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Autore: LullabyPotter    25/04/2014    3 recensioni
Leonardo glielo aveva detto che era una pessima idea. Alessia però, come al solito, non aveva voluto ascoltarlo. Normalmente, il da Vinci apprezzava la testardaggine della giovane Augusti, ma quell'idea non gli garbava affatto. Era una specie di suicidio, come se già non fosse nei guai a Firenze. Pure quella città doveva inimicarsi, benedetta ragazza.
Quando Leonardo riesce a incasinare le cose più di quanto non lo siano già.
By Eagle and Jess ||
Genere: Comico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Another Leonardo's Brillant Idea
Leonardo glielo aveva detto che era una pessima idea. Alessia però, come al solito, non aveva voluto ascoltarlo. Normalmente, il da Vinci apprezzava la testardaggine della giovane Augusti, ma quell'idea non gli garbava affatto. Era una specie di suicidio, come se già non fosse nei guai a Firenze. Pure quella città doveva inimicarsi, benedetta ragazza.
Persino Verrocchio, Nico, Zoroastro e i due fratelli Medici avevano sconsigliato quella visita. Ma nulla poteva fermare Alessia quando si metteva in testa una cosa. Lo aveva dimostrato più volte, quando da Roma se ne andava a Firenze senza dire nulla a Riario. Che, tra l'altro, era il motivo per cui si era così intestardita a intraprendere il viaggio che era una follia bella e buona. Persino per l'artista, che le follie le amava quasi quanto il suo progetto per il volo con le ali da pipistrello.
«Rilassati, Leonardo» disse Alessia, quando intravidero le porte della città. «è solo una visita di cortesia.»
Leonardo storse la bocca. Una visita di cortesia a Girolamo Riario, Conte di Forlì, nella città che aveva appena conquistato e di cui aveva fatto governatrice la sua giovane moglie, Beatrice. Una de' Medici, quindi sicuramente ben disposta almeno al primo impatto verso Alessia, giacché aveva gli stessi occhi di Giuliano e lo stesso naso di Lorenzo; benevolenza che sarebbe però durata ben poco, una volta capito chi era davvero quella giovane ragazza.
Da Vinci spostò gli occhi lungo la via stretta che intrapresero appena varcati i portoni della città, guardandosi attorno in modo assai incuriosito. Per un attimo si scordò quasi di ciò che stava per accadere, tanto gli piacque il posto. Le mura difensive, seppur in via di ricostruzione, parevano molto solide; le case in pietra e sasso grigio rendevano tutto molto uniforme e - baciate dai raggi del sole - meno tetro di quanto pensasse. Certo, non che una Signoria costruita al centro di una palude potesse poi sembrare così radiosa. Forlì, baluardo della Romagna, vantava una storia ricca. Leonardo la descrisse tutta alla rossa, man mano che si facevano strada verso le porte del castello, ove i signori dimoravano. «La Rocca di Ravaldino, così denominata per via delle strutture portanti chiamate, per l’appunto, rivellini - fu edificata nel mille e cento, ma rinforzata meno di cent’anni fa dagli Ordelaffi e i Fiorelli.» Spiegava infatti l’artista mentre oltrepassavano il levatoio entrando così nella corte. Un paio di guardie li fermarono, ma bastarono le credenziali di Leonardo e qualche fiorino d’argento per farli passare oltre. «Alessia, ora mi raccomando, prudenza.» Disse paziente il giovane fiorentino, sperando che la rossa gli prestasse orecchio nonostante la curiosità «Beatrice me la ricordo come una ragazza di temperamento buono, ma si vocifera che abbia decapitato Cecco Ordelaffi in persona! Evitiamo di farle capire qualsiasi cosa, va bene? Puoi ottenere udienza privata dal Conte senza dir nulla a sua moglie.» La preoccupazione c’era tutta, unita ad un certo dispiacere; gli sarebbe rincresciuto molto far scoprire alla giovane contessa d’esser cornuta come un cervo.
Alessia gli rivolse una piccola smorfia. «Tranquillo» rispose, tornando ad osservare la Rocca. Come sempre, quando si trovava in quei luoghi, provava una certa soggezione: le sembrava che ci fosse qualcosa di sbagliato, in costruzioni così grandi per il solo e unico scopo di dimostrare la potenza della famiglia governante. Le era sempre sembrato un insulto a Dio.
Si ritrovò a ridere sommessamente: era una delle cose che non avrebbe confessato a Riario nemmeno sotto tortura.
C'era un'altra cosa che le piaceva molto di tutta quella storia: l'aria di mistero. Lei non aveva annunciato a Girolamo che sarebbe arrivata, e sperava che nemmeno Leonardo o i suoi due fratelli lo avessero fatto. L'idea di arrivare da Girolamo di soppiatto la intrigava: così come spesso si allontanava da Roma, e quindi da lui, senza dire nulla, quel giorno ci si avvicinava senza che lui lo sapesse.
«Non ho intenzione di farmi decapitare, quest'oggi, Leonardo.» si arricciò una ciocca attorno al dito: cercava di non darlo a vedere ma iniziava a essere nervosa.
Entrarono nel palazzo, che si presentava leggermente più buio rispetto alla luce dell'esterno. Alessia ci mise qualche secondo per mettere a fuoco, e dovette sbattere le palpebre più volte.
Un rumore veloce di passi li fece sobbalzare entrambi. Si aspettarono di vedere il Conte girare l’angolo, ma sarebbe stato troppo bello e troppo facile. Al suo posto si parò di fronte a loro un ragazzo dalla divisa rossa: sicuramente una guardia della cittadella. I capelli color carota e la miriade di lentiggini sotto gli occhi blu mare lo presentarono come gentile, ma il modo in cui si parò innanzi a loro sembrava tutto meno che ospitale. «Chi siete e chi vi ha fatto entrare?» domandò stranito, guardando attentamente entrambi gli intrusi «Devo chiedervi di uscire immediatamente, i Lor Signori non ricevono i popolani, oggi.»
«Io sono Lorenzo de’ Medici!» tuonò Leonardo con forte accento fiorentino, sperando di suonare credibile. Scambiò un’occhiata con Alessia, prima di appoggiarle una mano sulla schiena «Io e mia moglie Clarisse non dobbiamo prendere alcun appuntamento per vedere mia sorella, non credete?» A quelle parole, il soldato rimase del tutto senza parole. «Io… Dovete provarlo, mio Signore. O dovrò comunque scortarvi fuori.»
Alessia cercò di atteggiarsi come Clarice, che qualche volta aveva visto. Richiamò alla mente la sua figura elegante, il suo portamento altero e la sua figura gentile. Intrecciò le mani e le lasciò cadere in grembo, prendendo un respiro profondo prima di parlare. «Beatrice non avrà difficoltà a riconoscerci.» disse, benedicendo il suo accento romano sporcato da quello fiorentino. Sperò vivamente che il soldato non avesse sentito una descrizione di Clarice perché se Leonardo, con molta fantasia, poteva passare per Lorenzo, lei era di certo ben lungi dall'assomigliare a Clarice. A cominciare da qui capelli rossi che ben si discostavano dalla chioma scura della moglie di Lorenzo.
«Esatto» confermò Leonardo, annuendo col capo.
Alessia sperò vivamente che il ritratto che Leonardo le aveva fatto bastasse a far reggere a Beatrice quella messa in scena. E di certo, Leonardo sperava la stessa cosa.
«Se posso dire la mia, e senza che le mie parole siano macchiate da qualsivoglia cattiveria, al mio amato fratello piacerebbe moltissimo avere la vostra prestanza, da Vinci.» Come colpito da un fulmine, Leonardo si voltò di scatto. Dietro di loro, in cima a una scalinata, stava Beatrice de’ Medici. Il sorriso dolce e delicato, i capelli castani lasciati liberi seppur raccolti qua e la in piccole trecce, gli occhi luminosi… Quella visione quasi angelica, dato l’abito di candito e bianco pizzo, lo tranquillizzarono parecchio. «Vostra Grazia,» disse di fatto l’artista, mente lui e Olivieri piegavano il capo in un piccolo inchino «Speravo di potervi incontrare! Io di Magnifico ho assai poco e non posso competere con vostro fratello!» La giovane ragazza si lasciò sfuggire una piccola risata, mentre scendeva le scale per poterli raggiungere «Non siate modesto. Siete uno dei migliori artisti di Firenze, sicché tutta quest’ umiltà pare pretenziosa.» Gli sorrise, mettendosi davanti a lui. «Mi siete mancato, sapete? È sempre bello rivedervi.»
«Lo stesso vale per me.» rispose Leonardo, prendendole la mano per poterla baciare. Poi prese una decisione impulsiva: sebbene il trucco non avesse funzionato prima, riprovò nuovamente a inventarsi una personalità. Prima che Alessia potesse parlare o dire alcun che, le mise una mano sulla schiena e la spinse verso la contessa «Vostra Grazia, vi presento Alessia della Rovere, cugina di vostro marito. Codesta angelica visione, invece, è la signora di questa terra, Alessia, Beatrice de’ Medici.»
Alessia dovette ricorrere a tutta la sua forza di volontà per non tirare a Leonardo un pugno seduta stante. Una della Rovere, da Clarice Orisini era diventata una della Rovere!
«Sono lieta di incontrarvi.» disse, con un inchino alla signora di Forlì. Nemmeno lei sapeva bene come comportarsi, e tutto perché Leonardo voleva, come suo solito, risolvere le cose a modo suo. Probabilmente, una volta tornati a Firenze glie l'avrebbe fatta pagare cara.
Sperò ardentemente che Girolamo non decidesse di mostrarsi in quel momento. Non era così che si era immaginata la visita al Conte, e di certo la situazione stava sfuggendo tanto dalla sua quanto dalla mano di Leonardo.
«Cugina di mio marito?» ripeté Beatrice, osservando la ragazza dai lunghi capelli ramati e da quei tratti così famigliari. «E lo conoscete bene?»
Alessia piegò la testa di lato, alzando appena le spalle. «Abbastanza.» rispose, vaga. Avrebbe ucciso Leonardo, poco ma sicuro.
Beatrice parve accontentarsi di quella risposta, eppure…. Gli occhi della giovane che le stava di fronte avevano un che di famigliare. Decise di non guardarla oltre, sorridendole semplicemente, prima di voltarsi verso la sua guardia «Edoardo, fai preparare del the e portare del vino. Voi due seguitemi pure in biblioteca, mio marito stava leggendo lì fino a poco fa.» La contessa fece strada, camminando fino alle porte dell’enorme biblioteca della rocca. Bussò lievemente, prima di spalancare entrambe le ante dell’enorme porta di pesante legno massello, appoggiandosi ad esse con il peso del corpo. «Girolamo? Qualcuno desidera vederti.» Disse allegramente, facendo segno a Leonardo e Alessia di seguirla fin dentro. Il Conte dava le spalle all’ingresso, seduto su una poltrona con un pesante tomo impolverato sulle gambe. Sorrise appena alla moglie, quando questa si portò alla sua destra, facendogli cenno di voltarsi verso i due ospiti. Lo fece e, per poco, cadde riverso di lato. Si buttò seduto di spalle, irrigidendosi e lasciando così tutti senza parole. Non aveva nemmeno aperto bocca.
Alessia non si trovava certo in situazione migliore. Più i secondi passavano mentre decideva cosa fare, più Beatrice rischiava di capire che c'era qualcosa che non andava. Come se non lo avesse già capito, poi. E lei che voleva solo passare una giornata con Riario nella città di cui tanto le aveva parlato!
«È bello rivedervi.» disse, avvicinandosi di qualche passo al Conte e ripetendo l'inchino che già aveva fatto davanti a Beatrice.
«Alessia» rispose Girolamo, deglutendo a fatica, per la prima volta spiazzato. La guerra o tutto quello che faceva per il Papa erano situazioni ben peggiori di quella in cui si ritrovava in quel momento.
Avrebbe fatto ad Alessia una gran bella lavata di capo, una volta che fossero tornati a Roma. E se il da Vinci pensava di passarla liscia, sbagliava di grosso.
«Un modo un po'... freddo per salutare vostra cugina, non trovate?» l'artista, pensò Riario, aveva decisamente istinti suicidi.
Ma, un momento: cugina? E da quando Alessia era diventata sua cugina? Cosa si era inventato l'artista per evitare di far insospettire Beatrice, cosa oltretutto alquanto inutile?
Di fatto, la Contessa iniziava a fiutare puzza di bruciato. Istintivamente, appoggiò una mano sulla spalla del marito, porgendogli il bastone da passeggio che ancora gli serviva dopo lo scontro per la presa della rocca. La ferita alla gamba tardava parecchio a rimarginarsi e non doveva appoggiare su di essa il peso. «Sicuro di star bene, caro?» domandò candidamente, guardando negli occhi il marito che, dal canto suo, stava mettendosi in pace con il suo creatore «Qualcosa che ti piacerebbe dirmi?» Girolamo le sorrise fin troppo e in modo così falso da non imbrogliare nemmeno se stesso; Leonardo sospirò, arrendevole. «Conte, perché non mostrate a vostra cugina il palazzo mentre io e madonna de’ Medici disquisiamo riguardo la nostra bella repubblica?»
«Quando una cugina di Girolamo arriverà nel mio palazzo potrò anche permetterlo.» Si intromise subito Beatrice, guardano Leonardo un po’ delusa da quell’atteggiamento. Non si aspettava un tiro mancino dall’artista. Si rivolse, quindi, alla rossa. «Suppongo non sia questo il caso, dico bene?»
Alessia si morse il labbro con fare decisamente colpevole. Lo sguardo di Beatrice le metteva soggezione, come se la donna potesse incenerirla da un momento all'altro. E se quello che Leonardo le aveva detto era vero, meglio evitare di farle prendere in mano una spada.
Girolamo intanto si era alzato, e la osservava sperando che avesse il buonsenso di non esporre troppo sul motivo per cui era in visita in città, qualunque esso fosse.
«No, mia Signora. Non è questo il caso.» ammise, sentendo le guance divenire più rosse dei capelli. Mannaggia a Leonardo e alle sue geniali idee. «Ma invero sono venuta per far visita a vostro marito. Una visita di cortesia, mia Signora, nulla di più.» respirò a fondo e sperò che Beatrice non decidesse di scaricare tutta la sua rabbia su di lei, quando la colpa era tutta di Leonardo e della sua mente che lavorava troppo. Ma se la Contessa di Forlì avesse deciso di prendersela con l'artista, avrebbe avuto tutto il suo appoggio.
Per risposta, madonna de’ Medici abbassò il bastone da passeggio del marito, che aveva alzato mentre ascoltava Alessia. Non se n’era quasi resa conto. Lo passò a Girolamo con noncuranza, sottraendosi poi quando il Conte allungò una mano per poterle accarezzare il braccio «Potrei amputarti un paio di arti, in questo momento, Girolamo.» disse lievemente stizzita e indecisa tra il rubare la spada al marito o uscire in lacrime dalla stanza. Era scontato avere un amate, per un signore di quei tempi, ma non aver visto nessuno attorno per il tempo in cui erano stati sposati – nonostante fosse solo un mese - l’aveva rassicurata. Di contraccolpo, Riario s’alterò. Non tanto con la giovane moglie, ma con la situazione in generale «Perché mai dovresti? Io non ho mandato nessuno a chiamare. Da Vinci! Sappiate che questa me la sono legato al dito!» Leonardo alzò le mani in segno di difesa «Tutti a Firenze hanno cercato di fermare Alessia, dovete prendervela con lei. Io sono solo un accompagnatore!»
Alessia si voltò verso l'artista con aria sconcertata, incapace di trattenersi oltre. La situazione stava degenerando sempre più velocemente, e Alessia era proprio in mezzo. Considerando poi che Girolamo aveva scaricato la colpa sul da Vinci, il quale l'aveva scaricata su di lei e ora la giovane Augusti non aveva modo di districarsi da quell'impaccio. Sillabò un “me la paghi più tardi” e tornò a guardare Girolamo, ancora adirato.
«Vi posso assicurare che non era mia intenzione turbare la vostra... quiete.» disse, mantenendo il tono gentile che usava sempre, privo però della consueta timidezza. «E mi sembra esagerato oltre misura sostenere che voi siate solo un accompagnatore, Leonardo, quando avete cercato di farmi passare per una giovane dama della Rovere davanti alla Contessa. Come anche sostenere che a Firenze abbiamo cercato di fermarmi. Semplicemente, avevano sconsigliato un viaggio a Forlì, ora, per dare tempo ai Signori di queste terre di riprendersi dalla battaglia che, sebbene vinta, immagino abbia comunque comportato un discreto carico di lavoro.» sostò lo sguardo su Girolamo per qualche secondo, prima di guardare di nuovo la giovane moglie del suo amico d'infanzia. Non era sua intenzione sfidare la Contessa di Forlì, ma doveva pur trarsi fuori da quella situazione decisamente scomoda. «Posso assicurarvi, mia Signora, che il mio unico desiderio era discorrere per un poco con vostro marito, e vedere se fosse in buona salute: le notizie purtroppo viaggiano lente, ed ero venuta a sapere che era stato ferito. Vi prego di scusare l'inconveniente che è venuto a crearsi.» Alessia si zittì, limitandosi a continuare a sperare che la spada della Contessa non le trafiggesse un arto.
Quelle parole ebbero uno strano effetto su madonna de’ Medici. Si limitò a stiracchiare un sorrisetto triste, prima di rialzare gli occhi su Alessia. Erano solo leggermente lucidi e così dannatamente identici a quelli di Giuliano, così come quelli della rossa. «Allora, con permesso, credo d’esser di troppo in questa stanza.» Avvantaggiata dalla poca agilità del marito, Beatrice lo superò, diretta verso le porte della biblioteca. «Madonna, non fate così!» cercò di rincorrerla Leonardo, rimanendo però bloccato dentro da due guardie forlivesi, che si frapposero fra lui e la signora, ormai alla fine del corridoio. Ignorando la voce dell’artista, Beatrice proseguì verso i suoi alloggi, con solo Olivieri alle calcagna. «Che non mi sia fatta visita, oggi. Nessuno deve venire a disturbarmi, Edoardo.»


I raggi caldi del sole estivo le scaldavano il viso, mentre Beatrice sostava nei giardini interni della rocca. Con la faretra a penderle lungo il fianco, assicurata tramite una cinta all’abito bianco e l’arco bello saldo fra le mani, aveva pensato bene di scaricare le tensioni facendo un po’ di allenamento. Aveva allentato un poco il corsetto del vestito, sistemato i capelli dietro le spalle e si era diretta verso uno dei paglioni disposti vicino alle mura della rocca. Un colpo dopo l’altro si perfezionava come ogni volta, avvicinandosi sempre di più al centro. Incoccò un’altra freccia, ripassando i consigli di Giuliano, quando s’accorse di non esser più sola. Poco distante da lei, un po’ timorosa se disturbarla o meno, stava Alessia. Le scappò un sorrisetto, sapendo che non poteva prendersela con la poverina se suo marito era un gran porco. Stuzzicarla un poco, però, le venne naturale «Siete coraggiosa ad uscire in cortile mentre tiro al paglione. Non avete saputo che sono una buona arciera?»
Alessia annuì appena. «Il Conte Riario me lo ha detto, sì.» rispose, avvicinandosi di un passo. Fortuna che era riuscita a trattenersi dal chiamarlo per nome: non voleva far imbestialire la Contessa più di quanto non lo fosse già.
Aveva certo timore: Beatrice sapeva far paura con quell'arco in mano. Nemmeno lei, poi, sapeva bene perché era andata a cercare la Signora di Forlì: dopotutto, lei era andata in città per vedere Girolamo. Ma dopo che Beatrice se ne era andata, il Conte aveva pensato bene di farle una ramanzina come se avesse avuto cinque anni. Almeno Leonardo, dopo che in due gli avevano intimato di starsene zitto, aveva avuto il buonsenso di seguire il suggerimento.
E adesso era lì, dietro alla moglie del suo migliore amico che avrebbe potuto conficcarle una freccia nel petto e farlo passare per un incidente.
«Avete un bel coraggio, dote che generalmente io so apprezzare…» la contessa incoccò un’altra freccia, puntando al centro e svuotando i polmoni prima di scoccare. Centro perfetto. Il primo della giornata. Ne prese un’altra, accarezzando le piume alla base, prima di commentare pensierosa «Sempre che il vostro sia coraggio e non sfacciataggine. Non sono una persona cattiva, ma Girolamo mi sta educando a diventare una buona reggente per questa città e, a sua detta, una freccia in petto ha più effetto di un sorriso.» Ogni tanto lo sentiva nella sua mente, sul sussurro basso e roco che recitava un ‘è meglio essere temuti che amati’. Le metteva i brividi ogni volta. Incoccò la freccia, tornando a dedicarsi al paglione. «Come mai siete venuta a cercarmi?»
Alessia non sapeva bene se avvicinarsi o rimanere a debita distanza. Decise di fare un altro passo: abbastanza vicina da discorrere con la Contessa, abbastanza lontana da non sembrare sfacciata... esattamente come Beatrice aveva sottolineato poco prima.
«Non mi ritengo né coraggiosa né sfacciata, mia Signora.» replicò; il tono timido con cui parlava a tutti era tornato: la decisione che l'aveva sostenuta poco prima nella biblioteca era ormai scemata. Tuttavia, tentò di mantenere un tono fermo, come Girolamo le aveva insegnato a fare quando parlava con chi era di rango superiore a lei. «Non mi giunge nuovo come insegnamento da parte di vostro marito. Ha sempre sostenuto, da che mi ricordi, che l'amore, in politica, porta a ben poco.» sospirò appena, intrecciando le mani in grembo. Ci mise qualche secondo a rispondere alla domanda successiva della Contessa: perché l'aveva cercata? Forse per allontanarsi dalle occhiate ostili che Girolamo le stava lanciando? O per evitare di picchiare Leonardo nella Rocca di Ravaldino?
Doveva ammetterlo, da un certo punto di vista preferiva affrontare la Contessa di Forlì, che aveva appena conosciuto e non nel migliore dei modi, piuttosto che Girolamo Riario, che al contrario conosceva da tutta la vita. «In verità, nemmeno io lo so, mia Signora.» replicò, osservando la schiena della Contessa che si incurvava mentre tendeva la corda. «Forse speravo di poter parlare con voi lontana dal Conte e da Leonardo.» osservò la rosa di frecce sul paglione. «Sempre che la mia presenza non vi rechi disturbo. Se così fosse, mi allontanerò senza proferire ulteriore parola.»
«Sostenete di conoscere mio marito e il mio artista prediletto molto meglio di me, mi pare.» Scoccò la freccia che, in quel caso, non andò a segno a causa dell’impazienza che cresceva. Qualsiasi cosa di quella ragazza iniziava a darle i nervi. Di temperamento i de’ Medici non erano di certo i più tranquilli: aveva visto i suoi fratelli dar di matto per molto meno, se ci pensava bene. Finite le frecce andò verso il paglione, iniziando ad entrarle per riporle nella faretra. «Cos’altro avete da aggiungere, quindi?»
Alessia piegò leggermente la testa di lato, arricciando il naso. «Non ho detto che li conosco meglio di voi, mia Signora.» replicò abbassando lo sguardo sull'erba. «Solo da più tempo.» si lasciò scappare un lieve sorriso, prima di posare lo sguardo di nuovo sulla Contessa, intenta ad estrarre le frecce.
Si ritrovò a sperare che ella fosse di temperamento più tranquillo rispetto agli altri membri della sua famiglia, ma ciò che aveva visto fino a quel momento le disse che era poco probabile che così fosse.
Cosa voleva aggiungere a ciò che già era stato detto? Ci pensò su: aveva capito che con Beatrice era meglio pensare bene a cosa si stava per dire. «Giuliano mi disse una cosa, poco prima che partissi da Firenze per venire qui.» e forse avrei fatto meglio ad ascoltarlo, pensò tra sé e sé. «Che sarei stata fortunata se avessi potuto discorrere con voi, nel mio breve soggiorno a Forlì.»
Al solo sentir pronunciare il nome di suo fratello, i muscoli di Beatrice sembrarono rilassarsi. Abbassò le spalle, irte per il nervosismo e sospirò piano, mentre un piccolo sorriso le sfuggiva furtivo sulle labbra. «Conoscete mio fratello, quindi? Non che sia poi una così grande novità, chiunque a Firenze può conoscerlo, se esce di casa e va per piazze e osterie.» Non era nemmeno una novità il fatto che avesse parlato bene di Beatrice. I due erano legati da quando lei era nata; in un certo senso, era ciò che era anche per come l’aveva allevata proprio Giuliano, di otto anni più grande di lei. Non vi era una persona in tutto il mondo ch’ella amasse più di suo fratello. «M’era parso però di capire che siete romana. Il vostro accento è piuttosto marcato, anche se scimmiotta un fiorentino strano.»
Alessia annuì, sorridendo pensando ai due fratelli de' Medici. «Sì, mia Signora. Sia lui che Lorenzo mi sono stati vicini in un momento... importante della mia vita.» replicò. Non avrebbe mai potuto descrivere quanto fosse grata a entrambi: Lorenzo perché le aveva salvato la vita, Giuliano perché, quando il Magnifico l'aveva presentata a lui e a Clarice, l'aveva subito presa in simpatia.
«Sono romana, infatti.» confermò poi, annuendo col capo. «Ma mia madre era fiorentina e io visito spesso la città. Nonostante sia nata e cresciuta a Roma, amo molto di più la vivacità e la libertà di Firenze. Senza contare che è lì che vivono quasi tutti quelli che amo.» Quasi tutti, perché l'unico che non vi abitava era il marito della Contessa con cui discorreva, ed era piuttosto chiaro ad entrambe.
«Che la lietezza di Fiorenza superi di gran lunga l’Urbe è poco, ma sicuro.» Beatrice si stava lasciando un poco andare. Infilò l’arco nella faretra, facendo cenno ad Alessia di passeggiare con lei per i giardini della villa. I suoi fratelli amavano moltissimo il loro popolo e la loro città, per questo Beatrice non si stupì nel sentir parlare così la rossa. Che Lorenzo non si sarebbe mai tirato indietro innanzi ai bisogni di qualcuno era poco ma sicuro, dopotutto. «Mi manca la mia città, sapete? Qui sto bene, non mi lamento, Forlì è una città che deve ancora sbocciare e io ho avuto Lorenzo come riferimento per molti anni: il mecenatismo e l’amore per il popolo sono al centro della mia politica, nonostante le parole di mio marito.» Fece una pausa, decisa ad affrontare l’argomento spinoso ora che aveva ritrovato la dovuta pace «Precisamente, cosa vi lega al Conte Riario? Abbiamo appurato che non siete una della Rovere. Quella famiglia non sa sorridere.»
Alessia seguì la Contessa, lieta che finalmente avesse rilassato i muscoli e il tono. «Sono lieta di sapere che seguite le idee di Lorenzo per la vostra politica: ho sempre considerato il Conte troppo... estremo.»
Sospirò appena quando Beatrice le porse la domanda che sapeva sarebbe arrivata. Dopotutto, era un argomento che avrebbero dovuto affrontare, prima o poi. «Concordo appieno: ho avuto la possibilità di incontrare un membro della famiglia della Rovere e per tutto il tempo non un sorriso ha solcato il suo volto.» scosse appena la testa. «Ho incontrato vostro marito che ero molto piccola, a Roma. Siamo divenuti amici fin da subito. La sua famiglia non ne era molto felice, in verità, ma lui non mi ha mai allontanata.» fece una pausa, concedendosi un sorriso. Parlare di Riario, anche dopo un litigio come quello avvenuto nella biblioteca, la metteva sempre di buon umore. «Lui è... davvero molto importante, per me. Mi ha sostenuto quando mio padre è morto e non mi ha mai fatta sentire inferiore. Gli devo davvero molto.» sentì le guance scaldarsi, e cominciò ad arricciare una ciocca di capelli color rame attorno al dito. «Forse non dovrei parlare in modo così... sentimentale.» aggiunse, mordendosi di nuovo il labbro inferiore.
«Non avete detto nulla di sconveniente. Tutti abbiamo i nostri affetti.» Beatrice si fermò sotto alle mura, alzandole verso le picche che erano state conficcate tra i merli. Su di esse, delle teste degli Ordelaffi ormai rimaneva poco o nulla. Un segno. La Signoria Riario-de’ Medici che esaltava la propria politica di tolleranza zero verso coloro che si sarebbero opposti al loro dominio su quelle terre. La contessa sospirò, tenendo le mani intrecciate davanti a sé. «Io non sono nessuno per impedire a Girolamo di vedere chi preferisce, sino a che lui mi permetterà di avere contatti con i miei fratelli.»
Alessia accennò un sorriso: non credeva di potersi sentire così affine con la Contessa di Forlì, ma così era. Certo, erano due donne dal temperamento molto diverso, eppure, superato l'ostacolo del fatto di essere la moglie e l'amante di Girolamo Riario, avevano avuto una conversazione normale. Nemmeno con sua madre Alessandra aveva mai parlato con tale spensieratezza delle persone a cui voleva bene.
Alzò lo sguardo, soffermandolo sulle picche che contenevano i pochi resti delle teste degli Ordelaffi. Avrebbe potuto esserci la sua testa lassù, a quest'ora. Al pensiero deglutì, ma le scappò un sorriso alle parole della Contessa. «Non ha mai apprezzato il fatto che me ne andassi da Roma senza preavviso, e mi ha sempre presa in giro per la mia amicizia con Leonardo. Ma non ha mai cercato di impedirmi di fare nulla.» guardò quindi Beatrice, il sorriso ancora dipinto sul volto. «Con lui c'è bisogno di... molta pazienza. Ma ha un buon cuore, in fondo. Molto in fondo.» abbassò appena lo sguardo. «Non è mia intenzione di intromettermi tra voi e vostro marito, mia Signora.» disse quindi, dritta al punto. «Ora siete voi sua moglie e avete tutto il diritto di essere felice con lui.»
«Felice? È una parola pretenziosa, Madonna.» Gli occhi della più giovane caddero sull’erba verde, mentre le labbra si increspavano in un piccolo sorrisetto spento «La felicità la fanno le piccole cose, i gesti semplici e le speranze. Come ogni donna di una certa levatura però so che forse dovrò semplicemente essere accondiscendente. Non mi aspetto di essere amata.» Era un matrimonio combinato, quello con Girolamo Riario. Eppure non riusciva a non volergli bene. O a non esserne gelosa, nonostante non provasse rancori verso Alessia. «Certo, non mi posso lamentare. Ho una Signoria, la libertà che forse non avevo nemmeno a casa mia, ma il punto rimane un altro; si può vivere di menzogne e senza amore?»
Alessia si mordicchiò il labbro inferiore. «Sapete, crescendo con lui ho imparato a ridimensionare il significato di “menzogna”.» sospirò appena. «Non posso negare che lui menta, e fin troppo spesso aggiungerei. Ciò che posso dire a sua discolpa è che crede che ciò che fa è giusto.» allacciò le mani in grembo. «Nei tempi in cui viviamo, è difficile riuscire a vivere senza incappare in matrimoni combinati e menzogne d'ogni tipo. Ma di una cosa posso dire di essere assolutamente certa, almeno riguardo al Conte Riario: ci si può aspettare qualsiasi cosa da lui. Quando meno ce lo si immagina, sa essere di un'incredibile crudeltà quanto di un'inaspettata dolcezza.» si lasciò scappare un altro sorriso per ciò che aveva appena detto. «Non credo apprezzerebbe l'ultima cosa che ho detto.»
Beatrice annuì piano, con la mente altrove «Anche in mezzo all’oscurità più fitta deve esserci un po’ di grazia, dopotutto.» Si voltò verso la giovane, stirando un sorriso sulle labbra rosee «Leonardo mi ha parlato della sua intenzione di ripartire per raggiungere Bologna prima del tramonto. Fareste bene ad affrettarvi, quindi. Vi auguro buon viaggio e le porte di Forlì sono sempre aperte per i visitatori che avvertono del loro arrivo.»
Alessia fece un cenno con la testa, a confermare le parole d'ella. Poi incontrò gli occhi della Contessa, così simili a quelli di Giuliano e si rese conto che già le mancava Firenze. Ma avrebbe dovuto aspettare ancora per rivedere la città dei Medici. Annuì di nuovo. «Sarà meglio che lo raggiunga, si. Dio solo sa quanto diventa irascibile quando lo si fa aspettare troppo.» le labbra si stirano in un sorriso imbarazzato. «Vi prometto che, se vorrò far di nuovo visita a voi e alla vostra città, avviserò per tempo.» accenna un piccolo inchino col capo. «E grazie... di tutto.»
«Non dovete ringraziarmi di nulla.» Beatrice si scostò da lei, chinando a sua volta il capo in un ossequioso saluto. «Badate all’artista e abbiate cura di lui, Dio solo sa quanto serva una mente del genere di questi tempi.» Fece qualche passo verso la rocca, pregustando già il discorso che sicuramente avrebbe tenuto insieme al marito a cena. Si voltò un’ultima volta, «Fate buon viaggio» sentenziò alla fine, concludendo il discorso. Sparì all’ombra del castello, mentre la veste bianca veniva catturata da un soffio di vento.
Alessia annuì: spesso si chiedeva per qual motivo Leonardo la chiamasse sorellina, quando era ben chiaro che era lei la più grande tra loro due. Soprattutto quando si comportava da bambino.
Guardò la Contessa sparire, prima di prendere una diversa strada per raggiungere Leonardo che sicuramente l'aspettava imbronciato. Alzò gli occhi al cielo, donando un sorriso a quell'azzurro così limpido e a quel sole intenso, che le avevano regalato una giornata di sicuro inaspettata.
Con una rinnovata allegria, si incamminò verso Leonardo e le sue buffe espressioni.

Note delle autrici«

perchè si, oggi siamo due. Siamo io e Jess, che volevamo mostrarvi come sarebbe stato un ipotetico incontro tra Beatrice, la più piccola della famiglia Medici e sposa di Girolamo caro, e Alessia, ovvero figlia illegittima di Piero de' Medici e... amante di Girolamo caro. Il tutto condito dalle geniali idee dell'artista che deve sempre metterci del suo. Sempre. Altrimenti non è contento (LOL).
E niente, vi lasciamo recensire in pace. <3

_Eagle e Chemical Lady
  
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