« Ogni tanto ancora le sento, voci che urlano e lamenti angoscianti che non trovano pace, a causa di quel dolore continuo e ripetuto, inflitto a quei corpi fragili e indifesi.
Uno di loro è il corpo che mi diede la vita.
Nel cuore della notte, quando tutto tace nel silenzio, il mio respiro affannato è l'unico rumore che spezza la quiete. Mi asciugo le lacrime e guardo la foto dei mie genitori sul comodino, ripensando a quel giorno.
Quando la mia mente ritrova la lucidità, allora afferro la cornice e fisso i loro volti sorridenti, dicendomi che devo essere forte, perché loro, anche subendo quella tortura atroce, mantennero il silenzio e non implorano pietà, per proteggere le persone a loro care.
Così sorrido e sento l'orgoglio invadermi il petto, fiero di essere loro figlio, un Paciock. »