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Autore: im happy    24/04/2014    2 recensioni
Cari lettori, questa non è una storia come le altre. Questa non è una storia di quelle famose, che sentite pronunciare dagli anziani mentre confabulano sul bordo della strada, seduti in una delle tante panchine arruginite del parco. Questa che state per leggere, è la MIA storia. Dal principio, vi dico di già che sarà un viaggio tortuoso verso una meta ancora sfocata per gli occhi umani e penso che sarà un grave pericolo sia per voi che per la vostra fiducia in voi stessi, continuare a pronunciare balbettando le mie parole alquanto confuse. Non sono mai stata così disperata, a tal punto di venire a scrivere la mia vera storia su un vero social network. (Voglio specificare che è tutta finzione.)
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo uno, fan fiction vale

Cari lettori, questa non è una storia come le altre. Questa non è una storia di quelle famose, che sentite pronunciare dagli anziani mentre confabulano sul bordo della strada, seduti in una delle tante panchine arruginite del parco. Questa che state per leggere, è la MIA storia. Dal principio, vi dico di già che sarà un viaggio tortuoso verso una meta ancora sfocata per gli occhi umani e penso che sarà un grave pericolo sia per voi che per la vostra fiducia in voi stessi, continuare a pronunciare balbettando le mie parole alquanto confuse. Non sono mai stata così disperata, a tal punto di venire a scrivere la mia vera storia su un vero social network.
                                                           Capito uno: Un amico vero non vende droga.
Tutto cominciò il 2 Agosto del 1980. A quel tempo non esistevano nè computer nè televisioni, e di certo se sarebbe esistita, la tecnologia non sarebbe mai stata il mio forte. Nel ‘900 ero una ragazza per bene. Avevo dei capelli lisci e castani che nel loro splendore coprivano i miei vestiti di seta rosa appena fatti sfornare da mia madre, degli occhi color castano chiaro che rispecchiavano la forza dei rami delle foreste più portente, un naso piccolo e arricciato all’insù ed una bocca che faceva il crepo a tutte le galline della mia scuola; sì, avevo proprio una bocca “da bacio”. Non era mia abitudine vestire con gonne corte fino a metà coscia e magliette scollate, pertanto mi limitavo ad indossare i soliti jeans neri ricevuti al mio compleanno da mia cugina e la solita maglietta bianca con le bretelle di jeans blu comprate circa un mese prima, in uno dei più cari negozi della mia città. Non è facile dimenticare la propria città natale, ma posso garantirvi che io l’ho completamente scordata. Non so a cosa sia dovuto questo buco nero nella mia mente, forse per l’età, oppure per la sola e unica voglia di voler dimenticare qualcosa di importante. In quegli anni, mi ero fatta un sacco di amici e tra maschi e femmine oramai non notavo più la differenza. Un bel giorno d’estate però, proprio verso la fine della scuola, ebbi un incontro con un ragazzo che a prima vista poteva sembrare gentile e cordiale, come si dimostrò con me, ma che invece sotto sotto, nel profondo del suo lurido corpo si celava un animo cattivo e spietato contro tutti quelli che osassero intralciare il suo “Red Carpet” personale. Io purtroppo mi misi contro di lui e intralciai il suo caro tappeto rosso personale. Con i suoi occhi celesti e i suoi capelli biondi platino come quelli di un perfetto inglese, mi intrappolò in una gabbia d’amore nei suoi confronti, dove crebbi e successivamente feci una scelta a suo favore, lasciando così fuggire, tutti i miei più cari amici dalla mia vita. Fui abbandonata da tutti ma non mi preocupavo, c’era ancora lui con me e finchè ci fosse stato, io sarei stata felice per sempre. Non mi sarei mai aspettata che proprio la persona a cui ero più legata mi potesse mettere in grossi casini. Dopo essere stata abbandonata da tutti ed essere rinominata da tutta la scuola come la zimbella della città, venni a conoscenza di un gruppo di amici di Mark (il ragazzo) e così, decisi di addentrarmi nell’avventura e di stringere una salda amicizia con loro, tanto per non rimanere da sola per l’ennesima volta. Fu proprio lui con la sua banda di deficienti a farmi diventare una drogata ed una fumatrice provetta. Durante i primi tempi, quando ancora ero alle prime armi, non riuscivo a comprendere il significato di tutto quel silenzio riguardo alle bustine con dentro la polverina bianca che non sembrava altro che caramelle alla menta, quelle che adoravo e che adoro tuttoggi. Che stupida ero. Solo ora mi rendo conto di tutti i miei errori compiuti stando con lui e lasciando la buona strada. Non fu però Mark ad insegnarmi a sniffare cocaina o a tirare sù col naso tutta la cenere della sigaretta, no. Fu un suo amico, già, quello stronzo di Alex. Mi viene difficile ricordarlo e non voglio nemmeno sforzarmi per riempire la mia memoria del suo volto sporco di sangue di vittime innocenti. Non era difficile fumare, anzi, mi ci abituai fin troppo in fretta. Al principio, come per tutte le cose, presi la storia delle sigarette e della droga come una semplice scusa di svago e divertimento, ed in effetti  ogni volta che ingerivo qualcuna di queste mi sentivo una dea scesca in terra, solo che non mi sarei mai aspettata dopo 5 anni di droga, alcool e fumo di venire ricoverata in ospedale per un grave tumore al polmone destro e con un alto tasso di probabilità di morte perenne. Non auguro a nessuno di dover passare quello che ho passato. Durante le prime volte, dopo neanche una sniffata sembra che non succeda niente, ma non è come sembra, infatti dopo te ne fumerai un’altra e dopo quell’altra un’altra ancora e così continuando ne farai una droga e succesivamente alla droga diverrà una malattia ed un’ossessione provocando vari disturbi cardiovascorali e respiratori con la conseguenza del danneggiamento di tutto il sistema immunitario della propria persona. Oggi come oggi non ho più alcun contatto con Mark e penso sia un bene. Pochi giorni fa mi ha chiamato al cellulare attraverso l’anonimo. Ero in ospedale e l’infermiera disse che la chiamata era per me così non ebbi altra scelta che rispondere. Credendo fosse mia madre che mi chiamava da casa ansimante per i suoi soliti attacchi di panico risposi in fretta e dissi:
<< Ciao mamma, che succede? Hai presto la pillola? Guarda che te l’avevo lasciata proprio sopra al tuo comodino beige in camera da letto.>>
Una voce rauca e all’apparenza malandata mi rispose tutta d’un fiato. << E’ bello risentire la tua voce impregna di cocaina, Lisa.>>
Mi salì un groppo al cuore e subito dopo mi venne da piangere per la rabbia. Decisi però di non piangere, così gli risposi più che a tono. << Che cazzo vuoi Mark?>>.
Sentii la sua esitazione attraverso il rumore intermittente della cornetta e per il nervoso arrotolai tutto il filo del telefono attorno all’indice.
<< Mi pare di aver sentito che fossi all’ospedale>>. Ascoltai la sua voce come non mai e mi parve di sentire una strana tosse da dietro la cornetta.
<< N-non è vero. E poi anche se fosse?>> Mi feci forza. << Che cazzo te ne frega di me?>>
<< Me ne frega eccome>>. << No, non te ne è mai fregato, sennò a quest’ora non sarei in queste condizioni, brutta testa di cazzo.>> Tratenni le lacrime a stento e feci un sospiro grande quanto una casa in modo da riprendere fiato per l’ultima volta. Sentii dei leggeri gemiti dall’altra parte della cornetta; cercai di capire di che si trattava ma niente, nulla mi venne in mente. Udii la voce di Mark con molta chiarezza: << Ma che ti prende? Siamo da un sacco di anni che non ci sentiamo e questo sarebbe il tuo cazzo di ringraziamento?!>> Sentii il cuore scoppiare e gli occhi farsi sempre più lucidi per l’ira, provocata dal suo discorso inutile. Mi misi a piangere. << Chi cazzo è che sta gemendo dietro la cornetta?!>> Dissi urlando così tanto, che il rumore si impadronì della quiete di tutto l’ospedale e del sonno dei miei compagni di malattia. Mark non esitò a rispondere con la sua immortale freddezza e con tutta l’arroganza possibile. << Non è niente, è soltanto un mio amico che sta poco bene.>> e dopo aver buttato giù questa mezza frase senti un grande sbuffo da parte sua. Non riuscivo a far smettere la caduta delle lacrime e proprio mentre una di queste, si stava dirigendo all’interno della mia bocca scolorita per la malattia, sbottai in un istante facendo sobbalzare la mia amica che stava ad ascoltare la conversazione dall’altra parte del mio letto. << Spegni subito questa chiamata e vai ad aiutarlo! Sei proprio un ipocrita cavolo!>>. Mi rise “in faccia”. << Ragazzina, io non aiuto proprio nessuno, se ti va vieni tu da me.>>. Mi agitai. Perchè voleva che andassi da lui? Che tipo di squallide torture avrebbe preferito eseguire su di me? Feci un bel respiro e dissi con voce rauca: << Ehm.. sono all’ospedale.>> Ci fu 1 minuto di silenzio, alchè stavo per spegnere la chiamata, quando, con un filino di voce il mio ex compagno d’avventure aggiunse: << Allora vengo io da te.>> Sapete cos’è il panico? Ecco io avevo propria un’alta forma di quella strana malattia.

   
 
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