Quei Quattro giorni
Salve!".
Margaret guarda Bo che si sveglia ed apre gli occhi, si guarda intorno e si sofferma su quella faccia di ragazza con la divisa bianca e gli occhiali, non è bella anzi onestamente la trova un po' buffa, ma sembra simpatica e sicura di sé.
"Salve" riesce a sussurrare.
"Io mi chiamo Margaret sono la sua infermiera...non infermiera,...bè per l'esattezza sarò infermiera tra poco devo ancora diplomarmi...ma è questione di giorni, tra poco discuterò la tesi e finirà il tirocinio."
Bo guarda la ragazza che parla con la foga di un fiume in piena, accenna un sorriso, lei arrossisce "parlo troppo e troppo veloce.."
Bo sorride. Non capisce esattamente cosa gli sta accadendo, si guarda intorno, cerca qualcosa, forse qualcuno "Quanto tempo è che sono qui?" chiede.
"Quattro giorni" risponde Margaret con la precisione che l'aveva sempre contraddistinta.
Prova ad alzarsi ed un dolore lancinante lo butta di nuovo sul letto.
"Non deve sforzarsi signor Duke"
"Bo"
riesce appena a bisbigliare. E si riaddormenta. Ed un altro giorno si chiude.
Gli
occhi si schiudono ed il bagliore della luce del sole quasi li ferisce.
“Mi
scusi, Le dà fastidio, tiro subito le tende. Visto che è una splendida giornata
ho pensato di far entrare un po’ di sole”. Margaret si avvicina di corsa verso
la finestra.
“No,
lasci…”
Margaret
capisce che la sua intuizione è giusta e che quella stanza ha bisogno di un po’
di calore. Con l’imbarazzo insito del suo carattere la ragazza si avvicina al
suo primo paziente, accenna un sorriso ed arrossisce di colpo quando si accorge
che gli splendidi occhi di Bo sono puntati sul suo viso dritti nei suoi.
“Ha
bisogno di qualcosa?”
Si
pente subito della domanda Margaret e bacchetta sé stessa con il pensiero
“stupida idiota, certo che ha bisogno di qualcosa, dei familiari, per esempio,
di alzarsi in piedi…”
“No,
grazie, va tutto bene, davvero” giunge provvidenziale la risposta di Bo ad
interrompere la feroce autocritica
silenziosa di Margaret.
Sarà
la voce o il sorriso accennato da Bo, ma
la ragazza ora si sente più a suo agio, ricambia il sorriso mettendo in ordine
il mobiletto al fianco del letto.
“Quanto
le manca?”
Sussurra
Bo, indicando con lo sguardo un libro dalle dimensioni di un mattone, appoggiato
sulla sedia.
“Oh,
poco….fra pochi giorni discuterò la tesi e, se tutto va bene, presto sarò
infermiera, sa è il mio sogno da quando ero bambina, il suo qual’era?” Ormai è
tranquilla Margaret e la curiosità di conoscere quel ragazzo vince sulla sua proverbiale
timidezza.
Fa un
profondo respiro Bo, sorride e guarda quella ragazza ora meno impacciata.
“Correre
e vincere il circuito Nascar”.
“Ed è
un sogno realizzato?”
“Si,
lo abbiamo realizzato”
Non è
difficile per Margaret accorgersi che
quelle quattro parole portano Bo indietro nel tempo, il lieve sorriso
orgoglioso sulle sue labbra stona con lo sguardo perso, smarrito in chissà
quanti ricordi lontani.
“Mio
padre non vede l’ora che finisca gli studi e diventi un’infermiera, sa, sperava
in cuor suo che facessi una scelta diversa, più simile a quella che ha fatto
mia sorella.” Senza aspettare la domanda va avanti con la foga di una valanga
di neve “Lei è più piccola di me ma è già sposata ed ha tre bambini, io invece…”
Sorride
di nuovo Bo, non riesce a muovere neanche un muscolo senza sentire un dolore
lancinante, ma quella ragazza lo incuriosisce e parlare con lei distoglie
l’attenzione da tutto il resto.
“Lei
ha fratelli?”
Margaret
ha sentito tanto parlare dei Duke, anche se quello che vede stride molto con
quelle che lei pensa essere soltanto delle dicerie.
“Due
cugini…ma è come fossimo fratelli”
“Ah, è
vero, ora ricordo, sua cugina, com’è che si chiama? Daisy, si Daisy, l’ho
incontrata in infermeria quando lei è arrivato qui, ero lì di turno ed il Dott.
Turner le ha medicato un graffio sul braccio. Accidenti….la bellezza è proprio
un dono di famiglia”.
In una
frazione di secondo Margaret perde il fiato, il volto si accende di un rossore
quasi esagerato non appena si accorge di quello che ha detto. Non è abituata a
tanta intraprendenza ma proprio non è riuscita a tenere la lingua a freno. Si
vergogna talmente che volta lo sguardo alla finestra pur di non guardare in
faccia il suo interlocutore.
Anche
se per lui è sempre piacevole, Bo è abituato a ricevere apprezzamenti dalle
ragazze ma in questa situazione si sorprende quasi stupito e forse anche un po’
lusingato.
“Lei
dice?”. Sembra infierire sulla timidezza della ragazza ma in realtà cerca
sorprendentemente una conferma quasi ad accertarsi che i tagli sulla fronte e
sul labbro dei quali sente il bruciore, non abbiano modificato più di tanto il suo aspetto.
Margaret
si sente quasi infastidita da quella domanda. Sa di non essere bella e sa che
ai bei ragazzi non interessa ricevere complimenti da quelle come lei, potrebbe
raccontare migliaia di aneddoti in proposito. Si volta verso Bo, lo guarda, si
accorge che lui non la sta guardando sta fissando un punto indefinito del
soffitto. Lei fa un respiro profondo.
“Dico,
dico, e non lo dico solo io qui intorno”
Non sa
il perché di quelle parole, peraltro vere, scelte quasi per rassicurare.
“Mi ha
detto di avere due cugini?”
“Si,
una è Daisy, appunto, l’altro è Luke”
“Già
Bo e Luke Duke, come ho fatto….i campioni Nascar, sono stupida davvero!!!”
“Già
Bo e Luke Duke….” Sottolinea quasi ironizzando Bo.
“E che
tipo è Luke?”
E’
dolcemente curiosa Margaret, ma si accorge anche che Bo ne parla con piacere,
quindi insiste. “Vi assomigliate?”
“Bè
non è biondo, è moro….passabile….” sorride Bo,
“è razionale, affidabile, geniale,
un pilastro per la famiglia….il mio esatto opposto….”
Margaret
si accorge, come chiunque avrebbe fatto al posto suo, di quanto nasconda quella
descrizione del cugino maggiore, una profonda autocritica, il profondo bisogno
di appoggiarsi a qualcuno che in quel momento, ma solo in quel momento, per
qualche motivo, non c’è.
“Pensi
a riposare ora”. Non riesce a dire null’altro Margaret, vorrebbe riempire quel
vuoto, ma capisce bene che non potrebbe mai riuscirci. Bo segue il consiglio,
appoggia la testa di fianco, socchiude gli occhi, aspetta che sonno e tranquillanti abbiano la meglio, e così è.
La
lampada sopra il letto è più che sufficiente per leggere, studiare e mantenere
alta l’attenzione, l’ansia per l’esame fa il resto. Forse per un brutto sogno,
forse il dolore, Bo ha un sussulto e si sveglia di scatto, fa per alzarsi ma un
forte dolore all’addome lo blocca. Margaret getta il libro ancora aperto sulla
sedia, si avvicina, aiuta Bo a distendersi nuovamente. Istintivamente gli passa
una mano tra i biondi capelli, si accorge che suda freddo, cerca di calmarlo.
“Stia
tranquillo, stia tranquillo, è tutto a posto, va tutto bene.”
Bo non
apre neanche gli occhi, respira a fatica si agita. Margaret prende un panno lo
inumidisce glielo passa sulla fronte. Bo sembra trarne sollievo, si calma un
po’, socchiude gli occhi, li richiude. Quasi per istinto Margaret gli prende la
mano e continua a rinfrescargli la fronte per tutta la notte fino a che l’alba
non arriva ad illuminare la stanza e Bo che riesce ad addormentarsi fino alle
prime ore del pomeriggio.
“Come
si sente?”
“Abbastanza
bene” sussurra Bo, si guarda intorno, c’è solo l’immancabile Margaret.
“Guardi
qui! Che mi dice?”
Bo si
volta, sul mobile attaccato alla parete un vaso pieno di fiori di campo di
mille colori riflettono i raggi del sole.
“….se
le danno fastidio li porto via…” Margaret interrompe il silenzio quasi
imbarazzante di Bo.
“sono
bellissimi, veramente molto belli”
sussurra invece Bo.
Margaret
è radiosa, e parla e parla di tutto, della sua vita in città, dei suoi
genitori, del suo sogno di diventare infermiera, e Bo la ascolta,
interrompendo con qualche domanda, con
molti sorrisi e poche risposte. L’allegria della ragazza fa correre il tempo e
riempie la stanza di colori proprio come quel mazzo di fiori.
Un
tuono improvviso di notte, Bo apre gli occhi si guarda intorno, la sua stanza è
vuota, ha un dolore insopportabile allo stomaco, fa freddo. Passa del tempo, Bo
non riesce a quantificarlo, a lui sembra passata un’eternità quando la porta si
apre all’improvviso. E’ Margaret.