like I'm the one he's been looking for
I ought to say I'm sorry
I ought to say it's over
Let him live his own life
Stop crying on his shoulder
He'd probably say it's alright
And hold me while my tears pour
-Jamie Lynn Spears, How could I want more?
Il rumore delle sirene continuava a risuonare nella testa di
Shinichi, tornato Conan ormai da un bel pezzo. L’odore di disinfettante gli
dava fastidio, ma cercava di non farci caso. Si trovava nella sala d’attesa
dell’ospedale di Tokyo da più di un’ora e di Ran ancora non si avevano notizie.
Kogoro era giunto sul luogo dell’incidente solo pochi attimi
dopo che il detective, resistendo all’impulso di urlare per il dolore al petto,
aveva spiegato ai paramedici ciò che era successo. Era poi riuscito a scappare
dalla ressa per alcuni minuti, mentre uno dei dottori prestava soccorso
all’amica. Non avrebbe voluto perderla di vista nemmeno per un secondo, ma non
poteva lasciare che qualcuno lo vedesse mentre cambiava aspetto, sarebbe
saltata la copertura e i membri dell’Organizzazione potevano essere ovunque.
Arrivato all’ospedale, aveva chiamato Hattori e con sua
sorpresa a rispondere era stata Kazuha. Non aveva fatto domande sul perché
fosse a Tokyo, le aveva solo spiegato brevemente la situazione e, come
risposta, aveva sentito un rumore sordo, probabilmente il telefono le era
scivolato dalle mani.
Una decina di minuti più tardi la coppia del Kansai aveva
varcato la soglia dell’edificio,entrambi completamente fradici per colpa della
pioggia battente. Ora erano seduti uno accanto all’altra, un paio di seggiolini
più in là di lui, mentre Kogoro faceva avanti e indietro per tutta la sala,
sperando di ricevere presto notizie riguardo le condizioni della figlia.
Sentì lo squillo di un cellulare, quello di Ran. Le era
caduto dalla tasca dopo l’incidente e inspiegabilmente non si era rovinato. Uscì
dall’ospedale, si sedette su un muretto riparato dalla pioggia, estrasse il
modulatore di voce e rispose alla chiamata.
“Sonoko?” chiese, titubante. Si era completamente dimenticato
di avvisarla dell’accaduto.
“Kudo-kun? Dov’è Ran? Perché non risponde alle mie
telefonate?” sembrava piuttosto spazientita.
“Ha avuto un incidente” disse tutto d’un fiato. L’altra
rimase in silenzio per diversi secondi.
“Che intendi dire?”
“Che un pazzo è passato con il rosso” sentì che prendeva un
respiro profondo, come se volesse calmarsi.
“C-come sta?”
“Non sappiamo ancora niente”
Ci fu una nuova pausa dove nessuno dei due parlò, il che era
ironico, la Suzuki era probabilmente la persona più logorroica sulla faccia
della Terra.
“Dovresti starle lontano” disse infine. Gli occhi del
detective si spalancarono e il papillon cadde a terra. “Non ti fai vivo per
mesi, poi torni e ti aspetti che lei sia lì a braccia aperte, pronta ad
accoglierti come se nulla fosse. Pensi che sia facile per lei vivere senza
avere tue notizie? Non so se te lo ricordi, ma fino all’anno scorso vi vedevate
ogni santo giorno. Ora è come se tu non esistessi. Non hai idea di quanto Ran
stia male senza di te. Certo, fa finta che non le importi, ma non è così, lo
sai anche tu.” la voce dell’ereditiera era forte e chiara, ma si stava
sforzando parecchio per mantenere quel tono, Shinichi riusciva a captare quella
nota di insicurezza che permeava ogni parola che giungeva al suo orecchio.
“Ogni volta che Ran sembra riprendersi, arrivi tu” continuò
lei “e distruggi tutte le sue certezze. Dovresti decidere cosa vuoi veramente,
non per te, ma per lei. Ti rendi conto che quando compari qualcuno si fa male?
E il più delle volte è Ran. Forse è un segno”
Shinichi era interdetto, forse perché era quello che pensava
da tempo, forse perché aveva avuto bisogno dell’aiuto di qualcuno per capirlo,
forse perché quel qualcuno era stato proprio
Sonoko Suzuki.
“Ti richiamo quando so qualcosa” disse poi, dopo aver
raccolto il modulatore di voce. Detto questo, attaccò, senza aspettare che
l’altra aggiungesse altro, non se la sentiva di rispondere a quelle accuse.
Rimase fermo sul muretto, con le braccia appoggiate dietro
di lui e lo sguardo al cielo. In quel momento il suo cuore somigliava a quella
macchia scura sopra di lui, non sapeva cosa fare, si sentiva bloccato, come se
fosse caduto in un buco nero da quale non riusciva ad andarsene.
Sentì Hattori chiamarlo, l’operazione era terminata e il
medico avrebbe riferito l’esito di lì a poco. Corse di nuovo all’interno
dell’edificio e vide un uomo sulla cinquantina parlare con Kogoro. Si avvicinò per
sentire meglio.
“Le condizioni di sua figlia sono stabili, dovrebbe
svegliarsi entro domani mattina. Non ha riportato danni gravi, nonostante
pensassimo il contrario all’inizio. Dalla risonanza magnetica è risultato che
tre costole, due a destra e una a sinistra, si sono fratturate a causa dell’impatto
con la macchina. Non è chiara la dinamica dell’incidente, ma pensiamo che il
veicolo abbia appena sfiorato, se così possiamo dire, la ragazza e che questa
sia caduta a terra, perdendo i sensi. Il trauma a livello cranico è molto
lieve, quindi non ci saranno conseguenze sulla sua salute. Nonostante questo,
atterrando sull’asfalto ha riportato diverse ferite, ma niente che non potesse
essere sistemato con un paio di punti.”
“Quindi va tutto
bene, giusto?” si affrettò a chiedere il detective.
“Per ora direi di sì, domani, quando sarà sveglia, le faremo
alcuni esami di controllo”
“Perfetto. La ringrazio, dottore” inclinò il capo in segno
di saluto e si lasciò cadere su uno dei seggiolini di plastica, finalmente
rincuorato. Aveva temuto tanto per la salute della figlia, si sentiva
responsabile per essere stato così accondiscendente con lei e l’avrebbe sicuramente
fatta pagare all’amichetto detective per aver lasciato la sua bambina da sola.
“Scusi, signorina” chiese il piccolo Conan a un’infermiera
“è possibile vedere Ran?”
La donna, che non poteva avere più di trent’anni, si voltò
verso il lui e gli sorrise.
“Ora sta dormendo, non possiamo disturbarla. La vedrai
domani, d’accordo?”
Conan annuì, avrebbe comunque trovato un modo per vederla. Si sentiva pienamente
responsabile di ciò che era successo all'amica d'infanzia; se non le avesse chiesto di
vedersi, tutto sarebbe andato per il meglio.
Scambiò uno sguardo d’intesa con Heiji e si allontanò,
dicendo di aver bisogno del bagno. Giunto in corridoio iniziò a cercare la
stanza della ragazza, la numero 156. L’aveva sentito dire dal dottore poco
prima. Sperò di non trovare nessuno ad intralciare i suoi piani
mentre varcava la porta della camera.
Il letto di Ran era vicino alla finestra, mentre l’altro era
vuoto. A dividerli c’era una tendina blu piuttosto vecchia che
copriva la metà superiore del lettino. Conan la
spostò con
una mano e si avvicinò all'amica. Sul suo viso era posta una
mascherina per l’ossigeno, gli
occhi erano chiusi e la pelle era fin troppo pallida. Le avevano
fasciato la
fronte con delle bende.
Lui le si avvicinò, alzò una mano e le accarezzò la guancia,
lasciandosi scappare un sorriso.
“Scusa” disse in un sussurro prima di allontanarsi di nuovo. Avrebbe
voluto rimanere con lei, sdraiarsi accanto a lei per infonderle tutto il calore
che aveva in corpo, sussurrarle che tutto si sarebbe sistemato, ma non poteva. Se non avesse fatto in fretta gli altri avrebbero
iniziato a cercarlo.
***
La coppia del Kansai si congedò dal piccolo Conan e da
Kogoro quando il taxi si fermò davanti all’agenzia investigativa. Per quella
notte avrebbero dormito a casa di Shinichi. Il Detective Dormiente si era
offerto di ospitarli, ma loro avevano gentilmente rifiutato, non volevano
causare altre preoccupazioni all’uomo, avrebbero dormito in hotel se l’altro
non si fosse intromesso.
“Le chiavi di casa mia le hai ancora tu?” aveva chiesto
Conan all’amico, sottovoce.
“Si, scusa. Quasi mi dimenticavo di restituirtele”
“No, tienile. Nell’armadio più grande in camera dei miei ci
sono dei futon, oppure potete dormire in camera mia. Fate come se foste a casa
vostra”
“Ma possiamo dormire in albergo..”
“Non ti preoccupare, Okiya non tornerà prima di una
settimana, in casa on c’è nessuno”
A quel punto Heiji aveva sospirato, ringraziando l’amico per
la gentilezza.
Giunti a destinazione, fece scattare la serratura e i due
entrarono in casa, stanchi e stressati.
“Vado a prendere i futon” disse il ragazzo, dirigendosi
verso il piano superiore.
Trovò ciò che cercava quasi subito e un attimo dopo sentì
dei passi sulle scale, Kazuha lo stava raggiungendo. Ripensò a ciò che era
successo solo poche ore prima, come doveva comportarsi con lei? Insomma, si
erano baciati e probabilmente le cose tra di loro sarebbero cambiate
radicalmente da quel momento. Heiji conosceva i sentimenti della ragazza, ma i
suoi? Cosa provava veramente per lei?
Forse aveva solo agito d’istinto, non voleva che continuasse
a piangere e basta. Forse non provava niente per lei, assolutamente niente. Era
solo una sua amica, no? Si conoscevano da talmente tanto tempo che era
impossibile che lui provasse qualcosa per lei. Se ne sarebbe accorto prima. Non
puoi essere amico di una persona e poi d’un tratto innamorarti di lei. Ma lui
cosa poteva saperne dell’amore? Quante ragazze aveva avuto nella sua vita? In
sostanza, nessuna. Certo, aveva un sacco di ammiratrici, o almeno, si vantava
di averne, ma chi di loro lo gli aveva parlato seriamente per più di un paio di
minuti? Nessuna, di nuovo.
Riflettendoci, l’unica grande costante della sua vita era
proprio quella ragazzina lagnosa. Fin da quando erano piccoli l’aveva sempre
avuta al suo fianco, ne avevano passate tante insieme ed era arrivato già da
tempo alla conclusione che sarebbe stato capace di dare la sua stessa vita pur
di proteggerla.
Avevano passato anni e anni a prendersi in giro l’un
l’altro, quasi fossero fratello e sorella, ma quel bacio aveva incasinato
tutto. Come poteva trattarla da sorella se aveva condiviso con lei un momento
così intimo?
Lo rifaresti se ne
avessi l’occasione?
Sulla soglia della stanza comparve l’amica con un sorriso
che andava da un orecchio all’altro.
Assolutamente sì.
“Vuoi che ti aiuti?” chiese gentilmente Kazuha.
“No, tranquilla. Dove preferisci dormire? Io posso stare giù
in salotto, ti lascio la stanza degli ospiti”
“Come vuoi tu. Puoi stare anche qui affianco, non c’è la
camera di Kudo-kun?”
“S-sì, ma..”
“Ma cosa?”
Ma se dormo lì sarà
ancora più difficile starti lontano. Cosa gli saltava in mente?
“Niente, solo preferisco dormire di sotto. Sai, tutte quelle
foto di Kudo mi mettono in soggezione” buttò lì. Kazuha scoppiò a ridere.
“Che hai ora?” si imbronciò lui.
“Sei buffo”
“Sono buffo?” in tutta risposta l’altra continuava a ridere.
Lui raccolse il futon da terra e si diresse goffamente verso l’altra stanza.
“Ma dove vai?” si lamentò l’altra “Quanto sei permaloso!”
Heiji scese le scale mentre l’amica lo rincorreva borbottando.
Alla ragazza bastò un attimo di distrazione per inciampare e finire lunga e
distesa sopra all’altro. Fortunatamente il materasso attutì il colpo e nessuno
dei due si fece male.
“Scusa..” disse lei, cercando di trattenere una risata.
“Ma perché non stai mai attenta?” borbottò il ragazzo mentre
si rialzava. I due si trovarono, per la seconda volta nella stessa giornata,
con i visi a pochi centimetri uno dall’altro e a rompere la magia del momento
ci penso Heiji, che, con un colpo di tosse, si voltò e iniziò a sistemare il
futon.
La ragazza si chieste se l’altro la stesse evitando di
proposito, sembrava quasi non volesse starle vicino. Eppure, prima sembrava
così diverso..
Kazuha si sedette sul divano e poco dopo lui fece lo stesso,
nessuno dei due sembrava avesse voglia di dormire, nonostante la giornata
frenetica.
La ragazza lo vide avvicinarsi pericolosamente a lei ma
rimase delusa quando, al posto di baciarla come aveva fatto poche ore prima, Heiji
si alzò dal divano, dirigendosi verso uno stereo piuttosto vecchio. Cliccò dei
pulsanti a caso chiedendosi perché i genitori di Kudo conservassero un tale
pezzo d’antiquariato. Alla fine riuscì a far partire una canzone, Everybody loves somebody di Dean Martin.
Per un attimo un pensiero si insinuò fugace nella sua testa.
Perché fai tutto questo? Perché illuderla
se non provi niente per lei? E di nuovo, chi è lei per te?
Trasse un respiro profondo e si voltò verso l’amica che lo
guardava confuso.
“Ricordi la promessa che ti ho fatto cinque anni fa?”
chiese.
“Certo, ma..”
“Ma cosa?”
“Niente” continuò lei con un sorriso.
“È tutta colpa tua se
ci troviamo qui” borbottò il ragazzino prendendo in mano una scopa.
“Che hai detto?
Scherzi, spero”
“Vuoi dire che non ho
ragione?” la guardò di sbieco.
“Esattamente! Tu hai
scritto sul mio spartito!”
“Era solo uno scherzo,
non sarebbe successo niente se non ti fossi messa ad urlare come una pazza!”
Kazuha sbuffò,
voltandosi dall’altra parte, chiedendosi cosa avesse fatto di male per
ritrovarsi una persona tanto stupida come amico.
Si erano conosciuti
tanti anni prima grazie ai loro padri, entrambi nella polizia, ed erano
diventati inseparabili, strano a dirsi, dato che non facevano altro che
insultarsi a vicenda. Eppure in un modo o nell’altro, finivano sempre per
cercarsi.
Quella mattina,
durante l’ora di musica, Heiji aveva avuto la bella idea di colorare con un
pennarello nero parte dei pentagrammi dello spartito dell’amica, rendendole impossibile
leggere le note. A quel punto lei lo aveva rincorso per tutta l’aula e, proprio
quando stava per fargliela pagare, era entrata Kawaguchi-sansei, che aveva
rispedito entrambi al loro posto e affibbiando loro il compito di pulire l’aula
dopo la fine delle lezioni.
Kazuha, alle prese con
una lavagna che sembrava impossibile da pulire, sentì un suono provenire dall’altra
parte della classe.
“Ti sembra il caso di
suonare?” disse senza voltarsi.
“Quanto sei lagnosa”
si lamentò l’altro, allontanandosi dalla pianola “Per quanto tempo pensi di
tenermi il muso?”
“Chi può saperlo”
rispose lasciando andare un sospiro. Si voltò e vide l’amico che la fissava.
“Perché mi guardi?”
chiese, stringendo lo straccio tra le mani.
“Giusto, tu preferisci
dare le spalle a chi ti parla” aveva il suo solito sorrisino stampato in
faccia. Kazuha si strinse nelle spalle, arrossendo. Si sentiva estremamente in
imbarazzo in quella situazione e il fatto che lei avesse una cotta colossale
per l’amico di certo non migliorava le cose.
“Dobbiamo spostare i
banchi” disse, facendo cadere il discorso.
Avevano quasi finito,
nel giro di una decina di minuti sarebbero tornati a casa. Heiji si guardò
intorno per controllare che fosse tutto a posto e, distratto dai suoi pensieri,
inciampò in qualcosa finendo a terra, mentre l’altra rideva fragorosamente.
“Ma che cavolo,
Kazuha! Proprio qui la dovevi lasciare la cartella?”
“Se almeno guardassi
dove cammini..” fece l’altra, abbassandosi per raccogliere ciò che l’amico
aveva fatto caderedalla cartella.
“Ci andrai?” chiese
lui, raccogliendo un cartoncino quadrato da terra. Era l’invito per il Galà
tenuto annualmente dal corpo di polizia.
“Sì, i miei ci vanno
ogni anno. Tu?”
“Non credo, il giorno
dopo c’è il torneo di kendo e devo allenarmi. E poi quelle feste sono troppo
noiose”
“Sei tu quello
noioso..” borbottò Kazuha.
“No davvero, non
capisco cosa ci trovi di tanto divertente”
“Beh.. c’è chi
racconta aneddoti di cose accadute sul posto di lavoro, poi organizzano quei
giochi di deduzione! Mio padre mi ha detto che hanno ingaggiato una band,quindi
ci sarà la musica! Anche se poi nessuno mi..” si bloccò, come se avesse capito
di aver detto qualcosa di troppo.
“Nessuno cosa?” indagò
lui.
“Niente, non importa”
aveva un sorriso triste stampato in faccia.
“Puoi anche parlare,
non ti mangio mica” lei trasse un respiro profondo.
“Dicevo che nessuno mi
chiede mai di ballare” disse tutto d’un fiato con il viso in fiamme.
“Hey hai dodici anni,
insomma, hai tutto il tempo per trovare qualcuno con cui ballare” lui non la
guardava, i suoi occhi erano fissavano un punto indefinito fuori dalla
finestra.
“Io non..” lasciò la
frase a metà.
“Sai, dovresti essere
un po’ più ottimista, Kazuha. Pensi di non trovare qualcuno in grado di sopportarti?
Ci sono tante anime pie in giro” questa volta si voltò verso di lei,
ammiccando. Lei si sentì avvampare di nuovo.
“Beh, ecco..”
balbettò, non le aveva mai parlato in quel modo.
Mantenendo il suo
sorrisetto, Heiji tornò alla pianola e suonò l’attacco di una canzone che
entrambi conoscevano molto bene, era una di quelle filastrocche che si
insegnano all’asilo.
“Facciamo così,
siccome ci tieni tanto. Se tra cinque anni nessuno si sarà offerto come vittima
sacrificale per ballare con te, lo farò io. D’accordo?”
Cosa gli passava per
la testa? Insomma, le avrebbe fatto molto piacere ballare con lui ma non aveva
mai pensato sarebbe successo davvero, erano solo buoni amici. Sicuramente aveva detto quelle cose perché provava
pena per lei.
Vide il braccio dell’amico allungarsi verso di lei.
“Allora?”
Kazuha increspò le labbra in un sorriso e afferrò la mano di
lui con la sua e si alzò dal divano. Un attimo dopo stavano davvero ballando. Il sogno di una vita, eh Kazuha?
***
Conan passò la notte a fissare il soffitto, ogni volta che
chiudeva gli occhi, gli si parava davanti lo scenario dell’incidente. Le parole
di Sonoko lo avevano colpito dritto al cuore, forse perché aveva detto ciò che
lui non era stato capace di ammettere. Ran avrebbe avuto una vita migliore
senza di lui, sarebbe stata felice accanto a qualcuno capace di dargli ciò che
non aveva mai ottenuto da lui.
C’era una cosa che più di tutte, gli premeva che la ragazza
avesse: un futuro. Questo perché, con
il senno di poi, nella situazione in cui si trovava era l’ultima cosa che
avrebbe potuto prometterle. Ogni giorno la sua copertura diventava più debole e
se gli Uomini in Nero lo avessero scoperto, sarebbe stata la fine per tutti
coloro che, in un modo o nell’altro, erano entrati con contatto con lui e Ran
non meritava una fine del genere, non l’avrebbe permesso.
Quando suonò la sveglia, si alzò a fatica e si trascinò fino
al bagno. Lui e Kogoro sarebbero andati in ospedale prima dell’orario delle
visite, per aggiornarsi sulle condizioni della ragazza.
Dopo aver fatto colazione scesero le scale e arrivarono in
strada, dove li attendeva il taxi che il detective aveva chiamato poco prima.
“Conan-kun!” urlò qualcuno dall’altra parte della strada.
L’interessato alzò lo sguardo e intravide due dei suoi amici
agitare le braccia per farsi notare, mentre una figura minuta se ne stava in
disparte con le braccia incrociate.
“Ciao!” li salutò appena lo raggiunsero “Dov’è Genta?”
“Sta arrivando, è in ritardo come al solito” sbuffò
Mitsuhiko.
“Abbiamo saputo di Ran-oneesan, come sta?” chiese Ayumi.
Aveva nuovamente cambiato atteggiamento con lui.
“Moccioso, non ho tempo da perdere. Muoviti, o vado da solo”
borbottò Kogoro dalla macchina.
“Il dottore ha detto che sta bene, stiamo andando a trovarla
proprio ora, volete venire?”
“Dobbiamo aspettare Genta-kun!” continuò la bambina.
“Allora ci andremo dopo insieme” disse Conan con un sorriso,
avrebbe dovuto posticipare la sua chiacchierata con Ran, ma forse era meglio
così.
“Ti raggiungiamo più tardi” disse poi a Kogoro, che,
sbuffando, avvisò il tassista.
***
Quando l’ultimo dei suoi amici arrivò, il gruppo si avviò
verso l’ospedale. Non era così lontano da lì se si percorreva la strada a
piedi. C’erano diversi percorsi secondari che avevano usato moltissime volte.
Di nuovo, quando Conan entrò, l’odore di disinfettante gli si insinuò nelle
narici, facendolo starnutire.
C’erano parecchie persone nella sala d’aspetto, mancava solo
Kogoro, che probabilmente si trovava nella stanza di Ran insieme al dottore. Come
a confermare i suoi sospetti, l’uomo sbucò dal corridoio accompagnato dalla ex
moglie, dicendo che la ragazza stava bene e che dagli esami non erano risultate
anomalie. L’avrebbero dimessa nel giro di un paio di giorni.
“Posso andare a salutarla?” chiese il bambino all’avvocato,
se l’avesse chiesto al detective gli avrebbe sicuramente urlato contro.
“Credo di sì, ma non portarti i tuoi amici dietro. Si è
svegliata da poco ed è meglio evitare di fare troppo rumore. Non si è ancora
ripresa del tutto. Loro la potranno vedere più tardi, okay?”
L’altro annuì e si infilò nel corridoio che conduceva alla
camera della ragazza, davanti alla quale si fermò per alcuni secondi. Era
veramente pronto per fare una cosa del genere? No, assolutamente, e non lo
sarebbe mai stato, ma non aveva scelta. Varcò la soglia della stanza d’ospedale
per la seconda volta. Il lettino di Ran era coperto dalla solita tenda blu.
Fece alcuni passi, quasi sperando che la ragazza non lo sentisse.
“Shinichi?” sentì qualcuno chiedere.
“Come hai capito che ero io?” disse, portando velocemente alle labbra
il modulatore di voce, non si aspettava un’accoglienza del genere.
“Ho tirato a indovinare” la sua voce era molto flebile,
faticava a parlare.
In realtà non aveva tirato a indovinare, avrebbe sentito la
sua presenza anche se si fosse trovata in una stanza piena di gente. Era come
se lui emanasse un’aura particolare. Oltre a Shinichi solo un’altra persona le
infondeva quello strano senso di sicurezza e protezione, ma in questo caso era
qualcuno molto più piccolo e minuto del detective, qualcuno che da un po’ di
tempo viveva sotto il suo stesso tetto e che secondo suo padre non sarebbe
arrivato in ospedale prima di un’altra mezz’ora.
“Allora, come ti senti?” chiese, sedendosi appena accanto
alla tendina.
“Bene, penso”
“Mi dispiace, Ran”
“Non è stata colpa tua”
“Avrei potuto evitarlo”
“Non credo, tutto ciò che succede ha un suo motivo. Doveva
andare così”
Rimase in silenzio, colpito dalle parole che l’altra aveva
appena pronunciato.
“Ran, devi fare una cosa per me” disse infine.
“Huh?”
“Dimenticami”
“Che stai dicendo?”
“Non sono la persona giusta per te, devi guardare avanti e
dimenticarti di me. Odio vederti star male, soprattutto se per colpa mia”
“Perché mi stai dicendo queste cose?”
“Guardati. Sei sul lettino di un ospedale e io sono il
responsabile di tutte le tue ferite. Se solo mi fossi attenuto al
piano, ora non ci troveremmo qui.
Devo starti lontano e tu devi fare lo stesso con me, perché
più ti avvicini,
più sarai in pericolo. Sono stato un idiota a pensare di poter
risolvere tutti i problemi del mondo. Perché è
così, ultimamente non faccio
altro che causare guai su guai a tutti coloro che mi stanno intorno e
ho bisogno di
una pausa per concentrarmi e capire come rimediare ai casini che ho
combinato.
Ran, ti prego, perdonami”
Detto ciò si alzò e si trascinò verso la porta, ma prima che
potesse aprirla, fu costretto a bloccarsi.
“Dovresti smetterla di darti la colpa per tutto. Hai fatto
per gli altri molto più di quanto loro potessero fare per te, non ti ho mai
visto tirarti indietro davanti ad un ostacolo, fin da bambino hai sempre preso
posizione contro chi non rispettava le regole. Non hai nessuna colpa e se vuoi
che io mi dimentichi di te ci vorrà ben altro che una manciata di parole”
Lui strinse i pugni. Quanto vorrei che tu avessi ragione.
“Ci vediamo” disse solo, prima di uscire.
Buonassssera
Ebbene, sono tornata! Non che me ne fossi andata, era per dire.
Anyway.. ci ho messo un secolo per scrivere questo capitolo, più che altro mi sono incasinata sull'ultima scena, ho in mente il momento in cui lui le chiede di dimenticarlo da tipo tre settimane ma non riuscivo a buttar giù qualcosa di sensato e alla fine questo è stato il risultato sob
Ammetto che mi è dispiaciuto farli separare così perchè li adoro insieme, ma non tutte le storie sono a lieto fine, no? Okay forse anche questa lo sarà (io non vi ho detto niente), ma voglio sottolineare il "forse".
Scopriamo un po' di più sull'incidente e sulle condizioni di Ran, anche se dell'autista della macchina che l'ha investita non si sa ancora niente, saprete qualcosa di più nel prossimo capitolo? Chissà.
Passiamo all'altra coppia, Heiji si sta arrovellando per capire cosa caspita prova per la sua amica ma di nuovo non abbiamo una risposta. Ora sapete a cosa si riferiva Kazuha nel flashback dello scorso capitolo e qual era la fantomatica promessa del suo amichetto, direi che l'ha mantenuta, no?
Comunque vi anticipo che nel prossimo capitolo saprete anche a cosa alludeva con quella cosa di cui parlava l'ultima volta, avrei voluto inserirlo qui ma erano già sette pagine di Word quindi uhm
Detto questo boh vi saluto e niente ahah
Gaia
Ps. Ringrazio i recensori dello scorso capitolo:
rosadc: potrei aver stravolto un attimo le tue aspettative, ma spero che tu voglia comunque continuare a leggere la storia;
shinichi e ran amore: credo di aver risposto a tutte le tue domande tranne quella su Alchermes, di cui, come ho già detto, probabilmente si parlerà nel prossimo capitolo;
Kazuha95: la tua recensione mi ha ricordato un'altra cosa, prossimamente si parlerà anche della trasformazione del caro Shinichi!
Cercherò di frenare il mio lato sadico d'ora in poi, ma una storia angst che si rispetti merita un bel po' di suspense, non credi? uhuh
SkyDream: mi hai commossa aww ti chiedo scusa per il semi infarto ma era proprio quello che volevo ahahah
giuggiola5: spero che il capitolo abbia soddisfatto le tue aspettative!
E niente, ringrazio tutti voi di cuore, mi fa davvero piacere leggere quello che pensate della mia storia.