rossa non è ancora in grado di affrontare un simile impegno."
”Se non l'avesse fatto saremmo rimasti bloccati dall'altra parte!" protestai "Non ho avuto altra scelta."
Logan stava per replicare, ma Peter si intromise e lo interruppe, rivolgendosi a me.
"Va bene, non fa nulla. Ora abbiamo un lavoro da fare. Al massimo, più tardi, quando avremo finito il lavoro per cui ci avete prelevato, vi do una mano a controllare quell'affare per riportarci a casa."
Annuii, alzandomi in piedi, mentre Colosso si avvicinava per prendere Olivia e portarla alla scuola. Rainbow mi fu subito accanto; le grattai le orecchie, rassicurante, e mi avviai all'uscita, facendo segno a Peter e Olivia di seguirmi.
Arrivati al SUV di servizio lo aprii e feci salire il lupo sul sedile posteriore; mi voltai verso l'altro uomo e lo vidi storcere il naso, stringendo la mano della figlia con fare protettivo.
"Rainbow è tranquilla, non farà nulla a vostra figlia." li rassicurai, dando un buffetto sul collo del lupo, che fece un verso felice, prima di spostarsi sul fondo del sedile per fare posto a Olivia e Etta.
Ci sistemammo in macchina e accesi il motore, quindi mi avviai in direzione di New York. I primi kilometri restammo in silenzio, almeno noi adulti, perché la bambina faceva molte domande, indicando qualunque cosa vedesse fuori.
Eravamo fermi a un semaforo, non lontano dall'entrata dell'autostrada, quando Etta indicò un cartellone pubblicitario posto sul palazzo di fronte a noi.
"Mamma! Guarda! Un TARDIS rosso!" esclamò.
"Sì, tesoro. suppongo che qui sia di quel colore." le rispose, con calma, la madre.
"Anche la storia cambia un po', in realtà" mi intromisi, sorridendo "Alcuni episodi, come quelli in cui i protagonisti finiscono nell'universo alternativo, li hanno gestiti diversamente."
"Ci credo, non possono mettere i dirigibili, dal momento che qui è normale vederli in giro." si intromise Peter, fissando il cartellone "Vedo che qui è stato scelto Cumberbatch al posto di Capaldi."
"Capaldi? Scusate, io sono rimasto ai tempi di Smith, che qui non ci è mai stato, dato che hanno scelto questo." lo interruppi, ripartendo ed entrando in autostrada "Spero che gli altri siano arrivati..."
"Stai tranquillo, Lincoln." mi rassicurò la Bionda "Olivia starà bene. Anche a me era successa una cosa simile nella vecchia linea temporale."
Annuii. Sapere che all'altra Olivia era successa una cosa simile non mi tirava molto su di morale, ma almeno sapevo che sarebbe stata bene.
"Posso chiedervi che fine ha fatto Walter?" domandai, cercando di cambiare argomento.
"È scomparso. Non so molto, ha lasciato un video con la spiegazione, ma non ci ho capito molto. So solo che ieri, quando siamo tornati dalla gita, non c'era più." spiegò Peter, sospirando preoccupato.
"Ieri il Segretario ha avuto un infarto." ammisi "Le cose potrebbero essere collegate."
"Come? Sta bene?" domandò Peter, allarmato.
"Sì, non ti preoccupare. Stavo pensando di fare un salto all'ospedale per aggiornarlo, prima di andare alle Stark Industries." riferii, continuando a guardare la strada, attento.
Dopo un po' di tempo, finalmente, arrivammo in vista di Manhattan. C'era parecchio traffico e decisi di attivare la sirena, in modo da poterlo aggirare.
"Non ricordavo così tante macchine in giro, l'ultima volta che sono venuto da queste parti." commentò Peter, osservando le macchine che si spostavano prontamente al nostro passaggio.
"Di solito non è così tanto. È solo che stasera a Madison Square Garden c'è il concerto dei Jackson Fam." spiegai, mantenendo gli occhi sulla strada.
"I Jackson Fam? Chi sono?" domandò Olivia, sporgendosi verso di noi, mentre Etta era occupata a fare le coccole al mio lupo.
"L'equivalente di questo lato dei Jacksons Five, Michael Jackson e famiglia. Dovevano fare il concerto alla Opera House, ma hanno dovuto spostarsi a Madison Square Garden dopo l'attentato." continuai.
Nel frattempo eravamo entrati nel traffico cittadino e ci stavamo dirigendo all'ospedale dove era ricoverato Walter. Il traffico era diminuito, quindi staccai la sirena, poi entrai nel garage sotterraneo del policlinico.
Scendemmo dall'auto e salimmo al piano. Mentre camminavano, la piccola Henrietta mi prese inaspettatamente la mano; la guardai e lei mi sorrise. Era un sorriso sereno, ma molto simile a quello della madre; le sorrisi di rimando e mi fermai davanti alla porta della stanza del Segretario.
"Entro prima io." dissi, facendo un cenno a Rainbow, che si appostò vicino alla porta.
"Posso venire con te, zio Lincoln?" domandò Etta, cogliendomi di sorpresa. Guardai i genitori, che annuirono, quindi la presi in braccio ed entrai, insieme alla mia lupa.
Walter era steso nel letto, leggeva sul suo tablet e masticava qualcosa che si era affrettato a nascondere sotto il cuscino non appena avevo aperto la porta. Sospirai; il vizio delle Red Vines non lo avrebbe mai perso, dovevo rassegnarmi.
"Tranquillo, Walter, sono io. Siamo tornati." dissi, avvicinandomi al letto; Henrietta si era stretta al mio collo e fissava il Segretario, incuriosita e intimidita allo stesso tempo "Sono passato per aggiornati, e per farti conoscere una persona."
"Oh... okay, figliolo." rispose l'anziano "Dimmi tutto. Olivia è rimasta fuori? Cosa ti sei fatto alla faccia? E chi è questa bella signorina?"
"Che ha la mia faccia che non va?" domandai, sfiorandomi la guancia,
"Sei tutto nero dove l'altro signore basso ti ha picchiato, zio Lincoln" mi rispose la bambina.
"Oh... grazie, Henrietta." dissi, tornando poi a rivolgermi al Segretario "Olivia non è stata bene. Gli altri l'hanno portata alla scuola, e lei è Henrietta, la figlia di Peter e l'altra Olivia. Ora sono qui fuori, vuoi salutarli prima che li porti alle Stark Industries?"
"Quindi avete avuto successo? Sì, falli entrare, per favore."
Feci sedere la bambina sul letto ed andai a chiamare gli altri. Non appena furono entrati, Peter rimase a rispettosa distanza, guardando il padre naturale negli occhi.
"Walter... mi hanno detto che hai avuto un infarto." esordì l'uomo.
"Sto meglio ora, figliolo." rispose il Segretario "Come sta l'altro Walter?"
Peter sospirò. Sicuramente stava cercando le parole giuste per dargli la brutta notizia.
"È scomparso." ammise "Ieri. Mi ha lasciato un video di cui non ho capito molto..."
"Mm... magari la cosa è collegata al mio infarto." suggerì l'altro "È successo ieri..." fece una pausa e guardò la bambina "Così tu saresti la mia nipotina? Quanti anni hai, biondina?"
Etta non rispose e si strinse timida ai fianchi della madre, che si era avvicinata, e rispose per lei.
"Ha tre anni. Di solito è una gran chiacchierona, ma oggi non sembra volerne tanto sapere."
"Beh, dopo ciò che è successo ad Harvard si è spaventata" continuò Peter "La vostra Olivia è stata male ed è successo un casino."
Mi guardò eloquente. Sospirai senza dire nulla, mentre Walter offriva una delle sue caramelle alla bambina.
"Vedi, figliolo..." disse Walter "questo è un segno. Datti una mossa!" quindi prese un sacchetto dal comodino e me lo porse "È l'anello che ho regalato a Elizabeth. Entro un mese lo voglio vedere al dito del Capitano Dunham, chiaro?"
Sospirai nuovamente, alzando gli occhi al cielo, mentre Peter trattenne un sorriso, lanciando uno sguardo alla moglie.
"Vedrò cosa posso fare, Signor Segretario" risposi, accondiscendente "Ma ora dovremmo andare, il tempo stringe e Tony Stark ci sta aspettando al suo ufficio."
Salutammo il Segretario e tornammo alla macchina. Quando fummo tutti e cinque a bordo partii, senza dire una parola. Fu Peter a rompere il silenzio, pochi minuti dopo.
"E io che mi lamentavo delle uscite del mio Walter... nonostante tutto anche lui non è da meno..."
"Non me ne parlare... è già un miracolo se non ha organizzato a me e Olivia un appuntamento galante a sue spese... sarò come un figlio per lui, ma a volte esagera."
"Se non esagerasse non sarebbe Walter." scherzò l'uomo. Risi di gusto, Peter aveva ragione: era nella natura di Walter Bishop.
Arrivammo alle Stark Industries e venimmo accolti da Tony Stark in persona, che ci condusse al suo ufficio, dove ci attendevano tutte le massime cariche del Paese, eccezion fatta per il Segretario della Difesa, per ovvie ragioni, che era sostituito dal Segretario Kennedy. Dovetti rimanere anche io, in qualità di ufficiale di collegamento, poiché conoscevo bene entrambi i Mondi e potevo dare suggerimenti sul posto migliore per posizionare le due macchine.
Dopo due ore la riunione terminò, e la conclusione fu quella di dare carta bianca alla Divisione Fringe sulla scelta del luogo e i tempi di accensione della Macchina. Ne conseguiva, quindi, che avrei dovuto fare almeno altri due viaggi dimensionali per poter parlare io stesso con chi custodiva il macchinario, nell'altro lato.
Quando la riunione fu conclusa, contattai gli X-Men e riaccompagnai la famiglia Bishop ad Harvard. Hank aveva aggiustato il macchinario per passare nell'altro lato, quindi riaccompagnai Peter e gli altri, questa volta da solo, e prima di tornare indietro presi accordi con lui su quando sarebbe stato il mio viaggio successivo.
Riuscii a tornare indietro illeso, quindi aggiornai il resto della mia squadra e tornai alla scuola per vedere come stava Olivia.
Alla Rossa ci vollero parecchi giorni per riprendersi, quindi decidemmo di comune accordo che i primi viaggi li avrei fatti da solo, finché non fosse stata in grado di affrontare di nuovo tutto.
Programmai due viaggi per parlare con Nina Sharp, ancora a capo della Massive Dynamics, e completare il compito assegnatomi, e intanto ne approfittai per cercare ulteriori informazioni su mia madre; misi al corrente sia Peter che la signora Sharp della mia parentela con William Bell, e questi mi assicurarono il loro supporto nella ricerca di informazioni, così che dovetti preparare ulteriori viaggi nell'arco del mese successivo, col consenso anche degli X-Men, che erano al corrente di tutto.
Tre settimane dopo, Olivia si era finalmente ripresa. Quel giorno avevo in programma l'ultimo viaggio, corrispondente all'inizio dei lavori di rimontaggio della Macchina, e dovevo supervisionare al tutto, quindi per due settimane non sarei più tornato nell'altro universo, e la volta successiva avrei varcato la soglia attraverso il Ponte creatosi.
Mi stavo finendo di vestire, quando la Rossa bussò ed entrò in camera mia, rimanendo sulla porta.
"Allora quando andiamo?" domandò.
"Andiamo? Dove?" chiesi, di rimando.
"Nell'altro lato. Oggi vorrei venire anche io."
"Olivia, è solo un viaggio di supervisione. Non c'è bisogno che ci andiamo entrambi." obiettai.
Olivia sospirò, ma non disse nulla. La guardai: teneva la braccia incrociate e lo sguardo basso, e si mordeva le labbra nervosamente. Conoscevo quell'atteggiamento: era nervosa e si stava trattenendo dal rovesciarmi addosso tutta la rabbia che stava covando dentro. Mi avvicinai e la guardai, deciso, tenendo le braccia incrociate sul petto.
"Avanti, Liv. Parla." la incoraggiai.
"È solo una scusa." sussurrò.
"Cosa?"
"La supervisione all'inizio dei lavori. È solo una scusa." ripeté, alzando gli occhi e guardandomi in faccia "Sei diventato ossessionato dalla storia di tua madre! Cosa vuoi ottenere? Non cambia quello che sei!"
"Liv, tu non capisci... io..." cercai di spiegare, ma lei mi interruppe.
"Tu sei ossessionato, Lincoln!" continuò, quasi urlando "Quasi non ti riconosco più! Questa cosa ti sta cambiando, non te ne accorgi? Parli solo delle scoperte sulla tua famiglia e trascuri il resto!"
"Olivia, ascolta..." cercai di obiettare, afferrandole delicatamente il braccio, ma lei se lo scrollò di dosso e andò a chiudersi nella sua stanza.
Sospirai frustrato e mi rivolsi a Rainbow, che aveva assistito alla scena dalla sua cuccia.
"Resta con lei, piccola." le ordinai, avvicinandomi e carezzandole dolcemente la testa "Io torno stasera tardi, tu non perderla d'occhio." la lupetta mi guardò adorante e mi leccò la mano: era segno che aveva capito, così potei finalmente uscire e mettermi al lavoro.
Presi la mia moto e mi diressi al luogo dell'appuntamento. Dovevo andare fino in Florida, Jacksonville, in un punto in cui il Velo era più sottile, quindi era il posto ideale sia per farmi passare nell'altro universo che per creare il Ponte. Nell'altro lato sarei stato accolto dai tecnici della Massive Dynamics, Peter e, molto probabilmente, qualche militare, visto che la zona scelta era occupata da una base militare.
Dopo qualche ora di viaggio, finalmente arrivai. Parcheggiai la moto all'esterno dell'hangar dove i tecnici della Stark Industries stavano già lavorando, e vidi venire verso di me Tony Stark in persona.
"Sei in perfetto orario, Tenente!" disse, stringendomi la mano.
"Grazie. Dall'altra parte mi aspettano. Mettiamoci al lavoro." risposi, tagliando corto. Non ero in vena di chiacchiere, non dopo aver passato tre ore di viaggio, tra moto e dirigibile, a ripensare alla discussione che avevo avuto con Olivia.
Senza dire una parola, annuì e mi fece spazio per permettermi di passare nell'altro universo, dove, come avevo previsto, trovai ad aspettarmi Peter e Nina Sharp.
Ci mettemmo subito al lavoro, e le ore passarono veloci. Non parlai molto, mi concentrai sul compito assegnatomi; mentre controllavo delle carte, Nina mi si avvicinò, guardandomi preoccupata.
”Qualcosa non va, Agente Lee?" domandò.
"No, signora Sharp. Sto bene." mi affrettai a rispondere, alzando lo sguardo.
"Sai, di solito sono abbastanza brava a capire le persone, e dal tuo comportamento oggi, ho l'impressione che prima di venire qui tu abbia avuto una discussione con qualcuno, forse la tua ragazza."
"Non è la mia ragazza." specificai.
"Ma vorresti che lo fosse."
Sospirai e la guardai negli occhi. La donna sorrise, mi tolse le carte dalle mani e mi prese sotto braccio.
"Facciamo una pausa. Mi racconterai tutto davanti a una tazza fumante di caffè." ordinò.
Annuii, seguendola in un angolo dell'hangar, dove erano disposti dei piccoli tavoli. La donna prese due tazze di caffè e si sedette di fronte a me, porgendomene una.
"Dimmi tutto. Con chi hai litigato?" mi domandò.
"Olivia." risposi, tenendo gli occhi sulla mia tazza.
"Lo immaginavo." ammise, sorridendo "Olivia sa essere testarda, quando vuole, almeno quella di questo lato, ma credo che anche la tua non sia da meno."
"Voleva venire con me, oggi, ma non ho voluto rischiare." continuai "Mi ha accusato di essere ossessionato dalla storia della mia famiglia."
"Oh, beh... questo prova che sei il nipote di William, caro." rispose, sorridendo, quindi mi prese una mano, rassicurante "Stai tranquillo, se saprai farti perdonare, Olivia dimenticherà in fretta l'accaduto. Se posso darti un consiglio, prepara qualcosa che la sorprenda in positivo, tipo una cena, o un weekend solo per voi..."
"Nina, io e Olivia non stiamo insieme, lei non è la mia ragazza..." cercai di spiegare "siamo solo amici... domani andremo insieme a una festa, ma non siamo una coppia."
"Il fatto che siate solo amici non esclude che provi qualcosa per lei, Tenente Lee. Se saprai giocare bene le tue carte Olivia ti perdonerà."
Sospirai, guardando le finestre dell'hangar. Il cielo stava assumendo le tinte rossastre del tramonto; rimasi incantato: non ero più abituato a queste tinte, era strano, nonostante fossi nato su questo lato non ne sentivo molto la mancanza, anzi, dopo questo poco tempo passato nel mio universo di nascita stavo cominciando a sentire la mancanza della mia nuova casa.
Controllai l'orologio, era tardi, dovevo attraversare il velo.
"Devo andare." salutai "Ci vediamo tra un mese, all'apertura del Ponte."
Attivai il macchinario al mio polso e tornai a casa.
Era notte fonda quando varcai la soglia del mio appartamento alla scuola. Cercai di non far rumore, entrando: non volevo svegliare nessuno.
Rainbow, distesa nella sua cesta, alzò la testa e scodinzolò; le sorrisi e mi avviai verso la stanza di Olivia, per controllare come stesse.
La Rossa dormiva serenamente sul suo letto; mi avvicinai e le baciai la fronte, cercando di non svegliarla, ma senza successo. Liv aprì gli occhi, assonnata, ma il suo sguardo si illuminò appena mi riconobbe.
"Sei tornato!" esclamò, tirandosi su e abbracciandomi, mentre io mi sedevo sul letto e ricambiavo l'abbraccio.
"Avevi qualche dubbio?" chiesi, ma non attesi risposta "Ascolta... mi dispiace per quello che è successo... hai ragione, sono ossessionato..."
"No, Linc... scusami tu..." mi interruppe "non avrei dovuto aggredirti in quel modo... avevi ragione, era un viaggio pericoloso, e io non ero pronta..."
Mentre parlava mi aveva afferrato stretta la mano, non voleva lasciarla. La guardai negli occhi e sorrisi.
"Va bene, non fa nulla, ma ora dormi che è tardi." le dissi, spostandole una ciocca di capelli con la mano libera e avvicinandomi per baciarle la guancia.
Istintivamente si aggrappò alla mia maglia; la lasciai fare e decisi di stendermi accanto a lei, almeno finché non si fosse addormentata. La Rossa non mi mollò e la strinsi protettivo.
Pochi minuti dopo dormivamo entrambi, l'uno abbracciato all'altra.
   
 
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