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Autore: Angie Mars Halen    23/04/2014    3 recensioni
Nikki sta attraversando il periodo più buio della sua vita e ha l’occasione di incontrare Grace. Dopo il loro primo e burrascoso incontro, tra i due nasce una profonda amicizia e Grace decide di fare del suo meglio per aiutare e sostenere il bassista. Inizialmente Nikki è felice del solido rapporto che si è creato tra lui e questa diciassettenne sconosciuta, ma subentrerà la gelosia nel momento in cui lei inizierà a frequentare uno dei suoi compagni di band. Mentre dovrà fare i conti con questo, Grace, che è molto affezionata a lui e quindi non vuole abbandonarlo, dovrà fare il possibile per non essere trascinata nell’abisso oscuro di Sikki.
[1987]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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31) VINCE

Mi ci volle una settimana per sbollire dopo quello che Nikki aveva cercato di fare a Grace. Fui tentato diverse volte di fargliela pagare, ma Grace era sempre riuscita a farmi cambiare idea e a trattenermi il tempo necessario perché ritornassi in me e capissi che, in fin dei conti, fare a pugni con Nikki sarebbe stato più dannoso che utile. Mi sarei senz’altro tolto una soddisfazione ma, proprio come sosteneva Grace, non avrei fatto altro che peggiorare una situazione già abbastanza critica di suo. L’unica cosa certa era che o Nikki si decideva a smetterla, o ci lasciava le penne. Non importava quante volte glielo ricordassimo: lui si imbronciava come un moccioso viziato e rispondeva sempre dicendo che ormai non c’era più niente da fare, dimenticandosi che la sua risposta di qualche anno prima era “tanto posso venirne fuori quando mi pare”. Ma tutti sapevamo che si poteva ancora fare qualcosa per salvargli la pelle, e Nikki stesso si era lasciato sfuggire una frase biascicata con la quale aveva fatto intendere di aver già pensato di entrare in riabilitazione. Se fosse stato vero, sarebbe stato fantastico. Per un mese intero avevamo addirittura creduto che si fosse finalmente deciso a mettere da parte le droghe anche se non sembrava affatto cambiato. Continuava ad andare in giro conciato come se vivesse in una discarica, sporco e puzzolente, senza mai cambiarsi, ma Tommy ci aveva riferito che non vedeva segni sospetti sulle braccia. Secondo il nostro manager, Nikki aveva cominciato ad assumere sostanze che non implicavano l’uso di un ago, ma tutti preferivamo e volevamo credere che stesse veramente cercando di smettere.

Quella sera dovevamo tenere un piccolo concerto a sorpresa in un locale di Los Angeles, così pensai che sarebbe stata una buona idea portare anche Grace e farla assistere al live dal posto d’onore. Secondo Mick, che come al solito doveva mettersi in mezzo quando si trattava di tenere al sicuro la mia ragazza, non avrei dovuto invitarla, ma questa volta fu Grace a insistere, consapevole del fatto che nel nostro backstage giravano più groupie che roadie. Ovviamente, siccome tra amiche vige la regola del “o tutte o nessuna”, aveva portato con sé anche Elisabeth, il che non garbava affatto a Tommy dal momento che non avrebbe avuto via libera con le altre rafazze – e guai a chi si azzarda a pensare che io abbia ragionato alla sua stessa maniera: di sicuro non mi dispiaceva avere groupie in giro per i camerini, ma ora che c’era Grace, le mie attenzioni erano tutte concentrate su di lei.

Grace ed Elisabeth si erano rintanate entrambe nel mio camerino – perché non in quello di Tommy non lo so – ed erano rimaste lì dentro a osservarmi mentre mi cospargevo il viso di fondotinta. A quanto pareva, lo trovavano divertente, perché cominciarono a ridere a dire che nemmeno loro sarebbero state in grado di fare un lavoro così preciso come quello sulla mia faccia. Intanto Doc si aggirava per il backstage agitando un dito tozzo in aria e ficcando la testa in tutte le nostre porte per impartire ordini. “Sul palco fra cinque minuti! Capito? Cinque minuti, non cinquanta. Mick, Tommy, siete miracolosamente già pronti, bene! Vince, vai bene così, basta specchiarsi. Nikki! Dov’è andato Nikki?”

Grace alzò il capo all’improvviso e volse un orecchio verso la porta, da dietro la quale provenivano le voci degli altri. Quella potente di Tommy le sovrastava tutte in modo particolare. “L’ho visto gironzolare fuori dalla porta proprio cinque minuti fa. Non può essere andato troppo lontano.”

Dopo dieci minuti di ricerche fallite, la vidi schizzare in piedi, pronta a correre nel caso ce ne fosse stato bisogno, poi la voce del nostro bassista la convinse a tornarsi a sedere. A quanto pareva, Nikki era sbucato da una stanza urlando che ci aveva fatto uno scherzo, a sua detta molto divertente, mentre noi avevamo rischiato un infarto.

“Cosa ti dice quella testa, razza di idiota?” tuonò Doc. Una miriade di sputacchi uscì dalle sue labbra gonfie.

Nikki esibì il suo consueto ghigno strafottente e gli rise in faccia. “Non te la prendere, era solo uno scherzo. Volevo solo movimentare un po’ la serata.”

“Credevamo fossi andato a chiuderti in bagno a fare una delle tue cazzate e stavamo per sfondare la porta.”

Nikki si rabbuiò all’improvviso. “Già. Se l’avessi fatto avreste tutti pensato che per colpa mia sarebbe saltato il concerto.”

Tommy lo acchiappò per un lembo della giacca di pelle e lo trascinò via, facendoci cenno di seguirlo. “Adesso andiamo, bro. Avremmo dovuto essere sul palco già da un po’. Stasera bisogna spaccare il culo, chiaro?”

Sembrava molto convinto, ma nessuno gli rispose né lo sostenne. Io mi limitai a seguirli e Mick ci raggiunse solo dopo aver preso la sua fedele bottiglia di plastica piena di vodka spacciata per acqua. Chissà quando anche lui l’avrebbe piantata? O, per essere veramente corretti, chissà quando l’avremmo piantata tutti e quattro, ognuno con i propri vizi? Io, per quel che mi riguardava, volevo e dovevo farlo, per me e per Grace, che per fortuna non era ancora riuscita a vedermi dopo aver fatto uno strappo alla regola e aver esagerato con i drink.

Non appena salii anche l’ultimo scalino che conduceva al palco, tramutai la mia espressione scocciata in un largo sorriso da marpione, quello che la gente voleva vedermi stampato in faccia e l’unico che tutti credevano possedessi, mentre a Nikki bastava digrignare di tanto in tanto i denti o buttarsi per terra e cominciare a rotolare per mandare in fiamme il pubblico. Raggiunsi il microfono con un balzo e contemporaneamente si accesero le luci, illuminando la band e una distesa di teste e braccia tese verso di noi. Un sacco di persone radunate sotto un palco solo ed esclusivamente per noi. Quella sì che era una soddisfazione, eppure sembrava che l’avessimo messo in secondo piano. Mi lasciai sfuggire un sorriso genuino alla vista di tutta quella gente che aveva riempito il locale e sollevai una mano in segno di saluto. Anche quella sera i Mötley Crüe erano pronti a darci dentro e a far vedere di quale pasta erano fatti – o, in certi casi, di quale roba si erano fatti.

Diedi inizio alla festa con un acuto, subito seguito da una rullata da brivido di Tommy che, per quanto fosse amareggiato perché la location non gli aveva permesso di montare la sua batteria rotante, ululava come un lupo. Intanto la gente sembrava in estasi: urlavano, saltavano, lanciavano oggetti di ogni tipo, dalle mutande alle lattine vuote agli avanzi di cibo che non erano riusciti a finire perché eravamo saliti sul palco – un vero delirio. Correvo da una parte all’altra del piccolo palco, balzavo sugli amplificatori e saltavo giù, carico come una molla. Quando ne avevo la possibilità, facevo una capatina sui gradini che conducevano al backstage dove si erano appollaiate Grace ed Elisabeth per guardarci. Chi l’avrebbe mai detto che sarei arrivato a fare anche questo?

Il concerto si concluse splendidamente e il pubblico continuò ad acclamarci calorosamente anche dopo che si erano spenti i riflettori e noi eravamo tornati nel backstage, urlando i nostri nomi e intonando cori da stadio che ripetevano un continuo “Crüe! Crüe! Crüe!”.

“Ve l’avevo detto, io, che questa sera avremmo spaccato il culo!” esclamò Tommy con il suo consueto entusiasmo infantile mentre agitava in aria le bacchette. Doc gli diede un paio di pacche sulla schiena per approvare ciò che aveva appena detto, estremamente fiero di lui.

Sarebbe stato bello festeggiare l’evento andando a bere qualcosa tutti insieme, ma non potevamo certo farlo con le ragazze dietro, così ci toccò tornare ognuno a casa propria, ma la cosa non mi dispiaceva affatto dal momento che sapevo quello che mi aspettava. Il primo ad abbandonare il backstage fu Nikki, che salì a bordo di una delle macchine con autista che avevamo noleggiato con ancora il trucco di scena e i capelli sparati in aria, e anche Mick avrebbe fatto lo stesso se non avesse dovuto aspettarci per tornare indietro con la limousine con la quale eravamo arrivati. Lasciammo il luogo del concerto nel giro di un’ora e mezza, ci accompagnarono fino al garage della casa discografica e lì potei finalmente riprendere la mia auto e tornare a casa con Grace.

“Ti è piaciuto il concerto?” le domandai mentre guidavo verso North Hollywood.

Lei sbadigliò e si stiracchiò. “Moltissimo. Siete stati sorprendenti.”

“Beth, invece, cosa ne pensa?”

“A parte lamentarsi di una groupie che stava puntando a Tommy come un segugio, non ha espresso pareri, ma credo che la pensi come me,” raccontò divertita, poi si fece improvvisamente seria. “A proposito, a casa hanno scoperto che nascondo qualcosa. Dopo settimane che sparisco e ricompaio misteriosamente senza dare spiegazioni a nessuno, sfido chiunque a non accorgersene.”

Trasalii. Immaginavo già i nostri volti sulla copertina di una di quelle stupide riviste di gossip e il titolo a caratteri cubitali che riportava una frase del tipo “Il vocalist dei Mötley Crüe e la sua nuova fiamma del college”. Cazzo. Se fosse successa veramente una cosa simile, mi sarei presentato alla casa editrice e avrei devastato tutto come facevo con le stanze di hotel durante il tour di Shout at the Devil.

“Come pensi che la prenderebbero i tuoi se sapessero che esci con me? Devo aspettarmi tua madre sotto casa pronta a strigliarmi il culo con la carta vetrata?”

“Più o meno,” rispose Grace, poi rise quando mi sentì deglutire a vuoto. “Sei diventato pallido come un lenzuolo, Vince.”

“Chi, io? Naah, ti sbagli. Non ho mica paura di una signora armata di carta vetrata!” mi difesi.

Grace si strinse nella giacca di pelle e sospirò abbozzando un sorriso. “Lasciamo perdere. Pensiamo a qualcos’altro o finiremo per guastarci la serata.”

“Per fortuna siamo quasi arrivati,” constatai.

Quando entrammo in casa, sentii che la sensazione sgradevole di tappo nelle orecchie tipica del dopo concerto era passata del tutto. Grace sparì al piano superiore per farsi un bagno e io ne approfittai per accasciarmi sul divano e riposarmi un po’ la testa. L’orologio in stile anni Cinquanta appoggiato sopra il camino segnava le tre di notte: era già domani. Appoggiai il capo su un cuscino e mi strofinai gli occhi, ritrovandomi qualche residuo di eye-liner nero sulle dita. Chiusi le palpebre per un po’, ascoltando solo il rumore dell’acqua che scorreva al piano di sopra, e aspettai di sentire la chiave girare nella serratura della porta del bagno prima di alzarmi e raggiungere Grace.

“Teoricamente dovresti già essere a dormire da un pezzo a casa della amica tua e di Beth,” la canzonai mentre mi sedevo sul letto.

“Ma io sono a casa di Beth!” ribatté facendomi l’occhiolino. “Però non credo che dormirò.”

“Sono d’accordo. Tra poche ore sarà l’alba, non mi sembra proprio il caso di perdere tempo a dormire.”

Grace si avvicinò a me con movenze estremamente lascive e slacciò il primo bottone della camicia che indossava, il cui tessuto semitrasparente non lasciava affatto spazio all’immaginazione. Deglutii pesantemente e cercai di mascherare con un sorriso gli effetti che l’eccitazione aveva sulla mia espressività, ma ormai lei mi conosceva fin troppo bene e sapeva per certo che quel sorrisetto sghembo da ragazzino imbarazzato che avevo tirato fuori voleva essere un sorriso furbesco, lo stesso che riuscì a ottenere quando le sue dita sottili sciolsero un altro bottone della camicia. Continuò ad avvicinarsi poi si sedette sulle mie ginocchia e mi circondò il collo con le braccia, facendo piegare ancora di più i lembi dell’indumento dalla sottile stoffa bianca. Mi posò un lieve bacio sulle labbra prima di cominciare a baciarmi con più veemenza, scendendo fino alla base del collo.

“Oh, sì, Gracie, così...” mi lasciai sfuggire quando la sua mano iniziò ad armeggiare con la patta dei miei pantaloni, approfittandone per esercitare una lieve ma non sufficiente pressione. Proprio in quell’istante il telefono sul comodino iniziò a squillare, ma lei sembrò non rendersene neanche conto e non si fermò.

“Che cazzo...” mi lamentai al terzo trillo, roteando gli occhi.

“Forse è meglio rispondere,” azzardò Grace dopo aver spostato la mano sul suo fianco.

“No. Chiunque sia, si arrangia,” ribattei, poi mi rivolsi a lei facendole una carezza sul viso. “Noi possiamo continuare.”

Peccato però che quell’aggeggio malefico non desse segno di voler smettere di suonare, allora fui tentato di prenderlo, strappargli il filo e scaraventarlo giù dalla finestra, ma dovetti trattenermi. Ormai il momento magico era stato rovinato da quel dannato telefono e tanto valeva che rispondessi, così mi sdraiai per raggiungere il comodino e Grace mi seguì.

“Pronto?! Chi è che rompe?” sbottai non appena sollevai il ricevitore, mentre con la mano libera tenevo abbracciata la mia ragazza.

“Ciao, Vince, sono Doc,” rispose la voce dall’altra parte.

Alzai gli occhi al cielo perché ero certo che mi avesse chiamato per dirmi qualcosa di futile, come farmi presente che avevo dimenticato qualcosa nel backstage o ricordarmi dell’incontro che si sarebbe tenuto un paio di giorni dopo. “Sono molto impegnato, Doc. Spero tu abbia un buon motivo per disturbarmi a quest’ora e, soprattutto, in questo momento.”

“Non ti ho chiamato perché non ho un cazzo da fare,” ribatté Doc. La sua voce sembrava tremante e mi venne istintivo abbracciare più forte Grace, che smise di chiedermi cosa stesse succedendo per tentare di origliare la conversazione.

Sospirai rassegnato. “Allora dimmi, sono tutto orecchi.”

Ci fu un attimo di silenzio durante il quale fui certo di averlo sentito tirare su con il naso come se stesse piangendo, poi se ne uscì con una storia assurda tanto quanto spaventosa. “C’è stato un problema con Nikki. Dopo il concerto è andato a festeggiare con della gente in un hotel a Hollywood. Quel posto era pieno di spacciatori, e sembra che qualcuno gli abbia iniettato una dose. Era molto pesante e stavolta non è riuscito a resistere. Mi hanno chiamato ora dall’ospedale per dirmi che non ce l’ha fatta. Mi dispiace molto, Vince.”

Sentii il sangue scendermi ai piedi e mi sembrò di essere stato privato di ogni sostegno.

“Sei sicuro di quello che dici, Doc?“ biascicai. Avrei voluto chiedere perché, dove, quando, come... ma quelle parole furono le uniche che riuscii ad articolare. Grace aggrottò la fronte e si mise a sedere, restando il più vicina possibile alla cornetta con la speranza di udire qualche frase.

La voce di Doc era sempre più vibrante. “Vorrei essermi sbagliato, ma non è così, figliolo.”

“Oh, merda, non puoi essere serio,” il mio tono sconcertato attirò l’attenzione di Grace, che mi spostò i capelli dal viso e constatò che avevo gli occhi lucidi.

“Cos’è successo?” domandò, poi iniziò ad accarezzarmi il viso quando si accorse che non riuscivo a fare niente a parte tenere gli occhi spalancati. “È successo qualcosa di grave?”

“Dove sei? Dove sono tutti?” gridai al telefono mentre le lacrime cominciavano a velare la mia visione.

“Io mi trovo al Cedars-Sinai Hospital e gli altri saranno qui a breve,” mi informò Doc, poi gli riattaccai in faccia senza aggiungere altro e mi lanciai alla ricerca dei miei vestiti. Sentivo il cuore battermi in gola anziché nel petto e tutto ciò mi sembrava assurdo e assolutamente inaccettabile. Mi assalì quell’orrenda sensazione di essere in un film trasmesso alla televisione.

“Posso sapere cosa sta succedendo?” esclamò Grace mentre si riabbottonava in fretta la camicia.

Raccolsi la giacchetta di lamé che aveva indossato quella sera al concerto e gliela porsi. “Vestiti, dobbiamo andare.”

“Dove?” chiese, sempre più confusa, ma io non riuscivo a risponderle e voltai il capo dall’altra parte quando mi accorsi che stavo piangendo. Lei si alzò e si avvicinò a me, preoccupata, poi sentii la sua mano delicata appoggiarsi sulla mia spalla.

“Cosa sta succedendo, Vince?” sussurrò.

Mi girai verso di lei mostrandole gli occhi gonfi ed esausti per aver cercato inutilmente di trattenere le lacrime, e le presi il viso tra le mani. “Non agitarti, per favore.”

“È molto grave?” domandò ancora mentre la stringevo a me con la speranza di infonderle sicurezza.

“Riguarda Nikki,” cominciai facendo del mio meglio per essere il più delicato possibile. “Ha avuto un’overdose. I medici hanno fatto tutto quello che hanno potuto, ma non ci sono riusciti, ma lui non è stato abbastanza forte. Mi dispiace tanto, tesoro.”

La strinsi più forte non appena terminai la frase, appoggiando il mento sulla sua spalla e affondai il viso nei suoi capelli dorati.



N. d’A.: Buonasera, belli!
Avete passato delle Buone Feste?
È doloroso da dire ma... sigh! Questo è il penultimo capitolo.
Be’, gente, non so che cosa dire... leggete sempre, leggete sempre in tanti. :’) Ma nel prossimo capitolo mi lascerò andare ai dovuti ringraziamenti – a patto che mi portiate una scatola di fazzoletti a meno che non vogliate che sparga lacrime ovunque.
Per ora grazie a tutti quanti! ♥
Non perdetevi l’ultimo capitolo, che sarà caricato giovedì prossimo!
An enormous glam kiss,

Angie




AVVISO: L'ultimo capitolo sarà caricato venerdì anziché giovedì causa impegni... perdonatemi!
   
 
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