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Autore: Nereisi    29/04/2014    5 recensioni
Nel bel mezzo di una caotica metropoli, persone dotate di poteri conducono la loro vita nascoste. Celata dietro una barriera vi è il GEA, un istituto che accoglie maghi adolescenti per proteggerli e istruirli, dandogli una protettrice, la Madre, e una sola regola: mai uccidere.
La pace e le spensierate risse verranno brutalmente interrotte da una tremenda guerra per il possesso di un ragazzo senza memoria che si ritroverà, suo malgrado, ad avere a che fare con gatti parlanti, piromani e un improbabile gruppo di attaccabrighe.
"Avete presente quando, senza alcun motivo apparente, vi sentite improvvisamente tendere verso qualcosa o qualcuno, come se ci fosse un qualche tipo di legame che vi unisce? Quando abbiamo degli scatti improvvisi che non ci sappiamo spiegare? Di solito li si lascia perdere e non gli si da importanza, continuando a fare quello che stavamo facendo prima, ritornando alla vita di tutti i giorni.
A volte invece ci si lascia guidare da quell'istinto. Può succedere che si scoprano mondi interi e nuove realtà; e spesso possono far sembrare falsa e strana la quotidianità che prima ci sembrava vera e normale."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ringil – La stella fredda







Avete presente quando, senza alcun motivo apparente, vi sentite improvvisamente tendere verso qualcosa, o qualcuno, come se ci fosse un qualche tipo di legame che vi unisce? Quando, nel bel mezzo del quotidiano, abbiamo degli istinti o degli scatti improvvisi che non ci sappiamo spiegare?
Di solito, passata la sorpresa, li si lascia perdere e non gli si da importanza, continuando a fare quello che stavamo facendo prima, ritornando alla vita di tutti i giorni.
A volte, invece, che sia perché si vuole vedere dove si andrà a finire, che sia perché c’è una situazione particolare, ci si lascia guidare da quell’istinto e, molte volte, arriviamo a scoprire nuove possibilità, nuovi aspetti di noi stessi o, molto più semplicemente, un nuovo punto di vista.
Può anche succedere, però, che si scoprano mondi interi e nuove realtà; e spesso possono far sembrare falsa e strana la quotidianità che prima ci sembrava vera e normale.






















Capitolo primo – La fuga






A  Erech la pioggia non piaceva. Non piaceva per niente.
Quando piove, tutto diventa cupo e plumbeo, la realtà perde i suoi colori che si uniformano in un triste grigio che a Erech ricorda molto un acquerello con poca tempera.
Eppure, in quel frangente, la pioggia gli era amica. 
Nascondeva il suo odore dal fiuto dei segugi, gli dava un pretesto per potersi calare in cappuccio in fronte senza destare sospetti e gli permetteva di correre in mezzo alla folla dando l’impressione di essere solo un passante senza ombrello e in cerca di un riparo.
Certo, non lo proteggeva dalle magie di riconoscimento ma almeno non si ritrovava dei mastini d’ombra alle calcagna. Inoltre, un mago è pur sempre un umano, e ciò gli dava un leggerissimo vantaggio temporale perché, mentre chi lo cercava doveva rimanere concentrato per recitare incantesimi e non perdere il controllo del famiglio che gli aveva sguinzagliato dietro, lui doveva solo pensare a scappare.
Perché Erech era inseguito. Inseguito e braccato.
Da chi? Non lo sapeva.
Perché? Non lo sapeva.

I suoi ricordi sono ricordi confusi e indistinti, dove l’unico ente onnipresente era il buio più assoluto e l’unica emozione provata la paura.
Da dove era scappato e come non lo sapeva e nemmeno aveva importanza: ora come ora molto più importante era sfruttare quell’opportunità e fuggire da quei luoghi il cui solo ricordo lo induceva a fermarsi a causa dei brividi incontrollati che gli procurava.
E quindi correva, Erech, correva più che poteva, incurante della fatica, ringraziando la pioggia, cercando di tenere sempre in cappuccio ben calato sul viso. Gli facevano male i piedi per la violenza con la quale li sbatteva sul terreno ma neanche di questo si curò.
Sfrecciava per le sconosciute vie della città, scontrandosi con persone mai viste prima, scivolando sulla strada bagnata, ma continuando a correre, lontano da quell’incubo nero che sapeva di metalli e farmaci dalla sconosciuta provenienza, tenendosi stretto ciò che era riuscito a recuperare nel minuto di lucidità che gli aveva permesso di ideare un piano per scappare: il suo nome.
Sapeva che l’effetto sarebbe durato poco e che se non si fosse fermato a riprendere fiato, tutta la sostanza che era in circolo nelle sue vene sarebbe stata smaltita in fretta e con essa le sue memorie.
Come lo sapeva? Nemmeno di questo aveva idea. Le informazioni erano semplicemente dentro la sua testa, non ricordava come ci erano entrate e perché erano così poche, ma c’erano. In quella manciata di minuti lo avevano guidato nelle sue scelte e nelle sue azioni e Erech aveva capito che se seguiva le direttive di quei ricordi aveva una speranza di uscire vivo da quella situazione, perciò obbediva.
Il suo istinto diceva di correre.
E lui correva.


Cercò un angolo appartato e miracolosamente trovò la facciata di un negozio seminascosto dalla strada e coperto da una tettoia. Dopo essersi asciugato alla meno peggio con la sciarpa che portava al collo, si specchiò per un secondo nella vetrina. Rispose al suo sguardo l’immagine di un ragazzo mediamente alto, con corti capelli castani e profondi occhi marroni, circondati da marcate occhiaie. La sua pelle era irragionevolmente pallida, come se fosse malato, e tremava dalla testa ai piedi. 
Erech cercò di trattenere il fiatone, per evitare di ansimare troppo forte e farsi scoprire.
- Chi sono questi tizi? Che diavolo vogliono da me? - ringhiò tra sé, irato e spaventato. 
Sporse un attimo la testa fuori dal vicolo per accertarsi di essere solo; la zona sembrava libera.
Con gesti quasi automatici, si sfilò la tracolla dalla spalla e ne trasse fuori un’ampolla, al cui interno vorticava un fumo che sembrava incenso. Non voleva farlo, odiava quella sostanza, eppure per poter mantenere ancora per qualche ora la sua identità non aveva altra scelta. A malincuore, richiuse la zip e si portò la boccetta sotto il naso; ma proprio quando stava per svitarla e aspirarne il contenuto, uno scricchiolio secco gli arrivò distintamente nelle orecchie. Si girò di scatto spostandosi di lato, appena in tempo per evitare l’attacco di una bestia d’ombra che si schiantò sulla vetrina del negozio, sfaldandosi e colando per terra in una pozza nera. 
Erech si accorse troppo tardi di aver perso la presa sulla boccetta. La vide rotolare due metri più avanti e capì che se non la prendeva, in quella manciata di secondi l’effetto di quello che aveva in circolo sarebbe scomparso e avrebbe di nuovo perso la memoria. Fece un mezzo passo in avanti, ma l’istinto e i pochi ricordi che possedeva lo trattennero.
E infatti la pozza nera si raccolse velocemente su se stessa in dei grumi, iniziando a riprendere la sua precedente forma.
Erech gettò uno sguardo tormentato al di là del corpo della bestia in via di formazione.
Se non utilizzava quella boccetta, avrebbe perso di nuovo la memoria e si sarebbe ritrovato a vagare senza meta in una città che non conosceva. A quel punto, sarebbe stato una facile preda.
Se cercava di riprendere la boccetta, invece, novantacinque su cento si sarebbe scontrato con la bestia d’ombra e le possibilità di vittoria rasentavano lo zero.
Si concesse il lusso di mezzo secondo di esitazione per scegliere la strategia che lo avrebbe quantomeno lasciato in libertà più a lungo, per poi girare i tacchi e riprendere a correre, mentre l’effetto della sostanza già scompariva.
Aveva fatto sì e no una decina di passi quando rallentò. 
- Perché diavolo sto correndo? – borbottò, confuso.
Poi, un ringhio dietro di lui lo costrinse a girarsi e si trovò davanti un animale a metà tra un lupo e un orso, più nero del catrame e con terrificanti occhi gialli, saltato fuori dal vicolo dal quale era sicuro di essere appena uscito, a zanne scoperte e puntate verso di lui.  Gettò un basso ringhio e in meno di una frazione di secondo balzò verso di lui.
“Oh, merda.” Fu tutto quello che riuscì a pensare Erech, mentre partiva a tutta velocità e capiva il perché della sua precedente corsa.
- Che cazzo è quella cosa?! – urlò, mentre cercava di mettere più distanza possibile tra sé e quell’affare, che aveva scoperto essere spaventosamente veloce.
Il cuore gli martellava così forte che pensava gli avrebbe spaccato la cassa toracica, l’aria che entrava nei polmoni era fredda e ruvida e ogni respiro gli raschiava la gola, ma non pensò nemmeno per un secondo di smettere di correre.
Per qualche strana ragione, percorreva vie nelle quali non c’era anima viva e nelle quali un ragazzino riusciva facilmente a passare mentre un animale grande come un orso veniva rallentato, come se avesse un GPS interiore che lo guidava. E ne fu felice, sia perché era riuscito a distanziare, anche se di poco, il suo inseguitore sia perché nessun altra persona correva il rischio di venire travolta o ferita.
Poi, Erech pensò che anche se riusciva a seminarlo, prima o poi le forze gli sarebbero venute meno. Quella bestia, invece, non dava segni di stanchezza. Prima o poi lo avrebbe raggiunto.
Aveva bisogno di un posto sicuro.
Di un riparo che lo nascondesse agli occhi di quella cosa.
Di un luogo protetto dove poter trovare rifugio.
Continuò a ripetere questi pensieri come un mantra, sperando, pregando, che qualcuno lo sentisse.

E così, accadde. 

Come se fosse sempre stato lì, intorno alla sua mente e trovando in quei pensieri un invito ad entrare. Un qualcosa di non definito che bussò alle porte del suo subconscio, agganciandosi ad esso come una lenza di una canna da pesca che gentilmente lo tirava e lo guidava per le vie della città.
Erech si sentì tendere verso una zona ben specifica, come se avesse un filo collegato al suo cervello. E decise di seguirlo.
Non aveva niente da perdere, in fondo.
Cambiò bruscamente direzione, cominciando a percorrere il sentiero lungo il quale si srotolava quella specie di filo attaccato alla sua coscienza.
Mano a mano che si avvicinava a quella che doveva essere la fonte, Erech avvertiva il filo ingrossarsi, perdere la sua forma definita, come se fosse evanescente. Ora poteva sentirne la presenza sulla propria pelle, come se si espandesse in volute di fumo.
Improvvisamente, davanti a sé Erech percepì una grande quantità di ciò che formava il legame che lo stava guidando. Aveva trovato il gomitolo di quel filo.
Una grande massa di energia pulsante.
La sentiva chiaramente, proprio dritta davanti a sé; ma l’unica cosa che vedeva in fondo alla strada era un gigantesco cantiere in disuso. Non c’era niente, come se i lavori si fossero fermati o dovessero ancora partire. Ignorando i cartelli di avvertimento e di pericolo che gli sfrecciavano ai margini della vista mentre correva, si diresse deciso in quella direzione.
I muscoli delle gambe gli stavano scoppiando, i piedi gridavano vendetta. Tra non molto sarebbe crollato, ma più si avvicinava alla meta e più si calmava, avvertendo in quel luogo un senso di sicurezza e protezione che gli era famigliare e gli evocava ricordi di un lontano passato. 
Gli mancavano poche decine di metri quando muovere le gambe si fece più difficile, sollevare i piedi gli costava uno sforzo superiore come se fosse aumentato improvvisamente di peso, come se stesse attraversando dell’acqua.
Erech al primo impatto si spaventò, ma in quella specie di barriera non avvertiva nulla di malvagio anzi, sentiva che una volta superato quell’ostacolo avrebbe finalmente potuto buttarsi per terra senza più preoccuparsi della bestia.
La bestia. Dov’era la bestia? Da qualche secondo non sentiva più il rumore dei suoi artigli sull’asfalto.  Era praticamente all’entrata del cantiere e decise di girarsi a controllare.
Pessima scelta. 
Sbucando fuori da una via laterale che Erech non aveva visto, approfittando della sua momentanea lentezza e del fatto che aveva abbassato la guardia sentendosi al sicuro, la bestia d’ombra saltò verso di lui, facendo schioccare la mandibole a due centimetri scarsi dalla sua gamba. Erech riuscì a evitare il morso gettandosi a terra, lasciandosi scappare un urlo. 
Si rialzò più velocemente possibile e così fece anche la bestia, che era rotolata un paio di metri più avanti.
Erech poteva vedere i muscoli guizzare sotto la pelle dell’animale, pronto a saltare e a sbranarlo sul posto, eppure esitava. Vedeva i suoi occhi spostarsi da lui all’entrata del cantiere alle sue spalle, emettendo un basso ringhio e spostando una zampa avanti, senza ancora muovere un passo.
Ed Erech capì. 
La bestia non voleva che lui entrasse lì dentro. Forse, lei non poteva entrare.
Era tutta una questione di chi saltava per primo.
Sarebbe stato più veloce lui, o la belva lo avrebbe azzannato e trascinato lontano?
Erech fissò gli occhi la bestia d’ombra. Gialli. Una netta contrapposizione con il nero del corpo.
Aprì e chiuse le mani cercando di calmarsi, anche se l’adrenalina in circolo era veramente tanta.
Preda e predatore si fissarono per istanti interminabili e quasi sembrò che si fossero tramutati in statue.
Poi, all’improvviso, un vento potente e impetuoso cominciò a soffiare nella strada, proprio in faccia a Erech. Uno di quei venti che ti aspetteresti durante una bufera o un tifone, non certo durante una semplice giornata di pioggia neanche troppo forte, ma Erech non si fece domande. Approfittò della sorpresa della bestia d’ombra, si girò di spalle e li lanciò, tuffandosi nell’entrata del cantiere lasciandosi sospingere dal vento. Dietro di sé sentì un ruggito terribile, poi un dolore tremendo alla gamba sinistra. 
Sentì di essere passato. 
Era una sensazione strana, come se fosse passato attraverso una sottile cascata. D’un tratto, la pesantezza che gli gravava addosso scomparì, e l’aria gli sembrò persino diversa, mentre cadeva al suolo.
L’ultima cosa che vide prima di perdere i sensi era un accogliente e rassicurante verde che lo circondava da tutti i lati e, in lontananza, una colonna di fuoco che si alzava verso il cielo.
Infine, non ce la fece più. Chiuse gli occhi e tutto intorno a sé divenne silenzio.


                                                                                                                                                                  + + + + +


Negli immediati secondi che seguirono il suo risveglio, la prima cosa che sentì fu dolore. Un dolore acuto e intenso che si propagava in tutti i muscoli del suo corpo, come se il giorno precedente fosse stato forzato a correre una maratona senza un minimo di preparazione. Provò a sollevarsi, ma una fitta lancinante gli percorse gambe e schiena e lasciandosi cadere a terra con un rantolo decise che poteva riposarsi ancora per qualche minuto.
Deciso a non provare a muoversi se non fosse stato strettamente necessario, cercò di carpire più informazioni possibili sull’ambiente che lo circondava.
L’aria, come aveva notato quando era appena entrato, era diversa. In un certo senso più pulita, e in un altro senso carica e pregna di qualcosa che non seppe definire.
Sentiva i pantaloni bagnati di qualcosa che pioggia non era e si accorse di avere in bocca della terra, che sputacchiò fuori alla meno peggio.
Mosse le dita di una mano, e sotto di esse sentì dell’erba accarezzargli i palmi.
Cercò di aprire leggermente le palpebre, e i suoi occhi furono improvvisamente inondati da nuova luce; quando si furono abituati e riuscì a schiuderli almeno un poco sopra di sé vide folte chiome di alberi dalle quali filtravano raggi solari che illuminavano tiepidamente quella specie di radura nella quale si era ritrovato.
- Ma non era un cantiere? – si chiese tra sé e sé. 
In effetti, si ricordava distintamente che la meta della sua corsa frenetica era un cantiere in disuso e all’interno di  tale spazio era sicuro che non ci fosse niente, men che meno alberi ed erba.
Ma, tutto sommato, sembrava un posto tranquillo. Proprio quello che stava cercando.
Tirò un lungo sospiro di sollievo e lasciò scivolare per terra anche il braccio  che prima era appoggiato al petto. 
Poteva finalmente permettersi del tempo per rimettere in ordine i propri ricordi. Era sicuro che qualcosa non andava. 
Le sue memorie partivano solamente da quando era uscito di corsa dal vicolo. Poi, l’inseguimento e la fuga, ed ora quel posto. L’unica cosa che si ricordava con chiarezza era il suo nome.
Si prese la testa fra le mani, come se cercasse di spremere fuori dalla materia grigia i ricordi mancanti.
Poi all’improvviso una grande esplosione deflagrò in lontananza.
Erech saltò repentinamente in piedi, totalmente dimentico del dolore lancinante ai muscoli, i nervi a fior di pelle. Masticò un’imprecazione colorita quando appoggiò il peso sulla gamba sinistra e quella gli mandò una stilettata di dolore lungo tutto il corpo. Abbassò lo sguardo e vide la stoffa del pantalone strappata e appiccicata alla pelle, totalmente inzuppata di sangue.
Fece per abbassarsi a controllare la ferita ma ci furono altri scoppi e fiammate in lontananza. Erano molto più frequenti, di minore intensità e si stavano avvicinando a gran velocità alla radura dove lui era nascosto. 
Sentì delle urla, insulti gridati a pieni polmoni da varie voci, alcuni alberi vennero abbattuti da qualcosa a meno di un centinaio di metri da lui.
- Ma in che razza di posto sono finito?! – ringhiò, cercando di nascondersi quando si rese conto che non era in grado di camminare. 
Un fulmine si schiantò sul cespuglio nel quale stava pensando di nascondersi.
Erech fissò incredulo il mucchietto carbonizzato per qualche secondo – Ma stiamo scherzando?! – strillò istericamente, prima di girare i tacchi e zoppicare nella direzione opposta.
Un’esplosione deflagrò pochi metri davanti a lui, sbalzandolo e facendolo cadere per terra. Il primo istinto fu quello di scappare e per tal proposito cercò di tirarsi su; ma con la coda dell’occhio vide una forte luce sopraggiungere alla sua destra insieme ad un improvviso calore che gli scaldò la guancia. D’istinto si ributtò per terra supino, appena in tempo: sopra di sé, una gigantesca lingua di fuoco passò dove prima c’era la sua testa verso il punto dove prima aveva avuto luogo lo scoppio che lo aveva fatto volare via.
Con occhi sgranati e la faccia bollente, Erech vide sfilare a pochi centimetri dal suo naso quella che avrebbe potuto essere la propria morte incapace di emettere un singolo suono, come se quelle vampe gli avessero fatto evaporare le corde vocali.
Prima di svenire, il ragazzo si chiese cosa potesse aver mai fatto di male per finire in quell’inferno.
La prospettiva di un corpo a corpo con la bestia d’ombra ora non gli sembrava così terribile.


                                                                                                                                                                  + + + + + 


Qualche metro più in là, sul ramo di un albero, un ragazzo appeso a testa in giù per i piedi stava affievolendo tra le mani le ultime fiamme che aveva precedentemente sparato, estinguendole del tutto congiungendo i palmi. 
Rilassò i muscoli tirando un lungo sospiro distendendo l’espressione del volto e lasciando dondolare nel vuoto le braccia, poi si lasciò cadere atterrando agilmente in ginocchio. Si tirò in piedi, schiudendo le iridi grigio cenere.
Era abbastanza alto, con un fisico asciutto e insoliti capelli rosso scuro un po’ scompigliati. Alla base della nuca sul lato sinistro della testa, delle sottili e corte treccioline gli sfioravano la clavicola.
Avanzò nella radura scrutando gli alberi carbonizzati davanti a lui. Nessun segno di vita.
Lo sguardo gli cadde sul ragazzo svenuto poco più avanti. Si avvicinò e lo scrutò da vicino, con un’espressione leggermente confusa. 
L’anello che portava al collo mediante una catenina cominciò a brillare. Lo prese e se lo portò alle labbra. 
- Ditemi. –
“ Sei in ritardo. Perché non hai risposto prima? “
- Ho sedato una scaramuccia. Che succede? –
“ Abbiamo avvertito un senza-marchio oltrepassare la barriera. “
- Un senza-marchio? - Il rosso tornò a scrutare il ragazzino svenuto ai suoi piedi – Forse lo ho trovato io. Non mi sembra di averlo mai visto prima in giro, ma… Mi sa che lo ho arrostito un po’. Pensandoci bene, si comportava in maniera strana. –
“ Che intendi dire? “
- Si è ritrovato in mezzo tra me e quegli attaccabrighe… ma era strano. Anche un novellino sarebbe capace di formare uno scudo, lui invece correva qua e là come se fosse la prima volta per lui in una rissa… - si inginocchiò guardandolo con più attenzione – In effetti è conciato piuttosto male. È sicuramente ferito ad una gamba… e sembra sia appena uscito da un incubo. È ridotto ad uno straccio. – 
“ Portalo qui. “
- Sì, sì… - lasciò cadere la catenina e l’anello gli rimbalzò sul petto. Raccolse un po’ di aria nei polmoni – Ambra! – chiamò a gran voce
Un tuono gli rispose in lontananza – Che c’è?! – 
- Porta tu quei cretini dalla Madre! Io ho altro da fare. – gettò uno sguardò al cespuglio bruciacchiato poco più in là – E stai attenta a dove mandi quei fulmini, che prima o poi ci scappa il morto! -
Il cielo brontolò un poco, indispettito, senza rispondere. 
Il rosso dopo avergli lanciato uno sguardo tra il serio e il preoccupato si caricò il ragazzo ancora svenuto sulla schiena e si incamminò, ripercorrendo la via dalla quale era venuto.





Angolino dei Funghi
*^*^*^*^* m-ma! finalmente l'ho postato!
Buongiorno popolo di EFP, qui è animelover che parla!
Sono molto emozionata, questa è la mia prima storia originale e ci tengo un sacco. Un anno per sviluppare la trama, ma due giorni per scriverlo! E' stata davvero un'emozione incomparabile! Non per sminuire le mie altre fic, ma le originali... mah, ti danno una scarica elettrica ogni volta che pigi sulla tastiera!
I personaggi li conoscerete tutti a loro tempo. Io li "conosco" già da un anno e ormai... sono vivi! Non vedo l'ora di farvi fare la loro conoscenza! Ah, solo per puntualizzare: Erech è il co-protagonista! Per conoscere lei dovrete aspettare fino al prossimo capitolo... uh, ho detto troppo! 
A differenza delle mie altre storie, per questa ho già una scaletta ben preparata quindi, a meno di cause di forza maggiore (vedi: scuola), penso che non dovrei ritardare con gli aggiornamenti :)
In questo primo capitolo ho messo sia il prologo sia la prima parte della storia, perchè non mi piaceva l'idea di separarli.
Sono molto soddisfatta per come è venuto fuori e spero che mi lascerete un commentino, ci terrei davvero molto!
Avviso inoltre che gli aggiornamenti saranno perlopiù di Sabato ogni 2-3 settimane (o a volte anche meno, dipende sempre dalle "cause di forza maggiore").
Detto questo.... cielo, sono così emozionata! >0<
Spero che continuerete a seguirmi
baci baciotti
animelover
  
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