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Autore: Maika Kamiya    30/04/2014    0 recensioni
Notte senza stelle il passato è un'ombra dietro me,
ma non mi girerò per guardarla, voglio sentire questo tuo calore.
Le lacrime cadranno giù anche quando non saprò dove andare.
Non lascerò mai la tua mano.
[Olivia-Starless night]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jaejoong, Yoochun
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dicono che la speranza sia l’ultima a morire… credo, invece, che oltre l’ultima a morire sia anche la prima ad illudere.
Ci credi, ti attacchi fino alla fine, rimani giorno e notte a pregare un dio che magari non t’è mai interessato ma lo fai, lo fai perché è la tua unica possibilità e poi nulla succede.
La speranza non c’è più e maggiore è stata quest’ultima: maggiore è la perdita, il vuoto che ti pervade.
Alcuni dicono che siamo artefici del nostro stesso destino, altri che possiamo vivere di sola fede; io penso che sia tutto dovuto al caso. Va come deve andare, non sono sicuramente delle invocazioni sussurrate a bassa voce tra pianti e ricordi che porteranno al miracolo.
Abbiamo il dono delle parole, di cambiare il pensiero altrui: di rinsecchirlo o di farlo fiorire, di rapirlo e gestirlo come meglio vogliamo o di perderlo. Possiamo controllare a disfacimento quel che ci piace usando frasi carine dall’alto dei nostri troni d’arroganza. Le parole sono in grado di portare alla morte, ma non sono in grado di ridare la vita.
Chissà, fare l’inverso è sempre la cosa più difficile, o impossibile. Ecco il “contrario” molte volte bisognerebbe chiamarlo impossibile senza troppe domande e illusioni.
«Signor Kim? È sicuro di sentirsi bene? Le piacerebbe prendere qualcosa? Mi pare stanco…»
Nego con un piccolo movimento di testa, l’infermiera solleva il capo facendo sparire il sorriso di cortesia sotto un accennato consenso, se ne va lasciandomi solo.
Solo in una stanza bianca: pavimento, muri e soffitto bianchi, con tende bianche, due sedie bianche, un tavolo bianco, un armadio bianco e un letto bianco. Tutto così… bianco.
Il bianco non è un colore, in passato veniva agglomerato col piombo e questo portava molti pittori a morire dopo, magari, una vita di miseria riversa ad un’arte così colorata.
Il bianco è il niente eppure se lo guardi con intensità pare il tutto. Ti ingloba, ti mangia senza complimenti e ti fa smarrire dove non sai, ma quel senso di inquietudine ti artiglia senza più lasciarti andare. Eppure il bianco è anche il senso di pace: ti calma perché ormai sei conscio che non puoi più sfuggirli ed allora ti rassereni o meglio ti rassegni e così rimani in bilico incapace di decidere se ti angoscia o se ti tranquillizza.
Il bianco è un pagliaccio ma senza il naso rosso e la parrucca gialla. È solo con la sua faccia bianca.
C’è anche qualcos’altro di bianco: delle lenzuola che coprono un corpo: il tuo corpo.
Paiono vaporose… anche tu ti senti così leggero?
Cereo come l’ambiente che ti circonda, un tutt’uno con lui come se non esistessi…
Il tuo petto singhiozza, o forse è il mio, respiri piano: non vuoi far sentire il tuo dolore? O forse stai cercando di negarmi la tua presenza così da rendere il tutto meno vissuto?
Ciocche nere, mosse, ti incorniciano il volto ma anch’esse pur essendo un tono così forte riescono ad essere sbiadite nell’insieme della tua mancanza. Sbiadite come le tue labbra, come le tue guance, come il mio cuore.
Tutto di te non è più come una volta e io faccio così fatica a percepire il passato se mi ancoro al presente… e se mi tuffassi nel passato rischierei di farmi sfuggire l’avvenire e per me sarebbe la fine.
Rimango seduto al tuo fianco: non troppo vicino, non troppo lontano. Vorrei bearmi, per quel poco che posso di rimanere su una linea di confine. Se mi distaccassi sarebbe come perderti, se m’avvicinassi significherebbe la mia condanna.
Sono giorni, quanti non so, che rimango qui a guardarti, pronto a leggere ogni minimo movimento che possa darmi speranza ma che non avviene.
La mia vita è caduta nel caos da qualche mese, non quel caos di cose futili ma un groviglio di sentimenti: dolore, paura, rimorso, dispiacere…
In tasca continuo a tenere la tua lettera, quella dove mi designi giudice della tua vita.
L’hai fatto di nascosto, in uno di quei giorni in cui sparivi assieme alle mie sigarette, ben avendo le tue.
Perché l’hai fatto? C’era tua madre, così attaccata a te… tuo fratello: che in tutto e per tutto t’ammira.
Perché io? La mia domanda non è basata sul nostro amore, su quanto ti ami, sugli anni della nostra relazione, otto qualche giorno fa…
Mi credi forte? Mi credi così forte da poter decidere io stesso, con le mie parole, della tua vita?
Il dottore mi rimprovera: dice che dovrei parlarti, dovrei raccontarti delle mie giornate… dice, anche, che se sto zitto potrei ferirti in un modo che nemmeno la malattia ti ha lacerato.
Tu lo sai, però, che preferisco il silenzio e io so che tu preferisci il suono della mia essenza che il rumore della mia bocca.
Ora sono qui, e continuo ad esserlo, in balia di me stesso: del mio pensiero, delle mie decisioni e di quello che potrebbero portare quest’ultime.
Mi hai proprio incasinato la vita e il cuore.
Ricordo in questi mesi molto più di quello che pensavo di dover ricordare in tutta la mia vita.
Me ne pento, sai, dovevo mettere da parte ogni giorno in un cassetto così ora non sarei qui a rivisitare sempre le stesse avventure, facendomi più male di quello che dovrei.
Sono memore della mia adolescenza, di come t’ho incontrato…
Allora avevo una buffa tinta che a me piaceva molto: era bionda e questo faceva risaltare maggiormente la mia carnagione chiara.
Tu portavi un taglio corto, appena tornato dai soliti doveri che ogni cittadino deve prestare alla nazione, ti stava bene ma mai quanto i capelli lunghi che hai ora.
Due anni di differenza, io il maggiore, anche se sei sempre stato tu a prendere decisioni…
Ci siamo incontrati in periferia, amici di amici, una festa, da bere, -ho smesso sai?- e poi il tutto è scivolato come acqua, senza contrasti, senza inceppamenti ma in pura amicizia.
Hai cambiato me e te stesso in una notte d’estate; ti sei intrufolato in casa mia con una scusa ridicola, ci siamo divertiti e m’hai baciato, non che la tensione da un po’ non si facesse sentire ma proprio non me l’aspettavo!
M’hai guardato negli occhi e hai proferito semplici parole che non mi sono mai scordato: «Mettiamo fine a questo rincorrerci perché, se no, lo farò io. Non ce la faccio JJ… Tu mi piaci come un amico non dovrebbe… e sai il perché.»
Penso di non aver mai sentito una dichiarazione peggio assemblata di quella che m’hai fatto.
In risposta ho sorriso e mi sono nascosto tra le tue grandi e protettive spalle.
Quella notte è stata la più bella che abbia mai passato. Le tue mani titubanti che venivano guidate dalle mie molto più esperte, la tua bocca rosea sulla mia, sul mio collo fino a scendere al petto e sempre più in giù. Le mie gambe attorno alla tua vita e le tue parole piene d’amore soffocate dai gemiti. Mi pregavi tutte le volte successive di guardarti mentre mi prendevi… così ora non potrò mai dimenticare il vigore dei tuoi occhi che mi cercavano ovunque o il battito accelerato del tuo cuore che non voleva proprio fermarsi quando stavi al mio fianco e allora t’avvicinavo e t’abbracciavo forte mormorando sogni e passioni.
 
Ora non potrò più farlo e questo mi fa smarrire più di prima.
 
M’abituerò a non trovarti
M’abituerò a voltarmi e non ci sarai
M’abituerò a non pensarti
Quasi mai, quasi mai, quasi mai.
 
È il tempo di prendere una decisione, continuo a ripetermi, ma questa volta sarà la scelta definitiva.
La notte cala così s’annebbia di buio anche il mio futuro. Tua madre mi odierà? Tuo fratello continuerà a rivolgermi la parola? Come apparirò agli occhi dei nostri amici e dei nostri colleghi?
Mi faccio forza e mi sorprendo perché pensavo che nulla se non il dolore mi fosse rimasto… schiaccio il bottoncino affianco al tuo letto. Il tintinnio del campanello mi rimbomba nelle orecchie, mi sveglia e mi manda in panico; sono davvero pronto?
Il dottore mi raggiunge mi volto e gli sorrido amaro.
«Ho preso la mia decisione. Do il mio consenso.»
Mi guarda rammaricato, mi domanda se sono sicuro, se ho bisogno d’altro tempo… Troppi “se” in una vita così carente di tempo.
 
Alla fine
non è mai la fine
ma qualche fine dura un po’ di più.
Da qui in poi
si può solo andare
ognuno come può.
Portando nel bagaglio quel che c’era
e le macerie dopo la bufera,
ricordi belli come un dispiacere… ora.
 
 
Annuisco. Sono pronto: sì, lo sono.
Raggiungo le tue mani fredde.
Un’ultima volta.
Abbasso il viso contro il tuo petto per sentire il tuo cuore.
Un’ultima volta.
Prego in un tuo movimento, in una parola, in un batter di ciglia… che non avviene.
Un’ultima volta.
Giungo alle tue labbra, ormai non è più il tempo d’esitare: ti bacio.
Un’ultima volta.
Non sono pronto ad aspettarti. Non sono pronto a sopravvivere al tuo fianco rischiando di perdere me stesso. Ho bisogno di vivere: di fare un passo ed un altro ancora senza fermarmi.
Lascio la stanza, lascio il tuo corpo ma questo non vuol dire che abbondoni il nostro amore.
Esiste un tempo per fermarsi e riposare…
Questo è il tempo dove devo proseguire e mai più voltarmi indietro.
 
M’abituerò a non trovarti
M’abituerò a voltarmi e non ci sarai
M’abituerò a non pensarti
Quasi mai, quasi mai, quasi mai.


 
•M'abituerò- Ligabue (la canzone è didicata a una rottura io l'ho intesa come un'addio)
•Il titolo Starless night così come il piccolo intro apparetengono a una song di Nana del medesimo titolo.
•Non ho voluto precisare il come Yoochun è finito dov'è :D
  
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