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Autore: sereve    30/04/2014    0 recensioni
questa non è la classica storia da favola, o per lo meno così penso io. questa ff è dedicata ad un capitolo molto importante della mia vita, una prima esperienza diciamo ... la mia passione più grande: la musica
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~Passioni

Il silenzio.
Solo questo si sente adesso; domina la sala, incutendomi un po’ di timore; osservo le persone da dietro una grossa tenda bordeaux di velluto: Sono
sedute sulle poltroncine rosse, quelle che mi sarebbe sempre piaciuto godere di quella comodità. Donne e uomini vestiti eleganti, con espressioni serie sul volto ma con un luccichio divertito negli occhi; alcuni ridacchiano, mentre assistono allo spettacolo. Sul palco vedo i miei compagni avventure e sventure, che ridono, si divertono, mentre io aspetto il mio turno, trepidante. Il sipario cala e loro si dirigono sul retro per prendere un po’ d’aria o un sorso d’acqua prima di rincominciare, mentre l’arredamento presente sul soppalco viene spostato e alcuni pezzi vengono scambiati con altri: I divanetti stile ottocento vengono posizionati ai lati delle tende, una parete finta di color rosa antico, finto marmo e due finestre enormi dipinte sopra in modo perfetto, viene calata dal soffitto per ambientare la prossima scena dentro una villa.
L’orchestra si sta preparando a suonare e io mi passo nervosamente il palmo della mano sulla pancia, sopra il tessuto morbido del vestito di scena che indosso, rilassandomi leggermente. Un ciuffo sfugge alla capigliatura elaborata e piena di piume che mi hanno fatto; sbuffando, la porto dietro l’orecchio e spero vivamente che regga per il resto della serata.
Ad un certo punto sento una mano poggiarsi sulla spalla e sobbalzo leggermente ma, voltandomi, sospiro sollevata, vedendo il viso sorridente di Alex, componente dell’Agogica e compagno di solfeggio .
-dannazione, mi vuoi far prendere un colpo?- sussurro, così da non farmi sentire dal teatro intero.
-non è colpa mia se il tuo udito è pessimo, cara Serena.
Mi verrebbe da strozzarlo, ma mi devo trattenere perché l’orchestra è appena partita ed è il mio turno. Mi volto verso il mio amico, con uno sguardo tra l’agonizzante e lo spaventato; lui mi mette in mano un ventaglio e mi dà una leggera spinta verso il palco per incoraggiarmi.
 Sentendo le prime note di Volkslied, esco meccanicamente dal mio nascondiglio e mi avvio al centro della piattaforma di legno a piccoli passi, un po’ per paura di cadere, un po’ perché le gambe tremano così tanto da farmi vibrare tutta.  Mentre raggiungo il centro della scena, sento gli occhi di alcuni compagni cantanti e tutte le persone davanti a me addosso; ciò mi mette non poca agitazione, quindi apro il ventaglio che ho nella mano coperta da un guanto di pizzo nero e con un leggero movimento, lo muovo,sperando che con un po’ d’aria le guance ritornino qualche tonalità meno rossa di adesso. Il cuore batte così forte che, per un momento, ho quasi paura esca dal petto e scappi, come vorrei fare io adesso.
L’introduzione con il pianoforte finisce e so che devo iniziare io, ora; attacco a cantare e sento un calore che cresce nel petto, all’altezza del mio povero cuore impazzito; nessuno mi aveva mai sentito cantare, al di fuori della famiglia e, naturalmente, della mia insegnante di canto.
<<  Mit meinem Mantel vor der Sturm, beschutzt ich dich, … >>
Ad ogni parola, mi sento più libera, senza le preoccupazioni o le paure che mi attanagliavano poco prima; la mia voce esce con naturalezza, spensieratezza quasi, e la bocca piegata appena in un sorriso. La gente mi guarda leggermente stupita; dal loro sguardo stupito, capisco che non abbiano mai visto una ragazza così giovane con una voce così potente.
<< Und kommt mit seinem Sturme je dir Ungluck nah, … >>
Finisco la prima parte del brano di Mendelson e, prendendo un po’ di aria, chiudo gli occhi, godendomi la breve parte suonata dell’orchestra tra le strofe della canzone;il mio respiro torna regolare, giusto in tempo per rincominciare a cantare.
<< Zum Paradiese wurde sie, … >>
I miei occhi sono rivolti al pubblico, ma la mia mente sta vagando tra le note; immagino i colori del loro suono che sembrano rincorrersi tra loro, intrecciandosi, dando forma a immagini, parole e nuove sfumature.
Canto le ultime strofe con un pizzico di tristezza, perché non so cosa mi attenda; quando finirò, chi mi assicura che non mi criticheranno? Che non mi fischieranno contro o scommetteranno che la mia carriera finirà prima di iniziare? Che la mia passione non la considero solo un hobby, come per alcuni membri del gruppo, e che prima o poi mi stancherò?
Mi faccio forza e lascio che anche l’ultima parte venga suonata, mentre la mia ansia sale a dismisura.
Eccolo, il silenzio. Ciò che fa dubitare di se stessi, quello che può farti capire la gravità della situazione, le parole non dette.
Chino leggermente la testa e torturo il ventaglio ormai chiuso che tengo tra le mani, pronta a fuggire via, quando un boato di applausi mi investe; vedo le persone in piedi, quasi impazzite per la foga di battere le mani, quindi, con un leggero sorriso, faccio un inchino, mentre il sipario scende, nascondendo il palco.
Il canto è per me ciò che più conta: è la mia vita

  
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