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Autore: Nimue07    24/04/2014    0 recensioni
[dal sesto capitolo]
-È successo circa un mese fa- cominciò a raccontare -mi sono messo alla finestra ad aspettare.
-Aspettare cosa?- chiese Lauren dubbioso. Convinto che Ryan lo stesse prendendo in giro.
-Ad aspettare che accadesse qualcosa!- esclamò Ryan, cercando di creare la più suspense possibile -Mi sono accorto che accadeva sempre qualcosa di strano di notte, solo nelle notti in cui la luna splendeva nel cielo più visibile.
-È una di quelle storie da campeggio al chiaro di luna?- domandò il ragazzo, drizzando le ruote della sedia in modo da osservare meglio Ryan, mentre quest’ultimo si faceva serio:
-Dubitavo anch’io su quel che vidi quelle notti- disse Ryan sfoderando un suo lato nascosto, che difficilmente tirava fuori -c’è stato un momento in cui credevo di essere impazzito. Ho conosciuto una ragazza …
-No?!- esclamò divertito Lauren -C’era in giro una ragazza a Grain, con cui non eri ancora uscito? Deve essere una forestiera.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate il ritardo!:( Un po’ per la linea che non va, un po’ per gli impegni vicino pasqua, non ho potuto rispettare il giorno di pubblicazione.
Spero possiate perdonarmi con questo nuovo capitolo, un po’ più lungo … adesso vi lascio alla storia
Buona lettura!
 
*.*.*.*.*.*.*.
Capitolo 10
                       Scartoffie bagnate di pioggia
                                                                 e birra

 
 
Aspetto una domanda
che metta fine alle ambiguità in qui nuoto da un po’, una boccata d’aria
tra una bracciata e lo schianto del muscolo, sulla superficie dell’acqua gelida
che riporta il tuo ricordo;
il tempo sufficiente a far si che il mio sguardo, si liberi dalla foschia che mi annebbia.
Non posso trovare risposte, qui seduto a far niente
sin quando la domanda che aspetto non farà ritorno
con la sua mano gelida e rassicurante, prima che sia io a diventar gelo.
*.*.*.*.*.*.*.
 
 
Chris si mise a frugare nel primo scomparto della cassettiera, mentre Ryan gli urlava da sotto la doccia cosa fare.
-Certo che sei un bel tipo!-  lo rimproverava Chris  -Prima ti vesti, e poi decidi fare una doccia?
La pietra e la sua influenza, davano a Ryan un comportamento imprevedibile e mutevole.
-Ho cambiato idea. Lascia perdere i calzini neri, trovane un paio bianchi … di quelli corti-  gridò Ryan, indossando il voluminoso accappatoio, mentre Chris sbuffava impaziente.
Probabilmente più che lunatico, Ryan si divertiva ad indispettirlo; ora che Chris difficilmente gli diceva di no.
-Cercare un paio di calzini uguali è un’impresa qui dentro, ora che li ho trovati il principe ha cambiato idea!-  disse sarcastico il ragazzo, lasciando perdere calzini bianchi, neri o colorati che fossero.
-Hai detto tu che dovevamo darci una mossa-  rispose Ryan in tutta calma, raggiungendolo nella sua stanza  -è per risparmiare tempo.
-Sai cosa farebbe risparmiare tempo?-  gli disse Chris  -Rimettere a posto i calzini in coppia.
-L’ordine è per i pigri-  rispose Ryan, ficcanasando nel cassetto  -Guarda che casino hai combinato!
-Sarei stato io ha metterlo in disordine?
-Nel mio disordine, c’era un ordine. Ora non troverò nulla-  disse Ryan scostando gli abiti arruffati ed i calzini spaiati. Nel movimento qualcosa urtò il fondo del cassetto, un suono che non avrebbe mai potuto fare la stoffa.
Dimenticando ogni altra cosa, Ryan prese a tastare il fondo del cassetto, fino agli angoli ma, esso era troppo pieno per permettergli di arrivare all’oggetto estraneo. In un gesto impulsivo ormai da lui, sfilò il grande cassetto facendolo scivolare fuori dai binari, e lo abbandonò sul letto che cigolò sobbalzando per il peso.
-Devono per forza essere bianchi questi calzini?-  domandò Chris, con le mani arpionate ai fianchi in segno di stizza.
-E chi ci pensa ai calzini?-  disse Ryan svuotando il cassetto con poco garbo, facendo volare indumenti dove capitava  -Il mio obbiettivo è un altro.
-Approfittarti del mio buon cuore?-  disse Chris camminando per la stanza  -Almeno non fai il depresso come il tuo solito.
-Ecco!-  gridò di colpo Ryan, brandendo sopra la testa l’oggetto che cercava.
Chris osservò attentamente: tra le mani di Ryan, vi era un mazzolino di erbette dalle foglie verde scuro, grandi non più di sei centimetri, dalla sfumatura luccicante.
-Sistemare le spezie tra gli indumenti intimi fa parte del tuo ordine, oppure è un originale sistema di profumazione?-  domandò sarcastico Chris.
-Non ce le ho messe io-  disse Ryan, che ora guardava il mazzolino da vicino.
Le foglie erano accompagnate da piccole bacche nere, ancorate ai ramoscelli secchi, legati insieme da un fermaglio a clip con un fiocco azzurro  -Il fermaglio è quello di mia madre. Ci avevo legato tempo fa …-  ci pensò su, prima di ricordare il giorno in cui ripose quel fermaglio in fondo al cassetto.
-Cosa?-  chiese Chris curioso, mentre Ryan non distoglieva lo sguardo dai corti ramoscelli.
-Il giorno che ho tagliato i capelli a Dafne- disse Ryan  -Ho conservato una ciocca dei suoi capelli, tenendoli fermi con questo fermaglio. Non so perché …- terminò incerto.
-Già! Mi avevi accennato di averle tagliato i capelli-  disse Chris serio.
-Mi stai facendo il verso?-  si voltò Ryan infervorato, convinto che l’amico lo stesse prendendo in giro, per aver menzionato nuovamente la ragazza del mistero.
-No!-  rispose Chris alzando la voce  -Come sei suscettibile!
-Se fossi al posto mio, lo saresti anche tu.
Chris si fermò a riflettere, guardandosi le mani:
-Perché non parli più di quella ragazza?-  chiese serio
-Per il quieto vivere-  rispose Ryan con un’espressione enigmatica.
-Se non chiudi un debito in modo adeguato, continuerai a pensarci all’infinito; a meno che tu non sia un menefreghista-  gli disse Chris.
-Come si fa a diventare un menefreghista?-  chiese Ryan.
-Restando indifferente alla richiesta che ti viene fatta-  rispose il saggio ragazzo  -Cosa di cui tu non sei capace, per fortuna!
-Sarebbe una fortuna?-  disse Ryan afferrando al volo i vestiti sistemati su di una sedia.
-Hai bisogno di metterci un punto a questa storia, ho quella ragazza non te la leverai mai dalla testa-  disse Chris, tirando fuori il buon senso che mancava a Ryan  -Sfrutta il tuo giorno di libertà per chiedermi di aiutarti a risolvere questa cosa.
-Sei disposto a credere che questi erano capelli?-  lo mise alla prova Ryan, sventolando il fermaglio ricolmo di spezie, sotto il suo naso.
-Sono disposto a credere che questo è alloro … per il resto indagheremo-  rispose Chris.
*.*.*.
Come promesso i due andarono in biblioteca. Un reparto dedicato alla magia non esisteva ma, Chris sapeva dove andare a mettere le mani, in quel luogo che conosceva come le sue tasche.
L’alloro e i nomi: Dafne e Lauren, fecero venire in mente al ragazzo una leggenda dell’epica greco romana, di cui Ryan non aveva conoscenza.
-Dafne, figlia e sacerdotessa di Gea la Madre Terra,  e del fiume Peneo, era una giovane ninfa che viveva serena passando il suo tempo a deliziarsi, della quiete dei boschi.
Secondo la leggenda un giorno Apollo, fiero di avere ucciso a colpi di frecce il gigantesco serpente Pitone, incontrò Eros che era intendo a forgiare un nuovo arco. Apollo, ancora fiero di se stesso si burlò di lui, del fatto che non avesse mai compiuto delle azioni degne di gloria.
Il dio dell’amore, profondamente ferito dalle parole di Apollo, volò in cima al monte Parnaso e lì, preparò la sua vendetta: prese due frecce, una spuntata e di piombo, destinata a respingere l'amore che lanciò nel cuore di Dafne, ed un'altra ben acuminata e dorata, destinata a far nascere la passione che scagliò con violenza nel cuore di Apollo.
Da quel giorno Apollo iniziò a vagare disperatamente per i boschi alla ricerca della ninfa, perdutamente infatuato di lei. Il suo però, era un amore malsano, ossessionato, nato dal capriccio di una divinità offesa, e non scaturito dal puro sentimento.
Dopo varie ricerche Apollo riuscì a trovare la ninfa che, appena lo vide respinse la sua corte, intimorita e disgustata dal comportamento del dio, che per quanto insistette con dolci parole, non riusciva a far breccia nel cuore della giovane Dafne.
La fanciulla scappò da lui tra i boschi, sfuggendo per sempre dalle sue braccia.-  terminò la lettura, Chris  -Ricordavo un personaggio di nome Dafne in queste storie. Da bambino adoravo i miti e le leggende degli dei-  sorrise.
-Mentre i tuoi coetanei si facevano raccontare cappuccetto rosso, tu leggevi le gesta di mostri e anti eroi?-  ironizzò Ryan.
-Trovo più violenta la storia di un lupo che divora nonna e nipote-  rispose Chris scettico.
-Si va be …! Ma questa storia non ha nulla a che vedere con Dafne, se non il nome della ninfa che fuggiva-  disse Ryan con scarso interesse.
-La pagina che racconta il resto della storia è stata strappata via-  disse Chris, sfogliando li voluminoso libro  -qui dice che il nome Dafne proviene dal termine greco dafnos, che vuol dire lauro: antico nome con il quale veniva chiamata, l’attuale pianta di alloro- Chris ricominciò a leggere  -“In onore dell’amore perduto, il dio proclamò a gran voce che la pianta dell’alloro diventasse sacra al suo culto, e segno di gloria da porsi sul capo dei vincitori. Così ancor oggi, in ricordo di Dafne, si è solito cingere il capo di coloro che compiono imprese memorabili, con una corona di alloro.”-  terminò il trafiletto, successivo alla pagina strappata via  -Secondo te è un caso, che sia il nome Dafne che Lauren derivino dalla pianta sacra ad Apollo, e tu ti ritrovi un mazzolino della stessa pianta nel cassetto, al posto della ciocca di capelli che avevi conservato?-  aggiunse Chris  -Non eri tu quello che non credeva alle coincidenze?
-Non dico che la cosa non mi metta all’erta ma, tutto questo non ci porta a nessuna conclusione.-  replicò Ryan.
-Potrebbe essere un buon punto di partenza-  suggerì Chris  -Forse lo ha sostituito lei per farti comprendere qualcosa.
Sul volto di Ryan comparvero delusione è allo stesso tempo leggerezza; la leggerezza donata, da una persona vicina che ti accompagna lungo la via che ti sei prefissato di attraversare. Le incomprensioni e gli scontri magari tra i due non sarebbero cessati, perché i conflitti nascono da confronti, se manca il litigio viene a mancare anche il confronto, e non sempre si riesce a veder tornare un amico a camminare lungo i tuoi stessi passi. Non solo per metafora i due camminavano lungo la stessa strada, Chris con la sua bici alla mano accompagnò Ryan a casa, approfittando della passeggiata per continuare a chiacchierare.
Raggiunto il portoncino di casa Omalley, lo sguardo di Chris andò a quella che una volta era casa Brown:
-Nonostante abbiano trovato i documenti-  disse Chris pensoso  -non hanno scoperto il vero nome del signor Brown.
-I documenti che testimoniano la sua provenienza, gli avrà fatti fuori già da un pezzo-  disse Ryan  -ha un quadro in salotto, dipinto da lui, pensa che persino la tela è firmata col solo nome. Forse non se lo sono portato dietro, ci sono molti particolari a cui Beatrix non dava importanza … magari lo ha lasciato con il mobilio.-  spiegò Ryan, rivolto anch’esso alla vuota abitazione.
-Sarebbe così importante questo quadro?-  domandò Chris.
-Lo era per Dominique, quindi deve essere importante. Io non ne capisco niente ne di arte, ne di storie di dei e compari-  gesticolò Ryan in modo convulso  -magari se lo vedessi tu, ci capiresti qualcosa.
-Non provarci nemmeno!-  avvampò Chris improvvisamente  -Aver pranzato insieme; ricercato su libri di giardinaggio ed epica, i molteplici utilizzi dell’alloro; andare a sfottere Miss Order facendo finta di essere un povero ragazzo sconvolto dagli avvenimenti, va bene … ma questo no, infrangere i sigilli della polizia, no!
-In fondo oggi ci siamo divertiti-  disse Ryan, con un sorrisino che voleva essere convincente.
-Ciao Ryan!-  tagliò corto Chris, saltando in sella alla sua bici.
-Non era il mio giorno di libertà?-  gli urlò dietro Ryan  -Non mi dici di starmene buono a casa, senza far danni?
Chris voltò l’andatura, tornando in dietro:
-Perché? Se ti dico di non farlo mi starai a sentire?-  chiese con una smorfia poco convincente.
-Forse si … molto probabilmente no-  si riprese Ryan, mentre Chris sbuffava  -Oggi sei una locomotiva.
-Almeno non lasciare tracce del tuo passaggio-  bisbigliò Chris, senza scendere dalla bicicletta.
-Penso che entrerò rompendo la vetrata sul retro-  disse Ryan meditabondo.
-Atto che lascerà qualche traccia non credi?-  lo riprese Chris  -Vuoi cacciarti di nuovo nei guai? Le grazie per te sono finite.
-Non sarà una banalità come questa a fermarmi. Ci sono indizi la dentro che solo io posso notare, conoscendo Dafne.
-Indizi che neanche la polizia a notato?-  chiese Chris occhi negli occhi.
-Esatto!-  rispose Ryan sprezzante ed inflessibile.
Chris si trattenne dal sospirare nuovamente, si schiarì la voce e disse con estrema nonchalance:
-Una copia delle chiavi sono nel terriccio della pianta grassa, appesa al soffitto sotto la veranda d’ingresso.
-E tu come fai a saperlo?-  sorrise stupito Ryan.
-Il giorno in cui andammo a parlare con Lauren alla casa famiglia-  spiegò Chris  -me lo ricordo perfettamente, era il venti di giugno. Ti lasciai a casa, avevi mille pensieri per la testa. Deluso dal fatto che Lauren non ti avesse dato retta, che il tuo piano fosse da cambiare … quel giorno tornai indietro. Qualcosa mi diceva che ne avresti fatta una delle tue, volevo capire meglio chi era questa Dafne, perché più di un particolare mi era sfuggito, o omesso-  aggiunse rivolgendogli uno sguardo fulmineo che, andò a colpire l’orgoglio di Ryan  -fatto sta, che non eri in casa. Non era passato molto da quando ci eravamo salutati, ti ho aspettato per un po’ nel vialetto, e quando ho visto passare la macchina di Dominique Brown ho capito che dovevi essere in casa sua. L’ho visto prendere le chiavi del vaso in alto, ho capito da quel gesto che la moglie non doveva trovarsi in casa. Per evitare che ti sorprendesse in casa sua come un ladro, gli sono andato in contro per parlargli e distrarlo, ho volutamente alzato il tono della voce, in modo che tu dall’interno, potessi sentirmi e scappare in tempo.
-Cosa vi siete detti?-  chiese Ryan così teso, che solo se sue labbra si mossero.
-Di cosa avremmo dovuto parlare? Ho improvvisato sul momento domande riguardanti Lauren, gli ho detto che ero un suo compagno alla casa famiglia. Lui però non mi ha dato molta attenzione, mi ha snobbato ed è entrato in casa.
-Ero uscito dal retro. Ti ho visto andare via, pensavo volessi parlare con i Brown dell’adozione, e che ti fossi tirato indietro-  disse Ryan  -mi ha accolto Beatrix, non sono entrato di nascosto … quella volta!
-Ok! Non voglio sapere altro sulle tue violazioni e roba varia-  gesticolò Chris nervosamente  -Io non so niente, e non ti ho detto niente.
-Grazie!-  sorrise Ryan, sinceramente grato.
-Ci vediamo domani a scuola!-  lo salutò Chris prima di schizzare via.
Domani c’è scuola?
Ryan l’aveva completamente dimenticato.
Contrassegnata ogni luna e cambiamenti sul calendario, aveva dimenticato di segnare il primo giorno di scuola, dopo aver superato gli esami di recupero con successo.
Per quanto tempo ancora, avrebbe continuato a pensare alla giustizia mancata, che non sapeva neanche dove cercare?
*.*.*.
Solo una veloce capatina in casa, per dare il cambio all’infermiera di suo padre, prima di addentrarsi nella casa dei vicini: almeno questo era il progetto ma, i passanti gli impedirono nell’immediato di agire nell’ombra, dovette attendere il tardo pomeriggio, quando il passeggio di Grain andava a dormire con le galline.
Tranquillo Ryan uscì dalla sua abitazione, nonostante la sua breve assenza chiuse a chiave la porta: abitudine presa dalla notte in cui Dafne entro in casa sua. Non meditava di restare a lungo, presto avrebbe dovuto recarsi nel rifugio della pineta, attendendo la notte illuminata dalla luna: nuovamente padrona del cielo quella notte, con la sua pienezza.
Guardandosi intorno, Ryan fece scivolare le dita all’interno del piccolo vaso, pungendosi più volte prima di raggiungere la chiave. Un’ultima occhiata veloce alla strada deserta e Ryan fu dentro l’abitazione. Il piano inferiore apparve così come lo ricordava, con un po’ di polvere sparsa. Il quadro di Dominique era assente, sulla carta da parati vi era ancora l’ombra della sua prolungata presenza. Meditabondo Ryan soppesò ugni gradino che lo portava al piano superiore, era stato montato un attrezzo elettronico lungo la parete per il trasporto di invalidi.
Ogni stanza, parete, oggetto non gli dava altro che malinconia, al sol pensiero che Lauren aveva passato lungo quegli ambienti i suoi ultimi momenti. Gli abitanti di quella dimora, sembravano essere fuggiti all’improvviso lasciando tutto intatto, senza però dimenticare oggetti che potessero richiamare la loro identità, non una foto, una agenda o un oggetto strettamente personale.
Tutte le porte erano aperte, tranne una in fondo al corridoio. Con cautela Ryan abbassò la maniglia, aspettandosi di trovarla chiusa a chiave ma, non fu così; si trattava di un ristretto ufficio di classe, addobbato da semplici scaffalature in mogano, ancora ricolme di libri ed oggetti d’arredo di classe. Il ragazzo andò a sedersi dietro la sontuosa scrivania sprovvista di carte. Approfittò della comoda poltrona a rotelle per girare su se stesso, ed avere una rapida panoramica della stanza, a caccia di indizi o di un guizzo del suo istinto, che lo portasse ad intercettare un qualche particolare sfuggito ad altri occhi.
Fermò la giravolta allungando le gambe verso la cassettiera ancorata alla scrivania, scheggiandola. Cominciò ad aprire ed esplorare cassetto dopo cassetto, quello più in basso conteneva una risma quasi intatta, i restanti scomparti erano vuoti, probabilmente vuotati dalla polizia o da Beatrix. Ryan ebbe la sensazione che fosse più importante ciò che mancava, rispetto a ciò che era stato lasciato indietro. Quell’ispezione andava fatta prima, cosa sperava di trovare dopo così tanto tempo?
Con un gesto di irritazione, diede una manata al cassetto scorrevole per tastiera che sobbalzò tornando indietro, ed un foglio volò a terra, seguitò dal un piccolo blocco di appunti che Ryan afferrò senza pensarci due volte, probabilmente si trovava in fondo al cassetto scorrevole, ed il suo gesto ne aveva provocato la caduta.
Il blocco non aveva nulla di interessante al suo interno: vi erano segnate delle date con trafiletti scritti velocemente, con una scrittura stenografica incomprensibile. Se la polizia non l’aveva ritenuto importante alle indagini, non doveva esse nulla di rilevante.
Ryan si rigirò il foglio volante tra le mani, non apparteneva al blocco, appariva come un foglio strappato da un libro stampato. Distese meglio la pagina e cominciò a leggere:
“La ninfa terrorizzata, scappava tra i boschi. Accortasi però che la sua corsa era vana, in quanto Apollo la incalzava sempre più da vicino, invocò la madre terra di aiutarla, e questa, impietosita dalle richieste della figlia, sapeva che accelerare la sua corsa non sarebbe valso a nulla, sua figlia non avrebbe mai potuto scappare all’infinito, così rallentò il suo passo, sino a fermarla del tutto. Il corpo della giovane cominciò ad ancorarsi al terreno, i suoi delicati piedi si tramutarono in robuste radici, i suoi capelli mutarono in rami ricchi di foglie, le sue braccia si sollevarono verso il cielo diventando flessibili rami, il suo corpo sinuoso si ricoprì di tenera corteccia, ed il suo delicato volto svanì tra le fronde dell'albero venuto a crearsi.
Quando Apollo la raggiunse non poté prenderla con se. Dafne era salva dal suo aggressore, se pur condannata ad una vita in vesti differenti da quelle umane ma, pur sempre vivente, in nome della libera scelta.”
Si trattava della pagina strappata via dell’enciclopedia della biblioteca.
Perché mai un uomo in possesso di così tanti volumi, avrebbe strappato un libro appartenente alla biblioteca della cittadina?
Un tuono improvviso fece sobbalzare Ryan, prendendolo come un avvertimento si mobilitò per andar via, portando con se il quaderno e la pagina strappata.
Scendendo al piano di sotto passò dalla cucina, aprì le dispense in cerca di qualcosa che l’aiutasse a capire, ma niente. Attraversò il salotto e si diresse alle scale che portavano al seminterrato. Come un tempo gli dissero i poliziotti, si trattava di uno scantinato come tanti altri: polveroso, ricco di ragnatele e vecchie scatole con decorazioni natalizie.
Ryan cominciò ad aprire le scatole, tracciando il nastro adesivo senza preoccuparsi delle inevitabili tracce che avrebbe lasciato dietro di se, aveva perso troppo tempo al piano superiore.
Presto scoprì che targhette e spesse scritte sulle scatole, mentivano come i loro padroni. Le decorazioni natalizie contenevano vecchi indumenti sfusi, molto simili alle larghe camicie indossate da Dafne. Una busta nera nell’angolo aveva un post-it che recitava con un’elegante scrittura femminile: “raccolta lattine”. Ryan la strappò senza complimenti; all’interno vi erano una trentina di lattine, nulla di strano calcolando il compenso fornito da alcune associazioni pro riciclaggio, in base alla quantità di latta ricevuta, il lato bizzarro stava nel fatto che i barattoli vuoti, contenevano tutti birra, di diverse etichette ma sempre e solo birra. In fine, nascosto nell’ombra delle scale in legno grezzo, Ryan intravide un piccolo baule; la serratura non fu difficile da scassinare, il legno marcio si sbriciolo alla minima forzatura, il catenaccio a forma di cuore cadde per terra, creando un piccolo colpo che nel silenzio circostante dell’abitazione vuota, apparve come un tonfo sordo che fece rabbrividire Ryan, facendolo sentire un codardo.
Con cautela aprì il baule mentre la pioggia battente, bussava al vetro della piccola apertura del seminterrato. Un brutto odore di polvere e umidità fuoriuscì dalla cassa, facendolo sternutire, all’interno vi erano dei giochi per bambina, tra i quali: vecchie barbi, pettinini, cavallucci impolverati e nastri dai colori un tempo vivaci. Una scatola di scarpe tinta di rosa con dei fiori mal dipinti sul coperchio, incorniciavano il nomignolo “Bea”. Ryan non poté non sorridere, dinanzi al comico appellativo della donna un tempo bambina, era evidente che la sua abitudine ai diminutivi nasceva dalla tenera età…la scelta di brutti diminutivi.
Aprì la scatola, nella parte interna al coperchio in cartone, una scritta sbiadita recitava “i miei tesori. Intrusi mollate la presa!”. Prima descrive il contenuto della scatola e poi, intima a chiuderla con una richiesta scritta?
Ebbe pena per Beatrix, se pur quei ricordi accuratamente conservati appartenevano alla sua infanzia, restava una donna ingenua, in un certo senso vittima di Dominique anch’essa.
All’interno della logora scatola, vi erano un paio di scarpette da danza classica di una minuta misura; collanine in corda e perline colorate, un orsacchiotto di peluche con della bambagia fuoriuscita dalle cuciture rattoppate, con cotone di un colore differente alla pelliccia sintetica.
Ryan si domandò se l’abbandonare quel baule nel seminterrato, fosse un atto voluto o costretto dalla donna, trasferita in tutta fretta.
L’intero baule era impolverato, tranne il contenuto della scatola; la cosa incuriosì Ryan che, cominciò a rovistare tra i vecchi quanto preziosi oggetti. Sul fondo trovò una lettera chiusa, senza destinatario ne mittente. L’aspetto lindo ed ordinato della carta, fece capire al ragazzo che si trattava di un messaggio lasciato li da poco tempo.
Nessuno avrebbe mai reclamato una lettera non spedita, senza destinatario, chiusa in un baule ammuffito. Quando e soprattutto, se mai Beatrix fosse tornata, avrebbe avuto altri pensieri più importanti di cui occuparsi.
Come previsto, la lettera scritta a mano su carta da lettere floreale, apparteneva alla donna. Non una data ne un iniziale indicazione sulle motivazioni, che la portarono a scrivere i suoi pensieri su quelle tre pagine, probabilmente uno sfogo da conservare, in modo da non poter essere mai più dimenticato.
Scriveva soprattutto di Dominique, senza mai farne il nome. Di come si fosse innamorata di lui senza alcun preciso motivo, delle sue fantasie dell’immediato futuro, dei sogni insieme, della delusione nello scoprire quanto fossero poco considerati quei desideri, dall’uomo che non era mai stato davvero suo.
Sulle loro malefatte nessuna parola esplicita, solo piccole spiegazioni di quello che la donna descriveva come un terzo incomodo, causa del progressivo declino della sua vita sentimentale. Terzo incomodo che nello scorrere della lettera, si arricchiva di particolari inconfondibili alla lettura di Ryan.
La donna insisteva sulle priorità dell’uomo, sempre pronto a specificare quanto lei non fosse al primo posto, probabilmente neanche al secondo. Sottolinea le affermazioni riascoltate mille volte da lui, come fossero richiami; i suoi giudizi, l’importanza del progetto da lui pianificato per anni. Piani che l’uomo comincia a modificare, dopo aver fatto una più approfondita conoscenza di colei, che viene etichettata come terzo incomodo; Beatrix descrive Dafne come fosse un’amante che non si concede mai, spingendo Dominique ad un’infatuazione senza sbocchi, che lo spinge ad insistere sempre più, lasciando perdere persino i suoi progetti per lui più importanti. Accusa Dafne di essere una presuntuosa viziata, sempre bisognosa di attenzioni, alle quali il suo compagno non metteva mai un freno, perdonandola anche dopo aver scoperto i suoi piccoli furti all’interno dell’abitazione; pone l’esempio di birra e alcolici mancanti: “Trovate le prove della sua colpevolezza, invece di punirla, crede alle sue scuse e le fornisce addirittura altri alcolici ogni notte”, lesse Ryan concentrato, ricordando quando Dafne, gli consigliò di bere alcolici nel caso la pietra gli avesse dato fastidio. Ryan percorse nei suoi pensieri il tragitto compiuto dalla ragazza, la notte in cui penetrò nella sua casa: dopo aver aggredito involontariamente suo padre, svuota il frigo col desiderio di auto controllarsi con l’aiuto dell’alcol, mette su un nastro di musica classica, e si chiude nello stanzino, dove trova una vecchia tuta da giardino che indossa per stare più calda.
Continuando a leggere avidamente, Ryan trovò una descrizione di se stesso, era l’unica persona nominata nella lettera. Notò quante volte veniva ripetuto in suo nome, come se Beatrix ne fosse orgogliosa. Il fatto che il suo nome fosse l’unico citato apertamente, era sintomo della sua diversità agli occhi della donna, Ryan apparteneva a qualcosa di diverso, qualcosa che non deve per forza essere nascosto, rappresentava per Beatrix l’alternativa alla sua vita ricolma di sotterfugi.  
Parlava di lui, come uno strumento da utilizzare per il suo riscatto, accompagnando progetti ed idee al quanto assurde, con complimenti ed apprezzamenti imbarazzanti, fino ad arrivare al suo primo atto di forza: Beatrix raccontava della notte in cui Dafne riuscì a fuggire, lei stessa aiuta la ragazza a scappare a sua insaputa, distraendo l’uomo, che accortosi della fuga della sua sottoposta corre a cercarla nella direzione indicata da Beatrix, ovviamente errata. Dopo aver allontanato Dominique, la donna intravide un movimento attraverso uno squarcio nella siepe, notò Ryan e con un gesto impulsivo lo colpì, con timore che potesse venire a conoscenza del lato nascosto della sua vita. Si trattava di una ferita lieve, ed il posto forniva una buona protezione dallo sguardo dei passanti, così lo lasciò li dov’era.
Distratta da Ryan, Beatrix perse Dafne, senza preoccuparsene più di tanto, riportò Dominique in casa tranquillizzandolo per quanto possibile. All’alba, preoccupata per la sorte del ragazzo, Beatrix uscì, trovandolo con suo stupore ancora sdraiato dietro la siepe. La donna racconta di aver gettato dell’acqua addosso al ragazzo, in modo che si svegliasse, facendo credere di essere li per puro caso. In quella occasione notò una piantina di Daphne di maggio, comprese che Dafne doveva essersi intrufolata in quella casa, pensando che durante il giorno la ragazza si sarebbe allontanata il più possibile dalla sua abitazione, non riferì al convivente ciò che aveva scoperto, fiduciosa che l’uomo potesse col tempo dimenticarsi della nipote.
Progetto che andò disgregandosi, quando l’uomo trovò una pagina strappata tra le cose di Dafne. Beatrix si trovò costretta a confessare di aver stipulato un patto con sua nipote, in cambio della buona condotta della ragazza, lei le avrebbe fornito qualcosa dal mondo esterno, in qui Dafne non poteva recarsi; la ragazza espresse il desiderio, di ricevere il libro più massiccio di miti e leggende degli dei che avesse trovato, visto che non gli era permesso accedere alla libreria dello zio, perché tenuta costantemente sotto chiave. Beatrix non sapeva che la ragazza, avesse tenuto per se una pagina di quel libro riportato in biblioteca ma, confidava nel fatto che Dominique avesse apprezzato la sua sincerità, dimenticava che l’uomo non mostrava ne provava vero rispetto nei confronti di nessuno, se non di se stesso.
La lettera terminava con la descrizione di una Beatrix demoralizzata, a causa di un uomo in qui aveva riposto tutte le sue speranze, un uomo talmente ossessionato che anche adesso, in assenza del terzo incomodo, passava ore chiuso nel suo ufficio a fumare erbe, in precedenza piantate per creare tisane calmanti per la ragazza ormai svanita, e leggere e rileggere una pagina tracciata da un libro di epica.
Ryan si soffermò a rimuginare: perché mai una vecchia leggenda, dava tanto da pensare ad un uomo di alta cultura?
La risposta era li tra le sue mani: una lettera di sfogo; fogli volanti; appunti scarabocchiati e lattine di birra. Non si trattava di una leggenda, quello era il piano alternativo di Dafne.
Ryan ricominciò a tremare, per il freddo, per l’ansia, per l’avvicinarsi della notte.
Richiuse il baule, non tentò neanche di ripararlo. Corse fuori dalla casa del ribrezzo dalla porta principale, nascose le importanti scartoffie conquistate sotto il k-way per proteggerle dalla pioggia, correndo verso la sua casa, mai apparsa così rassicurante, dopo essere stato in quel luogo denso di rabbia e tensione lasciata dai vecchi abitanti.
Grato dell’aver trovato un luogo finalmente asciutto, si fermò a controllare il suo orologio, si era fermato alle 7.00 pm. Si scosse la pioggia di dosso e rivolse uno sguardo dubbioso al cielo, il temporale aveva accelerato l’imbrunire, doveva darsi una mossa. I suoi occhi corsero nuovamente verso il basso, posandosi sul numero civico affisso accanto alla sua porta: 777; la data di quel giorno era il 17, settembre: settimo mese dell’antico calendario romano, 1997.
I tasselli mancanti erano arrivati a completare il puzzle, con l’aiuto non solo dell’indizio di Lauren ma, anche delle apparenti povere tracce, lasciate dai suoi nemici.
La Dafne della leggenda per sfuggire al suo aggressore, come ultimo rimedio, come ultima speranza, fu mutata in un arbusto di alloro.
La ciocca di capelli nel cassetto era stata sostituita, o mutata in foglie?
Per questo la pietra gli ripeteva che lei era li, accanto al rifugio nel bosco?
Lauren aveva dato quel compito a lui, avrebbe ritrovato sua sorella come promesso, gli avrebbe rivendicati; eppure i suoi piedi restavano incollati al pianerottolo, temendo di avvicinarsi alla verità.
Ritrovarla, anche in vesti differenti, avrebbe dato giustizia e riscatto alla dinastia Dark?
Di certo non avrebbe dato a Ryan la pace nel cuore.
*.*.*.
Incurante della pioggia, del buio che sopraggiungeva, dei fulmini in avvicinamento, Ryan continuava a correre a perdifiato verso il cuore del bosco. Le scarpe zuppe per le numerose pozzanghere calpestate, cambiarono colore a causa del fango.
Il vento sempre più energico, soffiava le sottili gocce di pioggia sul volto di Ryan che, sempre a fronte bassa per evitare che la pioggia gli offuscasse la vista, rallentava leggermente la sua corsa sino a fermarla del tutto, dinanzi alla vecchia quercia.
Lo scorrere della pioggia, aveva deformato l’ingresso del rifugio in fanghiglia scivolosa che rese difficile a Ryan penetrare all’interno, dove non vi era stato mutamento dalla sua ultima visita, se non fogliame sparso che dava all’ambiente un’aria trasandata. Avrebbe dovuto rimanere li dentro, sin quando i tremori non sarebbero cessati, sin quando il suo corpo e la sua mente, sarebbero tornati alla normalità ma, adesso era così vicino alla verità che non avrebbe potuto attendere oltre. Era sempre stato così: impulsivo e irrequieto, non avrebbe smesso di esserlo proprio quella sera.
<Continuava a ripetersi Ryan, mentre si arrampicava verso l’uscita, senza preoccuparsi delle conseguenze del suo gesto.
Un tempo la pietra gli aveva indicato una direzione a cui non aveva dato retta, convinto che quella sensazione udita, fosse frutto della sua fantasia.
Il consiglio di Lauren non era vano, sentiva che se non avrebbe trovato Dafne, entro lo scadere del diciassette settembre, non avrebbe avuto altre opportunità, ora era pronto a porgere l’orecchio a quel che la pietra gli avrebbe detto. Si guardò intorno, stringendo nella mano destra l’amuleto che sprigionava sempre più luminosa la sua energia, tanto che faticava a tenerlo stretto; cercava camminando ad occhi chiusi in segno di concentrazione, attendendo un segno, un breve rimando che, non arrivò alle sue orecchie ma, al suo naso: riconobbe un profumo conosciuto in sogno. La fragranza di spezie si faceva sempre più intensa, Ryan aprì gli occhi, non fu difficile scovare il fulcro del profumo, proveniente da un arbusto distante da altri alberi, come fosse messo in disparte, un fulmine lo aveva sfiorato, e delle piccole fiammelle cominciavano a comparire sui ramoscelli più alti. Velocemente Ryan si svestì del suo impermeabile, frustando con esso le fiamme per spegnerle, l’azione non fece che aggravare la situazione, dato che l’indumento prese fuoco a causa del suo tessuto infiammabile, con le pagine conservate all’interno delle tasche. Imprecando Ryan gettò a terra la giacca calpestandola velocemente.
Ricordandosi delle lenzuola di lana nel rifugio corse a recuperarle, rendendosi conto di quanto fosse distante. Se non fosse stato per le fiamme, che accentuarono il profumo dell’arbusto, non avrebbe mai notato la pianta.
Qualche secondo era bastato, che al suo ritorno Ryan vide la piccola fiammella non più tanto innocua, nonostante la pioggia che imperversava.
“Ricorda che la pioggia non basterà ad abbassare le fiamme che dovrai affrontare, ci dovrai mettere dedizione e impegno” : le parole di Lauren non erano semplice metafora.
Frustò più volte i rami, sino a spezzare i più deboli. Quando il fuoco cessò, il ragazzo si lasciò scivolare a ginocchia in terra per la fatica; se non fosse stato per lui, probabilmente l’iniziale fiamma avrebbe ridotto in cenere il bosco.
Ora che osservava meglio l’arbusto, notò che si trattava di un sempre verde, evergreen: il nome della sua via. Il fogliame era identico ai ramoscelli visti in sogno, trovati nel cassetto, visti nella foto della pagina strappata ormai bruciata, gli indizi erano ovunque, perché lo si comprende, sempre e solo alla fine?
Senza distogliere minimamente lo sguardo Ryan si destò, avvicinandosi titubante al giovane albero malconcio. Sfiorò col palmo della mano i tralci più bassi, qualcosa attirò il suo sguardo all’interno delle fronde, affondò il braccio tra i rami, sino a raggiungere un brandello di stoffa. Non era l’unico, osservando meglio ne contò altri quattro, tra i rami alti e incastrati nella corteccia del tronco, la stoffa aveva lo stesso colore della camicia da notte indossata da Dafne. Era solo l’ultimo, ennesimo indizio che Ryan non poté fare finta di non vedere. L’aveva trovata, Dafne era li d’avanti a lui, mutata in albero di alloro.
 
*.*.*.*.*.*.*.
Eccoci qui al termine del penultimo capitolo.
Vi avviso che il prossimo sarà piccolino, giusto il finale ma, soprattutto vi prometto puntualità :)
Alla prossima
Vostra Missdream
  
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