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Autore: Voglioniall    24/04/2014    5 recensioni
" Afferro il ciondolino appeso al mio collo, un gesto che compio almeno da un secolo, per assicurarmi puntualmente che lui sia ancora lì. Un ciondolino che sembrava l'unica cosa che potesse ricordarmi di Niall. Invece ho imparato a saper ascoltare il vento, che mi racconta di lui. Ho imparato ad osservare un fiore che sboccia, e a portarlo al viso, come le carezze di seta che mi conservava ogni giorno. Ho imparato a riconoscere il rumore delle macchine, immaginando che torni a casa dal lavoro, con un sorriso provato, ma carico d'amore."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rumore tonfo di una porta che sbatte,dei passi, e il ticchettare pigro incessante dell'orologio accompagnano quasi tutte le mie notti in ospedale. Niall è privo di conoscenze da oltre un mese ormai, e le giornate sono vuote quasi quanto me. Vado continuamente in cerca di un appiglio a cui potermi aggrappare con le unghie e con i denti,e puntualmente torno a galla come un salvagente di seconda mano. In ospedale, ormai, quasi tutti conoscono il mio nome, mi portano il caffè, mi danno qualche pacca sulla spalla, e poi si allontanano silenziosamente prima che ricominci di nuovo a singhiozzare. Anche le lacrime mi hanno abbandonato da un pò. E' come se fossi completamente prosciugata. Quella sorgente d'acqua fresca che mi rianimava e scintillava sotto i miei occhi, ora è sepolta in un letto d'ospedale sotto un cumulo di macerie. Mi siedo sullo sgabello e fisso l'orologio: 6:30. Mi rendo conto che tra poco i familiari di Niall arriveranno, così ne approfitto per godere di ogni singolo momento con lui, anche adesso che è inerme, proprio davanti ai miei occhi. La vista della sua pelle smunta,contornata da macchie violacee dovute all'impatto con la vettura, provocano flash-back di cui cerco di liberarmi da troppe notti. Un lampo di luce bianco, quasi accecante, mi fa dolere entrambi gli occhi. Uno strombazzio di clacson e poi qualcosa che si rompe, che va in frantumi, ed ogni scheggia si va a posizionare nel mio cuore privo di battiti. Lo fisso e gli stringo forte una mano fantasma. La porto sul mio viso e seppur il suo tocco sia rigido, uno strano calore mi percorre il corpo ed accende una piccola fiammella proprio lì, al centro del petto. 
"Quanto mi manchi amore mio" mimo con le labbra secche. Ho dimenticato di bere, di nuovo. Faccio tutto così meccanicamente ormai, che non mi sorprenderei, se invece di un dottore avessi bisogno di un'elettricista. 

"Mia, tesoro...sei ancora qui? Saresti dovuta andare a casa, devi riposare. Sai quanto Niall avrebbe voluto solo che tu stessi bene" la voce della mamma di mio marito mi sembra così lontana, eppure si trova a pochi passi da me.
Mi volto senza, tuttavia, lasciare la mano di Niall. Non sono sicura che resisterei a non mettermi ad urlare istericamente, senza la sua stretta quasi assente. 
"Non preoccuparti,sul serio. Non avrei fatto quasi nulla a casa, del resto" rispondo impassibile.
Lei schiude le labbra e annuisce. Nessuno riesce più ad andare avanti con la propria vita, da quella notte. Poggia il cappotto all'attacapanni ricurvo sulla parete e si siede all'altro capo del letto, in silenzio. Non abbiamo bisogno di parole e ciò mi fa sorridere ripensando a quando i primi tempi, in cui Niall aveva avuto la brillante idea di presentarmi alla sua famiglia, io cercassi qualsiasi argomento da pigliare per non restare senza qualcosa di cui parlare. Fortunatamente le sue battute squarciavano sempre anche il minimo silenzio e io non potevo far altro che innamorarmi ancora più di lui. A pensarci bene, lo amo sempre di più ogni giorno che passa. E' qualcosa che mi attacca da tutte le angolazioni possibili, che mi attraversa il corpo, lo scalda, lo scuote e poi sfocia violento all'interno del cuore ormai di pietra. Ogni volta che quest'ultimo prova a calcificarsi, a causa del tempo che passa, e del dolore che mi immobilizza tutto il resto del corpo, il sentimento puro, puro come un fiore in primavera, che provo per l'uomo incastrato in questo letto d'ospedale, mi risolleva. Non posso far nulla per fermarlo, se non lasciarmi trasportare. 

"I dottori hanno detto che non possono pronunciarsi...ma non sanno se si riprenderà, Mia" la voce di mia suocera mi riporta alla realtà e s'incrina leggermente sulle ultime parole, come se fosse sul punto di mettersi a piangere. 

Abbasso di nuovo lo sguardo e incrocio le gambe. Sento gli occhi pizzicare e non posso fare a meno di strizzarli,come ad espellere un corpo estraneo. 
"Si, lo so." dico in tono sommesso :"Il fatto è che io non so davvero se riuscirò ad andare avanti senza di lui. Non voglio che mi lasci, non lo potrei sopportare. Aveva promesso. Aveva promesso>>aggiungo e mi porto una mano alla bocca per fermare l'urlo muto che sta risalendo su per la gola.

La donna di fronte a me sta per perdere un figlio, e io voglio che sia lei a consolarmi? Voglio che sia proprio lei a subirsi le mie lamentele? Invece si alza di scatto, aggira il letto in ferro battuto, e mi avvolge con le braccia. Non sicura dell'affidabilità delle mie gambe, decido di rimanere seduta, mentre affondo il viso nell'incavo del suo collo e piango, piango tutte le lacrime che il mio corpo possedeva come riserva. L'orologio, intanto, di sottofondo continua a ticchettare pigro, quasi a ricordarmi che anche la felicità ha una fine, mentre il macchinario attaccato a Niall, arranca verso l'ultimo battito. Un rumore sordo, e poi il nulla. 




Lascio che il vento mi scompigli i capelli ormai ingrigiti dal tempo, mentre il sole lascia il posto alla luna in attesa. Le nuvole cominciano a dissolversi e gli usignoli si levano in un canto celestiale, segno che la primavera è alle porte. Oggi, come quasi ogni giorno, da un po' di tempo a questa parte, non sono riuscita a combinare nulla. La stanchezza ha preso il sopravvento e io ho rinunciato a combattere come facevo un tempo. Mi abbandono su una panchina, di fronte all'acero nel bel mezzo del giardino, e aspetto che la sera arrivi. Un paragone analogo, rispetto a quello della mia vita che avanza e che è quasi giunta al capolinea, senza, tuttavia,nessun rimpianto. Afferro il ciondolino appeso al mio collo, un gesto che compio almeno da un secolo, per assicurarmi puntualmente che lui sia ancora lì. Un ciondolino che sembrava l'unica cosa che potesse ricordarmi di Niall. Invece ho imparato a saper ascoltare il vento, che mi racconta di lui. Ho imparato ad osservare un fiore che sboccia, e a portarlo al viso, come le carezze di seta che mi conservava ogni giorno. Ho imparato a riconoscere il rumore delle macchine, immaginando che torni a casa dal lavoro, con un sorriso provato, ma carico d'amore. Ho imparato a riconoscere nel mare il suo volto e nell'acqua che s'infrange sulla battigia, la sua voglia di vivere e combattere. Ho imparato ad amare i suoi occhi nelle giornate d'estate, e a sentirlo dentro di me grazie al meraviglioso dono che mi ha donato. Un bambino quasi identico a lui, che scalciava nella mia pancia ogni qualvolta pensavo anche lontanamente di porre fine alla mia lotta. Che mi teneva compagnia nelle notti d'inverno, in cui sentivo la sua mancanza più che mai e che ora mi sorride e mi bacia il capo dolcemente. Ho imparato ad invecchiare insieme a Niall, percorrendo i solchi della mia mano, usurata dal tempo e alla linea della vita sul palmo che piano piano s'accorciava. Vi assicuro, quindi, che quella promessa, l'ha mantenuta e continua a mantenerla ancora oggi. Adesso, che mi tende la mano, e tutto il tempo passato distanti si riduce solo a noi due che ci uniamo in'unica anima, per l'eternità. 
  
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