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Autore: 1984    27/04/2014    0 recensioni
Nel mondo esistono 7 miliardi di persone.
E poi ci sono io.
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incidenti di percorso

A me i capelli di Jamina fanno ribrezzo.
Prima di tutto sono tinti di nero corvino, il che li fa sembrare fin troppo simili ai miei, e poi li tiene spesso legati in una treccia, cosicché non riesco mai a prenderla davvero sul serio.
Se fisso per troppo tempo quella treccia nella mia mente malata si vengono a formare ben tre diverse figure femminili, con un carattere migliore di Jamina e la prima della lista è Pippi Calzelunghe.
Ecco. E ora quella orribile treccia è l'unica cosa che riesco ancora a fissare di Jamina perché non mi fa pensare né a lei né a quello che ha organizzato per me e mia sorella.
Okay, la situazione è questa: è domenica, il sole splende, la neve si è quasi del tutto sciolta, mi sto impantanando a ogni passo che faccio e ho due baffi disegnati sulla faccia, un cerchietto con le orecchie da gatto, una gonna nera e bianca incredibilmente corta e due stivali che ho supplicato mio padre di prendere dato che è impossibile camminare con le ballerine laccate che mi ha regalato Jamina. Ma perché mai poi dovrei essere conciata come una bambina di undici anni (o qualche pazza malata, esempio a caso: Jamina) che si veste da gatto per partecipare a una festa in maschera a me non-è-tenuto-saperlo.
Diossanto.
E se solo si azzardano a portarmi a qualche ritiro buddhista a favore delle sette vite dei gatti, giuro che chiedo al giudice di togliere l'affidamento a mio padre. Causa: si traveste d'alieno in casa e ci vuole convertire alla sua nuova religione. Saprò inventarmi qualcosa.
- Non capisco questo tuo abbattimento, Jenny, dovresti sorridere, i gatti non sono i tuoi animali preferiti? - domanda sarcasticamente Jamina. Grrr.
Appena la macchina di mio padre si ferma di fronte alla villa giallo limone, Jamina lancia un urletto di contentezza.
- Ragazze, - dice rivolgendosi a me a mia sorella che è vestita da fatina, tutta tulle e boccoli - so di essere stata alcune volte davvero insopportabile, specie all'inizio, quando ancora voi eravate piccole piccole. Susy era appena nata e oh, ma guardatevi adesso: due piccole donne pronte a spiccare il volo! Questa giornata è interamente dedicata a noi tre, a noi tre sorelline acquisite, sorelline acquisite da dieci anni! E' stata un'idea di vostro padre, questa giornata dedicata al nostro primo incontro. E, lasciatemi dire una cosa, vi voglio bene.
Non ho voglia di ascoltarla, non ho voglia di sforzarmi di essere felice per questa pagliacciata che, ovviamente, ha ideato lei grazie a quel suo cervellino malato, così le fisso la treccia, senza dire nulla.
Ci pensa mia sorella a dire qualcosa, e devo ammettere di volerle molto bene in casi come questi: - Voglio andare a casa.
Jamina sorride, visibilmente a disagio.
Guardo mio padre: porta la cravatta, la barba curata, le scarpe lucidate. Ma lui non guarda me, guarda mia sorella e poi Jamina. - Susy, Jamina ha fatto tutto questo per voi, una bella festicciola. Non puoi semplicemente sorridere senza fare tante storie? Guarda tua sorella. Almeno lei è giudiziosa.
Dovrei controbattere, ma non ho voglia di litigare per l'ennesima volta per i comportamenti di Jamina e mio padre. Annuisco e mi sento in colpa per mia sorella, così le stringo la mano mentre entriamo nella villa giallo limone, che più triste non si può.
La villa è della famiglia Jamina, ed è davvero orrenda.
Lo è persino per mia sorella a cui va bene praticamente tutto.
E' gialla.

E con ''gialla'' intendo dire che le pareti di tutte le stanze della casa sono gialle, incluse quelle esterne. Il giallo cambia ovviamente in base a dove ci troviamo: in cucina è un giallo mattonato, in bagno un giallo tendente al grigio. E tutto è davvero orribile per chi, come Susy, adora i colori tenui, soffici, regali. E credo che per animali disturbati come il cane di Gabriel tutto quel giallo non faccia granché bene.
Appena arrivata in ingresso il cane rabbioso mi accoglie, appunto, con una strana bava alla bocca e gli occhi assatanati e se non fosse per l'intervento tempestivo del padre di Jamina, a quest'ora avrei già perso mezza gamba.
Il bello del padre di Jamina è che non parla quasi mai, quindi io e mia sorella lo salutiamo con un cenno, mentre ovviamente Jamina lancia urletti di felicità a tutto spiano.
- Avevo invitato anche vostra madre, ma non è potuta venire. Credo che fosse dispiaciuta, molto più di quanto lo sembrasse.
Ah, sicuro.
Mi vado a sedere in un angolino della casa su una triste sedia di legno e mia sorella mi raggiunge poco dopo; ed ecci qui, mute come non mai e intente a fissare la gente che si trova nel salotto. Inizio a notare più gente di quanto mi sembrasse quando sono entrata.
C'è una signora alta, i capelli neri e fulvi che stringe tra le mani una coppa di champagne accompagnata da quello che dovrebbe essere suo figlio. La donna è vestita da ghepardo, o almeno sembra, mentre il probabile figlio è in jeans e camicia, il che mi fa sorridere, pensando a che lotte deve aver fatto con la madre per evitare di vestirsi da animale della giungla o da eroe dei fumetti.
- Terenzia non mi mollava più, uffa - si lamenta mia sorella. All'ingresso deve averle strapazzato le guance a più non posso Terenzia, la madre di Jamina, perché lei e adooora mia sorella.
- Li conosci quei tipi? - le domando, alludendo alla coppia madre-figlio e ad altre sei persone, tra cui una vestita da struzzo.
- Mai visti.
Annuisco.
- Ho fame - mugugna.
- Il cibo è là, su quei grossi cabarets. Se vuoi mangiare, vattelo a prendere.
- Mamma non vorrebbe che mi trattassi così.
- Mamma non è qui, oggi.
Mia sorella si alza e se ne va, indispettita.
Un po' mi dispiace di litigare per l'ennesima volta con lei, ma odio dover avvicinarmi a Jamina, anche se il prezzo equivale a non mangiare.
Vorrei essere stata più furba ed essermi ricordata di portare con me qualche libro di scuola o semplicemente Hunger Games. Mi alzo furtivamente e noto che effettivamente c'è una specie di alta libreria vicino alla poltrona giallo limone da cui potrei attingere qualche libro di nascosto. E così faccio, o almeno credo perchè Jamina mi raggiunge pochi minuti dopo.
- Oh, Jenny, ecco qualcuno con cui potresti parlare, invece di sprecare la tua giovinezza in mezzo ai libri.
Spinge di fronte a me quel ragazzino in jeans che avevo già notato prima.
Sono istanti come questi che mi fanno salire la furia omicida verso Jamina. Così sorrido al ragazzo, il quale mi guarda impassibile, prendo il libro che avevo adocchiato sotto braccio e mi allontano sbattendo la porta.

   
 
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