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Autore: Mary_chan    18/07/2008    5 recensioni
In seguito ad una bruttissima lite, Akane rompe il fidanzamento. Dopo una notte di riflessione, Ranma è deciso a farla ragionare, ma scoprirà che la sua "ex" è andata a trovare un ragazzo senza memoria che vive lontano da Nerima. Come la prenderà? E Akane acconsentirà a tornare a casa?
ATTENZIONE: Questa fanfiction non è mia, ma appartiene a Jiggly33, che mi ha accordato il consenso alla traduzione.
WARNING: This fanfiction is not mine. It belongs to Jiggly33, who gave me the permission to translate it.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota della traduttrice Mari-chan: Come promesso, una nuova traduzione dal mondo delle fanfictions inglesi. L’autrice è Jiggly33, è messicana e potete trovare il suo profilo qui. Una cosa alquanto curiosa è che di solito lei traduce le sue storie preferite in spagnolo. Si è sentita onorata all’idea di trovarsi dalla parte dell’autore e non del traduttore, per una volta ^^
Mi aspetto di ricevere molti commenti, ché l’autrice li attende con ansia, quindi non mi deludete, e fatemi fare bella figura! XDD
Per chi fosse interessato, esiste un topic delle mie traduzioni nel forum N di Nibunnoichi: lo trovate a questo indirizzo. Lì ho risposto a coloro che hanno commentato la mia ultima traduzione, Condolences, e conto di fare la stessa cosa anche stavolta, quindi fate un salto sul forum di tanto in tanto ^___-
Buona lettura! -__^


Disclaimer dell’autrice: Tutti i personaggi di Ranma ½ sono proprietà di Rumiko Takahashi… Non è una novità. Lo sapete tutti, sennò non sareste qui a leggere ;)



Until I find you again

(Finché non ti avrò ritrovata)
a fanfic by Jiggly33

tradotta in italiano da Marichan con permesso scritto dell’autrice




Il giorno dopo pioveva.

Il cielo rifletteva il colore in me, grigio puro. Le gocce leggere sul tetto mi destarono, riportandomi alla mente tutti i ricordi. La sera prima era stata orribile, una delle peggiori. Avevo detto cose che non volevo, e sono sicuro che nemmeno lei pensava quel che aveva detto, ma diamine, non sappiamo impedircelo.

Le regole furono stabilite nel momento in cui ci incontrammo. Be’, fu lei a stabilirle, ad essere sinceri. Aveva subito mostrato rabbia e disgusto all’idea di essere fidanzata con me. Ok, io ero un estraneo, e ci eravamo visti nudi, per caso. Chi mai accetterebbe un fidanzamento così? Io no di certo, ma non potevo farci niente.

Così pensai di poter almeno tentare di andare d’accordo con lei, ad essere amici proprio come aveva detto lei prima. Dannazione, il ricordo fa ancora male. Aveva detto “diventiamo amiche”, poi aveva scoperto che ero un ragazzo e mi odiò a morte. Troppo per quel sorriso amichevole che mi aveva rivolto prima. E poi aveva affermato molto chiaramente che pensava io fossi un essere ripugnante; la mia maledizione la disgustava. Cos’altro potevo fare? Reagii in mia difesa, così come mi era stato insegnato. Cominciai a rispondere. Nessuno può insultarmi e passarla liscia.

Con ciò, accettai il gioco che lei stava giocando. Ma si è spinto troppo oltre, anche quando abbiamo smesso di odiarci… se mai l’abbiamo fatto. Solo che, dopo tutto quello che avevamo passato, in un certo senso sapevamo quali erano i punti deboli dell’altro. Ed evitavamo di toccarli. La sera prima avevamo ignorato quella tacita regola.

Sedetti sul futon ad ascoltare la pioggia. Tenevo la mano poggiata sul ginocchio e vi premevo la fronte. Chiusi gli occhi, le sue parole mi risuonavano ancora nelle orecchie. Credevo che nulla potesse farmi male. Tutta la notte sentii una pressione al petto, non potevo smettere di pensare alla lite e per ore non riuscii a dormire. Poi mi addormentai, e pensai che quella sensazione sarebbe scomparsa al mattino. Ma non fu così, e mi sentivo ancora uno schifo.

Aveva rotto con me. Per davvero stavolta, non come tutte le altre volte, quando lo diceva solo perché era arrabbiata o gelosa. Non aveva urlato, be’, l’aveva fatto mentre c’insultavamo. Ma poi, quando io avevo risposto al suo « Ti odio, essere ripugnante! » con un « Tu sei la cosa peggiore che poteva capitarmi! Vorrei non averti mai incontrato! », era divenuta silenziosa.

Non me ne pentii nemmeno, all’inizio; lei mi aveva ferito, dopo tutto. E a volte sento che la mia vita sarebbe stata un po’ più semplice se non l’avessi conosciuta. Sì, più semplice, ma non più felice. Sarei ancora un uomo egocentrico, super potente e super solo se non fosse stato per lei. Incontrarla aveva reso la mia vita stabile, completa. Tutto ciò che avevo sempre desiderato. Perchè, cavoli, no, non avevo sempre sognato di essere il migliore artista marziale e l’uomo più forte del mondo. Io volevo essere felice, avere una casa, e una persona con cui dividere la mia vita. Una ragazza che comprendesse chi ero, e mi amasse per quello che ero. L’avevo trovata… e lei aveva rotto con me la sera prima, perché io ero dannatamente stupido.

Dopo il suo lungo silenzio, mentre io la guardavo furioso, lei aveva sospirato pesantemente e aveva detto: « Bene, allora, d’accordo. Liberiamoci di quest’incubo. Io e te non andremo mai d’accordo, perché chiaramente non lo vogliamo. Parlerò con papà e gli dirò che è finita, per davvero. Non preoccuparti ». Si era incamminata silenziosa fino alla stanza di suo padre e aveva chiuso la porta.

Io ero scioccato. Non sapevo cosa fare, così me n’ero andato in camera mia e mi ero seduto per terra. Avevo aspettato, per ore, che il signor Tendo o mio padre venissero a dirmi di scusarmi con lei come si deve. Ma non era accaduto. Non la sentì piangere o urlare; niente di niente. La casa era piombata nel silenzio più totale. Il tipo di silenzio che la morte porta ad una famiglia. Avevo pensato di aprire la porta e controllare cosa stesse succedendo, ma non ero riuscito a trovare il coraggio. Mi ero disteso sul futon e avevo continuato ad aspettare che accadesse qualcosa.

Ed adesso ero qui. Ancora in attesa che il mio mondo ricominciasse a ruotare, ad ascoltare la pioggia gentile fuori e nient’altro. Era così frustrante; sono tante le cose che non posso sopportare, e l’impotenza è una di quelle. Dovevo fare qualcosa, parlarle, e farle riacquistare il senno. Non poteva accadere una cosa simile.

Mi alzai e aprì la porta scorrevole. Il corridoio era vuoto… dov’erano tutti? Andai in camera sua e bussai alla porta. Nessuna risposta. Non me la sentivo di parlare e rompere quel pesante silenzio, così aprii lentamente la porta e spiai dentro. La stanza era buia, e vuota. Lei non c’era. Cercai una nota o la finestra aperta, uno zaino, qualcosa che mi dicesse dov’era. Ma la stanza era inerte, ecco da dove veniva quella sensazione.

Richiusi piano la porta dietro di me. Il mio cuore prese a battere forte. Cavoli, oh cavoli, quello era un brutto segno. Scesi di sotto, temendo di trovare il soggiorno vuoto. Ma no, c’era tutta la famiglia… tranne lei. Stavano facendo colazione, in silenzio. Rimasi a guardarli, aspettandomi un pugno, un rimprovero.

Niente.

« Oh, buongiorno, Ranma » disse Kasumi alzando lo sguardo dal suo piatto. « Fai colazione? »

« Ehm… No… grazie » risposi mentre tutti mi guardavano.

« Ti senti bene, figliolo? Non è da te saltare un pasto » osservò mio padre guardandomi. Cercai di decifrare la sua espressione, ma non vi era rabbia. Forse solo… tristezza.

« Io… ehm… Sto bene… cosa… cioè… non siete arrabbiati con me? » chiesi finalmente.

Il signor Tendo deglutì sonoramente e posò il suo piatto vuoto. Mi guardò e rispose: « No, figliolo, perché dovremmo? È solo che le cose… qualche volta non vanno come vorremmo ».

Lo guardai, ancora scioccato. Erano tutti così… tranquilli. Dannazione, stava succedendo davvero?

Ebbi la risposta da mio padre. « Ora che il fidanzamento è rotto, non c’è ragione per noi di vivere qui. Ma io non ho perso le speranze; Tendo ha altre due figlie, lo sai. Non ti sto forzando a fare alcunché, non voglio peggiorare le cose, ma pensaci. Rimarremo ancora per un po’. Spero tu possa trovare una soluzione ».

Il mio cuore era sul punto di esplodere, la mia mente vorticava di pensieri e domande. In tutta la mia vita, non mi ero mai sentito così confuso. Dandomi un calcio mentale, urlai a me stesso: “Non è finita. Non permetterai che accada. Puoi ancora fare qualcosa. Non ti lascerò rovinare la cosa migliore che ti sia mai capitata ”.

Quando riemersi dal mio conflitto mentale, sentì Nabiki dire: « …non sarà facile però. Se vuoi che io sia la prossima fidanzata, ti costerà parecchio. Inoltre, non voglio mettermi in mezzo, e tu sai che questa potrebbe essere una situazione scomoda per un po’, se non per sempre ».

« Lei dov’è? » domandai a voce alta. Mi guardarono tutti un po’ sorpresi. Che diamine gli prendeva? Che cosa si aspettavano da me? Una danza gioiosa?

Si scambiarono delle occhiate per un po’, poi il signor Tendo parlò.

« Ascolta, Ranma, è meglio lasciarla in pace. Non c’è ragione di farle ancora del male se hai intenzione di ricominciare a litigare ».

Ma senti! Non potevo trattenermi ancora a lungo. « Lei dov’è, dannazione?! Risponda alla domanda! »

« Perché t’interessa, figliolo? Non ti prenderai ancora gioco di lei, e ringraziala per aver rotto il fidanzamento, non posso permette che questa storia vada avanti » intervenne mio padre.

« Prendermi gioco di lei?! Ricominciare a litigare?! RINGRAZIARLA?! Voi siete matti! Io morirei per lei! Morirei piuttosto che vederla soffrire! » urlai senza pensare. Respirando affannosamente, vidi l’intera famiglia abbassare la mascella per un secondo, prima che cominciassero a gridare.

« Oh, grazie al cielo! Sono così contento di sentirtelo dire! » Soun Tendo pianse le lacrime più grosse che io abbia mai visto da quando lo conosco. Le ragazze erano intorno a me, Kasumi teneva le mani giunte e Nabiki mi dava dei colpetti sulla schiena. Mio padre stava trangugiando la colazione di tutti mentre mostrava un cartello che diceva: “BUON PER TE, FIGLIOLO!”, anche se non era trasformato.

Non c’era tempo per essere imbarazzato o per aspettare che le loro congratulazioni e i loro abbracci cessassero. Non era il momento di celebrare, non ancora.

« Sì… Sì… ok… ok! OK ALLORA! » sbottai e tutti quanti ammutolirono di colpo. « Adesso mi dite dov’è? »

« Be’, ci ha detto che sarebbe stata via per un po’ per schiarirsi le idee, e che sarebbe andata da un amico. Ma non so proprio da chi, o dove si sia accampata… » mi disse Kasumi, sforzandosi di ricordare altri dettagli. « Ma so che ci siamo già stati una volta, vero, papà? »

Kasumi, la cui dolcezza la rendeva cieca il più delle volte, non sapeva dell’importanza di ciò che mi stava dicendo, o perché tutti gli altri cercavano di guardare altrove invece che me. Cominciai a sentirmi strano, e mi rivolsi all’unica persona in grado di sputare il rospo, perché a lui non importa di ferirti o no.

« Papà? » lo chiamai dalla mia posizione in mezzo alla famiglia Tendo. L’uomo continuò a mangiare come un maiale e, di nuovo, sollevò un cartello: “È ANDATA A RYUGENZAWA”.

« COSA?! » fu tutto ciò che riuscii ad urlare prima di precipitarmi fuori di casa.


Continua…
   
 
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