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Autore: _pallina_    17/07/2008    4 recensioni
ines una ragazza cm molte altre.. ma nasconde un segreto , un segreto che lei stessa non sa di custodire, un segreto che la porterà alla scoperta della verità..
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.L’INIZIO

In una nebbiosa e languida notte d’estate, una ragazza sedeva al margine della finestra intenta ad ammirare il firmamento. Nei suoi occhi risplendevano le migliaia di stelle presenti nel cielo di tutta Brisnàa, davanti a lei un misero orticello, persino al buio poteva ancora scorgere le sagome dei frutti e degli ortaggi raccolti quello stesso giorno. Esausta, si diresse verso il letto e si accorse di uno strano movimento di fronte a lei, era Selen sua cugina minore, che stranamente era ancora sveglia, e le rivolgeva uno strano sorriso.

“Buonanotte” le bisbigliò amorevolmente Selen.

Auguratale la buonanotte, Ines si voltò e sdraiata sul suo piccolo letto, cominciò a sognare una vita diversa da quella che viveva. Chiuse gli occhi e si immaginò come una ricca mercante della terra del Nord…La notte cedeva il posto all’alba, mentre Ines si svegliò di soprassalto, a causa di un acuto suono metallico. Si mise seduta sul suo modesto letto, le orecchie ben tese per poter meglio sentire da dove potesse mai provenire un rumore del genere. Spostando lo sguardo al cielo ormai schiarito dall’alba notò con sommo stupore due sfere scintillanti che andavano a scontrarsi ininterrottamente. Il parlare nel sonno della cugina le fece spostare lo sguardo per qualche secondo, e quando Ines ormai curiosa di quello strano evento spostò nuovamente la sua attenzione verso il rosastro cielo, quelle due sfere sembravano non essere mai esistite.

Ines aveva solo quindici anni, ma aveva dimostrato grande maturità quando i suoi genitori erano tragicamente scomparsi. Da quel momento Ines dovette vivere con la sorella di sua madre, zia Brijiki. Tuttavia Ines veniva sfruttata al pari di una serva in quella umile dimora, in quanto in tutta Brisnàa e specialmente nella Val d’ Or, si viveva a stento con dei primitivi baratti. Non poche volte infatti zio Arsen, aveva barattato qualche sacco di patate per della carne o qualche bel vestito per Selen. Molte volte Ines si era chiesta come zia Brijiki potesse essere imparentata con sua madre che nei suoi ricordi appariva elegante seppur vestita di stracci, umile e discreta, mentre la sorella non aveva un minimo di classe e non di rado la si sentiva emettere dei sonori rutti dalla cucina.

La rassegnazione di Ines nel convivere con i propri zii arrivò col tempo, insieme alla terribile condizione di solitudine. In quella casa si era sempre sentita non un ospite, non un familiare, ma un' estranea.

L’unica persona che rendeva la sua permanenza in quella discreta casa sopportabile, non era altro che la sua cugina, Selen.

Lei rappresentava per Ines una sorte di pace ed un momentaneo ritorno alla sua infanzia rubata.

Selen aveva tredici anni, ma si comportava ancora come una bambina, e tutti la viziavano perché colpiti da quel suo affabile modo di fare tipico di quelle figure imperiali stimate dal popolo plebeo.

Portava lunghi capelli dorati, impreziositi da alcuni riccioli, che incorniciavano perfettamente il suo volto paffutello.

Ines era molto diversa da lei.

Innanzitutto, portava i suoi capelli corvini corti, trattenuti da un nastro in un esile coda, che metteva in risalto la limpidità dei suoi occhi.

Era già mattina quando un flebile raggio di sole giocava a nascondino tra i dorati capelli di Selen. Ines adorava guardarla nel sonno, invidiosa della sua perfetta e impenetrabile tranquillità. Era davvero stupefacente come lei riuscisse a rimanere cosi distaccata in un periodo politico e sociale davvero preoccupante e pericoloso. Difatti  erano tempi duri a Brisnàa, a causa della scarsa fertilità dei terreni agricoli, che costringeva la popolazione ad una dieta costretta e serrata. Gli affari per i commercianti erano pessimi, persino Ruth, la vecchia venditrice di stoffe, si era dovuta allontanare dalla Val d’Or, in cerca di qualche strepitoso affare, nella vicina Risana. Per i contadini e gli uomini liberi, la vita non era certo migliore, non solo per lo scarso rendimento dei terreni ma anche per le privazioni di cibo inferte dai Doiu. Questi erano prevalentemente guerrieri mercenari posti sotto l’autorità di re Ekov. Nessuno osava ostacolarli, a causa del loro aspetto. Erano esseri all’apparenza disgustosi, interamente ricoperti di fango, avevano gli occhi incavati di un colore rosso purpureo, che riportava alla mente tutte le loro stragi compiute tempo addietro in tutta Brisnàa.

Erano questi i pensieri che tormentavano Ines durante le ore notturne.

Tutti gli avevano raccontato di come i suoi genitori si fossero ribellati ai Doiu, e di come fossero stati inesorabilmente uccisi. Quella era “una terribile storia”, le narravano gli anziani di Risana, e nessuno aveva mai la voglia o il tempo di raccontare la storia in maniera completa.

 Nel frattempo Ines era intenta a riparare i suoi vecchi scarponi indispensabili per il lavoro nei campi.

“Forza scendi a fare colazione che c è tanto da lavorare oggi!” tuonò zia Brijiki in tutto il suo peso.

“Vengo” rispose Ines come tutte le mattine.

“Tu guarda un po’ se questo è rispetto! Le abbiamo dato di che mangiare, di che bere e di che dormire, e ci ripaga così” si lamentava zio Arsen.

“Dalle tregua padre” lo esortava Sydan, il figlio maggiore destinato a ereditare tutti i possedimenti del padre.

“Parli male figlio mio. Un giorno tutto ciò che vedi, tutto questo terreno, e persino questa casa saranno tuoi, e della tua sposa ovviamente” aggiunse ridacchiando, poi proseguì in maniera ancora più seria “detto questo, non posso permettere che una scansafatiche mandi all’aria il lavoro di una vita! Questa terra è nostra da secoli, apparteneva a mio padre, e a mio nonno, e al padre di mio nonno. Figlio mio questi sono tempi duri, ogni giorno rischiamo che i Doiu ci portino via quel che è nostro di diritto: la terra. Voglio che ogni cosa sia in ordine, non voglio ridurmi come quella vecchia strega di Ruth!” concluse infine il vecchio Arsen. Era un uomo talmente autoritario, che nessuno, eccetto zia Brijiki, riusciva a dominare. Aveva solo quaranta anni ma l’eccessivo lavoro nei campi l’aveva ridotto a un mucchio d’ossa, e lo aveva invecchiato in maniera smisurata. Grandi rughe rigavano e contrassegnavano il suo volto, i suoi occhi piccoli e scuri erano quasi sommersi dalle grandi palpebre e dalle pesanti borse, causate da notti insonne passate a cercare un modo per arricchirsi.

“Eccoti finalmente!” disse burbero zio Arsen vedendo scendere di corsa Ines. “Quante volte ti avrò detto che non tollero i tuoi ritardi eh? Un centinaio o forse un migliaio? Sappi che chi non lavora non mangia!” disse zio Arsen togliendole la colazione e dandola in pasto al cane.

Ines ormai abituata a questo inconsueto buon risveglio disse “Buongiorno anche a te zio”.

La vita nei campi era dura, la famiglia dello zio Arsen aveva una coltivazione di patate, che puntualmente venivano barattate o nei momenti di vero sconforto usate per cibare la famiglia.Ines era fradicia di sudore e sveniva dalla fame, ma continuava in silenzio il suo lavoro, tosando le piante e scavando la terra alla ricerca di patate.

“Non prendertela troppo con lui, è un po’ burbero, ma ti vuole bene infondo” le disse Sydan passandosi una mano sulla fronte per asciugare il sudore.

“Immagino che il tuo concetto di infondo sia molto… come dire? Stravagante Sydan” disse ridacchiando Ines.

“Già, forse hai ragione” rispose ridendo Sydan, dispiaciuto per quella situazione.

Mentre tutti si davano un gran da fare, Selen era intenta a spazzolare i suoi lunghi capelli dorati.

“Tesoro mio?” disse premurosamente zia Brijiki.

“Si mamma, sono qui, in camera”.

“Guarda che bel vestito di seta ti ho portato oggi!” disse la donna entusiasmata dal grande affare appena compiuto. Aveva barattato molti sacchi di patate con la vecchia Ruth, per quell’elegante vestito azzurro ricoperto di nastri e merletti.

“Oh!” disse Selen con voce delusa, assumendo un espressione da vera intenditrice.

“Oh madre quando imparerete a riconoscere la vera seta da un volgarissimo vestito di raso!” e detto questo le lanciò il vestito in grembo.

“Mi rifiuto di indossare un vestito cosi ignobile” proseguì “è cosi che mi dimostrate il vostro affetto? Voi non tenete al mio futuro? Nessun uomo ricco mi prenderà mai in moglie con dei vestiti simili” si lamentava Selen guardandosi allo specchio intenta a spazzolare i suoi lunghissimi capelli.

La madre rimase colpita dalle sue parole e rimase in silenzio.

Quel vestito le era costato davvero tanto per la povertà di quel periodo, tuttavia non poteva sopportare l’idea che Selen non trovasse un uomo ricco come marito. Per zia Brijiki i soldi erano fondamentali.

Mentre osservava la figlia la sua mente vagò anni addietro.

Era giovane e bella, slanciata con lunghi capelli dorati che ricadevano dolcemente sulle sue spalle. Passeggiava lungo un sentiero illuminato dal sole quando vide lui. Ai suoi occhi si proiettò una visione di zio Arsen totalmente differente dal solito. Non era un bell’uomo, ma possedeva un certo fascino che aveva completamente stregato Brijiki.

Da quel giorno i loro incontri divennero assidui e frequenti, zio Arsen era un uomo molto abile nel conversare, le narrava le storie più avvincenti e paurose di quei tempi, e zia Brijiki si perdeva in quei racconti mozzafiato, fantasticava anche lei d’essere uno spaventoso pirata o un incantevole principessa da salvare dalle feroci grinfie di un terribile drago. Col tempo la fanciulla s’accorse di attendere i loro incontri con un leggero accenno di desiderio. Ella s’accorse di amare quei racconti e quell’uomo dal fascino misterioso di cui non poteva più fare a meno.

Il loro era un amore puro e gioioso, finché la donna si stufò della continua situazione di miseria in cui Arsen l’aveva portata.

Zia Brijiki era innamorata di zio Arsen tutt’ora, ma vi erano cose che davvero non riusciva a digerire. Non sopportava l’idea di non poter vestire in modo elegante come tante sue vecchie amiche, e tanto meno essere esclusa da queste per la sua povertà.

Zia Brijiki era una donna a cui importava molto quello che la gente pensava e diceva sul suo conto, o su quello della sua famiglia.

Ridestatasi dai propri pensieri ritornò delusa nella cucina dove aveva messo a cuocere un bel po’ di patate.

La cucina, come d’altronde il resto della casa, era piccola ma tuttavia rappresentava la stanza più accogliente dell’edificio.

Aveva una pianta rettangolare, e gran parte della sua superficie era occupata da un immenso tavolo in legno di ciliegio, questo era motivo di vanto per il vecchio zio Arsen che non perdeva mai occasione per elogiare la propria bravura nel costruirlo. A nord vi era un piccolo forno in pietra, dove zia Brijiki passava gran parte della giornata sia per cucinare che riscaldare l’acqua nelle notti d’inverno. Tutto l’edificio si affacciava sulle piantagioni di patate ad eccezione della camera di Ines e Selen.

La loro camera dava sulla strada che portava al centro del paese, lì vi erano le sartorie dove zia Brijiki comprava merce fasulla per Selen, e anche la scuola di Sydan. Egli infatti, per volere del padre, studiava per diventare medico e per riuscire cosi a migliorare le condizioni economiche della famiglia.

Il sole ormai era alto, e persino Sydan era stanco, tanto da lasciarsi cadere stremato sulla soffice terra.

“Non ho mai avvertito la fatica quanto oggi!” esclamò Sydan col fiatone mentre cercava di riprendersi.

Ines sorrise divertita e si lasciò cadere anch’essa sulla soffice terra.

Rimasero in silenzio qualche minuto entrambi evidentemente troppo stanchi per parlare.

“Hai mai pensato a quello che c’è al di fuori di questo paese?” esordì Sydan seriamente.

Ines non capiva il senso di quella domanda, cosa poteva esserci al di fuori di Val d’Or se non quello che vi era già al suo interno?

Ines rimase in silenzio, non voleva mancare di rispetto al cugino, e poi non sapeva bene cosa rispondere.

“Li vedi quei monti lassù vorrei oltrepassarli un giorno, è una mia fantasia da quando avevo più o meno la tua età” disse Sydan indicando delle montagne innevate. Il suo sguardo si fece cupo, sapeva perfettamente che suo padre non gli avrebbe mai permesso di allontanarsi da casa, figuriamoci dai suoi studi.

“Magari un giorno ce la farai” disse sorridendo Ines, cercava di infondere speranza al giovane che nella sua vita non aveva visto altro che patate e libri, senza poter scegliere.

“Mi piacerebbe davvero tanto. Vorrei vedere il mondo, visitarlo in ogni sua piccola sfaccettatura, ma mi è impossibile mia cara Ines. Qui ci sono molte cose da sistemare, debiti da pagare, la casa da riparare, non posso allontanarmi nemmeno un momento da questa casa. Lo faccio anche per voi, per te, Selen e mia madre. Con i Doiu in circolazione non è bene che tre donne si trovino senza qualcuno che le protegga, e avrai senz’altro sentito degli ultimi rapimenti comandati da questi”mentre diceva ciò il suo sguardo si faceva sempre più serio e sdegnato.

“Per quanto riguarda mio padre” proseguì “è troppo vecchio per badare a voi, troppo avaro oserei dire. Ultimamente lo vedo troppo indaffarato in certi affari che… non mi convincono affatto!” concluse preoccupato.

“Non credo che a tuo padre importi molto del mio futuro, lui non vede l’ora che me ne vada qualsiasi motivo gli andrà comunque bene” disse ridendo Ines. Questo non la toccava minimamente, non le importava di zio Arsen o di zia Brijiki, non le importava di nessuno, forse perché a nessuno era mai importato di lei.

“Il vecchio Arsen non è come credi. A volte ha le sue stranezze, questo si, ma tiene alla sua famiglia, devi credermi so quel che dico” disse Sydan con l’intento di persuadere la cugina nel ricredersi.

Ines lo rincuorò dicendogli che sperava di sbagliarsi ma, in cuor suo sapeva di credere nel giusto. Zio Arsen teneva alla sua famiglia, questo lo sapeva benissimo anche Ines, ma vi è da dire che Ines non faceva parte di quest’ultima, almeno secondo il vecchio.

La loro pausa venne interrotta dalle urla di zia Brijiki, la quale sperava in questo modo di convincerli a pranzare.

Ben presto si ritrovarono tutti attorno all’immenso tavolo di ciliegio.

Selen come al solito si faceva aspettare, come se fosse una gran dama.

  
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