Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Mikirise    26/04/2014    0 recensioni
"(…)ma anzi, pensò lucidamente che, in effetti, Rojo era il nome d'arte che faceva al caso suo, visto che gli ricordava i lunghi capelli di sua madre, gli alberi dalle foglie rosse che crescevano accanto alla sua vecchia casa, l'Italia, i pomodori, la Spagna ed infine Antonio, anche se non volle subito ammetterlo. Ed il rosso era il colore della passione, la stessa che lo portava a dipingere senza mai stancarsi né annoiarsi. Dovette ammettere che tutto quello che il rosso gli ricordava era parte integrante di lui, che lo rappresentava nella migliore maniera e che mai nulla gli sarebbe calzato a pennello come il rosso. Furono questi i pensieri che passarono per la testa di Romano quando disse “R come Rojo” girando la testa verso Antonio."
Ispirato a "L'amore ai Tempi del Colera", tenevo a dirlo data la recente scomparsa di Gabriel García Márquez.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

9. La scomparsa di Rojo

Una storia d'amore senza futuro

 

 

 

 

 

 

L'altro cesarino, che vide Romano Vargas prima della sua scomparsa, fu Gilbert Beilschmidt.

Pochi sanno, e sapevano, dell'amicizia instaurata tra Gilbert e Romano, un raro esempio di amicizia forte ma latente, che fece crescere entrambi in maniera piuttosto originale e differente. Forse perché lo stesso Gilbert Beilschmidt è un uomo originale, come possono testimoniare i suoi amici più cari.

Si dice che il 15 Febbraio 1991, il giorno dopo la dichiarazione di Antonio Fernandez Carriedo a Romano Vargas, Francis Bonnefoy proclamasse la perfezione della coppia, l'eternità che avevano davanti insieme e la felicità che avrebbero portato al Circolo di Cesare e ai loro amici. Gilbert Beilschmidt, seduto in disparte, poggiando la testa sul tronco del pesco, col naso gelato ed un po' di moccio, con il respiro corto e il caldo che provava a causa di un ' imminente febbre, subito dopo l'affermazione sicura e forte di Francis "Il loro amore durerà per sempre", disse a bassa voce, quasi stesse delirando, quasi fosse un oracolo ad Elizaveta Herdevary, che lo stava mandando a casa "Eppure sta già per finire, il loro amore". Elizaveta fu abbastanza colpita dalle parole del ragazzo e se le appuntò sulla mano, riportandole poi su un piccolo diario che portava sempre con sé per studiare la pianta degli edifici e le loro facciate. Se Elizaveta Herdevary aveva difatti imparato qualcosa sul tedesco, era che nei momenti in cui sembrava essere in mezzo ad un delirio, ad uno stato d'incoscenza, era in realtà più lucido di quanto lo fosse lei normalmente e riusciva a vedere più in là di quanto ogni persona normale riuscisse a vedere; e faceva paura, ma diceva solo la verità. Elizaveta non avrebbe mai dimenticato l'estate in cui Gilbert era andato a trovarla in Ungheria e sdraiato sul suo letto, raffreddato, con gli occhi chiusi le aveva detto di stare attenta al suo cane, ché aveva paura che sarebbe morto in pochi giorni. La ragazza non gli fece caso, prendendo le sue parole come le parole di un bambino malato. Il cane, però, morì esattamente 3 giorni dopo, investito da un autista distratto. Elizaveta chiese a Gilbert come aveva fatto a saperlo. Lui rispose che bastava usare la testa ed analizzare il più attentamente possibile le situazioni, per sapere come le storie sarebbero andate a finire. "Tutto si sa" risponde ora, citando Garcìa Màrquez, ad Alexandre Guy Bonnefoy ogni volta che il ragazzo si ritrova a fare i conti con l'intuizione, geniale e disumana, dello scrittore.

Fu per quella parte disumana dell'intuizione che Elizaveta non chiese mai il suo parere sulle sue relazioni amorose, soprattutto quella con Roderich Edelstein. Ed anche perché tutte le volte che qualcuno chiedeva informazioni sulla vita amorosa del tedesco al diretto interessato, lui sogghignava e diceva che sarebbe invecchiato accanto a Elizaveta Herdevary, anche se lei rifiutava costantemente quella possibilità.

Appuntò comunque quello che Gilbert disse su Romano ed Antonio, perché le sembrava una cosa impossibile che quei due, così innamorati, si lasciassero e perché voleva trovare quei dettagli che Gilbert aveva colto, e fare in modo di fermare la coppia nei suoi errori.

Come tutti sanno non ci riuscì. Forse per questo fu così frustrata dal tradimento di Antonio.

Quello che Gilbert aveva cercato di spiegare alla ragazza era che quella doveva essere l'evoluzione naturale del loro rapporto. Dovevano, forzatamente, naturalmente, staccarsi, prima o poi. Come Narciso e Boccadoro, per riuscire a crescere, ognuno individualmente, seguendo la propria strada. Secondo Gilbert Beilschmidt, la crescita arrivava con l'Amore, ma pensava che l'abbandono e la distruzione di un amore portava all'età della maturità; si diventava quindi un adulto, attraverso la fine dell'amore, del Vero Amore. Per quanto potesse sembrare strano, nonostante la differenza d'età, Antonio e Romano si trovavano nello stessa fase della loro crescita. Romano Vargas, per età, era ancora immaturo e si ritrovava a vivere il suo primo amore, acerbo nelle relazioni, come anche nella sua arte, stava solo iniziando a balbettare i suoi sentimenti al mondo e a conoscere la risposta di questo, comprendendola solo parzialmente; Antonio era giovane per mentalità, molto semplicemente: non aveva mai avuto una delusione amorosa e, conoscendo l'amico, Gilbert era riuscito ad intuire che proprio lui sarebbe stato il fautore dei propri mali.
Francis Bonnefoy diceva che in un modo o nell'altro potevano fare in modo che quei due crescessero insieme. Gilbert ribatteva che era impossibile: sarebbe stato come limitarli, avevano troppe potenzialità da sviluppare e se ognuno avesse il confronto con l'altro, avrebbe compreso ed appreso il senso della propria vita solo superficialmente. Perché, e questo lo sapeva bene anche Francis, si conosce, s'interiorizza solo attraverso l'esperienza e le emozioni, sopratutto attraverso il dolore. "Ma guarda che mica staranno lontani per tutta la vita." diceva per consolare Francis ed Elizaveta dopo la rottura tra l'italiano e lo spagnolo "Torneranno insieme. Il loro è un movimento ciclico: hanno iniziato il viaggio insieme e lo finiranno insieme".

Elizaveta Herdevary tacque su molte cose, il primo autunno in cui lei e Gilbert Beilschmidt stettero insieme come coppia. Tacque, sorridendo, quando lui la baciava con troppa foga in pubblico, quando con i suoi precedenti ragazzi si era lamentata del loro essere appiccicosi. Tacque sui dettagli con cui Gilbert le dimostrava il suo affetto, perché sapeva che parlarne ad alta voce lo metteva in imbarazzo. Tacque anche quando incontrò il ragazzo addormentato in macchina durante il suo turno di guardia alla finestra di Romano. Tacque, anche se sapeva che stava facendo finta di dormire e anche se sentiva che il sedile del copilota era caldo, come se qualcuno fosse stato seduto lì pochi minuti prima.
Tacque quando vide la finestra di Romano socchiusa. Però sfondò la porta della camera di Romano Vargas.

Non disse nulla quando vide il gatto grigio che pochi giorni prima avevano trovato per strada, lei e Gilbert, sdraiato sul letto dell'italiano, ed aspettò. Aspettò che Gilbert si confidasse con lei.

Oltre ad Elizaveta, nessuno guardò neanche lo sguardo poco sorpreso del tedesco, davanti alla camera vuota. Nessuno sospettò che lui sapesse qualcosa sulla fuga di Romano: tutti pensavano che se il ragazzo avesse detto a qualcuno dove stava fuggendo, quel qualcuno sarebbero stati o Arthur Kirkland o Matthew Williams, ma Romano scelse Gilbert Beilschmidt come suo complice, perché sapeva che gli altri due avrebbero fermato la sua fuga ed avrebbero cercato di incatenarlo alla vecchia casa di Cesare Vargas.

In cambio del silenzio del tedesco, Romano Vargas dovette promettere al tedesco un favore, uno solo, che Rubino avrebbe chiesto a Rojo molto tempo dopo, quando l'italiano avrebbe dimenticato la promessa sbrigativa fatta sul sedile anteriore di quella vecchia macchina. Romano avrebbe comunque mantenuto la parola data e, per un motivo così stupido, si era trovato a sopportare un'esuberante ragazzina di appena 13 anni come allieva d'arte.

Gilbert Beilschmidt non avrebbe mai detto nulla a nessuno, rispettando, come un buon soldato deve fare, la propria parola. Romano non aveva dubbi su questo.

La prima volta che era uscito dalla sua stanza era stato durante il turno di vigilanza di Gilbert. Si era seduto accanto a lui e gli aveva detto che aveva bisogno di scomparire per un po'. Gli chiese di aiutarlo e Gilbert accettò. Lo dovette accompagnare a La Mascara ed aspettare fuori dal pub. Romano Vargas uscì seguito da Sadiq Adnan e qualche ragazzino, probabilmente tutti sudamericani con cui aveva legato nelle uscite con Luz Maria. Avevano l'aria di chi accompagnava un morto alla sua tomba, come se stessero dicendo addio ad un loro vecchio compagno di guerra, o peggio, a qualcuno che si stava sacrificando per loro.

"Ora dove devi andare?" chiese Gilbert Beilschmidt, quando il ragazzo entrò in macchina.

"Aspetterò fino a domani per parlare con Antonio. Tieni gli altri lontani da casa sua"

Gilbert faticò a comprendere, ma lo accontentò.

Secondo Antonio, l'ultima chiacchierata con Romano Vargas prima che lui scomparisse, fu come un ritorno al passato. Romano parlava come se nulla fosse successo, escludendo le sue ultime parole sull'accetazione di quel bambino, sbuffava ed era anche in vena di litigare amorosamente, come aveva sempre fatto, da quello che gli sembrava un lontano febbraio. Fu, sotto la logica di Antonio, un ritorno alle prime volte sotto il pesco, e vide un barlume di luce, una possibile screpolatura nella nuova corazza di Romano ed una possibilità di ritorno tra le sue braccia, nonostante il nascituro.

Gilbert Beilschmidt, venuto a prendere con la macchina Romano, riconobbe da lontano l'odore dell'addio, o almeno della volontà dell'addio. E così lo riconobbe il 3 Ottobre, in macchina, mentre Romano gli consegnava le due lettere da leggere con gli altri cesarini ed una conghiglia, che, disse, sicuramente Luz Maria riconoscerà. Eppure non lo salutò. Disse solo "ok" dopo aver ascoltato le istruzioni del più piccolo.

"Ok?" ripetè Romano. Poi, slacciandosi la cintura di sicurezza ed infilando un piede fuori dalla macchina salutò con un "Sei una brava persona, Gilbert"

Il tedesco rise. "Non stai andando a morire." disse, spingendolo fuori " Tornerai. Altrimenti non ti lascerei andare via senza salutare gli altri."

Romano Vargas scosse la testa. Camminò fino alla fine della strada, senza guardarsi alle spalle, ed ebbe paura delle sue scelte, quando vide Sadiq Adnan aspettarlo, poggiato ad un muro, e sorridere, come se avesse conseguito finalmente la risposta alla sua solitudine.

"Cosa hai fatto?" aveva chiesto Elizaveta Herdevary a Gilbert Beilschmidt, al vedere la camera dell'italiano vuota.

"Non essere teatrale" rispose lui, guardando gli altri membri del Circolo litigare per decidere da che parte schierarsi e se schierarsi. "Tornerà prima di febbraio"

Come sempre, aveva ragione.

Romano Vargas, nel frattempo, dormiva nella macchina di Sadiq Adnan.
Dicono che i sogni degli artisti sono la nostra realtà. Essendo la realtà la prigione di Rojo, nei suoi sogni riusciva, e riesce, a vedere lucidamente una via di mezzo, tra realtà e fantasia. Un'ulteriore prigione, dice lui, ma con la finestra che si affaccia su un panorama spettacolare. Non capì il suo sogno, quel giorno. Vide un ragazzo alto, castano, con gli occhi addormentati, su un palcoscenico e tante persone applaudendo. Non lo riconobbe, questo perché mai aveva conosciuto il ragazzo e non sapeva quale fosse il suo collegamento con lui.

In realtà, il collegamento non era fatto direttamente con lui, ma con il turco che guidava accanto a lui, e nei mesi seguenti, quando dovette conoscere il carattere, le abitudini e la storia di Sadiq, comprese il perché di quel suo primo sogno, che mano a mano veniva messo a fuoco e compreso. Non ebbe difficoltà, comunque, l'estate del 1997, a ritrovare l'uomo dei sogni, a Siracusa: era sotto gli occhi di tutti.

Quando arrivarono alla vecchia casa di Sadiq, una volta appartenuta a sua nonna, poi a suo padre ed infine a lui, il turco e Romano Vargas iniziarono a parlare, curiosi di conoscere chi aveva bisogno di una fuga, per potersi riprendere da un gran dolore, chi avevano seguito nella pazzia dell'isolamento.

Romano Vargas non disse quasi niente di sé. Sadiq Adnan rideva del fatto che era inutile che facesse il modesto e il riservato: da ubriaco, a La Mascara, gli aveva rivelato quasi tutta la sua vita, tra una pausa dal ballo e l'altra.

"Mi ricordi un sacco una persona che conosco" rideva Sadiq "Forse è il mare del Mediterraneo, che vi rende così belli"

Romano dimenticò presto i complimenti.

La località in cui si nascondevano era piccola e si affacciava sul mare. E forse neanche esisteva, almeno così diceva la mappa. Negli anni seguenti, Romano aveva provato a tornare sui suoi passi di quei mesi, ma non c'era mai riuscito e Sadiq non poté mai dargli le indicazioni per tornare nella vecchia casa della sua famiglia, per una ragione o per un'altra.
Quella casa che era a pochi passi dal mare e che sembrava essere uscita da un sogno.
L'italiano in quei mesi avrebbe più volte ricordato il viso di Antonio mentre gli raccontava della sua infanzia nel suo piccolo paese di provincia. Coincidevano. Coincidevano i racconti con quel paesino in cui si trovava Romano Vargas e riconoscendo il riso dei bambini in piazza, vedendo i vecchietti sotto gli alberi di ulivo giocare a dama, sentendo le donne cantare mentre stendevano i panni, gli venne nostalgia di tutti i tipi di passato che aveva vissuto.

Per la prima volta rivide il suo paese nei ricordi, come dolce. Rosso, focoso e pieno di sentimenti, luogo che lo aveva visto nascere e dove alcuni abitanti conservavano il suo ricordo con affetto. Lui all'inizio pensava tutti loro lo ricordassero per lo scandalo che aveva dato la sua famiglia, prima Bruno Vargas, poi Laura Donati. Eppure quei paesani ricordavano Romano per come era: un bambino con delle guance enormi ed un broncio adorabile. C'era fra loro, Pietro Laudadio, un nome una storia; aveva l'età di Romano Vargas, andava con lui a scuola, era suo compagno di classe ed anche di banco. Vedendo la condotta di don Luca, aveva iniziato ad attaccare la Chiesa, quindi, ovviamente, c'era rimasto invischiato, tanto che in quegli anni fu parroco di quella piccola cittadina. Sembrava che Pietro Laudadio avesse portato sempre nel cuore e nella mente quello che era successo a Romano, e quando il ragazzo era tornato a casa, come volevano che la chiamasse, aveva chiesto formalmente ed ufficialmente scusa per le parole che don Luca aveva riservato per lui tanto tempo prima. Ed erano diventati amici, Pietro e Romano, tanto che, se non ci fossero stati Marcello e Feliciano, probabilmente sarebbe bastato il ricordo di Pietro a far pensare con affetto al suo vecchio paesino, anche se l'amico non avrebbe mai fatto cambiare idea a Romano sul non voler frequentare la Chiesa, non credere nelle parole dei preti e per cattiveria, durante la quaresima, tutti i venerdì continuava a mangiare carne, anzi, forse ne mangiava in quantità maggiore.

Romano Vargas tornò a pensare a Cesare Vargas, mentre dipingeva il mare in lontananza. Non pianse, non se lo sarebbe mai perdonato, se avesse pianto, ma s'impadronì di lui un senso di malinconia tale, da riempire la sua tela di nero e rimanere sul balcone, con lo sguardo puntato verso la piazza o il mare.

Sentì soprattutto la mancanza dei cesarini. Di Arthur che lo sgridava perché ruttava a tavola, di Matthew che lo aiutava a mettere in ordine i suoi quadri in ordine alfabetico o tematico, di Alfred che organizzava le sue mostre e di Luz Maria che lo trascinava in giro per Barcellona alla ricerca della città giovane e sempre sveglia.

Di Antonio.

Cercò di riprendersi da quel senso di nostalgia e solitudine. E Sadiq Adnan lo aiutò: anche per questo erano fuggiti insieme.

Nelle lunghe passeggiate sulla costa mediterranea d'inverno, parlavano del più e del meno, uno insultando continuamente, l'altro rispondendo con colpetti in testa e ricordando chi trai due era il maggiore. La loro, era una relazione litigiosa e forse questo li faceva stare così in pace con loro stessi.

Mentre il vento invernale colpiva il loro viso, Sadiq Adnan confessò a Romano il perché della sua maschera e perché era stato irrimediabilmente attratto da lui.

Romano Vargas, ascoltandolo, aveva avuto l'impressione che se anche lo avesse ascoltato Arthur Kirkland, o Gilbert Beilschmidt, sarebbero rimasti estasiati dalla potenzialità drammatica delle esperienze di Sadiq.

Nato in Turchia, era stato presto portato portato in viaggio per tutta l'Europa e l'Asia Minore, di modo che aveva conosciuto diverse culture. I paesi che più lo avevano colpito erano stati Grecia e Spagna, paesi nei quali aveva cercato di vivere più tempo possibile. "Senza offesa per la tua Italia." In Grecia si era innamorato di un attore di tragedie greche, di cui Romano non riusciva mai a ricordare il nome, Herakles Karpusi. Questo ragazzo sembrava essere però immune alla sua bellezza ed al suo ottimo carattere, in più, proprio come succedeva con Romano, non facevano che litigare per cose futili e bizzarre. Eppure erano così simili; così tanto da condividere i pensieri e le emozioni più importanti. S'innamorarono ballando, diceva Sadiq, e quando Herakles gli annunciò che la sua compagnia sarebbe andata in Spagna e sarebbe rimasto lì per tutta la stagione teatrale, il turco non esitò a seguirlo, anche se non era riuscito ad ottenere il permesso di soggiorno da turista.
Diceva Sadiq che se aveva scelto di lavorare a La Mascara non era perché gli piaceva la musica latinoamericana o perché si trovasse bene in quel pub, ma perché, attraversando le frontiere era caduto sulle pietre di un ruscello, deformando una parte del suo viso. Romano Vargas non era sicuro della veridicità della storia: Luz Maria Sanchez gli aveva detto che a lei aveva raccontato di essersi bruciato parte del viso, lavorando in un circo itinerante. Si poteva essere comunque certi del fatto che il suo viso fosse deformato, per questo non si toglieva mai la maschera, per questo fu rimpatriato, visto che curato in ospedale, non avendo il permesso di rimanere in Spagna era stato rimandato in Turchia. Tempo di poter tornare e Herakles non c'era più. Lo cercò per tutta la stagione teatrale per tutta Spagna e poi, sicuro che prima o poi sarebbe tornato a Barellona, era rimasto lì, ad aspettarlo, forse per devozione, forse perché non riusciva concepire il fatto che Herakles se ne fosse andato via, senza aspettarlo, senza lasciargli neanche un messaggio.

"Che coglione" fu il commento di Romano Vargas, seduto sulla sabbia, con le gambe incrociate e gli occhi puntati sul turco. L'italiano dovette fermare la mano di Sadiq pronto a colpire la sua testa.

Quella notte Romano s'infilò nella camera di Sadiq e comprovò che la maschera non la toglieva neanche quando dormiva. Gliela sfilò con dolcezza, una dolcezza che non sapeva di avere, dettata dalla compassione. Era da quando lo conosceva che ci pensava, a quella maschera; mentre Luz Maria riusciva a convincere altri ragazzi a ballare con lei, Romano guardava i camerieri de La Mascara e pensava che come le altre persone non riuscivano a vedere il loro volto, loro non riuscivano a vedere il mondo esterno, con chiarezza ed un po' come le persone con gli occhiali, vedevano il mondo con una cornice, che limitava la loro stessa vista. Certo, la cornice degli occhiali forse era più grande e qualcosa in più riuscivano a vedere, i quattrocchi. Chissà fin dove ci vedevano, con quella maschera, i camerieri, se quei buchi erano abbastanza grandi da poter vedere con chiarezza da lontano.
Nel buio vide il viso di Sadiq, non deformato, ma ferito. Sembrava veramente una bruciatura, ma non ne fu mai sicuro, si addormentò accanto al turco, di colpo.

Il giorno dopo, mentre erano seduti sulla spiaggia, Romano Vargas fu illuminato da un'idea, mentre la sua mano sfiorava quella di Sadiq Adnan.

L'italiano aveva bisogno di qualcuno che non fosse parte della sua quotidianità per rimettere in ordine i suoi pensieri e la sua vita. Eppure nella ricerca di un estraneo, aveva cercato una caratteristica a lui familiare. Se aveva scelto Sadiq per scappare, era perché Sadiq era un poeta nella sua pragmaticità, un poeta di tutti i giorni, di quelli che rendono la vita più bella creando con la loro vita un'opera d'arte.
Lo stesso era successo a Sadiq, glielo ripeteva ogni giorno "Mi ricordi…". Il suo fargli il filo non era per quello che era Romano nella sua complessità, ma di quello che era Romano simile ad Herakles ed in comune avevano il fatto di essere dei sognatori.

Romano Vargas ebbe la sicurezza che lui e Sadiq sarebbero potuti stare bene insieme, perché i loro caratteri erano simili e tra loro si comprendevano. Si sarebbero potuti amare incondizionatamente e vivere un'intera vita insieme se non avessero incontrato le loro vere metà. Un po' gli dispiacque, perché il loro amore non aveva avuto in nessuno dei due casi un lieto fine e nel ricordo del loro Vero Amore non si sarebbero mai potuti innamorare per davvero.

Gli dispiacque davvero.

A questo pensava mentre posava un bacio leggero sulle labbra di Sadiq Adnan.

Allieviarono ognuno la solitudine dell'altro. Fecero qualcosa di molto simile all'amore.

Romano Vargas si svegliò presto, nel letto di Sadiq Adnan, nudo, il 26 gennaio 1997. Sentì in sé crescere la tristezza e guardando il viso scoperto del turco, decise che non era il suo amore, ma che avrebbe fatto di tutto per ritrovarglielo.
Decise anche che non poteva rimanere in quel paesino, nascondendosi dalla vita. Anche perché Alfred Jones lo aveva già rintracciato e gli aveva mandato un calendario con i suoi impegni artistici: sarebbe stata quella mostra, la prima del 1997, l'ultima mostra organizzata dallo statunitense; da quella volta in poi, di arte, nella sua famiglia, si sarebbe preso cura Matthew Williams.

Lasciò anche a Sadiq un bigliettino, prima di andarsene, con il suo numero di telefono e l'indirizzo di casa sua. "Rimaniamo amici", Sadiq sorrise a leggerlo, così come sorrise, quando Romano Vargas il 5 Luglio 1997 andò a trovarlo a casa, con un sorriso soddisfatto e Herakles Karpusi dietro di lui.

Perché l'amore tra loro due, Romano Vargas e Sadiq Adnan, era destinato a non durare, ma non per questo, l'amore non esisteva, non per questo si doveva smettere di cercare la propria anima gemella e lottare per lei.

Per quanto Romano Vargas avesse accettato questa lezione, non la mise in pratica.






Note dell'autore

Bene. Ci avviciniamo alla fine penso. Manca poco poco. Questo è il bello di scrivere a caso. Parli anche a caso. Almeno, io parlo sempre a caso, quindi…

E ci sono rimasta un sacco male per la morte di García Marquez, stavo leggendo parecchi suoi libri ultimamente e quando è scomparso la settimana scorsa, apparte che mi ero ammalata e l'ho saputo il giorno dopo, o forse lo stesso giorno, a causa del fuso orario, non so, ho avuto lo strano istinto di scrivere qualcosa come tributo. Pensavo lo facessero più persone, ma ho visto che lo hanno fatto in pochissimi.

Guardando poi questa storia in particolare, mi sono detta che questo poteva essere un mio tributo, più o meno, visto che uno dei due libri che mi hanno spinta a scrivere era L'amore ai tempo del colera. Volevo dirlo nell'ultimo capitolo, ma ehi, è la vita…Per chi se lo stesse chiedendo, l'altro libro è Narciso e Boccadoro di Hesse. Leggeteli. Sono veramente bei libri. Li ho amati.

Spero abbiate passato una bellissima Pasqua piena di cioccolato. Perché il cioccolato porta felicità, soprattutto sotto forma di coniglio. Yeah baby.

Ci leggiamo la settimana prossima :)

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Mikirise