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Autore: yeahitsmarts    24/04/2014    3 recensioni
"Non so dire con esattezza quando tutto questo sia iniziato.
In realtà non lo credevo neanche possibile, in fin dei conti Dario era sempre stato lì, tra le prime file, chino sul banco a disegnare. O con le cuffiette premute nelle orecchie, la musica sempre al massimo volume. Ma poi, d'un tratto, mi sono accorta che nulla era più come prima, che il mio sguardo indugiava un po' troppo sulla porta quando non lo trovavo in classe e che il mio cuore scalpitava alla sola idea di passare cinque minuti con lui, a ridere, parlare o fumare.
Sapevo che c'era qualcosa che non andava più in quel nostro rapporto fatto di sorrisi, di “ciao” detti di sfuggita e di messaggi digitati al telefono troppo velocemente.
Ed io volevo soltanto dirglielo perché quel piccolo segreto era diventato troppo grande."
Una storia d'amore come tante altre. O forse no.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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C’erano cose che volevo dirgli. Ma sapevo che gli avrebbero fatto male.
Così le seppellii e lasciai che facessero male a me.

J. S. Foer.

 

Sto tremando.
Cerco di controllarmi ma ho come l'impressione che presto o tardi il mio cuore schizzerà fuori dal petto. Federico mi guarda e sembra divertito ma io non ci trovo assolutamente niente da ridere. Continuo a stringere l'accendino arancione nella mano destra fissando un punto non ben definito davanti a me.

«Dov'è?» chiedo per l'ennesima volta ancora più preoccupata di prima. Non ho il coraggio di voltarmi, mi sento male solo al pensiero di poter incrociare di nuovo il suo sguardo. Per tutto lo spettacolo non ho fatto altro che fissargli la nuca, se ne stava seduto due file davanti a me e non mi ha degnata nemmeno di un'occhiata, né di una sola parola di conforto.
Federico sbuffa per poi scoppiare una fragorosissima risata: «Sta venendo verso di te!».
Sobbalzo e l'accendino mi scivola via dalla stretta eppure alle mie spalle non sento nessuno. Scuoto il capo e tiro un pugno sul braccio del mio amico che adesso mi sta fissando incredulo.

«Stavi per caso cercando di farmi prendere un colpo? Perché se è così allora ci sei riuscito alla grande» ma non appena faccio per voltarmi, con un bel sorriso stampato sulle labbra, quel minimo accenno di felicità si spegne in un batter d'occhio.
Dario è a pochi passi da me, lo zaino in spalla con le cinghie strette attorno allo skate, una sigaretta spenta in bocca. Mi fa cenno con la testa di seguirlo ma io non ho la minima idea di dove voglia andare, né di cosa voglia dirmi. In realtà sono io che dovrei parlargli ma l'unica cosa che ora mi passa per il cervello è “Come diavolo ti è venuto in mente di mandargli quel messaggio? Ora che ti inventerai?”. 
Intanto potrei iniziare con il rispondergli. Faccio cenno di sì con la testa, raccolgo l'accendino da terra e a grandi falcate mi muovo verso di lui, lasciando Federico da solo con una tipa di scuola che non la smette mai di parlare ma quando mi volto alla ricerca di un appiglio, di una parola di conforto, di un'occhiata che possa tranquillizzarmi, lui non c'è più ed io mi ritrovo inghiottita dalle mie peggiori paure.
Dario se ne sta in silenzio, non apre bocca e probabilmente aspetta che sia io a fare il primo passo. Il punto è che non so come muovermi, non so proprio da cosa cominciare e come. Dovrei forse scusarmi con lui per quel raptus di ieri? Dovrei forse confessargli che mi dispiace per quella dichiarazione d'amore scritta che di nascosto gli ho lasciato sul banco?
Decisamente no.
«Sai chi me l'ha regalato? Il tipo del bar dove andiamo a fare colazione!» la frase mi esce fuori di getto mentre gli passo l'accendino, quasi come gliene importasse qualcosa. Eppure Dario mi sorride ma credo sia più per compassione, che per altro.
«Tu dove devi andare?» mi domanda all'improvviso, mentre indugio un po' sull'entrata della metropolitana. Dobbiamo discutere di quella cosa e lo sappiamo entrambi, ma io adesso come devo comportarmi? Devo forse passare per la tipa tosta che sì, ha degli impegni ma che cinque minuti può anche concedergli, oppure per la pappamolle di turno, che salterebbe addirittura il pranzo per scambiare due chiacchiere con lui?
«In realtà a casa, ma non ho fretta...» abbasso istintivamente lo sguardo sulla punta dei miei anfibi lucidi mentre una strana sensazione mi colpisce al centro del petto. Potrebbe andare peggio di così? Dario si chiude in uno straziante silenzio così mi vedo costretta nuovamente a dar fiato alla bocca.
«Possiamo fare una passeggiata? Così almeno... Parliamo...».
La cosa sembra non dispiacergli tanto e cominciamo la nostra lunga ed interminabile camminata. Sospiro, ho preparato questo discorso da un sacco di tempo, me lo sono ripetuto spesso durante le vacanze pasquali e adesso che mi trovo qui, proprio nel luogo dove volevo e dovevo essere, non mi esce niente.
«Sei in imbarazzo? Vuoi che inizi io?» e proprio quando i miei occhi incontrano davvero per la prima volta i suoi, in questa soleggiata giornata d'aprile, capisco che per me non c'è più scampo.

E che d'ora in avanti sarà tutto inutile.

 


Angolo autrice: dopo un'infinità di tempo sono finalmente tornata qui su efp. Mi dispiace aver risposto con lentezza alle vostre recensioni ma vi voglio ringraziare di cuore per tutto l'amore e il supporto che mi avete dato devo però informarvi che le altre storie le lascerò in sospeso per concentrarmi su questa...
Non sono solita ad usare la prima persona e spero che non sia venuto fuori un pasticcio. 
Consigli, critiche e quant'altro sono ben acetti! 
"Questa va di nuovo a te, Dario/Gabe, anche se ti ho detto che speravo mi passasse presto. Anche se mi hai abbracciato fortissimo e in quel gesto non c'era nessuna traccia d'amore".
  
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