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Autore: Hermione Weasley    20/07/2008    0 recensioni
Eppure la conosceva quella morsa al petto che quasi gli toglieva il fiato, gli faceva tremare le mani, gli faceva venir voglia di rompere qualsiasi cosa nel raggio di chilometri...
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sylar
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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* Dedicata e scritta per iosonosara :)
* Un grazie a tutti coloro che mi recensiscono sempre! Grazie, davvero^^;

Something's Just About to Break.

Try to find out what makes you tick
As I lie down
Sore and sick
Do you like that?
Do you like that?


Diary of Jane { Breaking Benjamin }

*


"Oh, andiamo," sussurrò di nuovo, praticamente nel suo orecchio.
L'afferrò per i capelli, tenendola ben piantata al pavimento, di violenza.

Non gli importava farle male: aveva un obbiettivo ben preciso. Quello che doveva fare per raggiungerlo non gli interessava.
Il fine giustifica i mezzi. Sylar non conosceva una frase fatta tanto vera quanto quella.

"Maya," la richiamò per l'ennesima volta.

Perfettamente immobile a terra, gli occhi ostinatamente chiusi, il cuore che le martellava fastidiosamente nelle tempie con una prepotenza e un'intensità tali da farla tremare violentemente.

Sylar appoggiò una mano sulle assi del parquet, chinandosi su di lei.
Arrivò fino a sfiorarle il naso col proprio, cercando di coglierla di sorpresa e obbligarla a guardarlo, mostrargli quelle pozze di pece così dannatamente letali.

"Lo so che puoi farlo, Maya," ripeté.
Si stava divertendo immensamente.
"Voglio essere sicuro di poterlo controllare, questo potere, prima di prendermelo," spiegò a mezza voce, reclinando il capo di lato per poterla guardare meglio.

Era bellissima. Una fitta di puro fastidio gli afferrò lo stomaco all'idea di Mohinder chiuso nella stanza adiacente, praticamente privo di sensi.
Se Maya avesse dato pieno sfogo ai suoi poteri sarebbe morto anche lui.
E lei si sarebbe ritrovata da sola, di nuovo, circondata da cadaveri ancora caldi.

Sylar sapeva che le era già capitato. Gli aveva aperto il suo cuore, senza tacere su niente, e lui aveva avidamente assorbito ogni singola informazione, conservandole accuratamente, pronto a ritorcerle tutto contro quando il tempo sarebbe stato propizio.

Le circostanze lo costringevano ad agire il più rapidamente possibile.
Il pensiero di Maya - o principalmente della sua abilità - aveva subito preso forma nella sua testa. Era così ovvio.
Non aveva perso tempo, e l'aveva trovata.
Con lui, sì, ma l'aveva trovata.

Non era un gran esperto di vita, Gabriel Grey. Certo, aveva i suoi poteri, aveva la sua infinita scienza pratica, ma poco o niente che avesse a che fare con l'esperienza diretta con il mondo. L'idea che si era fatto dai pochi rapporti interpersonali che aveva intrattenuto era distorta e fondamentalmente sbagliata, come una nota stonata che si ripeteva ogni qual volta la sua esistenza finiva per intrecciarsi con quella di qualcun altro.

Eppure la conosceva quella morsa al petto che quasi gli toglieva il fiato, gli faceva tremare le mani, gli faceva venir voglia di rompere qualsiasi cosa nel raggio di chilometri...
Era l'idea di Maya con qualcun altro. Era l'idea che Suresh si fosse provato - ancora una volta - dannatamente più abile di lui.
Una mancanza. Una terribile mancanza di cui sentiva il peso opprimente in continuazione.

Un suo sospiro un po' più forte, lo riportò alla realtà, al presente.

"ANDIAMO, MAYA!" Urlò senza alcun preavviso facendola sussultare violentemente.
"Tu non hai idea di quello di cui sono capace," sibilò di nuovo a denti stretti, lì, proprio sul suo viso contratto dal terrore, eppure così concentrato. Stava facendo di tutto pur di non dar sfogo al demone sopito dentro di lei.

L'afferrò per la vita, strattonandola contro il suo fianco.
Le puntò l'indice contro, assottigliando lo sguardo, mentre una lunga linea rossa si disegnava sulla sua fronte, costringendola ad urlare senza alcun ritegno.

"Visto?" Il tono era sadicamente compiaciuto. Adesso era in campo favorevole.
Riabbassò la mano, dandole un misero attimo di tregua.
"Posso ricominciare, Maya, a meno che tu non voglia farmi vedere com'è che funzioni di tua spontanea volontà," spiegò piano, senza toglierle gli occhi di dosso.

Il suo profumo era ancora lo stesso. Lo conosceva così bene che...

Scacciò rabbiosamente il pensiero, impedendo al senso di colpa di affiorare dalle acque putride della palude stagnante che era diventato il suo cuore.

Voleva vederla concentrare tutto il suo potere su una persona sola.
Sapeva che poteva uccidere a suo piacimento, scegliere la sua vittima, vederla crollare ai suoi piedi, rispecchiarsi negli occhi oscuri di qualcun altro - qualcuno in procinto di morire, di andarsene per sempre.
Se fosse riuscita a farlo sarebbe stato lui, quell'obbiettivo, ma l'assurda convinzione che non ce l'avrebbe mai fatta lo faceva sorridere e infuriare allo stesso tempo.

Ingrata. Era solo un'ingrata.

La colpì violentemente al volto, con una forza che sorprese pure lui.
Sgranò gli occhi subito dopo.
Lo sguardo di lei che si spalancava incredulo dritto nel suo, fu come un un pugno nello stomaco.

Si rimise in piedi in tutta fretta, senza allentare la presa ferrea, invisibile, che la teneva serrata contro il pavimento.

"Non guardarmi così," mormorò piano, senza guardarla, proprio mentre lacrime chiare e limpide le bagnavano gli occhi, scendendo pigramente sulle sue guance color caramello.

(Quante volte le aveva asciugate con le sue mani?)

"Sei soltanto una stupida," aggiunse poi, allungando nuovamente la mano in sua direzione.
"E adesso guarda... guarda cosa mi tocca fare," ripeté quelle stesse identiche parole, ma stavolta non ci sarebbe stato nessun siero provvidenziale a salvarla.
Stavolta non avrebbe commesso errori o leggerezze di sorta.

E mentre la guardava urlare e macchiarsi del suo stesso sangue, mentre il liquido vermiglio si mescolava alle sue lacrime, nel momento in cui le sue urla smisero di perforargli i timpani - non perché avesse smesso di gridare, ma solo perché Sylar sembrava non udirle più -, si sentiva svuotare di qualcosa di invisibile e indefinibile che, pezzo dopo pezzo, si sgretolava inesorabilmente.

Maya non poteva dimenarsi o contorcersi tanto era intensa la forza che stava esercitando su di lei, ma riusciva ad immaginarsela - così come se si stesse rigirando a terra, in preda ad assurde e dolorose convulsioni.

E quando smise di muoversi, quando la sua testa scivolò indietro - lontana da quel viso ancora straordinariamente perfetto - in quel lago di porpora, Sylar si rese conto che no - no - non ci sarebbe stata redenzione per lui.

  
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