I gave you
everything but die with a smile
All you wanted
was to live for a while
You took
everything but it left you empty
You can’t
replace me, you can’t
Altre gocce di pioggia si appiccicano al
vetro, scorrendo poi lentamente sulla sua superficie, come una dolce carezza, e
disegnando infinite trame intricate. E quest’acqua che scorre ininterrottamente
su questa finestra da quasi un’ora, unita al cielo bigio che sovrasta il
paesaggio, rende il vetro in qualche modo più freddo contro la pelle della mia
guancia. E la carezza delle gocce d’acqua si trasforma in uno schiaffo
ghiacciato. Ma non m’importa. Ormai il dolore non ha più nessun effetto su di
me. Il mio respiro tiepido appanna il vetro, rendendomi vaga la vista del viale
alberato che si può godere dalla mia camera. Neanche questo, come il freddo mi
smuove. Anzi, una parte del mio inconscio ringrazia in ginocchio quel piccolo
quadrato di vetro appannato, per sottrarmi, anche se solo per qualche istante,
alla vista di quella che è ed è stata la mia vita. Il “sarà” è meglio lasciarlo
in sospeso, almeno per il momento. Un silenzio opprimente e soffocante come un
cuscino premuto sul viso mi ronza nelle orecchie, combattendo con il ticchettio
della pioggia all’esterno. Una pioggia così simile a quella che fa allagare il
mio cuore, minacciando di farlo affogare da un momento all’altro. Sì, una
precipitazione lenta ma intensa ed insistente, capace di continuare per giorni
senza sosta, sospendendosi per un periodo di tempo indeterminato e ricominciare
improvvisa. Imprevista come un attacco d’asma, un infarto. Così sono gli sbalzi
del mio umore. Clinicamente sarebbe depressione, anche se non ne sono sicuro,
oppure più comunemente il normale mal di vivere dell’adolescenza. Non cos’è
questa bestia nera inclassificabile che ogni tanto, quando ha fame, mi prende
alla gola, impedendomi di urlare, mi ferma il cuore, facendomi agonizzare, mi
torce le budella, facendomi gemere di dolore. Mi punge la mente, facendomi…
venir voglia di morire.
La pioggia continua a scrosciare
all’esterno, sciogliendo i colori e unificando il tutto in una vasta gamma di
grigi, con luci e ombre incerte. Ma tra poco farà buio e tutto sarà coperto da
una tenda nera e pesante, che celerà anche tutto ciò che la pioggia ha lavato
via. Il sangue che sgorga dalle ferite potrà essere raccolto e diluito, ma le
cicatrici che queste ferite lasceranno non potranno essere cancellate. Sbiadite
come il segno di un pennarello. Nascoste come un brutto livido. Mai. Appoggio
la mano accanto al mio viso sul vetro e la manica scura della felpa scivola
dolcemente lungo il mio avambraccio, scoprendo la pelle pallida. Sì, cicatrici
come queste.
Innumerevoli segnano il mio braccio,
così come l’altro, tante quante i periodi bui che nella mia vita si sono
alternati a brevi sprazzi di luce. E ci sono stati parecchi blackout in tutto
questo tempo… guardo il taglio più recente: meno di un mese fa. E vedo ancora
il sangue scorrere copioso da quella piccola fessura e inondare tutto.
Macchiare tutto. Evidenziare la mia oscurità col suo rosso profondo. Una goccia
immaginaria parte da quel piccolo segno ancora arrossato, percorrendomi tutto
il braccio e facendo lo slalom tra la miriade di altri segni meno recenti, che
costellano lucidi la mia pelle. Tante piccole fessure dalle quali,
saltuariamente, gronda una cascata di sangue, alla quale si uniscono lacrime e
lacrime e lacrime.
Ma perché? Me lo chiedo anch’io: perché
la disperazione ad ogni suo assalto mi mette in mano un oggetto affilato,
illudendomi di poterla scacciare brandendolo semplicemente come una spada?
Tanto non ho risolto niente e, anche continuando questi sacrifici insensati,
non risolverò mai niente. Lo so… ma è come la cocaina per un drogato: non posso
farne a meno. Nei momenti più neri, nei quali mi sembra di cadere all’infinito
in un pozzo senza fine, quei tagli sono l’unico modo per distrarre la mia mente
da tutto ciò di brutto che sta accadendo. E allo stesso tempo tutte queste
cicatrici sono un po’ come la mia storia, scritta sulle mie braccia anziché
sulle pagine di un diario. Anzi, ho anche un diario: è lì, aperto sulla scrivania,
aperto al mio ultimo sfogo. Anche i suoi fogli, come le mie braccia, hanno pian
piano perduto il loro candore per accogliere i segni neri e rabbioso della mia
penna, talmente forti da lacerarli, quasi. Cose terribili, da porre sotto
silenzio, sotto la custodia di un lucchetto ben chiuso e da non cercare mai
più. Pensieri contorti e discordanti a seconda dell’occasione, tristi oppure
speranzosi, ma pur sempre… terribili. Voglio morire. Ora. E fai che sia veloce
ed indolore. Inneggio ed elogio al suicidio, sì! Preghiere di morte. Di nulla.
Di pace. Sì, ma a che servono? A niente. Neanche queste servono.
Cosa potrà aiutarmi? Chi o che cosa avrà
la forza di tendermi la mano e farmi rialzare da quest’angolo oscuro? Molte
persone hanno attraversato il breve tratto della mia vita, alcune percorrendo
un percorso più lungo degli altri. E tutte queste persone hanno lasciato un
segno… nella mia mente, nel mio cuore turbato. Però questi segni sono quasi
tutti neri, ricordo di un dolore ora attutito ma pur sempre presente, mentre i
rimanenti, troppo pochi, che hanno portato un minimo di calore nella mia vita,
ora sono sbiaditi e non si riconoscono quasi più in mezzo agli altri. Forse sto
esagerando: possibile che la mia vita sia un fallimento assoluto, in tutti i
campi? Che non ci sia, in questa esistenza meschina, qualcosa di buono, anche
lontanamente? Non posso sempre essere così pessimista!
Be’, sì, qualcosa di positivo c’è: i
miei amici più cari, le mie passioni… Ma non basta! Non basta tutto ciò per
rendere una vita come la mia vivibile! Molte persone, anche quelle a me più
vicine, mi hanno squarciato il cuore e continueranno a farlo, finché non lo
ridurranno a un semplice ammasso di roba rossiccia non ben definita… e lì sarà
veramente la fine. Però, davanti a tutti questi attacchi, non sono rimasto in
silenzio a guardare, a subire. Ho cercato di reagire, di difendermi con le
unghie e con i denti… ho lottato, combattuto fino allo sfinimento… ho fatto
quel che ho potuto per difendere quel poco di buono che rimaneva nella mia
vita… Ma senza alleati e quando il nemico è numeroso e potente, be’, i
risultati difficilmente volgono al meglio. Per questo ora più che mai sento il
bisogno di qualcuno che mi stia veramente accanto, più di chiunque altro.
Qualcuno che, oltre ad aiutarmi sappia infondermi quel calore e quella forza
che chiamano amore.
Già, l’amore. Che strana cosa. Se lo
pronuncio ad alta voce mi suona ancora più strano e insensato. Dopotutto è
qualcosa che non si può vedere né toccare, quindi chi mi dà la certezza matematica
che esista? No, ma esiste, lo so… Perché c’è gente che è ancora capace di
provarlo, questo sentimento. Chissà se, un giorno o l’altro, anch’io riuscirò
ad assaporare questa sensazione; già, perché ancora oggi non so esattamente
cosa sia; nella mia anima non si è ancora accesa quella scintilla che ti porta
a rischiare il tutto per tutto pur di salvare la persona che ti sta a cuore,
l’unica in grado di portare il sole nel tuo mondo anche nella giornata più
piovosa.
Ma nella mia vita quel sole, insieme a
quella persona, deve ancora arrivare e proprio per questo sono ancora qui a
fissare fuori dalla finestra un paesaggio che però non riesco a vedere, ad
aspettare qualcosa che non verrà mai. E la pioggia continua a cadere, il sangue
a scorrere. E questi due elementi si combinano in un connubio indissolubile,
quasi fossero stati creati apposta per essere miscelati. E quella che ora
striscia sulla finestra, infida come un serpente, non è più acqua, ma sangue
scuro, come quello che scorre e pulsa sotto la mia pelle, liberato da ogni
ostacolo fisico. Una pioggia insanguinata che scroscia sul mio capo, tingendomi
i vestiti di porpora e rendendo la mia misera felpa il mantello di un re rosso
carminio. Ma non sono un re né un eroe né qualsiasi altro personaggio
importante. Sono soltanto una figura come tante altre, dalle spalle ricurve e
il capo chino sotto questa pioggia colorata, che puzza di metallo e di morte. E
il mio volto bagnato dal sangue si trasforma in una maschera d’orrore, in
qualcosa di trasfigurato, rivoltato e macabro. Non cerco riparo sotto
quest’acquazzone di morte, sotto il sangue che scorre caldo e lucido sul mio
capo, le mie braccia e il mio corpo… perché non c’è riparo da tutto ciò.
E questa pioggia insanguinata continua a
scrosciare sul mio mondo.
It will all be over and here we are
We’ll die inside this salted earth together
You’ll pierce my lungs
My limbs go numb
As my colors fade out
You watch me bleed
You watch me bleed*
*”Watch me bleed” dei Scary Kids Scaring Kids