Alcune premesse dell’autore:
Da tempo avevo in mente questa storia, che decido
di pubblcare solo ora.
Non ho letto
il libro, ma intendo farlo quanto prima,
quindi ho visto solo i films, e so bene quanto possano essere belli ( questi li
ho amati tutti e tre!) ma “incompleti”
al cospetto dello scritto.
Quindi
perdonatemi se trovere incongruenze o strafalcioni, inesattezze o dimenticanze.
Ho inventato
parecchie cose, ma ai personaggi del film, che ritroverete nella mia fic, sono rimasta fedele (almeno spero di esserlo
stata…)
Ovviamente, a parte tutti i preamboli e prefazioni, situazioni da me inventate e quant’altro, la storia avrà per “co-protagonista”
un preciso personaggio creato da Tolkien… che a mio parere è il più bello, il più emozionante, il più complesso… con una
storia talmente piena di risvolti psicologici e introspettivi.. da meritarsi un
libro lui stesso…
Beh, non
voglio dirvi altro, ne dilungarmi; spero
che leggiate e commentiate, e
soprattutto possiate divertirvi, almeno quanto mi sono divertita io a scrivere…
Con affetto a
tutti voi.
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IL Giglio Scarlatto
Racconto a puntate di Milady.
1. La strega dei
Boschi.
Era quello
il suo mondo…
Un mondo
dominato da alberi secolari, che superavano
indenni il mutare delle Ere o da
vita brevissima che poteva completarsi nel palpitare lieve di una farfalla.
Fatto di pericoli mortali ed esseri letali,
eppure di bellezza indescrivibile.
Forgiato
nel sole ma pieno di ombre…
Era il bosco.
E nel lontano e remoto, Regno di Lilymgard, il cui territorio era quasi interamente
coperto di Foreste c’era sempre profumo
di bosco, di pino
e di resine fresche, mescolate a
miele selvatico.
Di corteccia d’albero e di muschio
fresco.
Di fiori e d’erba bagnata dalla
pioggia, di frutti esotici dai nomi e
dalle forme indescrivibili, se non con l’antica Lingua
dei Lilym,
che si era
ormai perduta nella notte dei tempi.
Il destriero dal lucido mantello nero come la notte,
correva sul sentiero accidentato,
schivando alberi e radici millenarie che sbucavano dal terreno insidiose
e temibili come mani protese ad
artigliare nel vuoto.
Ma
Manto d’Ebano , un cavallo che
vantava discendenze dagli antichi destrieri della Terra di Rohan, non
era certo inesperto su quel terreno accidentato per qualsiasi cavaliere.
Si fosse trattato di
Uomini, o Elfi, Raminghi o Rohirrim avrebbero avuto il loro bel d’affare per
districarsi da quel reticolo di alberi e
arbusti, che si intricavano in una foresta fitta e misteriosa come un labirinto
mortale per chiunque non la conoscesse a dovere… come la conosceva lei…
Lei era nata praticamente
in quei boschi, figlia di quella natura
selvaggia ed incontaminata che rappresentava una sorta di “zona franca” nella vasta e “variegata” popolazione della Terra di
Mezzo.
Il dominio di Re Ulrich, signore di Lilymgard esisteva ormai da 3 Ere degli Uomini e nessuno era mai venuto a disturbarne la
quiete.
A ridosso della Terra di Gondor, confinante al nord con il
dominio degli Elfi della Foresta, non era facilmente accessibile, se non attraverso passaggi difficilmente rintracciabili, oscurati e dissimulati da nebbie magiche e
perenni.
Un luogo perfetto ed inviolato…
all’apparenza, che però ultimamente
aveva iniziato a subire suo malgrado,
dei lenti ed inesorabili cambiamenti… poiché il Mondo esterno …era cambiato.
Il tempo aveva modificato il suo
incedere lento, eterno ed inalterabile… a Lilymgard ; l’ antica magia era mutata, tanto da far supporre che in breve le nebbie fatate
a protezione dei valichi una volta inaccessibili agli stranieri, sarebbero cadute…
Poteva rappresentare la loro fine…
E lei lo sapeva.
Lo sentiva nel respiro degli
alberi, nell’andatura seppur maestosa ma
più cauta del suo fido destriero… lo sentiva nel canto degli uccelli non più
armonioso come un tempo, ma non si
abbandonava alla disperazione.
Non voleva cedere ad essa !
Non voleva credere che l’odio inconsulto degli Uomini dediti solo
alla ricerca del potere, li avrebbe condotti alla rovina.
All’avarizia dei Nani, che si
curavano solo di scavare più profondamente nella Terra, per trarne
i suoi immensi tesori ancestrali.
All’ alterigia degli Elfi,
che avevano a cuore solo la loro salvezza, disinteressandosi di tutto
quanto accadeva attorno a loro.
Non voleva credere alle voci sempre
più insistenti che riportavano di
risvegliati e tremendi Poteri Oscuri nella
Terra di
Mordor.
Forse ciecamente, forse spinta
dall’inesperienza della sua giovane età,
desiderava fare ancora quello che aveva sempre fatto, ad ogni costo.
Con la stessa aria leggiadra e
sbarazzina.
Con lo stesso infantile divertimento
e piacere…
Per questo aveva disobbedito ancora
una volta agli “ordini” di suo padre,
ed era scappata al galoppo di Manto
verso la foresta della Strega,
come la gente del posto usava chiamarla.
Se
ci fosse davvero una Strega,
pensò divertita Anjanka , sarebbe più divertente…
Ma nelle lunghe passeggiate o battute
di caccia che aveva condotto a qualsiasi ora del giorno, e talvolta della
notte, non aveva mai incontrato segno di
tal fantasioso personaggio.
In una sola occasione, quando poco
più di una ragazzina le era capitato di cadere maldestramente da cavallo e
rimanere per ore
svenuta nella foresta, aveva
fatto uno strano sogno…
Quello di essere
stata curata e trasportata in un altro luogo,
forse un antro buoi e tenebroso… forse in un luogo bellissimo e
solare, da un’entità confusa, indefinibile
ma gentile.
Al risveglio, però, si era semplicemente ritrovata nel medesimo
posto in cui era caduta, con l’aggiunta di un bel bernoccolo in fronte
dalle dimensioni degne di un re…
Aveva pertanto sempre attribuito a
quell’accaduto, la naturale conseguenza
del colpo subito alla testa.
Non gli era mai più successo nulla da
allora…
Neppure ora, dopo mesi e mesi di rimproveri e ammonimenti
da parte di suo padre che intendeva proibirle le sue cavalcate nella Foresta… perché il Mondo era cambiato…
Chissà, forse suo padre infondo…infondo aveva ragione, ma ora non ci voleva pensare!
Stava cacciando…
Indomita e battagliera, aveva continuato a correre dietro a quella
lepre birichina che da più di un’ora gli stava
dando filo da torcere.
Sarebbe stata la sua preda giornaliera, il
suo trofeo… anche se in verità per ”trofeo”
Anja intendeva
la cattura della lepre per la sola ed unica soddisfazione di aver vinto
una sorta di sfida con lei; una volta
appagato il suo ego, avrebbe liberato certamente la piccola
creatura.
Anja non aveva mai ucciso un essere del
bosco.
Mai.
******
Dopo aver cavalcato a perdifiato, la giovane si fermò all’improvviso, accarezzò con lentezza il collo arcuato del
magnifico cavallo sentendo sotto le sue dita affusolate la solidità dei muscoli tesi, quindi balzò giù con un gesto fluido ed
atletico.
I suoi piedi nudi toccarono il
sottile manto di muschio senza fare alcun
rumore.
Prima di piegarsi verso il terreno,
alla ricerca di qualche traccia della lepre scappata, volse il volto arrossato dalla corsa verso il
nord.
Era pedinata,
non aveva dubbi.
Sulle sue traccie,
di sicuro c’era Valoomir…
Il caro, fedele, inflessibile, Val.
Sorrise sorniona, e con un gesto
secco si tolse la fascia dai capelli
lasciando che fluttuassero sciolti sulle sue spalle.
Folti e brillanti,
ricci e ribelli.
Detestava tenerli legati, ma andare
di corsa a cavallo le imponeva quella
regola, o pettinarli sarebbe poi stato
impossibile!
Senza esitazione si diresse verso il
folto del bosco, dove la luce penetrava appena attraverso le imponenti piante
ed il crepuscolo pareva perenne.
Con un segno deciso della mano, che
il destriero comprese alla perfezione,
gli impose di attendere nella piccola radura.
***
Dietro, e molto distanziato, in effetti procedeva il potente stallone, guidato dal fido Valoomir, il capo delle Guardie del Re, nonché un sorta di guarda del corpo di Anjanka.
L’uomo era sicuro di aver preso tutte
le precauzioni del caso, in modo che Anja non lo scorgesse, ma non ne era
più certo…
La ragazzina era un vero portento a
cavallo.
Nel bosco poi… era nel suo elemento.
Aveva un istinto naturale nel
cavalcare a pelo, nel dissimulare
tracce o piste battute, nel diventare “invisibile”
, un eredità forse avuta in dono dalla
madre di razza umana, la cui origine si
perdeva nelle Terre Meridionali sconfinate
e sconosciute o ereditate dal padre, un Elfo della Casta dei Lilyhm
L’attempato cavaliere, che un tempo si mormorava fosse stato un
Ramingo selvaggio delle terre del Nord, sorrise
mentre grattandosi la barba pensieroso,
comprendeva di essere stato fregato per l’ennesima volta.
Ma non ne soffriva, solo si preoccupava
per lei…
Lei,
quella fanciulla terribile e adorabile al tempo
stesso, con quel sorriso contagioso.
Sapeva che Anja amava
fargli credere di essere ancora infallibile e
scaltro… come quando viveva di scorribande nei paesi selvaggi.
E lui,
un po’ odiandola per la
preoccupazione che gli ispirava, un po’
adorandola come fosse una figlia
sua e non la giovane principessa da controllare e seguire... si lasciava portare per il naso, inseguendola in lungo ed in largo per la
Foresta del Monte Acuto.
Ma quel giorno il gioco non gli
piaceva.
C’era qualcosa di strano…
La giornata era iniziata con un sole
splendente che faceva brillare i tetti delle case ed il fiume che scendeva
quieto verso il mare remoto e lontano ma ora cupe nubi dai riflessi rossastri
parevano addensarsi all’orizzonte.
Valoomir
non si faceva certo spaventare da un temporale… eppure qualcosa non gli
quadrava.
L’aria era immobile e stantia, non fresca e cristallina come ci si sarebbe
aspettati in un sentiero ai piedi della montagna.
Con un gesto deciso chiamò a se un
uomo della sua guarnigione.
- Non mi piace questo tempo! Dobbiamo rintracciare la principessa e
riportarla a palazzo, subito! Se Re Ulrich scopre che si è allontanata senza permesso, temo che ci rimetteremo la testa! Va di là, con Hrum e Bradck aggireremo questa rupe, di certo si è fermata all’interno della
radura. Svelto!
L’uomo eseguì in fretta l’ordine e Valoomir si diresse verso la parte opposta.
Arrivato dove la foresta
s’infittiva, scese da cavallo e
s’addentrò nel sottobosco, cupo e silenzioso.
Pure gli uccelli parevano aver smesso
di trillare e la luce si affievoliva ad
ogni passo.
Una strana nebbia lo avvolse
all’improvviso, facendogli temere il
peggio. Una cosa del genere non era mai
successa.
Inspiegabilmente perse
il sangue freddo, e contrario ad ogni
istruzione impartita ai suoi stessi uomini in quelle occasioni, iniziò a chiamare a gran voce la
ragazza.
- Anja! Anja… dove
sei, rispondi accidenti! Anja…
Ma dalla ragazza… nessuna traccia, né
risposta.
***
L’aria mutò, divenne più pesante.
Un silenzio improbabile avvolse tutto
come la coltre morbida della neve che cade d’inverno.
C’era qualcosa di strano…
Anja rallentò, muovendosi più cautamente, analizzando in fretta eventuali e repentine mosse a sua difesa.
Uno strano freddo l’assalì
all’improvviso, ma non se ne preoccupò.
Non era certo quel genere di ragazza
svenevole e freddolosa che spesso si poteva incontrare ai ricevimenti di Corte di suo padre, pronte a svenire per un alito di vento o per
la vista di qualche insetto fastidioso.
Non la spaventava l’oscurità della foresta, la minaccia di essere attaccata da qualche
animale pericoloso, o la paura di dover
affrontare tutto questo munita solo delle sue armi… e del suo istinto.
Con movimento rapido, dettato da anni di allenamento,
si sfilò il grosso arco dalla spalla, incoccando al tempo stesso la freccia sottile
ed appuntita.
Guardando attorno attentamente mosse
alcuni passi , addentrandosi ancor più nella foresta.
Finalmente un suono giunse alle sue
orecchie. Pareva un fruscio lieve, un
rumore soffocato come di qualcuno che scavasse in modo
frettoloso.
Allungò il collo oltre una bassa siepe formata
da grandi foglie verdi scure, e scorse
due piccoli scoiattoli ai piedi di un vecchio albero, intenti a rovistare nel terreno alla ricerca
di ghiande o nocciole.
Sorrise scuotendo la testa. Era dunque quello lì… il pericolo?
Una sola cosa era certa: aveva perso
le tracce della lepre e gli scoiattoli
non rappresentavano affatto un’allettante alternativa.
Gli adorabili animaletti erano imprendibili, non si sarebbe mai impelagata nel tentativo di catturarli… dato che era impresa impossibile.
Abbassò l’arco e inforcandolo
nuovamente sulla spalla, decise che era
tempo di fare ritorno. La sua caccia non
aveva avuto successo quel giorno, e
quell’aria strana e misteriosa inoltre pareva ancora circondarla.
Desiderava andare via e galoppare
veloce sul suo fido destriero verso casa.
Ma ritornando sui suoi passi, sebbene fosse sempre molto attenta ad ogni
segnale e particolare della foresta, non
riusciva a ritrovare la radura dove aveva lasciato Manto.
Era impossibile… Si
era perduta?
L’ansia cominciò ad invadere i suoi
pensieri, sebbene lei sapesse tenere
bene a bada le paure ancestrali che potevano assalirti
quando ci si accorgeva di essere in balia della natura selvaggia della foresta.
Camminò per un tempo che le parve
infinito, la nebbia aveva
avvolto ogni albero e ogni pianta, era certa di girare in tondo, a volte,
o di camminare ora in salita ora
in discesa.
Alla fine, abbattuta nel corpo e nello spirito, si
lasciò cadere su di un grosso masso,
nascondendo il volto fra le mani.
O come desiderava avere accanto Valoomir, adesso…
Avrebbe abbracciato di buon grado persino
quell’impiastro noioso ed invadente di Doriamin… il che era tutto dire.
“Pensa…pensa... pensa, Anja!” Si ripeteva
costantemente, come per darsi coraggio.
“Potresti
accendere un fuoco e fare segnalazioni…”
Ma scartò ben presto quell’idea. La stagione secca era nel pieno, e un fuoco
poteva divampare incontrollato nella foresta di quei tempi.
Doveva trovare un’altra soluzione.
Si alzò risoluta, prendendo una direzione decisa. La nebbia ormai fitta, e inusuale in quel
periodo dell’anno, le impediva finanche
di vedere dove mettesse i piedi.
Anja non se ne curò, coraggiosa e
determinata procedette, mettendo un piede dopo l’altro…un piede dopo l’altro….
Di
certo sarebbe uscita
da quella strana situazione… Si ripeteva.
Ma fatti alcuni passi, sentì cedere il terreno sotto i suoi piedi e cadde in una voragine che si era aperta all’improvviso nel bel
mezzo della foresta…
******