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Autore: Rowena    25/04/2014    4 recensioni
Dopo il Falò delle Vanità, Ezio torna a Monteriggioni per un po' di meritato riposo. Quello che è accaduto a Firenze però l'ha profondamente scosso, e cerca conforto... Da sua sorella.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Claudia Auditore, Ezio Auditore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La notte era tranquilla a Monteriggioni, una delle tante nella placida primavera del 1498. Dalla finestra, l'unico rumore che giungeva dalle finestra, a parte il solito festino che si stava svolgendo nel bordello locale, era il frinire delle cicale sui rami degli uliveti circostanti.
C'era pace nel piccolo borgo rifiorito negli ultimi anni: poche guardie sorvegliavano le mura, facendo particolare attenzione alla strada che portava a Firenze, ma nulla di preoccupante sarebbe apparso quella notte, malgrado le voci inquietanti delle rivolte scatenate nella grande città contro nobili e potenti. Nonostante questa consapevolezza, nel suo letto immacolato Claudia Auditore non riusciva a dormire. Sentiva il respiro quieto di sua madre nella stanza accanto, finalmente libera dagli incubi sul marito e i figli perduti, eppure non era abbastanza per tranquillizzarla.
C'era qualcosa nell'aria che metteva in ansia la donna, come un presentimento. Riguardava suo fratello, era in pericolo? Si chiese dove fosse Ezio, cosa stesse facendo.
Lo zio Mario aveva detto che il giovane assassino era sulla via del ritorno da Venezia, ma non avevano ricevuto notizie per parecchi giorni, finché non era giunto un messo da Firenze, inviato da un misterioso personaggio che si faceva chiamare La Volpe, per informare gli Auditore che il manufatto recuperato alla Serenissima era stato rubato e che avrebbero dovuto recuperarlo a Firenze. Con le notizie inquietanti che erano arrivate nelle ultime settimane…
Claudia era preoccupata per molte cose: aveva accettato da tempo il suo ruolo a Monteriggioni, imparando ad amarlo e a essere orgogliosa di quello che era riuscita a fare. Se all'inizio si era lamentata di quel lavoretto trovatole per passare il tempo e distrarsi dal proprio lutto, proposta che all'epoca le era sembrata così offensiva per una gentildonna del suo rango, ora era fiera di ogni cifra che riusciva ad annotare sul libro mastro. Negli anni aveva imparato a mandare avanti l'architetto per proporre i lavori di restauro a Ezio, per convincerlo a finanziare nuove opere in maniera obiettiva, senza lasciarsi traviare dal giudizio che il fratello aveva su di lei. Si era fatta tutti amici nel borgo, perfino le prostitute, che nei primi tempi della riapertura del bordello aveva fissato con odio e pregiudizio, chiedendosi se davvero ne avessero bisogno – sì, era stata la risposta, valutando i denari che quelle ragazze riuscivano a portare nelle casse della villa.
Era in pensiero per il giovane assassino: da parecchio tempo ormai non tornava nel borgo, preso dalle faccende di Venezia, e non si sentivano neanche per lettera per paura che fossero intercettate e che i due potessero compromettersi a vicenda con le loro parole. Le mancava, e saperlo a Firenze in quei giorni di caos non le permetteva di prendere sonno.
«Claudia?»
Un sussurro nella notte, appena percettibile, tanto che per un attimo la donna pensò di averlo soltanto immaginato.
«Chi c'è? Ezio, sei tu?»
Un fruscio di stoffe, il suono metallico della spada che sbatteva contro altre armi più corte, e in un attimo il fratello scavalcò la finestra.
«Dio del cielo, davvero tu non puoi usare le porte come tutti?», sbottò lei tirando un sospiro di sollievo, prima di cercare un cerino per illuminare la stanza con una candela.
«Nessuno sa che sono qui, non fare rumore», borbottò Ezio senza avvicinarsi. «Ho scalato le mura e mi sono intrufolato qui, ho bisogno di riposare senza che lo zio metta in piedi un banchetto notturno».
«Hai scalato le mura?», ripeté distratta la donna, mentre rovistava nel cassetto quel che le serviva.
«Non potevo farmi vedere, non sono pronto al grande ritorno a casa. In queste occasioni, le tecniche che ho imparato per eludere i miei nemici tornano utili anche in queste situazioni».
Finalmente Claudia riuscì ad accendere la candela e si voltò verso il fratello, e a stento trattenne un grido. Ezio era imbrattato di sangue, e aveva un'espressione in viso che le mise paura. Sembrava aver incontrato la morte stessa.
«Che è accaduto? Di chi è quel sangue?»
«Un po' di Savonarola, un po' di Cristina Vespucci. Sono morti entrambi, lui per mano mia, lei…»
Silenzio. Claudia faticò un poco a ricordarsi la ragazza dai capelli bruni che sorrideva al passaggio della famiglia Auditore quando s'incontravano sulla via per la messa. Una volta suo padre si era lamentato a tavola che i Vespucci erano furibondi per il corteggiamento fin troppo esplicito di Ezio nei confronti della loro pudica e virtuosa figlia, arrivando fin a pregare il secondogenito di trattenersi, se non voleva mandare a monte le possibilità che aveva di sposare questa Cristina.
«Sposarsi? Padre…»
«Non riporto le storie che mi ha raccontato il padre di questa giovane per rispetto a tua madre e tua sorella, Ezio, ma capisci bene di cosa sto parlando».
Sembravano ricordi di un'altra vita, ormai. O della vita di qualcun altro.
«Ezio, cos'è successo a Firenze?», domandò più piano Claudia, temendo in un certo senso la risposta.
«Stavo inseguendo il ladro che mi ha portato via la Mela, quando l'insurrezione ha travolto la città. Savonarola ha usato il manufatto per istigare i popolani a distruggere libri, opere d'arte… E ad attaccare i ricchi e i mercanti che a suo dire corrompevano Firenze coi loro vizi. È stata una carneficina».
La donna rabbrividì, ripensando a quando i soldati fiorentini erano entrati con la forza nella loro vecchia casa portando via suo padre e i fratelli che avevano trovato, senza pietà per nessuno, nemmeno per la padrona di casa. Il trauma di Maria era stato così forte che per quasi vent'anni non aveva aperto bocca. Provò a immaginare una folla urlante e furibonda che tentava di entrare per ucciderli tutti e si sentì terrorizzata.
«Anche la casa di Cristina, dunque».
«Hanno ucciso suo marito, per poi inseguire lei. L'hanno pugnalata alla schiena, quei vigliacchi! Peggio dei templari…»
Claudia tremò sentendo la rabbia del fratello e scivolò fuori dalle lenzuola immacolate, facendogli segno di sedersi, attendendo con pazienza che Ezio le raccontasse tutta la storia; da ragazzi non erano stati confidenti uno dell'altra, o almeno, lui l'aveva sempre difesa e aveva ascoltato le sue lamentele, specie quando aveva scoperto che Duccio la tradiva, ma preferiva parlare col fratello maggiore, con cui di certo aveva più affinità e poteva parlare esplicitamente delle sue conquiste amorose. Erano ormai loro due soli, però, e nel tempo Claudia aveva capito che dovevano prendersi cura di ciò che rimaneva della famiglia, anche se erano spesso lontani. Sapeva il motivo per cui Ezio si era arrampicato alla sua finestra, invece che recarsi direttamente nella sua stanza per riposare: aveva bisogno di un'amica, più che di una sorella.
Come aveva immaginato, l'assassino sospirò e cominciò a raccontare fin dal periodo di serenità prima della congiura contro la loro famiglia, quando aveva notato Cristina e aveva cominciato a corteggiarla, rimanendo sorpreso quando lei aveva risposto con disponibilità, e aveva preso ad arrampicarsi alla sua finestra in piena notte, facendola in barba alle guardie di messer Vespucci. Rimase sorpresa nel sentirlo professare il suo amore per quella donna, quando non l'aveva mai nominata in tutti quegli anni. Quando Ezio arrivò all'uccisione dei loro parenti, Claudia fremette nell'udire come la ragazza lo avesse aiutato a cremare i corpi dei famigliari salvandoli dal pubblico divertimento – con anche una punta di egoismo sentendo che le era stata preferita un'estranea, a lei che era della famiglia. Non aveva mai saputo bene cos'era successo in quei giorni terribili, perché il fratello aveva preferito non parlarne per non peggiorare le condizioni della madre, e col passare degli anni i cari perduti erano stati nominati sempre meno, come per non disturbare la loro memoria.
Ignaro di aver scatenato tutti questi sentimenti nella sorella, Ezio continuò il suo racconto, parlando di come era andato a trovare Cristina poco prima delle nozze, ignaro degli accordi matrimoniali, e le aveva chiesto di seguirlo a Monteriggioni per stare con lui. Quando lei aveva rifiutato, terrorizzata all'idea di abbandonare la famiglia per sempre, l'assassino aveva salvato il futuro sposo da dei criminali con cui aveva dei crimini di gioco, facendogli giurare di essere un buon marito per lei. Continuò con l'incontro a Venezia, quel nuovo momento burrascoso e il modo gelido in cui si erano lasciati.
Per arrivare al Falò delle Vanità, a quell'ultimo, drammatico saluto. Ezio estrasse il ciondolo da una delle tasche del suo farsetto, spiegando la storia che c'era dietro.
«Dopo tutto questo tempo l'aveva ancora, capisci? Mi ha amato per tutti questi anni, se avesse avuto il coraggio di seguirmi, se…»
Per quanto capisse la disperazione del fratello, la donna provò un moto d'odio puro per Cristina. Morente o no, si era scaricata la coscienza prima di spirare, lasciando il fardello sulle spalle di Ezio senza curarsi dell'effetto che le sue parole avrebbero avuto su di lui. Che senso aveva ammettere che avrebbero potuto essere felici, se vent'anni prima avessero intrapreso scelte diverse? Anche Claudia aveva avuto ben poco di quello che si aspettava per il proprio avvenire da ragazza, ma se fosse stata alla finestra a sospirare si sarebbe logorata inutilmente. Cristina aveva comunque contratto un buon matrimonio, da quello che sentiva, si era trovata un uomo fedele e pronto a morire per lei… La trovò un'insopportabile egoista, per quanto ebbe il buon senso di tenerlo per sé.
«E tu hai ucciso Savonarola per vendicarla», azzardò tuttavia con leggerezza, troppa.
Ezio sollevò lo sguardo, improvvisamente indignato. «È lontano il tempo in cui agivo solo per vendetta personale, Claudia! Se vuoi saperlo, l'ho pugnalato per risparmiargli la tortura del rogo».
Intuendo la litigata imminente, lei cercò di correre ai ripari: «Credevo…»
«Cosa, che io provassi piacere nell'uccidere? Ti sbagli di grosso!»
«Hai detto che non fuori far sapere a nessuno che sei qui, allora non gridare. Mi dispiace, non volevo offenderti, ma non mi hai mai raccontato praticamente nulla delle tue missioni».
Ezio riuscì a calmarsi osservando meglio la sorella e notando quanto già alla luce tremula di una sola candela sembrasse invecchiata nel tempo in cui era stato via. Il suo volto aveva perso ormai ogni traccia di fanciullezza, e anche se i suoi capelli erano ancora tutti bruni si vedeva che era una donna fatta, radiosa e testarda. Quanto avevano perso uno dell'altra, quanto erano stati lontani… Non dubitava della bontà della sua missione, questo no, eppure sapeva che c'era un mondo più normale che si era chiuso alle sue spalle quando aveva deciso di indossare la veste da assassino di suo padre.
«Ed è meglio così. Non voglio che tu condivida questa pena, credimi».
Sentendolo meno sulla difensiva, Claudia lo cinse in un abbraccio, posando la guancia sulla spalla libera dalla cinta per i pugnali. «Mi dispiace per Cristina, davvero. Non la conoscevo bene quanto te, ma nessuno dovrebbe morire in modo così barbaro e ingiusto, nessuno», ripeté guardando la parete spoglia di fronte a loro. «Che ne può una semplice donna delle condizioni economiche di un'intera città, che colpa ne ha se alcuni sono ricchi e altri no?»
Il pensiero di Ezio corse subito a Caterina Sforza, ma non disse nulla, preferendo concentrarsi sulle riflessioni che lo avevano tormentato dalla morte della donna amata.
«Sai, quando ho cominciato il mio viaggio ero così arrabbiato per la morte di nostro padre, Federico e Petruccio, da non pensare ad altro che a vendicarli. Poi ho scoperto che il mio nome di assassino mi rendeva assai desiderato da molte donne e, non lo nego, ne ho approfittato. Mi sono reso conto di amare Cristina solo quando ho capito di averla persa per sempre, e ora so che ho rinunciato a tanti ruoli nella mia vita senza neanche pensarci. Avrei voluto essere un marito, un padre? Non lo so, e ora è tardi per chiedermelo».
«Davvero? Ci sono altre donne al mondo, e potresti innamorarti di nuovo», mormorò Claudia tirandogli indietro il cappuccio e passandogli una mano nei capelli scuri. «Io sono sempre stata consapevole di quello che avevo perso, con la morte di nostro padre, forse perché la mia educazione è sempre stata più mirata a prepararmi al matrimonio e alle responsabilità di una nobildonna fiorentina moglie e madre».
In fondo, continuò, non avevano scelto niente. Soprattutto Ezio, che annuì: aveva indossato la veste da assassino senza sapere cosa rappresentasse, si era lanciato nella vendetta di famiglia senza nemmeno comprendere il credo di cui era diventato latore. Gli erano serviti vent'anni per capire a fondo, e la piccola cerimonia a Venezia per introdurlo davvero nell'Ordine perché vedesse il senso più ampio del suo scopo. Tuttavia…
«Non riesco a smettere di chiedermi cosa sarebbe successo se io l'avessi convinta a venire qui, ora che è morta. Saremmo stati felici insieme».
«Davvero?», la voce di Claudia si fece più dura. «Saresti rimasto qui, abbandonando i tuoi propositi di vendetta, avresti fatto il contadino, o il fabbro?»
«Beh, no», rispose Ezio un po' colpito da quell'improvviso rimprovero.
«Ecco. Sarebbe rimasta a fare la calza con me, in attesa perenne di una tua apparizione fugace, magari a crescere da sola dei figli che avrebbero a malapena riconosciuto la tua faccia. Credi che sarebbe stata felice in una simile vita?»
Era una domanda retorica, alla quale non c'era bisogno di rispondere. L'astio nella voce di Claudia gli fece chiedere se non avesse sbagliato a dare per scontata alla sorella, o se non si fosse interessato abbastanza al suo destino e alla sua vita.
«La vita che fai e un matrimonio non sono compatibili, Ezio. Forse hai scelto senza comprenderlo, ma l'hai fatto tanto tempo fa. Cristina probabilmente aveva capito che vita le stavi offrendo meglio di te e ne ha avuto paura, oppure temeva proprio l'imprevedibilità a cui l'avresti esposta. Ma non è troppo tardi, per un uomo: hai il manufatto, no? La tua battaglia è finita».
Ezio portò una mano al piccolo fagotto che gli pendeva dal fianco. «Non credo, almeno finché non saremo certi del suo significato e non avremo neutralizzato Rodrigo Borgia. Prima o poi dovrò recarmi a Roma e chiudere questa storia».
«Dopo però potrai fermarti, no? La tua vita non è finita. Potrai trovarti una bella contadinella dolce e carina e sfornare marmocchi con lei, oppure comprarti un vigneto nei paraggi e metterti a fare il vino».
«E a ubriacarmi tutto il giorno, immagino, così da mandare in rovina il podere in un lampo perché non si vende abbastanza. Sembra un bel quadro, Claudia, ma non credo che sarà mai possibile, adesso. Non sarò più capace di amare un'altra».
La parte più pungente della donna avrebbe voluto commentare che Ezio aveva un'idea ancora fanciullesca dell'amore, romantico e passionale, ma che non immaginava neanche cosa volesse dire stare con una persona ogni giorno, e non solo intrufolarsi nella sua stanza di notte. Non era l'occasione più adatta, però, con il lutto recente e la confusione che aveva causato nel fratello.
Sapeva che il tempo avrebbe curato il suo dolore, come era stato per il trauma della madre e la sua delusione per quel cambio di rotta che aveva subito la sua vita a causa delle disgrazie della sua famiglia. Non sarebbe stato immediato, e avrebbe dovuto riuscire a ripensare a Cristina con più serenità di quanto non potesse fare in quel momento.
Tutto ciò che poteva fare lei era cercare di stargli accanto, per quanto i rispettivi caratteracci lo permettessero.
«Perché non provi a dormire un po', adesso? Devi essere esausto», gli suggerì con più dolcezza. «Puoi rimanere qui, se lo desideri, mi sposto io».
Non voleva ammettere di non aver preparato la stanza, non sapendo quando di preciso sarebbe tornato.
Ezio scosse il capo. «Non voglio rimanere da solo stanotte, ti prego».
Indietro di vent'anni, ancora. La prima notte a Monteriggioni era stata Claudia a supplicarlo in quel modo, ancora terrorizzata per quanto era accaduto.
Quel pensiero la fece sorridere un poco, ma le diede anche una certa malinconia. «Non abbiamo ricordi da condividere se non quelli dell'infanzia e la tragedia della nostra famiglia, ci pensi mai?»
«Dimentichi tutte le nostre litigate a ogni mio ritorno», la corresse Ezio mentre si sfilava gli stivali. «L'architetto che mi propone un restauro, io che mi lamento delle spese, tu che mi rimproveri perché sono un taccagno e non so quanta economia stai facendo per mandare avanti il borgo… È diventato un copione ormai molto classico».
E in sottofondo lo zio Mario rideva che gli erano mancate tutte quelle urla ad animare la villa, mentre l'architetto si scusava per aver dato il via a quella discussione apparentemente infinita. Claudia pensò che aveva di sotto il progetto per ampliare le scuderia e alzare le mura per creare fortificazioni più alte, oltre al disegno che Leonardo aveva mandato per delle macchine da difesa che avrebbero potuto rendere più semplice proteggere il borgo da eventuali attacchi esterni. Ci sarebbe stato tempo il giorno dopo, intuì la donna, quando Ezio avrebbe riposto le sue emozioni in qualche cantuccio del suo cuore e si sarebbe mostrato per il solito sciocco smargiasso che loro amavano. Sì, ci sarebbe stato tempo per fingere che tutto andasse per il meglio.
«Là c'è un catino con dell'acqua, se vuoi sciacquarti, e puoi posare le armi su quella sedia», gli indicò risistemandosi sotto le coperte.
Lo osservò con attenzione mentre riponeva tutto il suo armamentario: bisacce, la spada e la daga corta, la lama nascosta con la sua polsiera di cuoio, la balestra, i pugnali, l'ascia da combattimento…
«Non avevo mai fatto caso a quanto metallo ti porti dietro. E riesci ad arrampicarti sui tetti con tutta quella roba addosso?»
«A volte mi trascino dietro un cadavere per nasconderlo, in aggiunta», ammise senza arroganza l'assassino. «Le prime volte è massacrante, specie per le braccia, ma poi ci fai l'abitudine. Devi essere svelto se vuoi scappare dai soldati, per cui ti alleni per essere sempre più veloce e agile».
Per ultimo, ripose il sacchetto del Frutto dell'Eden, appoggiandolo con particolare cura tra le cinte in modo che rimanesse fermo.
«E quello…»
«È la ragione per cui ho combattuto tutti questi anni. Non ho idea di cosa sia, ma forse Leonardo saprà spiegarmelo, quando riuscirà a tornare. Forse non lo scoprirò prima di recarmi a Roma».
«Posso vederlo?»
«No, Claudia. Non è roba per te», replicò secco agitando le mani, prima di ammorbidirsi. «Non è che ti ritengo stupida, è che uno di noi invischiato in questa faccenda è sufficiente. Sai, a volte vedendo le donne per strada mi chiedo se non saresti stata meglio in una grande città, un luogo dove rifarti da capo una vita serena».
Claudia scosse il capo, accantonando quelle fantasie una volta di più: «E chi avrebbe badato alla mamma? Non ho avuto scelta, come te, ma non mi spiace quello che ho avuto qui. Non sono sicura che quella vita che sognavo facesse davvero per me. Un marito a controllarmi e a gestire la mia vita, una gravidanza dietro l'altra… Avrei voluto davvero dei figli, o li avrei desiderati solo per far contento il mio sposo, dei maschi che portassero avanti il suo nome? Non lo so, ed è meglio che non me lo chieda».
Che fingesse o meno, sembrava convincente. Era davvero felice di quello che Monteriggioni le aveva dato? Sperò di sì.
Ezio si lavò il viso dalla polvere e dalle macchie di sangue, togliendosi i vestiti sporchi e rimanendo in camicia e brache di tela.
«Ti sembrerà strano avere un uomo che passa la notte qui», commentò più leggero, come se si fosse liberato almeno un poco dai suoi pensieri cupi.
La donna ridacchiò, prima di spostarsi di lato per fargli posto nel letto. «Primo, tu non sei un uomo, ma l'irritante fratello che mi tirava le trecce quand'eravamo piccoli, non conti».
«Grazie tante!»
«Non c'è di che», replicò lei ridendo. «E seconda cosa… Chi ti ha detto di essere il primo?»
«Claudia!»
«Ah, ora fai l'innocentino? Il grande amante Ezio Auditore si vergogna se sua sorella non ha fatto vita monacale in questi vent'anni, da non credere».
«Vent'anni. Ci pensi? Quando sono lontano non riesco a immaginarti che com'eri da ragazzina, eppure ogni volta che ci vediamo sei così diversa».
«È lo stesso per me: per certi versi sei sempre lo stesso, ma poi mi accorgo di tutte le cicatrici che cerchi di nascondere, qualche ruga, la barba… E realizzo che è passato così tanto tempo».
«Siamo cambiati entrambi», commentò Ezio sistemandosi meglio il cuscino.
Claudia soffiò sulla candela. «E cambieremo ancora, sempre che io non ti uccida perché ti stai prendendo tutta la coperta».
Una risata soffocata.
«Claudia… Non dire a nessuno di Cristina».
Si immaginava questa richiesta, per cui non fece nemmeno una piega.
«Anche se lo facessi, nessuno mi crederebbe che stiamo parlando civilmente dei tuoi sentimenti da più di un'ora», rispose la sorella sistemandosi sul fianco. «Passerà, Ezio, abbi fede. Il dolore. Ma lo saprai solo quando incontrerai un'altra persona che conquisterà il tuo amore».
Schiena contro schiena. Il fratello non rispose.
«Stai già dormendo?»
Ezio non rispose, sebbene avesse ancora gli occhi spalancati. Voleva credere a Claudia, ma gli riusciva difficile, anche se aveva già sentito il lutto per i suoi cari affievolirsi e diventare un ricordo buono, nel tempo. Questa volta era diverso, si disse. Questa volta non sarebbe passato.
Al suo fianco, la donna intuì che fingeva di essersi già assopito, ma non aggiunse nulla. Non c'era altro da dire, del resto.




Angoletto dell'Autrice: Salve a tutti, sono Rowi e sbarco nel mio milionesimo fandom fresca fresca dall'aver finito Revelations (sono indietrissimo, lo so, ma mi metterò in pari con gli altri giochi più moderni). L'ispirazione me l'ha proprio data Revelations, con le lettere che Ezio scrive a Claudia e quell'accenno a Cristina Vespucci che lui fa parlando di Sofia, che credeva di non potersi più innamorare dopo la morte della donna. Ho apprezzato moltissimo questo livello di confidenza tra i due, perché nei primi due episodi della miniserie rinascimentale non fanno altro che litigare, in sostanza, per quel poco che si vedono. Anche quando Ezio vuole proteggere la sorella, lo fa quasi aggredendola, come quando Claudia si propone come tenutaria per La Rosa in fiore. Solo successivamente i due cominciano a trattarsi meglio, quando Ezio si rende conto che la sorella è in grado di badare a se stessa. Mi ha sempre incuriosito l'evoluzione di Claudia, da viziata nobile diseredata ad Assassina. Penso che questa sarà la prima di una mia serie su di lei, sulla sua crescita personale dalla fuga a Firenze fino alla vecchiaia (anche se ovviamente ho cominciato praticamente da metà). Spero che la storia vi sia piaciuta, è il primo tentativo in questo fandom. Se vi è piaciuta, se non vi è piaciuta, se volete darmi un consiglio o se volete tirarmi i pomodori... Sapete come fare! ^^
Grazie per essere passati e alla prossima,
Rowi
   
 
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