Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Ser Balzo    25/04/2014    2 recensioni
Ti hanno detto che la guerra è arte, e che Clove e Dan non potrebbero essere più diversi.
Ti hanno fatto vedere che occorre esercizio, pazienza e una certa dose di estro poetico, e che quella sadica assassina e quello stupido mandriano non sono altro che due patetiche pedine, due profili su una parete scalcinata, miserabili vittime di un gioco ben più grande di loro.
Ti hanno insegnato tutto questo e tu hai imparato. E hai fatto bene.
Fino ad oggi.
Perché i Settantaquattresimi Hunger Games hanno spazzato via tutto, e ora niente ha più importanza. E chiunque tu sia, se un umile pedone, un coraggioso cavallo, un disciplinato alfiere o un'implacabile regina… sai già cosa accadrà, quando ti ritroverai tra il fango e le bombe, a pregare qualunque cosa perché ti rimetta gli intestini nella pancia e ti conceda finalmente l'oblio.
Ora guarda quei due ragazzi, quelle due anime inseguite da eserciti di ombre, braccate da legioni di demoni, e chiediti: qual è la prima regola dell’arte della guerra, la più importante?
Vincere?
Quasi.
Vincere è fondamentale, ma non essenziale.
Dovresti saperlo: prima della regola uno viene la regola zero.
Resta vivo.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clove, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

8.

Indietro non si torna

 

 

“Della fanteria! E dove volete che la prenda? Volete che la fabbrichi?” 

- Napoleone Bonaparte al maresciallo Ney,
durante la battaglia di Waterloo

 

 

 

 

 

Il vice-ammiraglio Theodosis Lucan vide le dune di sabbia tremolare debolmente, come l’asfalto bollente nelle torride giornate estive, dal ponte di comando della corazzata Dura Lex. Prima che gli schermi olografici si disattivassero, mostrando il vero volto della spiaggia, sapeva già che la tranquilla operazione che era stata prevista si sarebbe trasformata in un calvario. Rimase in silenzio, perfettamente immobile con le mani dietro la schiena, mentre le mitragliatrici aprivano il fuoco sui fanti inermi ammassati nei mezzi da sbarco e i proiettili dei mortai disegnavano parabole di fumo grigiastro nel cielo mattutino.

A parte il vice-ammiraglio, sul ponte di comando c’erano soltanto altri cinque uomini: il suo staff, composto da un maggiore dell’esercito, un capitano di corvetta della marina e un addetto alle comunicazioni, e due soldati di guardia. Il capitano di marina, una giovane donna che cercava con tutte le sue forze di non apparire intimidita, si avvicinò al vice-ammiraglio.

«Il colonnello Maitland chiede quando può entrare in azione, signore.»

Il vice-ammiraglio non distolse lo sguardo dalla vetrata. «Niente carri. Le divisioni corazzate restano sulle navi.»

Lo sguardò del capitano saettò verso la spiaggia. «Signore, ma la Fanteria...»

Il vice-ammiraglio si girò verso l’ufficiale. «Mi sta dando consigli di strategia, capitano?» 

Il capitano abbassò lo sguardo, arrossendo. «Io... assolutamente no, signore.»

«Bene.» Il vice-ammiraglio tornò ad osservare lo scontro. «Sa come è nata questa flotta, capitano?»

La giovane donna parve a disagio. «Noi... l’abbiamo costruita.»

«No, capitano. Non avevamo ne’ le risorse ne’ il tempo per farlo. Queste navi sono state trovate, disseminate lungo la costa: relitti di un’epoca antecedente alla grande guerra, abbandonati come cartacce. Le abbiamo raccolte, una ad una, raggruppate e aggiustate, per quanto possibile. Sono dei pezzi da museo, ma hanno i cannoni e fanno il loro dovere. 

«Siamo stati fortunati con queste navi, capitano; ma non abbiamo avuto la stessa fortuna con i carri armati. Ognuno di essi è prezioso, e non può andare sprecato. Perciò finché la spiaggia non sarà sgombera, i carri resteranno sulle navi.»

Un mezzo da sbarco esplose a metà del tragitto, seminando rottami di ferro e corpi carbonizzati tutto intorno a se’. Nonostante la distanza, le urla erano chiaramente udibili.

«Un bagno di sangue» mormorò il capitano, rabbrividendo.

«È a questo che serve la Fanteria di Linea» sentenziò il vice-ammiraglio, glaciale.

«Il presidente Snow sarebbe d’accordo.»

«Che cosa ha detto, capitano?»

La giovane donna si rese conto di non aver soltanto pensato quelle parole. «Ha perfettamente ragione, signore. Niente carri. Sarebbe uno spreco, e noi del Distretto Tredici disprezziamo gli sprechi.»

«Esattamente.» L’uomo fissò per qualche istante il capitano. «Mi può ripetere il suo nome, capitano?»

«Capitano di corvetta Jacqueline Hendricks, signore, in servizio sulla Incorruttibile. Sono stata assegnata al suo staff come ufficiale di collegamento direttamente dall’ammiraglio, signore.»  

«È giovane, capitano. Quanti anni ha?»

«Ventidue, signore.»

«Ne dimostra sedici, diciotto al massimo. Come mai l’ammiraglio ha scelto un semplice capitano di corvetta per fare da tramite?»

«Ho giocato bene le mie carte, signore. Ero al posto giusto al momento giusto.»

Il vice-ammiraglio parve riflettere. «È strano, capitano. Conosco praticamente tutti gli ufficiali della nostra flotta, eppure non ho mai sentito il suo nome.»

«Sono stata promossa poco tempo fa.»

«Davvero? Eppure l’ammiraglio non mi ha mai parlato di lei. E non manderebbe certo una sconosciuta pescata all’ultimo istante a fare da ufficiale di collocamento.»

Il capitano parve fremere leggermente, come un giovane albero scosso da un vento freddo. «Signore, io...»

Il vice-ammiraglio fece qualche passò verso di lei, facendola indietreggiare istintivamente. «Che cosa ci fa su questa nave... capitano?»

«S-sono qui per ordine dell’amm...»

«Balle» disse il vice-ammiraglio, sputando fuori quella parola con un suono simile ad un ramo secco che viene spezzato. Fece un cenno ad uno dei soldati di guardia, mentre la sua mano corse verso l’impugnatura della pistola. «Soldato, arresta il capitano, scortala in zona detenzione e provvedi che sia sorvegliata accuratamente.»

Uno dei due militari di guardia si avvicinò all’ufficiale di marina. La donna indietreggiò ancora di più alla vista del soldato. 

«Signore, lei si sta sbagliando. Io non ho mai...»

«Finiscila» latrò l’uomo. «So riconoscere una spia quando la vedo.»

Il soldato posò una mano sulla spalla della giovane donna. «Non si preoccupi, capitano. Tra poco sarà tutto finito.»

Il vice-ammiraglio squadrò il soldato... anzi, la soldatessa. Aveva più o meno la stessa altezza del capitano, ma anziché essere verdi, grandi ed espressivi, i suoi occhi erano piccoli e castani.

E sopratutto, lo fissavano con odio.

Il vice-ammiraglio non ebbe tempo di stupirsene. Con una velocità quasi sovrumana, la lama di un coltello penetrò agilmente nel suo collo, tranciando la trachea e la giugulare con imbarazzante facilità. Il suo sangue innaffiò la console di comando, mentre l’uomo tentava disperatamente di rimanere in vita stringendo le dita sulla gola squarciata.

In quell’istante, tutti i presenti credettero che il mondo fosse appena impazzito. La soldatessa approfittò di quei preziosi secondi, lanciando il coltello insanguinato contro l’altro soldato di guardia. Prima che il freddo acciaio potesse penetrare nella gola morbida del militare, la donna aveva già estratto la pistola del vice-ammiraglio dalla fondina. Con un elegante volteggio, si girò di scatto e sparò in testa agli altri due membri dello staff del generale. 

Con un tonfo sordo, i quattro cadaveri toccarono terra allo stesso istante.

Il capitano di corvetta Jacqueline Hendricks dovette fare appello a tutto il suo sangue freddo per non svenire. Quattro uomini tra cui il vice-ammiraglio dell’intera flotta erano stati brutalmente assassinati da una sola persona, davanti ai suoi occhi. E il tutto era accaduto in meno di cinque secondi.

La soldatessa si tolse l’elmetto e lo gettò a terra, liberando una cascata di capelli neri. Se li legò in una coda alta, poi guardò fuori dalla vetrata e parlò, rivolta a nessuno in particolare.

«Sono dentro.»

Con uno strano formicolio allo stomaco, il capitano realizzò che l’assassina non doveva avere più di sedici anni.

 

Galleggiava nel vuoto cosmico, godendo dell’ebbrezza di non avere peso, ne’ riferimenti. Non c’era sopra o sotto, destra o sinistra: tutto era un’unica, meravigliosa singolarità, dove il nulla si piega in se’ stesso divenendo il tutto.

Ogni cosa era finalmente al suo posto. La sua gioia era incontenibile, inarrivabile e inenarrabile. 

Avrebbe voluto rimanere lì per sempre; ma qualcosa lo afferrò. E in quel momento scoprì di non essere un unica forma di materia, una sfera di levigata e rigorosa proporzione, ma di avere un corpo, con delle braccia e delle gambe, delle dita e delle orecchie, delle estremità fragili e sgraziate.

La stretta si fece più insistente. Il tocco era viscido e sporco, un’intollerabile imperfezione in quell’universo di quiete e armonia. Ringhiò, scalciò, urlò, scoprendo di avere una voce rozza e stonata. Venne tirato all’indietro; e dall’indietro venne l’avanti, e la destra, e la sinistra. L’universo smise di essere perfetto e cominciò a disfarsi, come una vecchia cupola erosa dal tempo e dalla natura. Ora c’era un sopra e un sotto, giusto e sbagliato, fame e sete, amore e odio, vita... e morte.

Riprese conoscenza, all’improvviso, spalancando gli occhi e la bocca, rigettato violentemente in quel mondo folle, in mezzo agli spari e alle esplosioni. Poi si voltò su un fianco e cominciò a vomitare acqua salata.

«Grazie a Dio» esclamò Lee, visibilmente sollevato «sei andato a fondo come un sacco di cemento. Ho dovuto toglierti lo zaino, o non ce l’avrei mai fatta a portarti a riva.»

Dan ansimava come un vecchio mantice, sfiancato dallo sforzo di ripulire i polmoni dall’acqua di mare. «Io... non so... nuotare.»

«Beh direi che è ora che impari» disse Lee scandendo le parole, per farsi sentire sopra la terrificante cacofonia che risuonava nella spiaggia. Un proiettile colpì la difesa anticarro dietro la quale i due ragazzi erano nascosti, facendo vibrare l’intera struttura come un grosso diapason. Un soldato si buttò accanto a Lee, in cerca di riparo, ma un proiettile lo raggiunse alla testa, seguito da altri tre che gli si piantarono nel braccio, nello stomaco e nella gamba con uno sbuffo sordo. Lee prese il fucile del morto e lo passò a Dan. «Prendi, il tuo è rimasto sul fondale.»

«Lee... mi hai salvato la vita.»

«Uno a zero, vecchio mio. La partita è appena cominciata.» Un proiettile di mortaio cadde a qualche metro dalla loro posizione, scagliando in aria una porzione abbondante di reticolo di filo spinato, un fucile, e un brandello non meglio identificato di corpo umano. «Sempre che arriviamo interi alla fine.» 

«Spostiamoci nel cratere del mortaio» suggerì Dan, indicando la vasta buca fumante che il proiettile aveva creato. «Lì avremo più copertura.»

«Ottima idea. Dopotutto, le bombe sono come i fulmini: non cadono mai due volte nello stesso posto.»

«Ne sei sicuro?»

«Assolutamente no.» Lee fece qualche respiro profondo, si sporse leggermente e lanciò un’occhiata al di là della difesa anticarro. «Ci vediamo dall’altra parte!»

Dan attese che il suo amico fosse sparito dalla vista, si calcò bene l’elmetto in testa, contò fino a tre poi si lanciò fuori, allo scoperto.

Le pallottole fischiavano come calabroni impazziti. Si piantavano con uno sbuffo morbido nella sabbia, si schiantavano tintinnando contro il metallo dei mezzi, delle difese anticarro o dell’elmetto, si piantavano nei calci dei fucili, nelle borracce, nei tascapani, nei corpi umani. Era un folle tiro al piattello, e la Fanteria di Linea Volontaria era il bersaglio.

Appena fece qualche passo, Dan si rese conto con terrore che la sabbia gli impediva di correre. Si trascinava goffamente in avanti, sbuffando e ansimando, con il cuore in gola e un fischio continuo nelle orecchie. Avvertì un caldo spostamento d’aria vicino alla guancia, segno che un proiettile rovente lo aveva appena sfiorato. Si sentì spacciato, e avvertì i condotti lacrimali riempirsi. Non voleva morire lì, su quella spiaggia, massacrato impietosamente dalle mitragliatrici. Il panico lo aggredì, e minacciò di travolgerlo.

Poi vide Lee, al sicuro dentro il cratere, che agitava la mano. Non poteva morire adesso, non davanti a lui.

Ammazzatemi quando volete, ma non adesso. Non adesso.

Con un urlo liberatorio, diede fondo a tutte le sue energie. Scattò in avanti, ad ampie falcate, sollevando grandi sbuffi di sabbia. Una pallottola colpì l’elmetto di striscio, facendogli scattare la testa di lato e rintronandolo. Quando mancava qualche metro si lanciò in avanti, sbattendo malamente sul bordo del cratere e rotolando all’interno, mezzo soffocato dalla sabbia.

«Bel volo!» commentò Lee, felice di avere il suo amico di nuovo accanto a se’.

«Un’altro po’... e mi ammazzavo... da solo» rispose Dan, sputacchiando per togliersi i granelli di sabbia dalla bocca.

«Lascia quel privilegio a quei figli di puttana lassù.»

Una donna mulatta sulla trentina si lasciò cadere nel cratere. Aveva lunghi capelli scuri raccolti in una treccia, indossava dei pantaloni da lavoro marroni e una camicia grigia, e legata sul braccio sinistro aveva una fascia rossa, segno che era un sergente.

«Gran brutta giornata» disse, mentre un’altra bomba separava violentemente le gambe di una ragazza dal resto del corpo. «Da dove venite voi?»

«Diciottesimo Fanteria, compagnia C, quinto battaglione» recitò a memoria Dan, fraintendendo la domanda della donna.

Il sergente lo guardò perplessa per qualche istante, poi decise di stare al gioco. «Sergente Wilkins, ventiduesimo, compagnia D. C’è qualcun altro dei vostri?»

«Non ne ho idea, sergente» rispose Lee «del nostro battaglione temo non sia sopravvissuto nessun altro. Eravamo con la prima ondata.»

Un soldato cadde nel cratere, contrasse le mani e cominciò a singhiozzare. Con orrore, Dan vide il cervello dell’uomo pulsare debolmente dietro il cranio massacrato. Un conato di vomito lo aggredì, ma non aveva più niente nello stomaco da ributtare.

«Io ero con la terza ondata» disse il sergente, che non si era accorto dell’uomo agonizzante. «Quando lo schermo olografico si è spento e sono cominciate a volare le pallottole, ho seriamente pensato di buttarmi in acqua e fuggire a nuoto.»

«Schermo olografico? Che schermo olografico?» chiese Dan, cercando di togliersi dalla testa i lamenti dell’uomo con il cervello di fuori.

«Le dune, ragazzo» disse il sergente «erano un inganno, creato da uno schermo olografico. Era una trappola. Una maledettissima trappola.»

Dan colse al volo l’occasione di allontanarsi dal ferito. Strisciò fino al bordo del cratere e diede una rapida occhiata. 

E quello che vide bastò a fargli dimenticare tutto.

Le morbide dune di sabbia erano scomparse. Al loro posto c’era un ripido sperone di roccia scura, dentro il quale erano stati costruiti bunker e casematte, le cui strette feritoie erano costantemente illuminate dagli spari delle mitragliatrici. Non c’era una strada, o un sentiero visibile: lo sperone si ergeva maestoso e inaccessibile per tutta la lunghezza della spiaggia.

Non c’era via di fuga da quella spiaggia zuppa di sangue. 

Il sergente aveva ragione. 

Erano in trappola.

 

Il capitano di vascello Victor Pullings, comandante della nave da sbarco Lady di Ferro, attraversava a passi rapidi la possente stiva della sua nave, dalla quale i mezzi da sbarco uscivano per andare verso la spiaggia attraverso una serie di portelloni che si aprivano sulle fiancate della nave, appena sopra la linea di galleggiamento. 

Nonostante fosse stato fatto tutto il possibile affinché la notizia non trapelasse, voci del massacro erano giunte fino ai soldati in attesa di venire imbarcati; oltretutto, i rumori delle mitragliatrici e dei mortai erano inconfondibili. Il capitano passò accanto ad un fante particolarmente corpulento che si rifiutava di salire a bordo. «Sergente, ho paura. Moriremo tutti, laggiù» borbottò il soldato, pallido come un cencio.

«Morirai adesso, se non ti sbrighi a salire» ringhiò il sergente, avvicinando la mano alla fondina della pistola. Il soldato deglutì, mentre lo sguardo atterrito saettava verso l’arma. «Va bene, sergente... vado.»

«Bene!» esclamò acidamente il sergente. «Vedi di muovere il culo, ora! Ma tu guarda: grosso come un orso, fifone come una checca...»

Il capitano si rivolse al primo ufficiale Illes, che cercava faticosamente di tenere il passo rapido del comandante. «Una comunicazione del vice-ammiraglio, dite?»

«Signorsì, signore. Proveniente dalla Dura Lex. Il codice identificativo è quello del vice-ammiraglio Lucan.»

«E che cosa dice?»

«Non... lo sappiamo, signore.»

Il capitano si fermò. «Che vuol dire non lo sapete?»

Il primo ufficiale si guardò le scarpe, inzaccherate dall’acqua marina che entrava dai portelloni aperti. «Il messaggio è secretato, signore. Occorre il vostro codice per poterlo decrittare.»

«Al diavolo» grugnì il capitano Pullings. «Cos’altro vorrà quel tronfio bastardo?»

Il comandante della Lady di Ferro era sempre stato scettico riguardo quell’attacco. Una porzione di spiaggia così ampia, e così vicina al centro nevralgico del Distretto Quattro non poteva essere così perfettamente sgombra, neanche se il nemico avesse abboccato al finto attacco nel Distretto Tre e si fosse trasferito in blocco. E infatti la trappola era scattata, e tutti quegli uomini e quelle donne dentro la sua nave, di cui non poteva fare a meno di sentirsi responsabile, ora filavano dritti verso una fine implacabile e cruenta. Con rabbia e frustrazione, si era chiesto perché l’alto comando non avesse previsto una svolta del genere; e mentre una cappa di gelida consapevolezza gli opprimeva il petto, si era reso conto che molto probabilmente lo sapevano.

Diciamo a questa gente che combattiamo per loro e poi li mandiamo al macello.

Salì le scale di metallo che portavano al corridoio Ventisette e alla sala comando. Era troppo impegnato a pensare per accorgersi che i quattro soldati che normalmente presidiavano la zona erano spariti. Fu solo davanti all’ingresso del ponte di comando che si rese conto che qualcosa non quadrava. 

Poi aprì la porta e vide il sangue.

Una nave da trasporto è un grosso affare pesante una decina di migliaia di tonnellate, e ha bisogno di parecchi uomini per essere tenuta sulla retta via. Almeno una mezza dozzina di assistenti di rotta, una decina di tecnici specializzati, tre ufficiali, e un altra decina buona di aiutanti e addetti: quasi una trentina di uomini affollavano il ponte di comando della Lady di Ferro durante le normali operazioni di manovra. E quei trenta uomini adesso erano lì, in quella sala. 

Tutti morti. Dal primo all’ultimo.

Il capitano Pullings fece qualche passo, sconvolto, e scivolò su una pozza di sangue. Cadde malamente a terra, tentò di rialzarsi e cadde di nuovo, proprio accanto ad un giovane tecnico la cui testa era ridotta ad un teschio sanguinante. Lo stomaco si contrasse violentemente, mentre un terribile attacco di nausea lo sconvolgeva.

Il primo ufficiale Illes sbiancò alla vista di quel massacro. Aprì la bocca per gridare qualcosa, probabilmente una sentita imprecazione. Ma la freccia che con un elegante sibilo si piantò nel suo occhio gli tolse qualsiasi diritto di parola. Sbatté contro la paratia alle sue spalle e scivolò lentamente a terra, con la freccia dall’impennaggio rosso scarlatto ben piantata nella sua orbita destra, come un macabro vessillo.

«Buonasera, capitano. Spero vogliate scusarci per il disordine.»

Quattro uomini erano comparsi nella sala, materializzatisi da chissà dove. Anzi, in realtà solo uno di loro era un uomo, quello dalla pelle scura: gli altri tre erano dei ragazzini. Quella con i capelli rossi e lo sguardo vuoto aveva in mano l’arco dal quale era partita la freccia che aveva ucciso il primo ufficiale. Indossavano tutti delle corazze nere, leggere ma dall’aspetto decisamente resistente. Erano una qualche sorta di corpo speciale, Pullings ne era certo.

Con una punta di ironia, pensò che il Presidente Snow doveva essere disperato visto che arruolava  dei ragazzini nei corpi speciali. Poi si ricordò del soldato semplice Jessica Roddin, che lo aveva urtato per sbaglio e fatto quasi cadere giù dalle scale della rampa C, della sua risata acerba e dei suoi tredici anni e mezzo, e si sentì improvvisamente vuoto.

Non è una guerra. È il mondo che si autodistrugge in preda alla follia.

L’uomo si avvicinò, prese la chiave di comando che teneva nascosta sotto l’uniforme e con un gesto seccò spezzo la catenella che la teneva appesa al suo collo.

«Grazie infinite, comandante.»

«Che cosa credete di fare? Oramai le truppe sono quasi tutte sbarcate. Questa nave non vi serve a niente.»

L’uomo dalla pelle scura non si prese neanche la briga di rispondergli. Fece un cenno ai due ragazzi dal volto pallido e grosse occhiaie nere intorno agli occhi e con un sorriso storto indicò il capitano.

«Tutto vostro, ragazzi.»

Prima che il capitano Pullings potesse anche solo respirare, la ragazza pallida gli puntò contro una piccola balestra e un dardo ipodermico gli si piantò con uno sbuffo sul petto. Il capitano gridò, più che per la sorpresa che per il dolore. «Ma che...» borbottò.

La ragazza inclinò lievemente la testa.

«Quello serve a farti restare sveglio.»

Solo in quel momento si accorse del ragazzo. Era a qualche passo da lui, e non l’aveva sentito arrivare. In mano aveva un coltello ricurvo, ed un sorriso completamente folle dipinto sul volto.

Il capitano Pullings fu travolto da un’ondata di orrore sconvolgente che distrusse qualunque forma di lucidità e raziocinio che ancora possedeva. Urlò come un animale braccato, mentre la vescica si svuotava, inzuppandogli i pantaloni. 

Gli occhi del ragazzo si fecero più vicini, fino ad inglobare tutto il suo campo visivo. Poi la festa ebbe inizio, e il capitano Pullings cominciò ad urlare per davvero.

 

«Sai usare i sistemi di puntamento?»

«Io... in teoria, ma non...»

«Bene.» Clove si era tolta la giacca dell’uniforme da soldato, rivelando la corazza nera che le aderiva addosso come una seconda pelle. Chiuse il terminale di comunicazione, immaginando gli addetti alla comunicazione della Lady di Ferro che ricevevano il messaggio cifrato, costringendo il comandante della nave a salire sul ponte di comando, dove il Nero e gli altri lo attendevano. Fino a quel momento, il piano di Rorke sembrava filare liscio.

«Non ce la farai» disse il capitano Hendricks.

Clove si avvicinò, l’aria minacciosa. «Come, prego?»

La giovane donna la guardò con aria di sfida. «La nave è troppo lontana dalla spiaggia. Non ce la farai mai a colpire i soldati.»

L’angolo della bocca di Clove si sollevò. «Non è la spiaggia che mi interessa. Ora voglio che prepari tutti i cannoni principali, e li punti contro la nave davanti a noi.»

«Che cosa?» L’orrore si dipinse sul volto dell’ufficiale di marina. «Oh no...»

«Oh sì. Adesso sbrigati, o ti taglio la gola e faccio da sola.»

 

Il sergente dei Fanti Scelti Merryweather Bennet, in servizio sulla Dura Lex, strabuzzò gli occhi stupefatto quando girò l’angolo e vide il suo collega Thomas Hardy sbracato su una sedia davanti ad un tavolino, intento a giocare a carte con la sua squadra.

«Thomas, che diavolo stai facendo?» esclamò il sergente. «Perché non sei a fare la guardia al vice-ammiraglio?»

«Rilassati, Merry» fece l’uomo, lo sguardo fisso sulle carte «il vecchio mastino ha detto che voleva essere lasciato in pace, che gli impedivamo di pensare liberamente, così ci ha dato il resto della giornata libera.»

Il sergente Bennet imprecò fra se’. «E tu hai pensato bene di sbaraccare e lasciarlo da solo. Maledizione, Tom! Se gli succede qualcosa finisci dritto davanti alla Corte Marziale.»

Il sergente Hardy posò le carte con un sospiro. «Merry, stai tranquillo, non sono stupido. Ho lasciato Duncan e quella ragazza nuova di guardia. Il vice-ammiraglio è in ottime mani.»

Per un attimo, il sergente Bennet credette che l’udito l’avesse ingannato. «Un attimo, Tom. Quale nuova ragazza?»

«Ma sì, Merry, quella piccoletta. Mi ha detto che l’avevi mandata tu, perché la tua squadra era al completo.»

Un terribile, mortale spuntone ghiacciato trafisse il cuore del sergente Bennet. 

«Tom, io non ti ho mandato nessuna ragazza.»

Un silenzio di ghiaccio accolse quelle parole, mentre il sergente Hardy si bloccò, il volto contratto in un espressione di ottusa incredulità.

Poi l’intera nave sussultò, facendo vacillare il sergente Bennet. Il soldato dovette appoggiarsi alla paratia per non cadere a terra.

Le carte da gioco del sergente Hardy fluttuarono pigramente sul pavimento.

«Oh merda. Quelli erano i nostri cannoni.»

La Dura Lex aveva aperto il fuoco.

 

Il cratere era ormai affollato. La grossa buca offriva un riparo sicuro ai fanti disperati, che, vedendo che qualcuno riusciva a sopravvivere a quella tempesta di piombo, sempre più numerosi si lasciavano cadere lì dentro. Il nemico, però, aveva notato quell’inconsueto assembramento di soldati, e i proiettili di mortaio si facevano sempre più vicini e pericolosi.

«Dobbiamo andarcene da qui!» disse Lee, mentre una bomba cadeva a mezzo metro dal cratere, inondando di sabbia i soldati più vicini al bordo. 

«E dove dovremmo andare?» rispose sarcastica una ragazza bionda del Distretto Cinque. «Non mi pare che abbiamo molta scelta!»

Il sergente Ayla Wilkins osservava attentamente un bunker a qualche centinaio di metri ad est della loro posizione. «Qualcuno di voi ha degli esplosivi?»

«Io, signore» rispose un ragazzo ossuto dai grandi occhi acquosi «soldato Leroy, signore. Avevo un mortaio, ma è andato a fondo insieme al mio compagno di squadra; sono riuscito a salvare i proiettili, però.»

«E che ce ne facciamo di proiettili da mortaio senza un mortaio?» latrò un uomo di mezza età con un paio di folti baffi grigi.

«Basta armarli sbattendo il percussore su qualcosa di duro» disse Leroy «e poi funzionano come bombe a mano, solo che scoppiano appena toccano qualcosa.»

«Andranno bene.» Il sergente Wilkins si rivolse ai soldati ammassati nel cratere. «Ora statemi a sentire. Ci dirigeremo lì» disse, indicando il bunker che aveva precedentemente adocchiato «e ci avvicineremo il più possibile. Le rocce lì sotto sono instabili: con un paio di esplosioni faremo crollare tutto quanto.»

«E tu come lo sai?» chiese Dan, scettico.

«Ho cominciato a lavorare in miniera quando avevo diciott’anni» rispose la donna «riconosco una parete che viene giù quando la vedo.» Guardò tutti quegli occhi disperati puntati su di lei, ingoiò la paura e si costrinse ad essere forte. 

«State pronti: subito dopo la scarica di mortai ci muoviamo. Muovetevi a zig zag e non vi accalcate: un gruppo di uomini è un bersaglio facile, un soldato singolo è uno spreco di proiettili. Ci vediamo davanti al bunker.»

 

La flotta ribelle si era schierata in due file parallele tra loro, con il fianco sinistro rivolto verso la spiaggia. La prima fila era composta da cinque grandi navi da sbarco: la Lady di Ferro, la Sempre Vigile, l’Avanguardia, la Martire e la Lancia di Demos. Alle loro spalle, quattro corazzate facevano loro la guardia: la Dura Lex, la Incorruttibile, la Ceneri di Panem e la Tredicesima Ora. E infine, dietro le corazzate, con la prua rivolta verso il Distretto Quattro, l’ammiraglia Ragazza di Fuoco controllava il campo di battaglia, al sicuro dietro quel muro di acciaio e cannoni.

La Dura Lex era al limite sinistro dello schieramento: a sinistra verso poppa c’era la Lady di Ferro, a sinistra verso prua la Sempre Vigile e davanti a se’ la Incorruttibile. Sotto la minaccia di un pugnale alla gola e con il volto rigato dalle lacrime, il capitano di corvetta Jacqueline Hendrix premette un pulsante e ordinò il fuoco alle batterie di prua della corazzata, tutte puntate contro la poppa della Incorruttibile.

La prima salva distrusse le eliche, disintegrò il timone e aprì ampi squarci nella corazzatura. La seconda penetrò nella sala macchine, polverizzando un centinaio di operai e trasformando i potenti motori in una massa informe di lamiere contorte. La terza attraverso i locali devastati della sala macchine, sfondò le paratie corazzate e detonò dentro la santabarbara. 

Quasi un migliaio di proiettili di cannone a lunga gittata lunghi un metro e mezzo e spessi quasi un braccio esplosero simultaneamente. Il deposito munizioni, i quartieri dell’equipaggio, la mensa e parte della torre principale furono annichiliti dalla gigantesca esplosione che si propagò proprio dal centro della nave. Il comandante, il suo staff e tutti i tecnici della sala operativa ebbero appena il tempo di accorgersi dell’attacco prima di trasformarsi in torce umane ed avvampare come un fascio di rami secchi.

Con un boato apocalittico che scagliò a terra gli uomini sul ponte delle navi vicine e frantumò i vetri della Sempre Vigile, l’Incorruttibile si spezzò in due tronconi, scagliando enormi pezzi di acciaio contorto a chilometri di distanza. L’acqua vicino alla corazzata ribolliva, mentre con uno straziante gemito metallico l’Incorruttibile iniziò lentamente ad affondare.

Il ponte di comando della Ragazza in Fiamme era in preda al caos: l’ammiraglio Collins era letteralmente sommerso dagli ufficiali di collegamento, che riportavano le comunicazioni dei comandanti sgomenti delle altre navi. 

«Signore, la Ceneri di Panem chiede il permesso di rompere la formazione e ingaggiare la Dura Lex...»

«Signore, il tenente Rowlins della guarnigione della Sempre Vigile chiede il permesso di abbordare la nave...»

«La Martire e l’Avanguardia chiedono istruzioni, signore. Devono continuare a sbarcare le truppe?»

«La Sempre Vigile ha intenzione di sbarcare i mezzi pesanti e poi disimpegnarsi, signore. Devo impedirglielo?»

In tutto quel baccano, nessuno si accorse che la Lady di Ferro non aveva inviato alcuna trasmissione, nonostante fosse, insieme alla Sempre Vigile, la più vicina alla corazzata traditrice.

In mezzo alle urla e agli strepiti, il guardiamarina Charlie Adwin osservò sconvolto l’Incorruttibile affondare lentamente. Stupendo se’ stesso, si chiese se quegli uomini avessero sofferto prima di finire carbonizzati.

Poi vide i grossi cannoni della Dura Lex ruotare lentamente verso di lui, e realizzò con orrore che lo avrebbe scoperto molto presto.

 

Se qualcuno si fosse avvicinato ad Ayla Wilkins alla fine del suo turno al Giacimento sussurrandole all’orecchio che un giorno si sarebbe trovata a guidare un gruppo di ragazzi, uomini e vecchi disperati in una spiaggia tempestata dalle pallottole, lei probabilmente sarebbe scoppiata a ridere. Era una madre, non un soldato; non era una di quelle donne toste come la sua amica Macy che battono a braccio di ferro gli spacconi al bar e non hanno paura di niente. Poi però erano arrivate le bombe, le urla, il fuoco: il Distretto Dodici era stato raso al suolo, portandosi via il suo amato André, la sua piccola Sue e la sua amica Macy, che avrebbe affrontato il mondo a mani nude. Macy era morta e lei era lì, con un vecchio fucile in mano e un branco di disperati che la seguivano ciecamente, perché non avevano un opzione migliore di una vedova minatrice come capo.

Correva da un riparo all’altro, cercando di ignorare le fitte alla milza, gettandosi nei crateri, rotolando dietro le difese anticarro, strisciando fra le montagne di corpi che fornivano un grottesco riparo dai proiettili implacabili. 

Cercò di pensare solo al suo respiro mentre attraversava la spiaggia. Non si voltò a guardare se gli altri la seguissero, perché non voleva vederli miseramente falciati dalle mitragliatrici. Ogni tanto incontrava qualche soldato terrorizzato, si fermava qualche istante a illustragli il suo piano, e poi ripartiva, senza attendere una risposta. Teneva gli occhi fissi sul bunker, come se il suo sguardo potesse in qualche modo accorciare la distanza che la separava dal suo obbiettivo.

Proprio davanti al bunker, un gruppo di tre uomini e una donna era rannicchiato dietro una difesa anticarro. «Oh, grazie al cielo!» esclamò uno di loro «credevo saremmo rimasti qui per sempre!»

«Chi diavolo siete voi?» chiese il sergente Wilkins. Quegli uomini avevano la classica divisa grigia del Tredici, ma non sembravano appartenere alla Fanteria Scelta, il braccio armato di quel Distretto che se ne stava al sicuro dentro le navi al largo, insieme ai carri armati. Non avevano armi ne’ protezioni a parte l’elmetto, solo degli affari squadrati di metallo nero che stringevano a se’ come fossero il più prezioso dei tesori.

«Siamo la Troupe numero Sette» rispose la donna «dobbiamo documentare lo sbarco in questa sezione di spiaggia.»

Per poco Ayla Wilkins non scoppiò a ridere.

Quelle cose sono telecamere. È la fottuta televisione!

«Mollate quelle telecamere e prendete dei fucili» disse acida, lanciando un’occhiataccia alla donna. «Tra poco andiamo dall’altra parte.»

«Oh, magnifico!» trillò la donna «E tu che dicevi che qui non avremmo combinato niente di buono!» aggiunse, rivolta ad uno della sua squadra.

Mio Dio, sono fuori di testa.

«Pronti, signore» fece una voce alle sue spalle. Il soldato Leroy la fissava con i suoi occhi acquosi, mentre alle sue spalle il resto della raffazzonata squadra d’attacco si radunava cercando di schivare le pallottole.

«Ottimo. Ora viene la parte difficile. Dobbiamo arrivare a tiro del bunker.»

Molti soldati sbiancarono. Attraversare la spiaggia costeggiando il bagnasciuga era già una perversa roulette russa; andare dritti contro le mitragliatrici era un vero e proprio suicidio.

«Non possiamo andare lì! Moriremo tutti!» disse la ragazza bionda del Cinque, strillando con fare nevrotico.

«Non abbiamo altra scelta» disse il sergente Wilkins. «Indietro non si torna.»

«Sì invece! Prendiamo un mezzo da sbarco, torniamo verso le navi! Se restiamo qui siamo tutti morti!»

Se avesse avuto un po’ di tempo a disposizione, la ragazza del Cinque avrebbe finito per convincere tutti quanti dell’inutilità del piano del sergente Wilkins. I soldati superstiti avrebbero cercato di salvarsi la pelle nuotando o tornando indietro con i mezzi da sbarco ancora integri, e l’assalto al Distretto Quattro sarebbe inevitabilmente fallito, e con esso forse l’intera guerra.

Ma proprio quando la determinazione del sergente Wilkins era sull’orlo di un baratro, il destino decise di tirarla indietro per la camicia.

E la Incorruttibile esplose.

Il bagliore dello scoppio illuminò tutta la baia, nonostante fosse una giornata particolarmente radiosa. Per un istante, anche le mitragliatrici cessarono il fuoco, per ammirare quell’incredibile e agghiacciante spettacolo di fuoco e morte. L’onda d’urto dell’esplosione arrivò fino alla spiaggia, soffiando il suo respiro ardente sui volti dei Fanti di Linea.

E mentre la corazzata lanciava il suo ultimo lamento di metallo ferito prima di inabissarsi, il silenzio scese su tutta la linea del fronte. Poi la ragazza del Cinque guardò il sergente Wilkins con gli occhi spalancati dall’orrore, e con labbra tremanti diede voce ai pensieri di tutti i Fanti lì presenti.

«Dicci cosa dobbiamo fare.»

 

«Hanno puntato i cannoni, signore, ma non sembrano intenzionati a sparare...»

«Il tenente cannoniere Harker assicura che può distruggere le armi nemiche prima che possano causare danni significativi alla struttura...»

«Secondo il reparto logistico le loro armi non sono in grado di compromettere definitivamente la nave. Dovremmo sopravvivere abbastanza a lungo da fornire una risposta adeguata...»

«Il rifornimento è stato ultimato, signore, siamo pronti a fare fuoco.»

L’ammiraglio Collins fece appello a tutta la sua esperienza e a tutto il suo sangue freddo per cercare di mantenere l’autocontrollo. Con un terribile voltafaccia, la Dura Lex era passata al nemico: solo così si poteva spiegare l’accanimento con cui aveva affondato la Incorruttibile. Ma il vice-ammiraglio Lucan era un suo grande amico, non riusciva ad immaginarselo come traditore. Non era semplicemente possibile.

A meno che...

L’alternativa era forse peggiore del tradimento del vice-ammiraglio. Se non era stato Lucan ad ordinare di sparare contro la Incorruttibile, allora qualcun altro aveva dato l’ordine. Qualcuno che aveva catturato o probabilmente ucciso il vice-ammiraglio, e che ora aveva il controllo di una corazzata e dei suoi centotrentotto cannoni.

«Nessuna trasmissione dalla Dura Lex?» chiese l’ammiraglio. Se sulla nave c’era stato un ammutinamento, allora il capo della rivolta aveva sicuramente qualche richiesta da fare per svignarsela con la nave intatta, o almeno per avere il tempo di fuggire e cercare rifugio a terra.

«Nessuna, signore. Non rispondono neanche ai nostri messaggi.»

«Mandiamo della Fanteria Scelta a riprendere il controllo della nave» propose il tenente Marlowe.

«Non abbiamo tempo, tenente. La Dura Lex potrebbe decidere di spararci da un momento all’altro.»

«Lascerete dunque la nave al nemico?»

«No.» L’ammiraglio si rivolse ad un suo attendente. «Al mio segnale, fuoco a volontà. Preferisco vedere quella nave in fondo al mare, piuttosto che nelle mani dei capitolini.»

«Signore, ci sono degli uomini sul ponte della Dura Lex! Stanno facendo dei segnali, signore!»

L’ammiraglio prese il binocolo e inquadrò il ponte della corazzata traditrice. Diversi uomini si sbracciavano, gridando parole incomprensibili e indicando il ponte di comando. Uno di loro muoveva uno specchietto, catturando i raggi del sole ad intervalli regolari.

Codice Morse.

L’ammiraglio prese un blocco note e cominciò a scrivere il messaggio.

N-E-M-I-C-O-P-R-E-S-O-P-O-N-T-E-C-O-M-A-N-D-O-P-O-R-T-E-B-L-O-C-C-A-T-E-I-M-P-O-S-

L’uomo non ebbe tempo di finire il messaggio. Un ragazzo e una ragazza vestiti con una corazza nera sbucarono sul ponte. Gli uomini smisero di sbracciarsi e fissarono attoniti i due nuovi arrivati. Poi, prima che potessero realizzare la situazione, i due sconosciuti si avventarono contro di loro, cominciando a maciullarli con spietata ferocia.

«Oh mio Dio. Li stanno massacrando!»

Il ragazzo brandiva una spada lunga e uno scudo tondo, mentre la ragazza faceva saettare due lame più corte, talmente velocemente che si faceva fatica a distinguerle.

Un paio di Fanti Scelti sbucò sovracoperta. Il ragazzo li vide e si mise in ginocchio, nascondendosi dietro lo scudo. La ragazza si accucciò dietro di lui, mentre i colpi dei soldati si abbattevano senza danni sulla loro protezione. Non appena i Fanti Scelti finirono i colpi, la ragazza si lanciò contro di loro e li abbattè prima che riuscissero a ricaricare.

L’ammiraglio abbassò sgomento il cannocchiale. Chi diavolo erano quei folli assassini? E come erano saliti sulla Dura Lex? Immaginò che non fossero soli, e che in quel momento altri di loro erano nella sala comando, pronti a fare fuoco contro di loro.

Non vogliono fuggire. Vogliono distruggerci.

«A tutte le batterie: mirate alla vampa dei cannoni» comandò. Se prima aveva avuto qualche scrupolo, ora non c’era più alcun dubbio: la Dura Lex andava fatta saltare per aria, il prima possibile. 

«Fuoco!»

La Ragazza di Fuoco rollò verso destra paurosamente, a causa del tremendo rinculo dei cannoni che avevano fatto fuoco tutti da una stessa parte. La Dura Lex fu avvolta dalle fiamme, mentre porzioni intere della nave esplodevano, lanciando detriti fiammeggianti che caddero in acqua con un grosso sbuffo.

«Pronti per la seconda salva!» gridò l’ammiraglio, pervaso da un sacro furore. «Mirate alla torre di comando!»

«Signore, signore! Abbiamo una lettura sul radar! Ostile in avvicinamento da nord-nordovest!»

«Che cosa? Quale ostile? Non...» cominciò l’ammiraglio, ma non ebbe bisogno di terminare la frase.

Qualcosa spezzò la cortina di denso fumo nero che si levava dai rottami della Incorruttibile. Qualcosa di incredibilmente grosso, dal ventre piatto e lanciato a tutta velocità contro di loro.

La Lady di Ferro.

 

Quando il tenente Simmons della Lady di Ferro si accorse del cambio di rotta era già troppo tardi.

Irruppe nella sala comando con tutta la guarnigione di Fanti Scelti della nave, trovandola vuota e lastricata di cadaveri: uno in particolare, che somigliava vagamente al capitano Pullings, era stato scuoiato completamente, dalla testa alle punte dei piedi. Più di un soldato scelto rigettò la colazione a quella vista agghiacciante. 

Il tenente Simmons corse al quadro comandi: la chiave di comando, l’esclusiva proprietà di un comandante che serviva per mettere in moto la nave, era inserita e poi deformata per impedire che venisse estratta. La rotta era stata impostata, il timone distrutto, il terminale di comunicazione crivellato di proiettili. La Lady di Ferro si muoveva a tutta manetta, e non poteva essere fermata.

Ma che cosa ci guadagnano dal far partire questa vecchia bagnarola? I soldati sono sbarcati quasi tutti, quindi...

La vista dalla vetrata era stata oscurata da un denso fumo nero, ma non appena tornò la visibilità, la mente del tenente Simmons ebbe un corto circuito.

Ora sapeva dove stava andando la sua nave.

 

Sul ponte di comando della Ragazza di Fuoco scese il silenzio. Per ricaricare i cannoni, puntarli contro la Lady di Ferro e sparare ci voleva meno di un minuto, ma non sarebbe comunque bastato a fermare la carica di quell’enorme bestione d’acciaio.

Un’istante prima che la nave da sbarco si schiantasse contro la Ragazza di Fuoco, l’ammiraglio Collins pregò per la prima volta in tutta la sua vita.

La Ragazza di Fuoco era una nave possente, la corazzata più grande della flotta; ma quando diecimila tonnellate lanciate a tutta velocità impattarono contro il suo fianco sinistro, si spezzò come un grissino. Con uno schianto e uno stridio agghiacciante, la Lady di Ferro penetrò nella nave ammiraglia, fracassando tutto quello che le si parava davanti e sbucando dall’altra parte, separando la Ragazza di Fuoco in due enormi tronconi.

E in quel momento la Dura Lex, sanguinante ma ancora in grado di combattere, fece fuoco con tutti i cannoni scampati alla bordata dell’ammiraglia. Gli enormi proiettili penetrarono nello scafo della Lady di Ferro e incontrarono le migliaia di litri di carburante che occorrevano per far muovere una nave di quella stazza. Con un botto terrificante che fece impallidire quello della Incorruttibile, la Lady di Ferro si trasformò in un’accecante palla di fuoco arancione. La forza dell’esplosione proiettò in avanti il troncone anteriore della Ragazza di Fuoco, sollevandolo di quasi quarantacinque gradi, dritto contro il fianco destro della Ceneri di Panem. Ci fu un altro schianto assordante, e le lamiere contorte della Ragazza di Fuoco aprirono uno squarcio enorme nella fiancata della corazzata, inondando i locali interni di acqua salata. Il comandante ordinò di abbandonare la nave, mentre la prua dell’ammiraglia colava a picco dopo aver compiuto la sua missione distruttiva.

La flotta ribelle aveva appena perso il suo centro di comando, l’ammiraglio, il vice-ammiraglio e più di metà della sua forza d’attacco. Sulla spiaggia, i Fanti di Linea morivano a centinaia, intrappolati in un inferno di bombe e proiettili senza alcuna via d’uscita.

Nello stesso momento, a parecchi chilometri di distanza, il colonnello Rorke sollevò un pedone dalla scacchiera che aveva di fronte e lo mosse in avanti di due caselle.

Il sole aveva appena raggiunto lo zenit, i ribelli erano ad un passo dalla sconfitta.

La partita era appena cominciata.






























L'ANGOLO DELLA CHIACCHIERA: Mi sa che mi sono fatto un po' prendere la mano. Questo capitolo è un po' lunghetto e per quanto riguarda i nostri eroi non è che succeda chissà che cosa: per lo più è gente che vomita, sgrana gli occhi e rimane sbigottita di fronte all'inevitabile corso degli eventi... e navi che esplodono. Tante navi che esplodono. Oh sì. E a proposito di navi, non so bene come funzionino le corazzate tipo seconda guerra mondiale (io preferisco i velieri, di cui comunque so ben poco), quindi per molte cose sono andato a naso. Se trovate qualcosa di improbabile, abbiate pietà e segnalatemelo.
Però ho introdotto il sergente Ayla Wilkins, qualcosa di buono ho fatto. La sergentessa è uno di quei personaggi che nascono per caso: all'inizio era un uomo che doveva fare qualche battuta da soldato rozzo sulla merda e sulle fottute trappole, e traghettare Dan e gli altri poveri disgraziati fuori da quell'inferno. Poi però mi è sembrato più interessante far svolgere questo ruolo ad una donna: immaginate una neo-mamma (ex, in questo, caso, perché la guerra è la guerra e io sono un maledetto bastardo schiavo del pathos) con un po' di culone che si improvvisa master and commander e conduce una banda di ragazzetti e vecchi in avanti, verso la gloria. Figo, no? Almeno per me, che ho la fissa della gente comune.
Vabbé insomma, divertire mi sono divertito, ma sono ancora un po' incerto sull'effettivo intrattenimento di questo capitolo: non vorrei che risultasse un po' noioso e con poco spazio per i protagonisti. Fatemi sapere, dunque: sono pagato per prestarvi ascolto. In realtà non mi pagano neanche, però vi rispo lo stesso. Promesso.

Vabbuò ggente, tante care cose, come sempre, e alla prossima!
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Ser Balzo