“Oh, Ukyo! Tutto ok?
Mi sembri nervosa.”
Davanti a lei,
Mousse.
Ma in realtà era
come
se non lo vedesse.
“Ukyo, ci
sei?”
insistette lui, “Ormai dovrebbe toccare a Ryoga,
no?”
Ryoga.
Il ragazzo aveva
involontariamente detto la parola magica.
“Ryoga…”
“Sì,
Ryoga. Sai,
quello che si perde sempre…”
“Siete tutti uguali.”
“Uh? Io non direi, lo supero pure in
altezza…”
“Voi uomini… SIETE TUTTI UGUALI!”
L’ultima cosa che
udirono fu un urlo terrorizzato che ricordava una papera starnazzante.
Ranma e Ryoga si
affacciarono dalla cucina nel tentativo di capire la fonte di quel
rumore… e si
videro correre incontro Mousse terrorizzato. Alle sue spalle, Ukyo lo
inseguiva
brandendo la sua spatola.
“AIUTOFERMATIUKYOCOSATIHOFATTO!”
Mousse fece appena in
tempo a nascondersi dietro Ranma che vide la spatola a pochi centimetri
dalla
sua testa.
“U-Ucchan! Che ti
prende!” balbettò Ranma, indietreggiando insieme a
Mousse.
“Voi uomini. Siete
tutti uguali. E IO VI ODIO!” urlò, facendo roteare
la spatola. Ranma riuscì a
bloccarla appena in tempo, prima che qualcuno si facesse male sul
serio, per
poi disarmare la ragazza.
“Ucchan! Datti una
calmata!”
“Non posso calmarmi!” urlò lei,
lasciandosi cadere in ginocchio. “È colpa sua!
Tutta colpa sua!” ringhiò, per poi scoppiare a
piangere.
Ryoga dal canto suo
non disse nulla, né osò avvicinarsi a lei,
sentendosi colpevole di tutto
questo.
Ranma alzò gli
occhi
al cielo, per poi rivolgersi a Mousse.
“Vedi? Sei arrivato
giusto in tempo, ci servivi proprio tu a farci da consulente.”
“...io non parlo con Ukyo finché non le nascondete
la spatola” replicò il
cinese, giustamente preoccupato.
Ranma sospirò di
nuovo, prevedendo ulteriori casini a quelli già in corso. E
quando mai,
d’altronde. Chi si aspettava l’ennesima crisi
isterica di Ukyo Kuonji.
Con questi pensieri
sarcastici in testa, Ranma si premurò di raccogliere
l’arma contundente che
solo pochi attimi prima aveva fatto cadere alla sua proprietaria. La
mostrò a
Mousse, a conferma che almeno quella era stata neutralizzata con
successo.
“Così va
meglio”
disse Mousse, un poco sollevato dallo sviluppo positivo “E
adesso spiegami cosa
intendevi con quel farci da consulente”.
“Vedi, nel caso tu
non lo sappia ti comunico ufficialmente che il qui presente Ryoga ha
affrontato
la sua prova e ora manca solo il tuo supplemento. Il problema
è che, nonostante
ne sia uscito fisicamente integro, lo stesso non si può
proprio dire della sua
relazione con Ukyo. Il signorino, difatti, si era… diciamo
dimenticato, per
voler usare un eufemismo, di una sua ingarbugliata situazione
pseudo-sentimentale prima di mettersi con lei. E questa è
tornata
prepotentemente, cortesia delle tue compaesane, per mordergli il sedere
con
violenza. Il risultato è questo piccolo sbrocco”.
“Quindi mi stai
dicendo che ora Ukyo odia l’intero genere
maschile… per colpa sua?”. Se il
momento non fosse stato delicato, Ranma avrebbe giurato di cogliere una
nota
ironica nella domanda. Si disse che aveva equivocato.
“Eh sì,
è così”.
“E allora, di
grazia,
cosa posso fare io se ai suoi occhi appaio come un nemico solo per via
di
quello che ho in mezzo alle gambe?”.
Ranma non commentò
la
volgarità, limitandosi a constatare fra sé e
sé che il quesito era pertinente.
Non poteva dirlo con certezza, ma Ukyo Kuonji in quell’esatto
istante avrebbe
probabilmente fatto carte false per entrare in qualche tribù
di donne
mangiauomini.
Al contrario della
crisi precedente, dove perlomeno non faceva distinzioni e si sentiva
inferiore
e indegna di esistere di fronte a chiunque, lì il suo
malessere era ben
direzionato verso una categoria precisa. Di cui Mousse, ahilui, faceva
parte.
Per lo stesso
ragionamento si trovò a pensare che nemmeno lui poteva far
granché per aiutare
la sua migliore amica, che stava continuando a innaffiare il pavimento.
Figurati Ryoga, che era la causa prima di quel casino.
No, noi tre abbiamo
le mani legate. Dobbiamo aggirare il problema.
E la sua boa di
aggiramento fece capolino da dietro l’angolo.
“Ah, eccovi qui
finalmente. Vi avevamo persi di vista e…” disse
Akane, fiancheggiata da
Shan-Pu, quando li vide. Salvo bloccarsi istantaneamente non appena i
suoi occhi
si posarono sulla figura strepitante di Ukyo, ancora prostrata in
ginocchio.
“Che
succede?” chiese
allarmata, avvicinandosi a lei per confortarla. E venendo intercettata
dal suo
fidanzato, che provvide ad allontanarla per spiegarle.
“Quanto ti devo
dire?”.
“Io ero rimasta a
quando si è scusata con me. Saranno passati… toh,
tre quarti d’ora al massimo”.
“Allora immagino tu
sia all’oscuro delle ultime novità. Ryoga ha
affrontato la sua prova…”.
“Uh. E questo cosa
c’entra, nello specifico? Perché è lei
che sta piangendo come un vitello?”.
“Perché
la prova di
Ryoga era Akari”.
Silenzio. Akane stava
cercando di collegare i pezzi nella sua testa.
“Aspetta, fammi
indovinare… quello scemo non le ha detto nulla, del fatto
che si era messo con
Ukyo?”.
“Bingo. Akari
è
ancora là fuori, convinta che prima o poi lui
tornerà da lei come fidanzato
prima e marito poi”.
“Santo cielo, che
frittata. Anche se ancora mi sfugge perché è lei
a star subendo maggiormente la
cosa...”.
“Fidati, lui non sta
affatto bene ora. Però… boh, si
dev’essere sentita tradita e ferita, finendo
con il proiettare le sue colpe sulla nostra razza al gran completo. Non
credo
di averle mai sentito urlare Voi uomini, vi odio! con
tutto quel
vigore”.
“Ukyo
l’Amazzone. Mi
fa un po’ senso, lo ammetto”.
“E qui entri
tu”.
“Io? Che
c’entro
io?”.
“Beh, se vuoi che
quei due rompano puoi tranquillamente fregartene. Personalmente
è l’ultima cosa
che voglio, ma a causa del mio sesso sono nella posizione
più scomoda per
potermi muovere. Tu invece sei avvantaggiata”.
Eh
sì, Ranma ha ragione. Se ora disprezza tutti gli uomini in
quanto tali… le
opzioni sono poche: io e Shan-Pu, in sostanza. E per quanto non voglia
parlar
male di lei, non sono sicura che sarebbe la scelta migliore.
Ho
idea che mi tocchi, già. Ma è anche giusto
così, da una parte: Ukyo ha fatto
tanto per me e per tutti noi, nessuno di noi dovrebbe scocciarsi
all’idea di
poter ricambiare. Si merita questo ed altro.
Sospirò prima di
avvicinarsi con cautela alla sua amica.
“Ukyo…
ehi, Ukyo”
sussurrò, scuotendola gentilmente. “Dai, alzati e
andiamo nella mia stanza a
calmarci, hm?”
La cuoca non rispose,
limitandosi a mugugnare qualcosa di simile a un sì e
lasciandosi guidare verso
le scale.
Gli altri guardarono
la scena in silenzio, per poi voltarsi verso Ryoga;
quest’ultimo, imbarazzato e
pieno di vergogna, cercò istintivamente di fuggire, ma venne
prontamente
intercettato da Ranma.
“Dove vai,
maialino?”
commentò, placcandolo. “Se metti piede fuori di
casa poi non ti troviamo più!”
“È quello
che
voglio!” pigolò Ryoga, dimenandosi.
“Oh per favore,
taci”
sbuffò Ranma, trascinandolo di peso nella sua stanza.
“Mousse, vieni anche tu!
Mi serve consulenza seria!”
Il cinese sospirò e si affrettò a seguirli.
“Allora, ti sei calmata?”
Ukyo non rispose, limitandosi a fare un cenno con la testa. Akane
l’aveva fatta
accomodare sul suo letto, e finalmente era riuscita a farla smettere di
piangere; Shan-Pu osservava la scena seduta per terra.
“Avanti, adesso
parla.” la incitò Akane.
“Cosa vuoi che ti
dica” mugugnò Ukyo, “Ryoga è
come tutti gli uomini, e gli uomini sono bastardi
schifosi e traditori.”
“Suvvia, adesso non ti sembra di generalizzare?”
“Tu dicevi a Ranma le stesse cose, non molto tempo
fa.”
Akane rimase in silenzio per qualche secondo, piuttosto seccata da quel
rimarco, poi restituì la gentilezza: “Ma
evidentemente io ho imparato dai miei
errori.”
Ukyo non rispose, un
po’ stizzita da quella risposta, ma non negò.
“Ascoltami”
proseguì
Akane, con un tono più dolce, “Ryoga ha commesso
un errore. Un enorme,
gigantesco, madornale errore. Su questo siamo tutti d’accordo
e nessuno sta
negando le sue colpe, lui per primo. Mi rendo conto che stai male e ne
hai
tutte le ragioni, ma… piuttosto che strepitare e decapitare
poveri cinesi innocenti”
commentò, riferendosi al povero Mousse,
“perché non provi invece a parlarne con
Ryoga?”
“E a che
servirebbe?”
rispose Ukyo, tenendo lo sguardo basso, “La frittata ormai
è fatta, non c’è
nulla da sistemare…” concluse. “Non che
io voglia” si affrettò ad aggiungere.
“Ne sei
certa?”
insistette Akane, prendendo quel’ultima affermazione
più come ripicca che per
reale intenzione a voler lasciare le cose come stavano, “A me
Ryoga sembra
sinceramente dispiaciuto, e se lo conosco bene sono sicura che tutto
questo
casino è stato del tutto involontario.”
“Come fai a dirlo? Magari la sua timidezza era tutta una
farsa, così come il
suo senso dell’orientamento inesistente. Anzi, magari quella
di perdersi è una
scusa per andare a trovare tutte le sue donne e mantenere il segreto
con tutte
loro!”
Akane la guardò sbigottita, ma da dove se l’era
tirata fuori un’idea così
ridicola?
“Ma ti senti? Ti
rendi conto di cosa stai dicendo?”
Ukyo e Akane si
voltarono verso Shan-Pu, che aveva improvvisamente deciso di dire la
sua.
“Stai parlando di
Ryoga. Ryoga l’uomo-maiale. Ryoga che non ha mai detto ad
Akane che la amava o
che muore di imbarazzo davanti a Ranmachan. Ryoga che è
essere più timido di
tutto Giappone! Davvero credi che uno come lui è capace di
mettere su tua idea
stupida?”
Ukyo fece tanto
d’occhi davanti al ragionamento di Shan-Pu, che tutto sommato
non faceva una
piega; Akane, altrettanto stupita, si limitò ad annuire:
aveva espresso
esattamente il suo pensiero, ma con meno tatto e meno grammatica.
“Ma tu hai deciso di
uscire
dal letargo solo per psicanalizzarmi?” rispose Ukyo, ancora
stupita. Shan-Pu si
limitò a fare un sorrisetto beffardo, tipico di chi sa di
aver ragione.
“In ogni caso ha
detto la verità” disse Akane, “Ryoga non
sarebbe mai capace di una cosa simile,
è troppo complessa… diciamoci la
verità, Ryoga è un caro ragazzo ma
è… una
mente semplice.”
“Anche Ranma non scherza…”
commentò Ukyo, e Akane dovette concordare.
“Nostri uomini non
sono esempi d’intelligenza” concluse Shan-Pu.
“Anche se Mu-Si a volte ha grandi
intuizioni” corresse il tiro, e anche lì le due
ragazze concordarono con la
cinese.
“Insomma
Ukyo… vuoi
provare a parlare con Ryoga, sì o no?”
Ukyo non rispose ad Akane, limitandosi a tenere lo sguardo basso.
Era incavolata?
Diamine, sì.
Voleva spaccare la
faccia a Ryoga? Oh, sì, e guai a chi si fosse messo in mezzo.
Voleva concedergli
una seconda occasione per chiarire?... sì.
Fece un cenno
d’assenso con la testa, bofonchiando parole incomprensibili.
Ma a giudicare
dall’abbraccio in cui si era ritrovata, Akane doveva averlo
preso per un sì.
Akane era sparita con
Ukyo da almeno venti minuti, e in quel lasso di tempo Ryoga era rimasto
fermo
in un angolo a piangersi addosso. A nulla erano valse le provocazioni
di Ranma,
con insulti mirati solo ed esclusivamente a scuoterlo e farlo reagire:
si era
limitato a rispondere con un fiacco “Hai perfettamente
ragione” deprimendosi
ancora di più.
“Così non
è
divertente, però” commentò il codinato
a mezza voce, un po’ per cercare ancora
una volta di dargli una smossa e un po’ perché
davvero così si perdeva tutto il
mordente. Come risposta ebbe un grugnito.
“Avanti
Ryoga” si
intromise Mousse, piuttosto energico “non puoi rimanere
lì come uno zerbino
intristito per il resto della tua vita”.
“Non vedo
perché no”.
“Ma santo pangasio,
perché non puoi. Ti pare un comportamento utile?”.
“Forse no, e sai
cosa? Non me ne frega nulla. Anzi, se non fosse che ho troppo spirito
di
sopravvivenza ora mi starei strozzando con una delle mie
fasce”.
Ranma e Mousse
rabbrividirono. Perché il tono con cui
quest’ultima frase era stata
pronunciata… era serio. Mortalmente serio.
“Per favore, non
dire
mai più una bestialità del genere”.
“Anche se pensassi
l’opposto? Perché è come mi sento
adesso”.
“Ma insomma, io
capisco che per te sia difficile e che ti senta in colpa e
che…”.
“No Ranma, tu non
capisci. Di danni con Akane ne hai fatti tanti, è vero, ma
nessuno così
distruttivo come questo. Sono il primo a riconoscermi delle attenuanti,
in
particolare il fatto che non è stato intenzionale, ma resta
il fatto che ho
spezzato il cuore di quella poveretta comportandomi come un bugiardo
che ha
qualcosa da nascondere. Lei ha tutto il diritto di disprezzarmi e di
pensare di
me le peggio cose. Al suo posto farei lo stesso”.
Ci fu un attimo di
silenzio funereo. La faccenda era molto più grave di quanto
entrambi i
terapisti sospettavano in un primo momento.
“Ryoga,
tu… stai
pensando di farla finita? Mi riferisco a Ukyo, non intendo darti strani
suggerimenti”.
“No Ranma, non
voglio. Però… ecco, diciamo che sto cercando di
prepararmi psicologicamente
alla possibilità che sia lei a rompere fra di noi”.
“Sei troppo tragico,
su. Dai ad Akane un po’ di tempo per…”.
“... fare un
miracolo? La tua ragazza è un’ottima amica per
Ukyo, sicuramente, ma nemmeno
lei può riuscire a convincerla”.
“Io non lo credo,
invece” intervenne ancora Mousse, che da bravo stratega
lasciava il grosso del
lavoro agli altri portando solo attacchi mirati “Quelle due
ormai si conoscono
come le loro tasche e stai pur sicuro che se c’è
un modo per farla ritornare su
suoi passi, la persona che può trovarlo è lei.
Anzi, ci scommetto… uhm, non è
che abbia chissà quale patrimonio da scommettere. Ti basta
il mio onore?”.
Ranma rise alla mezza
battuta, pur approvando in maniera silenziosa le parole ben piazzate
del
ragazzo cinese. Bisognava che loro due rimanessero ottimisti e
propositivi, per
quanto lui stesso non fosse convinto al cento per cento delle proprie
rassicurazioni.
Però, in tutta
onestà, pensava davvero che Ryoga stesse ingigantendo la
cosa. È vero, Ukyo era
a dir poco furibonda e aveva tutti i motivi di questo mondo per
avercela a
morte con lui… e nonostante questo non voleva credere
appieno all’ipotesi di
una rottura. Si volevano troppo bene per non fare almeno un tentativo
disperato, e allo stato attuale delle cose il suddetto tentativo poteva
venire
solo da lei. Lui si stava già fasciando la testa per un
impatto che, a ben
guardare, neanche c’era ancora stato.
Nel caso peggiore
preparatevi, là a Joketsuzoku. Avrete presto visite di
qualcuno molto incazzato
perché avete separato due dei suoi migliori amici per il
vostro crudele
godimento di mummie.
Ryoga stava per
rispondere a tono a Mousse quando la porta della camera si
spalancò.
E l’uomomaialino se
la fece addosso, neanche troppo figurativamente: era Ukyo. Sola.
La ragazza squadrò
i
tre, indicò prima Mousse e poi Ranma e fece loro cenno di
smammare.
Ok
Hibiki, è venuta a sbranarti e non vuole testimoni.
Preparati, è la tua ora
finale.
Gli intrusi
lasciarono la coppietta in solitudine.
Rimasti soli Ukyo
sedette al tavolo, senza scollare gli occhi di dosso a Ryoga;
quest’ultimo non
sapeva cosa dire o fare, temendo che la ragazza potesse scoppiare come
una
miccetta alla prima A di troppo. Così si limitò a
rimanere in silenzio e non
muovere un muscolo.
“Puoi anche sederti,
Ryoga. Non ti mangio.”
Se doveva essere del tutto onesto, il tono della ragazza non coincideva
del
tutto con quanto detto ma, sempre per tener fede al suo proposito di
non provocarla,
non proferì parola e si sedette di corsa davanti a lei.
Rimasero in silenzio
qualche istante, Ukyo probabilmente per raccogliere le idee, Ryoga
sempre per
arginare i danni; alla fine la ragazza decise di parlare:
“Prima che tu possa
dire qualsiasi cosa… sono ancora incavolata nera. Non ho
intenzione di
ucciderti e far sparire il tuo cadavere, né di lasciarti,
anche se te lo
meriteresti, e per questo sarai in debito con Akane per il resto dei
tuoi
giorni. Ma” proseguì, “il mio umore
è ancora… pessimo, per usare un
eufemismo.”
Ryoga si limitò ad annuire, ringraziando silenziosamente
tutti i Kami del cielo
perché Ukyo aveva deciso di non troncare la loro relazione.
“Sarò
sincera…”
continuò la ragazza, “io non so come qualcuno
possa… dimenticare di avere una…
una ragazza? Una compagna? Un flirt? Chiamalo come vuoi, ciò
non toglie che non
riesco minimamente a concepire come tu possa essere riuscito a
dimenticarlo.
Dannazione, non parliamo della lista della spesa, parliamo di una
persona! Una
ragazza come me che aspetta il tuo ritorno, che ti vuole bene e
che… che non
immagina che tu stai con un’altra.”
Ryoga in quel momento
desiderò solo morire.
Forse era meglio
troncare, si disse, sarebbe stato meno doloroso. Perché
ciò che Ukyo stava
dicendo era corretto e sacrosanto, e neanche in un milione di anni
avrebbe
trovato il modo di giustificare tutto questo.
“Non è
ridicolo?”
proruppe Ukyo, dopo qualche istante di silenzio. “Mi sento
tradita, eppure…
ancora una volta, penso ai sentimenti di qualcun altro. Sono veramente
stupida.”
“N-non dire
così”
rispose Ryoga, a bassa voce.
“Che hai
detto?”
“Ho detto che
non…
non sei stupida.”
“E allora come definiresti una che si ritrova in una
situazione così ridicola?”
“La definirei una
persona meravigliosa… capace di pensare agli altri anche nei
momenti peggiori,
generosa, e… bella” concluse lui, arrossendo.
“Non è
con le
lusinghe che sistemerai le cose…” rispose Ukyo,
arrossendo a sua volta.
“Lo so, e forse ci
vorrà una vita per riconquistare la tua fiducia”
proseguì lui, “ma ti giuro su
quanto ho di più caro che… che tutto questo non
è stato intenzionale.
Dannazione, è qualcosa di troppo complicato per uno come
me!” protestò, e Ukyo
fece tanto d’occhi ripensando al discorso identico fatto da
Akane poco prima.
“Non cerco in alcun
modo di giustificarmi” disse Ryoga, “ho tutte le
colpe di questo mondo per
quanto successo. Ma ti giuro… ti giuro che non ho mai, MAI
avuto intenzione di
ferirti o prenderti in giro. Sul serio.”
Ukyo rimase a
fissarlo in silenzio, incerta sulla risposta.
Sapeva di voler far
pace, di rivolere quell’imbranato nella sua vita…
ma d’altro canto Akari era un
dettaglio troppo grosso da ignorare.
“E… con
Akari come la
metti?”
“Chiarirò
con lei non
appena questa faccenda delle amazzoni sarà
conclusa” promise lui, stavolta
guardandola dritto negli occhi. “È giusto che
sappia tutto. E lo farò di
persona… magari chiederò a Ranma di
accompagnarmi, giusto per non perdermi di
nuovo.”
A quella precisazione Ukyo non riuscì a trattenere un
sorrisetto, che Ryoga
ricambiò.
“Non sarà
facile
rattoppare tutto…” sussurrò lei.
“...ma io ho
intenzione di riuscirci.” concluse Ryoga.