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Autore: Lia483    29/04/2014    1 recensioni
[Non tiene conto degli avvenimenti del secondo film]
Sapeva di essere sopravvissuta ad una cosa fino ad allora impossibile. Tutti i draghi erano malvagi, spietati assassini, eppure quel drago le aveva permesso di dargli le prime cure, senza fare nulla, affidando la propria vita nella sua.
E Valka aveva fatto lo stesso, posando le armi. Aveva messo la propria vita tra quegli artigli affilati come spade.
Ed entrambi erano sopravvissuti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Nuovo personaggio, Stoick
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Il Cavaliere del Drago

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Valka era una delle vichinghe più coraggiose dell'intera isola di Berk.
Era alta per essere una ragazza di appena diciotto anni, con capelli di un castano chiaro, quasi biondo, e occhi verde acceso, brillante. Sapeva maneggiare qualsiasi arma, con destrezza e agilità. Aveva ucciso molto presto il suo primo drago, quasi alla stessa età del figlio del capovillaggio.
Nonostante fosse così tosta, però, era dolce, paziente, comprensiva. Amava la natura e conosceva le erbe, era una guaritrice. Dove era costretta a distruggere, ricostruiva.
Era una valorosa guerriera e l'orgoglio vichingo scorreva nelle sue vene.
Eppure, alla dichiarazione d'amore di Stoick, già detto l'Immenso, figlio del capovillaggio, rimase stupita.
Non aveva mai colto alcun interesse di lui verso di sé. Lo rispettava come guerriero e lo ammirava, ma mai aveva pensato a lui come un compagno.
Aveva, però, imparato subito ad apprezzarlo per altri aspetti che non fosse la sua abilità come guerriero. E infine ad amarlo.
Amava il suo modo burbero di trattare gli altri, mantenendo la propria posizione, ma sapendo quando poteva sbilanciarsi e far sapere il proprio apprezzamento agli altri.
Amava i suoi scherzi.
Amava soprattutto i suoi sorrisi. Tra la barba folta e rossa, facevano capolino di rado, ma quando spuntavano, soprattutto se rivolti a lei, erano magici. Valka non riusciva mai a resistere dal rispondergli, anche quando era arrabbiata con lui.
Lo trovava contagioso e spesso si ritrovava a sperare che suo figlio prendesse il suo stesso sorriso.
Quando Stoick prese il posto di suo padre come capovillaggio, Valka fu al suo fianco, onorata di esser stata scelta e innamorata, davvero innamorata di suo marito.
Stoick l'Immenso sarebbe stato il suo compagno di vita, per sempre.



Dalla loro unione, non molti anni dopo, nacque Hiccup Horrendus Haddock III.
Fu lei a scegliere il nome, poiché il piccolo sembrava soffrire di un singhiozzo cronico, era sempre in lacrime, e crescendo, il nome sembrò sempre più adeguato, soprattutto quando gli si vietava di fare una cosa, e lui cominciava ad arrabbiarsi, singhiozzando.
Stoick aveva scelto il secondo nome. "Un nome da vero vichingo" aveva detto.
Horrendus.
Valka lo disapprovò sempre. Non era il nome adatto al suo Hic. Fortunatamente, era uno di quei nomi che venivano dati per dare importanza al bambino.
Crescendo, Hic si sarebbe sicuramente conquistato il suo nome.
Valka fece il possibile per essere una buona madre, nonostante avesse il suo bel da fare come compagna del capovillaggio. Non solo doveva, ma voleva essere sempre al fianco di Stoick nelle questioni importanti, sapeva quanto lui ci tenesse al suo appoggio. Era sempre disponibile ad aiutare gli altri, per qualsiasi problema, anche il più piccolo.
Per questo, si fece costruire dall'amico Skaracchio, uno speciale zainetto con cui poteva portare Hiccup in giro con sé nel villaggio, in modo da non lasciarlo mai solo.
Il rapporto tra loro era molto forte. Adorava portarlo nei boschi intorno a Berk per insegnargli i nomi delle piante e degli animali. Oppure raccontargli le leggende dei vichinghi, che Hiccup assorbiva come una spugna, che parlassero di Odino o di come era nato lo Snoggelton.
La vita di Valka non avrebbe potuto essere più felice.
Però, un giorno, la sua vita cambiò per sempre.


Non era una novità che Berk fosse in continua lotta contro i draghi che infestavano quei mari. Il villaggio doveva ogni giorno difendersi dagli attacchi di quei possenti bestioni, che rubavano il bestiame e distruggevano le loro case.
Valka aveva sempre fatto il proprio dovere. Aveva ammazzato più draghi di quanti riuscisse a ricordare, ma dentro di sé, aveva sempre sentito di sbagliare. Non era giusto ucciderli. Forse bisognava partire dalla radice del problema.
Aveva consigliato lei di ricominciare a cercare il nido, come i vichinghi avevano fatto per secoli. Stoick aveva così ripreso a mandare navi alla ricerca di quel nido sconosciuto, da dove i draghi arrivavano e dove tornavano dopo aver razziato. Fino a quel momento, non avevano mai avuto successo.
Un giorno, il villaggio si stava riprendendo da un violento attacco, durante il quale era crollata una delle costruzioni più alte di Berk, ferendo molte persone.
Le erbe mediche erano quasi finite e nessuno le conosceva bene come Valka, che si offrì per andarle a raccogliere.
Aveva così preso uno dei grossi cesti che usavano di solito per i pesci, con l'idea di riempirlo fino all'orlo, aveva lasciato Hiccup alle cure di Stoick, riempendolo di raccomandazioni, poi era partita per l'altro lato dell'isola, dove crescevano quelle migliori.
Dopo molte ore di cammino e di raccolta, si accorse di essere entrata in una zona che non conosceva bene, quasi dalla punta orientale dell'isola, e aveva rallentato.
Però, a fermarla del tutto, non era stato il non conoscere quel sentiero, ma il fatto di aver sentito il ruggito di un drago.
Era rimasta immobile, in ascolto, ma pronta a scattare se fosse arrivato il pericolo.
Non conosceva quel verso, non sembrava essere di nessuna specie a loro conosciuta e lei le conosceva perfettamente.
Ricominciò a camminare, lentamente, calpestando solo l'erba più fresca, in modo da non fare rumore. Poi gli alberi cominciarono a diradarsi e lei si ritrovò in una radura piena di fiori, paradisiaca.
Solo che, proprio al centro, appoggiato ad un masso, c'era il drago più grosso che Valka avesse mai visto, anche più grosso di un Incubo Orrendo.
Il suo corpo era massiccio, coperto di squame a più colori, rosso, arancio, dell'azzurro intorno alla bocca larga, mentre il resto del corpo era di un grigio scuro, vicino al marrone. Aveva creste sulla testa e diverse punte su tutta la schiena, fino alla coda. Le ali erano quattro, enormi, e tutto il suo corpo doveva essere lungo più di tre metri.
La bocca, irta di denti affilati, si atteggiò ad un ringhio basso e cavernoso, che percosse Valka in tutto il corpo, fino alla radice dei capelli.
Lo sguardo era attento e orgoglioso, solo punteggiato appena da lampi di dolore.
Infatti, dal fianco che il drago teneva sollevato da terra, spuntava il dardo di una balestra vichinga.
Il dolore doveva essere tale da non potersi nemmeno alzare in volo, se restava lì in quella radura.
Il ringhio, comunque, restava fiero e possente, e una delle ali posteriori si spostò intorno al corpo, come a nasconderlo. Valka notò che si reggeva sugli artigli posti alle estremità delle ali anteriori.
La vichinga rimase immobile, ma quando lo vide spostarsi meglio per osservarla, sguainò l'ascia, lasciando cadere a terra il cesto.
"Devi solo provarci, bestione. La tua ferita potrebbe non essere più l'unica sul tuo corpo, se ci provi".
Il drago sembrò capire e rimase fermo, ma sempre con i denti scoperti, come a ricordarle che avrebbe potuto succederle la stessa cosa se avesse fatto il movimento sbagliato.
Valka abbassò un poco l'arma.
Il drago era solo in modalità difesa, non l'avrebbe mai attaccata di proposito così ferito.
Osservò il dardo, ora che il drago aveva riabbassato le ali, con occhio esperto.
Fosse stato un qualsiasi altro animale, avrebbe potuto toglierlo, in modo che non si infettasse -e il gonfiore tutt'intorno faceva presumere che non mancasse molto-, ma di certo il rettile non le avrebbe mai permesso di avvicinarsi.
Valka posò l'ascia, sorpresa che il drago non avesse ancora provato a sputare fuoco, poi aprì il cesto e prese l'occorrente che teneva sempre in una saccoccia sulla schiena.
Tirate fuori due ciotole, schiacciò diverse piante fino a formare una poltiglia, che avrebbe diminuito il gonfiore, se fosse riuscita a spalmarlo sulla ferita.
Nell'altra ciotola, invece, spremette un frutto che avrebbe potuto alleviare il dolore, se bevuto.
Decisamente troppi se, e Valka si chiese perché stesse sprecando alcune delle sue erbe per un drago, un assassino di uomini, un essere che, in una diversa situazione, non avrebbe avuto pietà di lei, ma sentiva che era la cosa giusta da fare. E lei aveva imparato a fidarsi sempre del proprio istinto.
Si alzò in piedi, con entrambe le ciotole in mano, e gliele offrì.
Un nuovo ringhio, poi il drago fece un cenno col muso verso di lei.
Valka riappoggiò le ciotole e, con un respiro profondo, si tolse l'elmo leggero, che andò a finire vicino all'ascia.
Aveva ancora il pettorale, però, se le fosse arrivato un colpo da quella coda possente, non sarebbe comunque sopravvissuta. Di nuovo, porse la prima ciotola, quella con il liquido, davanti al muso del drago, ora molto vicino a lei e terribilmente grosso. Per la prima volta, sentì dentro di sé i morsi della paura, che le chiudevano la bocca dello stomaco, ma non si lasciò spaventare oltre e posò la ciotola a terra.
Poi si spostò lentamente verso il fianco, cercando di non fare movimenti bruschi. Prese un po' della poltiglia con due dita.
Da quella distanza, se le fosse arrivata un'ala addosso, nessuno avrebbe potuto salvarla in tempo. Sarebbe sicuramente morta sul colpo.
Non riusciva ancora a capire perché stesse rischiando così tanto per un drago.
Riuscì a premere l'unguento intorno alla ferita, ma subito si abbassò, preoccupata, per evitare almeno il primo colpo.
Con suo enorme stupore, non avvenne nulla.
Si voltò a guardarlo.
Il drago aveva bevuto la medicina e ora la fissava con i suoi grandi occhi gialli. Valka rimase immobile, muovendo solo la mano sulla ferita, leggera, ma senza distogliere lo sguardo. Si sentiva fissata fin dentro l'anima da quegli occhi profondi e indagatori. Essi sembravano mostrare emozioni molto umane, tra cui stupore per quel che aveva fatto, curiosità verso quella strana vichinga, e divertimento per la sua reazione esagerata nel toccarlo.
Non tolse il dardo, il drago non si fidava ancora di lei così tanto da poter fare un'operazione così delicata, ma almeno gli aveva alleviato il dolore.
Posò anche la seconda ciotola e, dopo che si fu pulita le mani, tornò a guardarlo.
Il drago sembrava mostrare qualcosa come riconoscenza, ma anche sospetto. Sì, non si fidava di lei. Un unico gesto buono non avrebbe potuto superare secoli di uccisioni da parte di entrambe le specie.
Valka gli fece un inchino, piena di rispetto per quella bestia possente. "Anche se non senti più dolore, ti consiglio di aspettare a volare. Potrebbe essere pericoloso".
Il drago non smise di fissarla e Valka riprese le proprie cose, per allontanarsi.
Gli lanciò un ultimo sguardo, poi andò via.
Sapeva di essere sopravvissuta ad una cosa fino ad allora impossibile. Tutti i draghi erano malvagi, spietati assassini, eppure quel drago le aveva permesso di dargli le prime cure, senza fare nulla, affidando la propria vita nella sua.
E Valka aveva fatto lo stesso, posando le armi. Aveva messo la propria vita tra quegli artigli affilati come spade.
Ed entrambi erano sopravvissuti.


***


Passarono mesi e Valka capì di essere diventata qualcosa che a Berk non era mai esistito.
Lei e il drago, che chiamava affettuosamente bestione, nell'attesa di trovargli un nome adeguato, avevano imparato a conoscersi, con difficoltà e incomprensioni, fino ad arrivare a comprendersi e ad apprezzarsi.
Gli aveva sfilato la freccia a fatica, ricevendo un colpo d'ala in pieno petto nell'istante in cui ce l'aveva fatta, ma senza fargliene un cruccio. Dopotutto, anche a Berk, per sfilare una freccia, ci sarebbero voluti cinque uomini per tenere il paziente. E lei era sola.
Il drago, però, si era subito fatto avanti per controllare come stesse.
Avevano imparato a fare affidamento sull'altro. Valka l'aveva pure cavalcato.
Un Cavaliere del Drago, le piaceva chiamarsi, di nascosto, solo quando era con lui.
Lei e il drago erano arrivati a volersi bene. Era un rapporto difficile perché schiacciava la ragione e si affidava completamente all'istinto. Valka spesso si stupiva di quanto sentisse quel drago vicino al cuore. Era l'essere più puro che avesse mai incontrato, la capiva per quel che poteva, l'ascoltava con interesse e la scaldava con solo un'occhiata dei suoi grandi occhi gialli.

Aveva smesso di ammazzare i draghi, li cacciava via, li picchiava anche, ma non aveva più affondato l'ascia in uno di loro, sapendo che avrebbe visto il suo.. drago.
L'idea non solo la ripugnava, ma la uccideva dentro, la faceva sentire un mostro. Aveva ammazzato draghi per tutta la vita, ma solo perché non li conosceva. Aveva ucciso per superstizione e tradizione, per vendetta e per onore, ma ora non ce la faceva più.
I draghi non erano la progenie del fulmine e della morte, come raccontavano gli antenati.

E il giorno in cui si fece quasi ammazzare da una Furia Buia per disattenzione e per tenere fede ai suoi giuramenti, Valka capì di essere diventata di troppo.
Lei non era più una vichinga di Berk, lei amava i draghi, li aveva capiti, non poteva più ucciderli. E così, forse teneva fede alle proprie convinzioni, ma rompeva il giuramento con il suo villaggio.
Col dolore più grande che avesse mai provato nel petto, Valka decise di andarsene, inscenando un attacco e la propria scomparsa, pur sapendo che avrebbe ucciso il suo compagno di vita.
Ma doveva fare una scelta. Rimanere lì, con il rischio di essere scoperta e di vedere morto il suo nuovo e più caro amico, oppure andarsene, salvando non solo se stessa e il suo drago, ma anche la sua famiglia.
Non poteva lasciare a Stoick una scelta così grande.
Lei li avrebbe traditi pur di salvare il suo drago e i traditori venivano puniti con l'esilio. Pur di non esiliarla, forse Stoick avrebbe fatto pazzie, e lei non poteva rischiare. Non avrebbe rovinato la vita delle due persone che amava più della propria.

Una notte, l'ultima notte, si diresse al villaggio in groppa al suo drago, il viso già rigato di lacrime amare. Lo fece posare accanto alla loro casa, isolata dal resto del villaggio e quindi nascosta alle sentinelle, che non avrebbero visto l'enorme rettile.
Valka entrò in casa senza fare rumore e si bloccò al centro della stanza principale.
Le sarebbe mancata, tantissimo, l'aveva arredata lei stessa, con l'aiuto di Stoick. Sfiorò le tacche che segnavano l'altezza di Hiccup sul muro e strinse le labbra, per trattenere un suo singhiozzo.
Salì di sopra e osservò suo marito nel sonno. La barba folta e rossa copriva tutto il petto e lo faceva sembrare ancora più immenso di quanto già non fosse.
Con sorprendente tempismo, Hiccup si mise a piangere, chiamandoli.
Stoick si rigirò nel letto e la vide già in piedi. "Vai tu, cara?".
"Sì, tu continua a dormire". Si piegò in avanti e gli diede un bacio a fior di labbra, che lo fece sorridere e riaprire gli occhi verde chiaro, accesi di amore. "Ti amo, Stoick".
"Anche io, Valka". Fecero sfiorare la fronte, piano, e si diedero un altro bacio, poi lei si allontanò per dirigersi verso il figlio.
Aveva già tre anni, ma faceva gli stessi capricci di quando ne aveva uno.
Lo prese in braccio, stringendolo al petto con forza. "Cosa c'è, tesoro?".
"Ho fatto un incubo, mamma".
Lo portò di sotto, davanti al camino. "Davvero, tesoro? Sono sicura che presto ti passerà tutta la paura".
"Mi è già passata. Sto bene qui con te".
Quella frase, detta con tutta l'innocenza del piccolo, le spezzò il cuore.
Hiccup.
Il suo bambino.
Come poteva lasciarlo da solo, era così piccolo...
Doveva ritovarlo un giorno.
Non sapeva se se la sarebbe sentita di rivedere quel posto, ma il suo bambino sì. Quando fosse stato pronto.
Gli sorrise, guardandolo negli occhi verdi come i suoi. "Ti devo far vedere una cosa, prima di tornare a dormire. Ne hai voglia?".
"Sì, va bene" esclamò il piccolo, stringendo un lembo del suo pettorale con la piccola manina.
Lo portò fuori, di fianco alla casa, dove il suo drago l'attendeva.
Hiccup non gridò e non si spaventò. Non sembrava, ma aveva già il coraggio dei suoi genitori, dentro. Lo guardò diffidente, stringendosi a lei. "Mamma, un drago".
"Lo so. Ti piace? E' un mio amico".
"Amico? Ma papà dice che i draghi non sono nostri amici".
"Lui sì. Ehi, bestione, lui è Hiccup, il mio bambino".
Il drago avvicinò il muso al piccolo, annusandolo e sbuffando piano. Fece un mugolio contento, facendo loro quasi un sorriso. Hiccup cercò di toccargli il muso e lo sfiorò appena, prima che il drago si tirasse indietro.
Valka strinse di nuovo il figlio tra le braccia e guardò il suo drago. "Saprai ritrovarlo quando te lo chiederò?".
Il drago annuì piano. E Valka si tranquillizzò.
"Mamma, hai volato con lui?".
"Sì, siamo andati su, sopra le nuvole, facendo acrobazie nel cielo".
"Oh...". Hiccup fissò il drago, tranquillo e pensieroso, poi le disse:"Ha un nome?".
"Non ancora. Tu hai qualche idea?".
"Può essere... Cloudjumper. Lui salta e vola tra le nuvole. Ti piace?".
Lei e il drago si scambiarono un'occhiata e di nuovo Cloudjumper fece un rumore soddisfatto con tutto il petto, che fece vibrare il terreno intorno.
Valka sorrise al piccolo, i loro sguardi dello stesso verde che si allacciavano in una muta promessa d'amore eterno. "Mi piace moltissimo, Hiccup. Grazie per il tuo nome".
Riportò il figlio a letto e lo fece addormentare con una ninnananna molto dolce e forse troppo malinconica. Hiccup le sussurrò un "Buonanotte" pian piano, prima di addormentarsi, e lei gli sfiorò a lungo i capelli scuri, piangendo.
Un ultimo sguardo fu per Stoick, che continuava a riposare sereno.
Quando tornò da Cloudjumper, era distrutta dentro, ma anche fiduciosa.
Un giorno li avrebbe rivisti, entrambi.


***


Ora, in una grotta che conosceva bene come le sue tasche, circondata dai suoi draghi, fissò il giovane con i capelli scuri e gli occhi verdi così simili ai propri.
Poteva essere proprio lui il suo... Hiccup?
Il drago del ragazzo era una Furia Buia.
Sorrise sotto l'elmo. Non poteva esserci un drago più appropriato per lui.
Era unico, proprio come Hiccup.
Ne aveva sentite di cose sul conto del villaggio di Berk e del suo eroe, Hiccup Horrendus Haddock. Aveva mantenuto il suo nome.
Poteva essere lui per davvero?
Voltò appena la testa.
Vide il suo drago annusare l'aria verso il ragazzo e produrre un rumore soddisfatto, che fu coperto dal rumore degli altri draghi, ma di cui Valka si accorse.
"Dovrei conoscerti?".
La domanda di Hiccup la riportò a terra, la riportò a guardare il viso di un ragazzo sui vent'anni, alto e affusolato, coperto da una tuta di pelle, con una spada assicurata ad una gamba e un pugnale al braccio. La fissava dubbioso.
"No, eri solo un bambino" rispose, togliendosi l'elmo e fissandolo dritto negli occhi. Verde gemello dei suoi. "Ma una madre non dimentica mai".
Il viso del giovane si fece bianco ed egli si lasciò scappare un ansito. La fissò con tanto d'occhi, forse cercando di ricordare, di ricollegare il viso che vedeva ora con i suoi fumosi ricordi.
"Madre?".
Riconobbe, nel fondo di quella voce più da uomo, il tono del suo piccolo, quando gli aveva dato la buonanotte per l'ultima volta. Chiuse gli occhi, assaporando quella voce e soprattutto quella parola, pronunciata dal suo non più bambino, poi tornò a guardarlo, gli occhi appena velati di lacrime.
"Sì, Hiccup, sono tua madre".








NOTE DELL'AUTRICE:
Non chiedetemi da dove sia uscita questa cosa, non ne sono proprio sicura. Guardavo il trailer, per l'ennesima volta, e ho iniziato ad immaginare quello che poteva esser successo a Valka, perché se ne era andata, inscenando una morte o una scomparsa, oppure se sia stata rapita (ipotesi non mia ^^) o chissà che altro... e ho messo giù la mia ipotesi.
Sono sicura che avrete tutti riconosciuto dei parallelismi con la storia di Hiccup e Sdentato ed è vero. Ho pensato che potevano esserci pochi motivi per far andare via Valka. Uno di questi poteva essere un segreto così grande da non poter essere svelato, un drago come amico, per esempio. Forse, Hiccup avrebbe potuto fare lo stesso, ma lui era ancora un po' piccolo e inesperto per andarsene in giro per il mondo senza altri che Sdentato. Invece Valka e Cloudjumper sì ^^
Il nome del drago di Valka è uno spoiler molto grosso, già amo quel drago, che ho cercato di descrivere al mio meglio **
Ho messo OOC perché non conosciamo ancora il carattere di Valka e non vorrei essere accusata, poi, di averlo stravolto. Il film non è ancora uscito, la mia è solo un'ipotesi ^^
Altro? Il rapporto con Stoick per me è qualcosa di magico. Non sono scesa nei dettagli, volevo più puntare sul drago, ma mi sono ripromessa qualcosa su di loro, anche perché la scena in cui lui le dice qualcosa tipo "Sei bella come il giorno in cui ti ho persa" (non capisco benissimo l'inglese) mi ha emozionata da morire, ho iniziato a piangere come una fontana... non voglio immaginarmi al cinema questa estate XD
Spero che la storia vi sia piaciuta, nella sua semplicità. Avevo piacere di raccontare questo momento come l'ho immaginato io. Sicuramente la DreamWorks avrà creato qualcosa di molto più figo, ma io ce l'ho messa tutta :)
Spero che chiunque legga mi lasci un commento, anche piccolo, per farmi sapere cosa ne pensa ^^
Baciiiii
Lia Haddock <3

  
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