Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Avery Silver    24/04/2014    3 recensioni
A volte l'amore non sempre trionfa… non nella vita reale almeno…
Isabella e Edward lo sapevano bene, morendo l'uno per amore dell'altra in un'epoca lontana.
Ma se le loro reincarnazioni si fossero rinate ai nostri giorni? Si sarebbero ancora uccisi? E se lei fosse stata una strega e lui un'inquisitore?
Un'amore impossibile e pericoloso, due destini irrimediabilmente intrecciati… due mondi in collisione e i quattro elementi della natura…
"Non dovevo, non POTEVO fidarmi di lui… anche se quegli occhi di topazio mi ipnotizzavano, mi scuotevano dall'interno, intimamente, lasciando una traccia indelebile nel mio cuore…
Lui era un inquisitore, un cacciatore addestrato dall'Associazione ed io ero la preda. La strega, il mostro…
Perché avrebbe dovuto risparmiarmi?
Avvicinai di più la lama alla gola, fissandolo negli occhi. Volevo che vedesse chi stava realmente uccidendo, una donna e non un mostro. Perché il mostro in quel momento… era lui e soltanto lui.
Strinsi forte i pugni, il cuore sembrava volermi uscire dal petto. Mi sporsi di più avvicinando le sue labbra alle mie, il coltello mi graffiò un po' la gola ma in quel momento… esisteva solo lui. Lui che era il mio perfetto opposto"
Genere: Dark, Erotico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Twilight, Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il cielo era grigio.
I fulmini illuminavano di tanto in tanto l'orizzonte con flash e rombi assordanti. 
Un ragazzo dai capelli castano ramati  correva per il bosco incespicando alcune volte a causa del terreno fangoso e le radici esposte dei vecchi alberi, la pioggia cadeva impetuosa offuscando la vista del giovane uomo. Erano come punture di ghiaccio ma lui non ne soffriva…
Non aveva mai sofferto il freddo, nemmeno da bambino.
Lo sapevano tutti i paesani di quel villaggio sperduto e dimenticato da Dio ed era anche per quello che lo perseguitavano, costretto a una vita da lupo solitario…
Corse fino a che gli alberi si diradarono lasciando il posto a un piccolo fiume, a ridosso del fiume riposava placidamente una piccola casetta di legno scuro e invecchiato.
Quel rifugio doveva avere si e no cento anni… lo aveva costruito il padre del nonno del ragazzo e per lui era come un piccolo porto sicuro in cui rifugiarsi nei momenti più critici.
Quell'anno aveva fatto fin troppe visite a quel rifugio… 
Il ragazzo si precipitò dentro facendo gemere il legno della porta.
Non c'era molto lì dentro, solo il minimo indispensabile per sopravvivere…
Un vecchio tavolo, una sedia a dondolo e una panca attaccata alla parete regnavano nella piccola stanza spoglia, di fianco a lui c'erano delle scale che portavano a una nicchia larga due metri al massimo e alta un metro e mezzo dove erano ammassati coperte su coperte e un cuscino riempito di paglia, quello era il suo letto… non poteva permettersi di più.
Non perché non avesse soldi ma perché gli abitanti non gli avrebbero dato niente neanche pagandoli…
Il ragazzo dai capelli castano rossicci e gli occhi da gatto buttò la sacca che portava sulle spalle sul tavolo rovistandoci velocemente dentro.
I capelli gocciolavano sul pavimento, i vestiti fradici e il fiato corto per la corsa non lo turbavano particolarmente.
Sapeva che il fiatone sarebbe passato in un minuto al massimo e i vestiti si sarebbero asciugati nel giro di cinque minuti… o forse meno, la camicia nera leggermente sbottonata sul petto iniziava già ad emanare un leggero fumo.
Tirò fuori un paio di filoni di pane di cui uno secco e l'altro fresco di giornata, delle mele messe abbastanza bene, una caciotta rubata non molto facilmente e dei fagioli.
Avrebbe voluto prendere anche una ciotola di sale ma non aveva fatto in tempo.
Mise il tutto in una piccola dispensa e aprì un'altro cassonetto con cui aveva raccolto rami secchi.
Ne prese una manciata e gli buttò nel caminetto di pietra, infiammandone uno con le mani. Il legno prese subito fuoco illuminando il rifugio di una luce soffusa e arancio rossiccia.
Bende sporche e usate gli fasciavano le mani e tre corde nere gli stringevano l'avambraccio destro a mo' di braccialetti.
Suo padre gli aveva insegnato che erano molto utili per tirare con l'arco ma adesso non servivano molto, la pioggia gli avrebbe impedito la caccia. L'arco era abbandonato accanto alle scale strette e storte che portavano al letto, la sacca con le frecce appoggiata alla panca.
Il ragazzo si spogliò del mantello di stoffa nera e lo appese a una piccole asse che sporgeva dalla parete, la camicia e i pantaloni si erano asciugati ormai. Le maniche erano arrotolate e cucite in modo di arrivargli a metà avambraccio così che d'estate non avesse sofferto il caldo.
Sospirò sedendosi sulla panca, davanti al caminetto. 
Il fuoco scoppiettava e crepitava riscaldando pian piano il rifugio, le finestre lasciavano intravedere la pioggia che cadeva e sferzava ogni cosa…
Stese la gamba destra sulla panca per controllare la ferita che la freccia di un cacciatore del villaggio gli aveva inflitto. Adesso c'era soltanto un sottile graffio ma era profondo e aveva ancora bisogno di una sutura… e quindi doveva cambiare il bendaggio ogni giorno e spalmarci sopra un'impasto che avrebbe impedito un'infezione.
Quel giorno non aveva molta voglia di cambiare il bendaggio però la gamba gli lanciava fitte brucianti ogni volta che la muoveva. Non avrebbe dovuto sforzarla così.
Abbandonò la testa alla parete di fianco a sé, chiudendo gli occhi. Una ciocca scura, morbida e ondulata gli cadde davanti al viso.
Era stanco.
Era stanco di questa vita.
Era stanco della sua diversità.
Era stanco di scappare e di nascondersi ogni volta che doveva avvicinarsi al villaggio.
Era stanco di vivere perché andare avanti non avrebbe avuto senso ormai.
La sua famiglia lo aveva rifiutato cacciandolo di casa.
Ricordava ancora l'espressione di disgusto che era pervasa negli occhi del padre quando era venuto a sapere di che cosa era in grado di fare.
Come se non fosse mai stato suo figlio…
Sua madre invece gli aveva concesso di continuare a vivere mentre il fratello lo ha aiutato a fuggire.
Gli sarebbero mancati solo i suoi fratelli… ma sapeva che avrebbero compreso la sua decisione.
Impugnò il coltello che aveva in un fodero nella tasca dei pantaloni.
Non sarebbe mancato a nessuno… anzi se lo avesse fatto avrebbe tolto un peso all'intero villaggio.
Lui si chiamava Edward una volta… prima di diventare il Ladro, il Mostro, l'Escluso.
Era maledetto… fin dalla nascita…
Alcuni lo accusavano di praticare la stregoneria a causa della voglia rossa appena sotto l'occhio destro o per i suoi occhi dorati, altri di essere stato posseduto dal diavolo e altri ancora credevano che fosse uno scherzo della natura a causa delle sue capacità.
Già sarebbe stato un bene per tutti… anche per lui.
Avrebbe smesso di soffrire.
Avvicinò la lama del coltello a un polso, la lama non era molto affilata, gli avrebbe fatto male…
Premette forte, lacerando una vena. Il sangue iniziò a sgorgare in fiotti velenosi, la sua presa era salda sulla lama che continuava a tagliare, tagliare a poco a poco quei fili che lo tenevano in vita.
Come aveva previsto, la lama fece ancora più male. La pelle bruciava e pulsava in protesta… poi smise di tagliarsi il polso e passò all'altro trattenendo a stento le grida. Tagliò fino a che non arrivò all'osso e lì si fermò.
Sentì già che la testa cominciava a girare, le forze abbandonarlo.
Un lacrima solitaria gli scivolò lungo uno zigomo alto e ben definito fermando la sua corsa sulle labbra carnose e scolpite.
La lacrima gli aveva accarezzato la voglia che adesso bruciava e pulsava come le ferite ai polsi.
Sì, era giusto così…
La vista iniziò a scurirsi, il mondo divenne sempre più buio finché il giovane non perse i sensi.
Cadde nell'oscurità con la consapevolezza che non si sarebbe più svegliato.

***

Un mondo nero e fatto di ombre avvolgeva il ragazzo, l'eco di voci lontane riempiva il silenzio. Tante voci.
Poi una voce profonda ma indefinita risuonò più forte, più minacciosa…
« Edward… » sussurrava la voce più e più volte. Un sussurro opprimente che sfondava la mente e tappava i timpani.
Il ragazzo si guardò attorno tranquillamente.
Era morto, lo sapeva… e sapeva anche che non sarebbe salito in paradiso.
Aveva ucciso, rubato, mentito e aveva desiderato cose non sue.
Come avrebbe potuto stare con gli angeli?
Non vedeva niente attorno a sé, solo buio e ombre che si muovevano. Sussurri che inquietavano. E odori che davano alla testa.
Edward si alzò, la gamba non aveva neanche un graffio, i polsi erano normali.
« Cosa vuoi? » rispose arrogante.
Le voci si fecero più forti e concitate finché la voce di prima non rispose.
« Sei piuttosto audace, mi piace Edward ma non osare rivolgerti a me con questo tono… » il tono all'inizio era rilassato ma verso la fine diventò più sibilante e minaccioso.
Quella non era una voce… era un insieme di voci.
Tutte le voci che aveva conosciuto in vita sua, umani o animali che siano.
« Cosa ci faccio qua? Dove sono? » chiese ancora il ragazzo sfidandolo.
« Sei a metà tra il regno dei morti e quello dei vivi stolto ragazzo… » sibilò ma non era la voce di prima, era quella di suo padre.
Il ragazzo rabbrividì e fece istintivamente un passo indietro.
« Tu ti sei tolto la vita a causa del tuo dono non è vero? » adesso la voce era quella di sua madre. 
« Sì, se non avessi avuto questa “maledizione” non mi sarei mai ucciso… » ammise guardandosi nervosamente attorno, le ombre erano agitate…
Vorticavano nervosamente attorno al ragazzo come serpenti che cercavano di mordere la preda senza mai riuscirci.
« Se io adesso facessi in modo di farti piacere dalla gente, dalle donne sopratutto… una vita di ricchezza e popolarità… tu ti uccideresti ancora? » la voce adesso era quella della sua sorellina, Alice.
Una voce così innocente stonava terribilmente con il significato che aveva quella frase.
« No… no, non penso. » rispose tenendo d'occhio le ombre.
Adesso avevano una consistenza più densa, quasi melmosa…
« E se in cambio ti chiedessi di darmi il tuo cuore e di svolgere alcuni compiti per me… tu accetteresti? » questa volta la voce veniva alle spalle del ragazzo, era quella di suo fratello… Dawson.
Un ragazzo snello apparve tra le ombre, i morbidi capelli rosso fuoco, gli occhi di ghiaccio, la bocca carnosa e gli zigomi alti.
Ma quello non era veramente suo fratello…
« No… non accetterei. » rispose fissando gli occhi chiarissimi del fratello.
Lui sorrise.
Ma quello non poteva essere definito un sorriso… più che altro un ghigno.
Il corpo di fronte a Edward cambiò.
Divenne più piccolo e fragile, i tratti molto più delicati e il viso prese la graziosa forma a cuore di quello della sua piccola sorellina.
I grandi occhi verde azzurri sgranati in un'espressione di innocenza, i lunghi capelli neri le arrivavano a metà schiena con morbide onde, le labbra carnose e a cuore appena schiuse.
« E se uccidessi tuo fratello e la tua cara sorellina? Lo faresti? » gli chiese candidamente lei.
Edward serrò i pugni, lanciandole occhiate rabbiose.
Sua sorella e suo fratello erano stati gli unici che non erano scappati da lui.
Che lo aiutavano come potevano…
Che avevano creduto in lui…
Che lo avevano aiutato a controllare la rabbia…
Non poteva fargli questo.
« Non oserai. » ringhiò Edward.
Il viso innocente di sua sorella si accigliò, fintamente sorpreso.
« Oh invece oso… E tu non sei nessuno per impedirmelo. » ribatté.
Edward fece un respiro profondo cercando di calmarsi.
« Va bene accetto. » sbottò all'improvviso quasi con rabbia.
Lei sorrise compiaciuta.
« Ne ero sicuro. » gli rispose avvicinandosi.
« Ma quando tornerai indietro non ti chiamerai più Edward. Ti chiamerai… » la creatura ci pensò un po' su e intanto gli prese un braccio con il braccio sottile di sua sorella. Le sue unghie si allungarono fino a formare degli artigli che poi premette contro il palmo del ragazzo facendo un taglio.
« Ti chiamerai Keeran. » decise facendo un taglio sul palmo candido e morbido della bambina.
La creatura gli porse la mano della sorella.
Edward fissò il sangue che colava dal palmo… non era quello di un'essere umano. Il suo sangue assomigliava a veleno. Nerissima in alcuni punti e viola scuro in altri.
Fece un respiro profondo e gli strinse la mano, mescolando il suo sangue a quello della creatura.
Una risata agghiacciante riempì l'aria e il corpo della sua sorellina si dissolse davanti ai suoi occhi in un fumo nero.
« Ah… c'era un cosa che ho omesso di dirti. » la voce profonda rimbombò tutto attorno a lui.
Le ombre iniziarono a cedere, sommergendolo. Edward si guardò intorno in cerca di un appiglio ma non c'era nulla.
« Tu prova a innamorarti e non esiterò a uccidere la tua famiglia… » sibilò un'eco lontano poi tutto fu buio e il ragazzo cadde in un buco nero e profondo privo di voci.

Okay, adesso penserete MA QUESTA QUI È IMPAZZITA!!! CHE CASPIO DI STORIE SCRIVE!!! 0.o
Ebbene io vi rispondo che avete assolutamente ragione U.U
E tranquilli so che esiste un edificio chiamato manicomio ^^"
Va boh… abbiate pazienza ho solo 14 anni e sono nuovissimissima in questa sezione =]
Che dite cari lettori e lettrici, vado avanti oppure la cancello? 
È uno schifo vero… ={
Recensite e fatemi sapere ^^
Un kiss by Katy =***
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Avery Silver