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Autore: Torica    27/04/2014    4 recensioni
Era passato più di un anno dalla morte di Sherlock: per John era ora di tornare a Baker Street ma nulla lo poteva preparare a quel che avrebbe trovato nel suo vecchio appartamento....
''Erano le nove di mattina quando John arrivò davanti al 221b di Baker Street. Una fitta allo stomaco lo bloccò davanti alla porta con il solito batacchio storto impedendogli di entrare: troppi ricordi, troppo dolore. Stava per tornare sui suoi passi quando la voce di Sherlock si insinuò nella sua mente ‘’Oh andiamo John, non essere ridicolo!’’ John la zittì prima che potesse dire altro.''
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questa storia l'ho scritta qualche mese fa, durante le feste natalizie e, ritrovandomela davanti per caso ho deciso di darle una rispolverata inserendola. Spero che vi piaccia, siate clementi! :)
Buona lettura.





‘’Sherlock!!!’’
Un tonfo sordo mentre il mondo gira su sé stesso, due occhi azzurri eternamente spalancati, del sangue…
 
John si svegliò di soprassalto, il cuore in gola e le mani tremanti. Cercò con la mano destra la cordicella dell’abatjour e la accese. Si tirò su, sedendosi sul materasso e prendendosi il volto fra le mani, quando sentì un tocco leggero sulla sua spalla. Si girò: Mary lo guardava preoccupata.
‘’Tesoro, ancora incubi?’’
John annuì poggiando una mano su quella della compagna.
‘’Ancora la guerra?’’
L’uomo scosse leggermente la testa. La donna lo abbracciò da dietro appoggiando la testa sulla sua spalla.
‘’Sherlock?’’ ritentò Mary.
John non parlò, la sua unica risposta furono dei lievi singulti soffocati che il medico cercò inutilmente di reprimere, ma nessuna lacrima uscì dai suoi occhi. Da quando Sherlock era morto non era mai riuscito veramente a piangere.
Ormai era passato più di un anno dalla sua morte, ed ogni notte lo sognava ed ogni notte Sherlock moriva, moriva e moriva ancora e un pezzo di John moriva nuovamente con lui… spesso il medico si chiedeva quanto ci sarebbe voluto perché il suo cuore si rompesse definitivamente.
Si, ora Mary era entrata nella sua vita e, con un po’ di fortuna, sarebbe riuscito a costruirsi un futuro con la donna che in quel momento lo stava consolando, ma non era come una volta. Sherlock gli mancava. Gli mancava terribilmente. Da quando si erano incontrati la sua vita era cambiata definitivamente, aveva trovato un collega, un compagno, un amico: un uomo che lo aveva strappato alla solitudine ed alle sue guerre interiori. Gli aveva ridato una vita.
‘’Tesoro sei andato dalla dottoressa questa settimana? Ormai è passato più di un anno... non puoi andare avanti così…’’ John annuì, sapendo che la donna aveva ragione.
‘’Si, ci sono andato’’ Mary aspetto un seguito che però non arrivò.
‘’E cosa ti ha detto?’’
John sbuffò ‘’Le solite cose: che devo accettare la sua morte, che la devo affrontare, che... – sospirò – dovrei tornare a casa… almeno un ultima volta’’
Dopo la morte di Sherlock John non era più riuscito ad entrare nell’appartamento che aveva condiviso con il moro, neanche per andare a prendere le proprie cose, tanto che dovette essere la stessa signora Hudson a raccogliere tutti gli averi di John e a farglieli avere. Santa donna.
‘’Tesoro – disse Mary distogliendolo dai suoi pensieri – penso che dovresti andare’’
‘’Lo so’’ mancava una settimana a Natale e John sapeva quando Mary adorasse quella festività, l’ultimo Natale passato insieme non era stato particolarmente esaltante: Sherlock era morto da poco lui e Mary si erano appena conosciuti, era stato abbastanza asettico e John non voleva che la cosa si ripetesse, quindi, se affrontare i suoi demoni avrebbe aiutato sia lui che la donna che amava lo avrebbe fatto.
Sospirò ‘’Ci andrò domani’’ Mary gli diede un bacio sulla guancia.
‘’Ora torniamo a dormire’’ John si coricò. Non riuscì più a prendere sonno.
 
*
 
Erano le nove di mattina quando John arrivò davanti al 221b di Baker Street. Una fitta allo stomaco lo bloccò davanti alla porta con il solito batacchio storto  impedendogli di entrare: troppi ricordi, troppo dolore. Stava per tornare sui suoi passi quando la voce di Sherlock si insinuò nella sua mente ‘’Oh andiamo John, non essere ridicolo!’’ John la zittì prima che potesse dire altro.
‘’Non ora’’ mormorò a denti stretti. Si avvicinò alla porta e, dopo aver preso un lungo sospiro, bussò.
La signora Hudson non venne ad aprirgli. Bussò ancora: nessuna risposta.
John aspettò ancora qualche secondo davanti alla porta chiusa prima di provare ad aprirla: quando essa si spalancò fu investito dal famigliare odore dolce della pasticceria casalinga della signora Hudson.
L’ uomo indugiò ancora per qualche secondo sulla soglia per poi decidersi ad entrare chiudendosi la porta alle spalle. I suoi occhi vagarono fino alla porta chiusa in cima alle scale. Un altra fitta gli attraversò lo stomaco: Sherlock teneva quella porta sempre aperta. Vederla chiusa fu come rivedere la lapide lucida dell’amico. Iniziò lentamente a salire le scale per fermarsi esattamente davanti alla porta, provò ad aprirla ma la trovò chiusa.
‘’Ovvio’’ affermò Sherlock nella sua testa. Ma John era preparato: aveva ancora le chiavi, la signora Hudson gliele aveva lasciate, la donna non aveva nessuna fretta di riaffittare quell’appartamento. Quello era il loro appartamento. L’appartamento di Sherlock.
John aprì la porta ed entrò in quella che una volta chiamava casa. Le finestre erano aperte per far prendere aria, con ogni probabilità la signora Hudson cercava di mantenere vivibile l’appartamento, come se per una qualche ragione stesse semplicemente aspettando il loro ritorno.
Era tutto come quando l’aveva lasciato. La donna aveva solo liberato un po’ di spazio sul pavimento.
John si guardò intorno confuso, senza sapere cosa di preciso dovesse fare. Mandò a quel paese la dottoressa ed il suo stupido consiglio di andare in quel dannato appartamento. Si tolse la giacca e si sedette sulla sua poltrona. Improvvisamente fu preso dall’ansia, tanto che dovette subito rialzarsi. Il medico respirò a fondo ‘’Posso farcela’’
‘’Andiamo John, sei un soldato dovresti riuscire a fare una cosa talmente semplice!’’
‘’Stai zitto!!’’ urlò l’uomo a Sherlock, a sé stesso, mentre si appoggiava al muro per riprendere fiato.
Quando si fu calmato fece un veloce giro della casa lasciando per ultima la stanza più dolorosa: la camera di Sherlock. Entrò cautamente. Il letto era in ordine, con ogni probabilità l’aveva sistemato la signora Hudson: Sherlock lo lasciava sempre sfatto. Si sedette dalla parte dove di solito dormiva Sherlock. Chiuse gli occhi.
‘’Bentornato John’’ John strizzò gli occhi cercando di scacciare quella voce troppo dolorosa da ascoltare.
Passò in rassegna alcune riviste scientifiche appoggiate sul comodino prima di aprirne il cassetto ricolmo di oggetti quali stralci di giornale, un paio di pass a nome di ‘Mycroft Holmes’, diversi bigliettini recanti numeri telefonici anonimi, due scatole di cerotti alla nicotina e quello che a prima vista sembrava un portadocumenti nero. John lo prese in mano e lo aprì.
Osservò per qualche secondo attonito ciò che vi trovò al suo interno.
‘’Non è possibile…’’
Nella tasca sinistra, proprio davanti alla patente di Sherlock, vi era un ritaglio di giornale: una foto in bianco e nero di lui e Sherlock, entrambi sorridenti, immortalati davanti al 221b dove il moro portava quello stupido cappello che tanto odiava.
Le mani di John iniziarono a tremare mentre le lacrime gli offuscavano la vista.
Fu come se qualcosa dentro di lui si fosse rotto all’improvviso lasciando che le lacrime gli bagnassero finalmente il viso: per la prima volta dopo più di un anno John si sentì libero di piangere.
‘’Sherlock…’’ mormorò scosso dai singulti.
Pianse a lungo, pianse tutte le lacrime che non era mai riuscito a versare fino a quel momento.
Pianse per il dolore di averlo perso, per quanto gli mancasse, pianse per la felicità, per aver capito quando il suo amico tenesse a lui. Pianse e basta.
Uscì di casa prima che la signora Hudson tornasse.
 
*
 
La neve cadeva fitta su Londra in un tanto sperato bianco Natale facendo da contorno alla festa famigliare che John e Mary avevano organizzato a casa loro invitando alcuni amici e la signora Hudson.
La festa si stava ormai spegnendo, la luna era già alta nel cielo e centinaia di luminarie accendevano Londra di mille colori: John aveva sempre amato il Natale, l’allegria, le canzoni, i suoi adorati maglioni a tema e tutte quelle tradizioni che riescono a scaldarti il cuore.
‘’Oh andiamo John, che fesseria! Il Natale non è altro che un'altra stupida festa pilotata volta ad obbligare le persone stupide a spendere soldi per persone altrettanto stupide’’
John sorrise verso il ritaglio di giornale che aveva incorniciato e sistemato sopra al camino, alzò il bicchiere che aveva in mano.
‘’Buon Natale Sherlock’’.
 



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