1.L’INIZIO
In una
nebbiosa e languida notte d’estate, una ragazza sedeva al
margine della
finestra intenta ad ammirare il firmamento. Nei suoi occhi
risplendevano le migliaia
di stelle presenti nel cielo di tutta Brisnàa, davanti a lei
un misero
orticello, persino al buio poteva ancora scorgere le sagome dei frutti
e degli
ortaggi raccolti quello stesso giorno. Esausta, si diresse verso il
letto e si
accorse di uno strano movimento di fronte a lei, era Selen sua cugina
minore,
che stranamente era ancora sveglia, e le rivolgeva uno strano sorriso.
“Buonanotte”
le bisbigliò amorevolmente Selen.
Auguratale
la buonanotte, Ines si voltò e sdraiata sul suo piccolo
letto, cominciò a sognare
una vita diversa da quella che viveva. Chiuse gli occhi e si
immaginò come una
ricca mercante della terra del Nord…La notte cedeva il posto
all’alba, mentre
Ines si svegliò di soprassalto, a causa di un acuto suono
metallico. Si mise
seduta sul suo modesto letto, le orecchie ben tese per poter meglio
sentire da
dove potesse mai provenire un rumore del genere. Spostando lo sguardo
al cielo
ormai schiarito dall’alba notò con sommo stupore
due sfere scintillanti che
andavano a scontrarsi ininterrottamente. Il parlare nel sonno della
cugina le
fece spostare lo sguardo per qualche secondo, e quando Ines ormai
curiosa di
quello strano evento spostò nuovamente la sua attenzione
verso il rosastro
cielo, quelle due sfere sembravano non essere mai esistite.
Ines aveva
solo quindici anni, ma aveva dimostrato grande maturità
quando i suoi genitori
erano tragicamente scomparsi. Da quel momento Ines dovette vivere con
la
sorella di sua madre, zia Brijiki. Tuttavia Ines veniva sfruttata al
pari di una
serva in quella umile dimora, in quanto in tutta Brisnàa e
specialmente nella
Val d’ Or, si viveva a stento con dei primitivi baratti. Non
poche volte infatti
zio Arsen, aveva barattato qualche sacco di patate per della carne o
qualche
bel vestito per Selen. Molte volte Ines si era chiesta come zia Brijiki
potesse
essere imparentata con sua madre che nei suoi ricordi appariva elegante
seppur
vestita di stracci, umile e discreta, mentre la sorella non aveva un
minimo di
classe e non di rado la si sentiva emettere dei sonori rutti dalla
cucina.
La
rassegnazione
di Ines nel convivere con i propri zii arrivò col tempo,
insieme alla terribile
condizione di solitudine. In quella casa si era sempre sentita non un
ospite,
non un familiare, ma un' estranea.
L’unica
persona che rendeva la sua permanenza in quella discreta casa
sopportabile, non
era altro che la sua cugina, Selen.
Lei
rappresentava per Ines una sorte di pace ed un momentaneo ritorno alla
sua
infanzia rubata.
Selen aveva
tredici anni, ma si comportava ancora come una bambina, e tutti la
viziavano
perché colpiti da quel suo affabile modo di fare tipico di
quelle figure
imperiali stimate dal popolo plebeo.
Portava
lunghi capelli dorati, impreziositi da alcuni riccioli, che
incorniciavano
perfettamente il suo volto paffutello.
Ines era
molto diversa da lei.
Innanzitutto,
portava i suoi capelli corvini corti, trattenuti da un nastro in un
esile coda,
che metteva in risalto la limpidità dei suoi occhi.
Era
già
mattina quando un flebile raggio di sole giocava a nascondino tra i
dorati
capelli di Selen. Ines adorava guardarla nel sonno, invidiosa della sua
perfetta e impenetrabile tranquillità. Era davvero
stupefacente come lei
riuscisse a rimanere cosi distaccata in un periodo politico e sociale
davvero
preoccupante e pericoloso. Difatti
erano
tempi duri a Brisnàa, a causa della scarsa
fertilità dei terreni agricoli, che
costringeva la popolazione ad una dieta costretta e serrata. Gli affari
per i
commercianti erano pessimi, persino Ruth, la vecchia venditrice di
stoffe, si
era dovuta allontanare dalla Val d’Or, in cerca di qualche
strepitoso affare,
nella vicina Risana. Per i contadini e gli uomini liberi, la vita non
era certo
migliore, non solo per lo scarso rendimento dei terreni ma anche per le
privazioni di cibo inferte dai Doiu. Questi erano prevalentemente
guerrieri
mercenari posti sotto l’autorità di re Ekov.
Nessuno osava ostacolarli, a causa
del loro aspetto. Erano esseri all’apparenza disgustosi,
interamente ricoperti
di fango, avevano gli occhi incavati di un colore rosso purpureo, che
riportava
alla mente tutte le loro stragi compiute tempo addietro in tutta
Brisnàa.
Erano
questi i pensieri che tormentavano Ines durante le ore notturne.
Tutti gli
avevano raccontato di come i suoi genitori si fossero ribellati ai
Doiu, e di
come fossero stati inesorabilmente uccisi. Quella era “una
terribile storia”,
le narravano gli anziani di Risana, e nessuno aveva mai la voglia o il
tempo di
raccontare la storia in maniera completa.
Nel frattempo Ines era
intenta a riparare i
suoi vecchi scarponi indispensabili per il lavoro nei campi.
“Forza
scendi a fare colazione che c è tanto da lavorare
oggi!” tuonò zia Brijiki in
tutto il suo peso.
“Vengo”
rispose Ines come tutte le mattine.
“Tu
guarda
un po’ se questo è rispetto! Le abbiamo dato di
che mangiare, di che bere e di
che dormire, e ci ripaga così” si lamentava zio
Arsen.
“Dalle
tregua padre” lo esortava Sydan, il figlio maggiore destinato
a ereditare tutti
i possedimenti del padre.
“Parli
male
figlio mio. Un giorno tutto ciò che vedi, tutto questo
terreno, e persino questa
casa saranno tuoi, e della tua sposa ovviamente” aggiunse
ridacchiando, poi
proseguì in maniera ancora più seria
“detto questo, non posso permettere che
una scansafatiche mandi all’aria il lavoro di una vita!
Questa terra è nostra
da secoli, apparteneva a mio padre, e a mio nonno, e al padre di mio
nonno. Figlio
mio questi sono tempi duri, ogni giorno rischiamo che i Doiu ci portino
via
quel che è nostro di diritto: la terra. Voglio che ogni cosa
sia in ordine, non
voglio ridurmi come quella vecchia strega di Ruth!” concluse
infine il vecchio
Arsen. Era un uomo talmente autoritario, che nessuno, eccetto zia
Brijiki,
riusciva a dominare. Aveva solo quaranta anni ma l’eccessivo
lavoro nei campi
l’aveva ridotto a un mucchio d’ossa, e lo aveva
invecchiato in maniera
smisurata. Grandi rughe rigavano e contrassegnavano il suo volto, i
suoi occhi
piccoli e scuri erano quasi sommersi dalle grandi palpebre e dalle
pesanti
borse, causate da notti insonne passate a cercare un modo per
arricchirsi.
“Eccoti
finalmente!” disse burbero zio Arsen vedendo scendere di
corsa Ines. “Quante
volte ti avrò detto che non tollero i tuoi ritardi eh? Un
centinaio o forse un
migliaio? Sappi che chi non lavora non mangia!” disse zio
Arsen togliendole la
colazione e dandola in pasto al cane.
Ines ormai
abituata a questo inconsueto buon risveglio disse “Buongiorno
anche a te zio”.
La vita nei
campi era dura, la famiglia dello zio Arsen aveva una coltivazione di
patate,
che puntualmente venivano barattate o nei momenti di vero sconforto
usate per
cibare la famiglia.Ines era fradicia di sudore e sveniva dalla fame, ma
continuava in silenzio il suo lavoro, tosando le piante e scavando la
terra
alla ricerca di patate.
“Non
prendertela troppo con lui, è un po’ burbero, ma
ti vuole bene infondo” le
disse Sydan passandosi una mano sulla fronte per asciugare il sudore.
“Immagino
che il tuo concetto di infondo sia molto… come dire?
Stravagante Sydan” disse
ridacchiando Ines.
“Già,
forse
hai ragione” rispose ridendo Sydan, dispiaciuto per quella
situazione.
Mentre
tutti si davano un gran da fare, Selen era intenta a spazzolare i suoi
lunghi
capelli dorati.
“Tesoro
mio?” disse premurosamente zia Brijiki.
“Si
mamma,
sono qui, in camera”.
“Guarda
che
bel vestito di seta ti ho portato oggi!” disse la donna
entusiasmata dal grande
affare appena compiuto. Aveva barattato molti sacchi di patate con la
vecchia
Ruth, per quell’elegante vestito azzurro ricoperto di nastri
e merletti.
“Oh!”
disse
Selen con voce delusa, assumendo un espressione da vera intenditrice.
“Oh
madre
quando imparerete a riconoscere la vera seta da un volgarissimo vestito
di
raso!” e detto questo le lanciò il vestito in
grembo.
“Mi
rifiuto
di indossare un vestito cosi ignobile” proseguì
“è cosi che mi dimostrate il vostro
affetto? Voi non tenete al mio futuro? Nessun uomo ricco mi
prenderà mai in
moglie con dei vestiti simili” si lamentava Selen guardandosi
allo specchio
intenta a spazzolare i suoi lunghissimi capelli.
La madre
rimase colpita dalle sue parole e rimase in silenzio.
Quel
vestito le era costato davvero tanto per la povertà di quel
periodo, tuttavia
non poteva sopportare l’idea che Selen non trovasse un uomo
ricco come marito.
Per zia Brijiki i soldi erano fondamentali.
Mentre
osservava la figlia la sua mente vagò anni addietro.
Era giovane
e bella, slanciata con lunghi capelli dorati che ricadevano dolcemente
sulle
sue spalle. Passeggiava lungo un sentiero illuminato dal sole quando
vide lui.
Ai suoi occhi si proiettò una visione di zio Arsen
totalmente differente dal
solito. Non era un bell’uomo, ma possedeva un certo fascino
che aveva
completamente stregato Brijiki.
Da quel
giorno i loro incontri divennero assidui e frequenti, zio Arsen era un
uomo
molto abile nel conversare, le narrava le storie più
avvincenti e paurose di
quei tempi, e zia Brijiki si perdeva in quei racconti mozzafiato,
fantasticava
anche lei d’essere uno spaventoso pirata o un incantevole
principessa da
salvare dalle feroci grinfie di un terribile drago. Col tempo la
fanciulla
s’accorse di attendere i loro incontri con un leggero accenno
di desiderio.
Ella s’accorse di amare quei racconti e quell’uomo
dal fascino misterioso di
cui non poteva più fare a meno.
Il loro era
un amore puro e gioioso, finché la donna si stufò
della continua situazione di
miseria in cui Arsen l’aveva portata.
Zia Brijiki
era innamorata di zio Arsen tutt’ora, ma vi erano cose che
davvero non riusciva
a digerire. Non sopportava l’idea di non poter vestire in
modo elegante come
tante sue vecchie amiche, e tanto meno essere esclusa da queste per la
sua
povertà.
Zia Brijiki
era una donna a cui importava molto quello che la gente pensava e
diceva sul
suo conto, o su quello della sua famiglia.
Ridestatasi
dai propri pensieri ritornò delusa nella cucina dove aveva
messo a cuocere un
bel po’ di patate.
La cucina,
come d’altronde il resto della casa, era piccola ma tuttavia
rappresentava la
stanza più accogliente dell’edificio.
Aveva una
pianta rettangolare, e gran parte della sua superficie era occupata da
un
immenso tavolo in legno di ciliegio, questo era motivo di vanto per il
vecchio
zio Arsen che non perdeva mai occasione per elogiare la propria bravura
nel
costruirlo. A nord vi era un piccolo forno in pietra, dove zia Brijiki
passava
gran parte della giornata sia per cucinare che riscaldare
l’acqua nelle notti
d’inverno. Tutto l’edificio si affacciava sulle
piantagioni di patate ad
eccezione della camera di Ines e Selen.
La loro
camera dava sulla strada che portava al centro del paese, lì
vi erano le
sartorie dove zia Brijiki comprava merce fasulla per Selen, e anche la
scuola di
Sydan. Egli infatti, per volere del padre, studiava per diventare
medico e per
riuscire cosi a migliorare le condizioni economiche della famiglia.
Il sole
ormai era alto, e persino Sydan era stanco, tanto da lasciarsi cadere
stremato
sulla soffice terra.
“Non
ho mai
avvertito la fatica quanto oggi!” esclamò Sydan
col fiatone mentre cercava di
riprendersi.
Ines
sorrise divertita e si lasciò cadere anch’essa
sulla soffice terra.
Rimasero in
silenzio qualche minuto entrambi evidentemente troppo stanchi per
parlare.
“Hai
mai
pensato a quello che c’è al di fuori di questo
paese?” esordì Sydan seriamente.
Ines non
capiva il senso di quella domanda, cosa poteva esserci al di fuori di
Val d’Or se
non quello che vi era già al suo interno?
Ines rimase
in silenzio, non voleva mancare di rispetto al cugino, e poi non sapeva
bene
cosa rispondere.
“Li
vedi
quei monti lassù vorrei oltrepassarli un giorno,
è una mia fantasia da quando
avevo più o meno la tua età” disse
Sydan indicando delle montagne innevate. Il
suo sguardo si fece cupo, sapeva perfettamente che suo padre non gli
avrebbe
mai permesso di allontanarsi da casa, figuriamoci dai suoi studi.
“Magari
un
giorno ce la farai” disse sorridendo Ines, cercava di
infondere speranza al
giovane che nella sua vita non aveva visto altro che patate e libri,
senza
poter scegliere.
“Mi
piacerebbe davvero tanto. Vorrei vedere il mondo, visitarlo in ogni sua
piccola
sfaccettatura, ma mi è impossibile mia cara Ines. Qui ci
sono molte cose da
sistemare, debiti da pagare, la casa da riparare, non posso
allontanarmi
nemmeno un momento da questa casa. Lo faccio anche per voi, per te,
Selen e mia
madre. Con i Doiu in circolazione non è bene che tre donne
si trovino senza
qualcuno che le protegga, e avrai senz’altro sentito degli
ultimi rapimenti
comandati da questi”mentre diceva ciò il suo
sguardo si faceva sempre più serio
e sdegnato.
“Per
quanto
riguarda mio padre” proseguì
“è troppo vecchio per badare a voi, troppo avaro
oserei dire. Ultimamente lo vedo troppo indaffarato in certi affari
che… non mi
convincono affatto!” concluse preoccupato.
“Non
credo
che a tuo padre importi molto del mio futuro, lui non vede
l’ora che me ne vada
qualsiasi motivo gli andrà comunque bene” disse
ridendo Ines. Questo non la
toccava minimamente, non le importava di zio Arsen o di zia Brijiki,
non le
importava di nessuno, forse perché a nessuno era mai
importato di lei.
“Il
vecchio
Arsen non è come credi. A volte ha le sue stranezze, questo
si, ma tiene alla
sua famiglia, devi credermi so quel che dico” disse Sydan con
l’intento di
persuadere la cugina nel ricredersi.
Ines lo
rincuorò dicendogli che sperava di sbagliarsi ma, in cuor
suo sapeva di credere
nel giusto. Zio Arsen teneva alla sua famiglia, questo lo sapeva
benissimo
anche Ines, ma vi è da dire che Ines non faceva parte di
quest’ultima, almeno
secondo il vecchio.
La loro
pausa venne interrotta dalle urla di zia Brijiki, la quale sperava in
questo
modo di convincerli a pranzare.
Ben presto
si ritrovarono tutti attorno all’immenso tavolo di ciliegio.
Selen come
al solito si faceva aspettare, come se fosse una gran dama.