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Autore: MelaChan    24/04/2014    4 recensioni
Breve One Shot Johnlock ambientata in un universo alternativo in cui non esiste nessuna Mary Morstan (o Agente A.G.R.A. che sia) e dopo gli avvenimenti di His Last Vow.
- Dedicata al gruppo Facebook Sherlockians e a quella mette da legare che mi hanno ispirata a scrivere storobo -
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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NOTE DELLA PIGNA

Buonsalve!
Come promesso, ecco la shot Johnlock (già, sto lentamente tornando a scrivere di quei due idioti) che avevo promesso, ispirata ad un prompt trovato su Tumblr e di cui non conosco la mente ideatrice altrimenti gli o le avrei già stretto la mano.
Bando alle ciance, eccovi questa… cosa, che dedico alla pagina Facebook Sherlockians e a tutte le shippers Johnlock che hanno pianto nella terza stagione <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo scatto della serratura annuncia il ritorno del consulente investigativo e del suo fedele assistente, che si fanno avanti con passi lenti e stanchi nell’appartamento buio. Il primo ha appena risolto brillantemente un altro caso, conclusosi con la cattura di un pericoloso spacciatore della malavita organizzata di Londra, avvenuta grazie all’intervento tempestivo ed efficace del secondo. Dopo lunghe settimane di inseguimenti e depistaggi, stremati ma soddisfatti, possono concedersi una giornata per recuperare le energie.

-John, posami sul divano e passami una coperta. Dormirò lì- gli dice il detective, sfilandosi il lungo cappotto con un movimento elegante e gettandolo sulla sua poltrona, raggiunto poi dalla giacca dell’altro. Questo scuote la testa, cercando di nascondere uno sbadiglio, e lo afferra per un braccio per trascinarlo nella camera da letto.

-Non ci provare, tu dormirai in un vero letto, dove riposerai per davvero- lo ammonisce, camminando con non poca fatica verso la stanza e facendo sdraiare l’uomo sul letto a una piazza e mezza.

-Ma John…- prova a protestare l’altro, nonostante abbia già posato il capo sul cuscino e stia lottando per tenere gli occhi aperti.

-Niente ‘ma’, ora lasciati infilare il pigiama e poi ti raggiungo- sussurra dolcemente, quasi con l’atteggiamento da madre premurosa verso il figlio capriccioso. Gli sfila la camicia ed i pantaloni senza alcuna malizia, ormai abituato a svolgere quelle azioni da tempo, e gli fa indossare il pigiama, rimboccandogli le coperte fin sotto il mento. Quindi si cambia anche lui e si infila sotto il piumone, al fianco del detective, scivolato in un sonno leggero in attesa che il compagno lo raggiungesse. Appena avvertito l’abbassarsi del materasso accanto a sé, il moro si volta e passa le braccia intorno al corpo di John, che lo accoglie tra le proprie, facendogli poggiare la testa sul suo petto.

-‘Zie, John…- mormora Sherlock contro il collo del biondo, che rabbrividisce piacevolmente e lo stringe maggiormente a sé per posargli un bacio tra i riccioli ribelli.

 

Il primo a svegliarsi il giorno dopo è il medico, che si concede qualche minuto per restare ad osservare la zazzera corvina che riposa placidamente sul suo petto. Allunga una mano per intrecciare le dita nei riccioli, facendo attenzione a non fare qualche movimento brusco che possa disturbare il suo sonno. Giochicchia per qualche minuto con i suoi capelli, posando di tanto in tanto un timido bacio tra di essi, solleticandolo involontariamente.

-John- si sente chiamare, restando poi incantato ad osservare il viso ancora addormentato di Sherlock, che solleva la testa e sbatte le palpebre un paio di volte, prima di rivelare le iridi acqua marine e di rilassare l’espressione in un sorriso stanco.

-Buongiorno- lo saluta John, ricambiando il sorriso dopo aver ripreso possesso delle facoltà mentali e fisiche che ancora si ritrova a perdere dopo quasi due anni di quella che ormai è diventata routine dopo un caso. Il detective sbadiglia ed emette un mugolio soddisfatto, stiracchiandosi e senza dare alcun segnale di voler cambiare posizione, quindi l’altro continua a cullarlo dolcemente tra le proprie braccia, approfittando di quell’attimo di pace per godersi le attenzioni del compagno.

-Vado a preparare il the- esclama ad un certo punto il biondo, ottenendo un mugolio contrariato al quale risponde con una risata divertita. Quando prova ad alzarsi viene bloccato dalle braccia del moro, strette intorno alla sua vita. Si volta verso di lui, che lo osserva dal basso con una palpebra abbassata, e gli scompiglia i capelli ridacchiando.

-Lo sai che torno, vero?- sussurra al suo orecchio, chinandosi per lasciargli un bacio tra i riccioli devastati. Ne deposita altri fin quando non sente la presa intorno ai fianchi allentarsi. Si alza velocemente in piedi ed afferra la propria vestaglia, gettandogli una tenera occhiata prima di dirigersi in cucina ed accendere il bollitore. Sorride tra sé e sé, prendendo le due tazze e pensando a quante volta ha ripetuto quella mossa negli anni passati prima che il sentimento che vi era dietro cambiasse. In effetti, non era mai cambiato, ma era come se lo fosse, ora che entrambi avevano accettato le proprie ‘debolezze’ ed avevano imparato ad conviverci serenamente. Sente il bollitore fischiare e si alza sulle punte per prendere il barattolo nel quale tiene la miscela per il the. Una mano entra nel suo campo visivo, afferrando il contenitore, mentre l’altra si posa sul ripiano della cucina, bloccandolo. Un sorriso appare sul volto di John, che si volta nello strano abbraccio fino ad incrociare lo sguardo di uno Sherlock gloriosamente nudo di fronte a lui.

-Sherlock!- esclama, arrossendo vistosamente e chiudendo gli occhi.

-Oh coraggio, John! Mi hai già visto nudo e devo menzionare il fatto che tu sia un medico?- lo rimprovera il moro, una smorfia compiaciuta sulle labbra mentre osserva il suo imbarazzo. L’altro slaccia il nodo della vestaglia per avvolgergli l’indumento intorno alle spalle.

-Ma vederti la mattina, appena sveglio e con quei capelli…- si blocca, dandogli la schiena e deglutendo a fatica. –Fa un certo effetto- conclude la frase, armeggiando impacciatamente con le bustine e le tazze. Sherlock ridacchia e gli allaccia le braccia intorno ai fianchi, appoggiando il mento sulla sua spalla e guardandolo finire di preparare le bevande calde. Gli sporge la sua, ancora senza voltarsi, per poi afferrare la propria e berne un sorso, trovando il gusto del the famigliare e rassicurante. Torna a guardarlo negli occhi solo una volta che si è allontanato per sedersi sul tavolo, facendosi spazio tra i vari esperimenti, ed incrocia le braccia sul petto, sorseggiando il liquido scuro. All’improvviso, gli sfugge una risata, che cerca di coprire nascondendo il volto nella tazza, fallendo miseramente quando scontra il naso con la porcellana.

-Cosa ti fa così tanto ridere nel farti male da solo?- gli domanda Sherlock, corrucciando lo sguardo e fissandolo con curiosità. John lo zittisce con una mano, arrossendo debolmente per essere stato scoperto.

-Niente, solo… William Sherlock Scott Holmes- risponde, sorpreso da un altro scoppio di ilarità incontrollata al ricordo del vero nome del compagno, che aggrotta se possibile ancora di più le sopracciglia.

-Cosa c’è che non va riguardo al mio nome?- protesta, abbassando lo sguardo al pavimento. –A parte il fatto che non sia orecchiabile- aggiunge in un sussurro, che viene comunque udito da John. Quest’ultimo interrompe le risa e sorride dolcemente, pesando alla scatolina di velluto che ha tenuto nella tasca della sua giacca tutta la settimana, in modo che l’altro non la trovasse. Posa la tazza sul ripiano della cucina e si dirige in soggiorno, prendendola e rigirandosela tra le mani. Quando torna nella stanza, trova Sherlock ancora più confuso che registra ogni suo movimento. Lo vede trattenere chiaramente il fiato quando l’ex medico militare si china su un ginocchio di fronte a lui, lo sguardo incatenato al suo mentre rivela la scatolina di velluto e la apre, mostrando una semplice ma elegante fede in oro bianco.

-Cosa ne dici di William Sherlock Scott Watson?-

  
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