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Autore: marguerite_murcielago    01/05/2014    1 recensioni
[Scilla/Myrica]
Parli e la tua voce si perde, monotona. Tua sorella è più lontana delle stelle. Pensi di poterla tenere tra le mani, ma non hai il coraggio di avvicinarti: Scilla è sconvolta, il suo corpo bianco è gonfio di potere e rabbia.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Astride'
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Per Ersilia, I'm addicted to you 

 

 

— Scilla, non...
— Non significa nulla. Non è stato nulla.
— Perché piangi per uno di loro?
Parli e la tua voce si perde, monotona. Tua sorella è più lontana delle stelle. Pensi di poterla tenere tra le mani, ma non hai il coraggio di avvicinarti: Scilla è sconvolta, il suo corpo bianco è gonfio di potere e rabbia. Stai in disparte, affidando messaggi alle acque, domandandoti perché si senta così; rubi agli animali in fuga il ricordo del suo viso — gli occhi neri, duri come pietre, la bocca immobile, quasi avesse dimenticato di possederla. Non c'è traccia di dolore.
— Myrica, fermala! — ti gridano le altre. Quando provi a toccarla — lo fai per lei, perché non le accada nulla — il suo potere ti respinge: per un attimo serri le dita attorno al suo braccio snello, poi ti ritrovi lontana.
Sei molto più vecchia di Scilla e non hai mai avuto rimpianti. Ora guardi tua sorella e ti chiedi perché soffri per lei. Cominci a morire piano, in uno stillicidio di lacrime.

 

Ci vogliono anni perché Scilla torni in sé; tu e le altre sorelle — quelle che vi rimangono — la guardate da distante, con cautela, come se fosse una tempesta. Lei sposta bracci di fiume, si allontana ogni giorno di più.
Fai sogni strani.
Cammini in mezzo al grano maturo, c'è del sangue per terra e tu lo calpesti. Stai seguendo Scilla — e lo sai — ma trovi un corpo spezzato, due begli occhi scuri ti guardano senza vederti: è l'uomo di cui tua sorella è innamorata. É il cadavere di Papavero.
— Papavero — sussurri, poi ti svegli.
Resti con gli occhi aperti nella notte, ascoltando le grida di Scilla, che sono più bestiali che mai in quel silenzio. Rubi la vita agli uomini, ma un attimo dopo le spalle ti si incurvano come quelle di un vecchio, i loro corpi ti cadono dalle mani. Non hai più forza. Non sono pronta. Stai morendo, ma non sei preparata; vecchia come sei, potresti insegnare a Scilla tutto ciò che le serve sapere, invece il tuo corpo si sta sfaldando. Se lei non tornerà da te in fretta, avrà solo memorie di fantasmi.

 

Scilla ti chiede di Papavero, del sangue di Papavero.
Qualcuno ti chiederebbe — ma chi? Sei terribilmente sola — perché le rispondi, perché l'aiuti.
Non sei gelosa? Sì.
Non stai male? Sì.
Perché ti comporti come se la sua indelicatezza non ti ferisse? Perché non mi ferisce.
La osservi. L'hai odiata solo quando te la sei trovata davanti con lo scalpo di un'altra ninfa infilzato con le unghie — era la prova che lei aveva protetto Papavero. Non ricordi che ti abbia fatto altro di male, nulla che non fosse scusabile per la sua natura di ninfa giovane e irascibile. Scilla è bella, ti allunghi per sfiorarle le labbra carminio e ti ritrovi tra le sue braccia, sorretta da lei. — Myrica, che ti succede?
Scilla vivrà. La curva è la linea degli Dei.

 

Anche il calore che Scilla riesce a donarti, salvifica — la sua pelle brucia come il sole sotto le tue labbra — svanisce poco a poco. Presto non basterà a farti reggere in piedi. Presto, non ora. Ora c'è solo la sua bocca rossa, i denti affilati che mostra spesso, nel suo sorriso da Signora del Fiume; c'è il suo corpo snello, nervoso, che percorri con le dita. La sua pelle è bianchissima: rompete a metà un pezzo di marmo, guardatelo a mezzogiorno e potrete immaginare la pelle di Scilla. Forse.
— Scilla, penso che dovresti pensare agli uomini. Unisciti a loro. Non stare da sola.
Lei si rizza sulle braccia e ti guarda, lo sguardo dei suoi occhi neri ti fa paura.
— No — dice.
Tu non sei fatta per guardare, quanto per percepire, e Scilla è una sorgente di potere vorace e asciutto: togliete tutti i petali a una rosa e quel che resta è l'essenza di mia sorella.
— Pensaci — continui. Stai gocciolando via, poco per volta. No, vi prego. Non sono pronta.

 

Non saprai mai se voi ninfe avete un cuore. Forse sì, dato che quando ti senti chiamare... e ti volti... e incontri il nuovo mostruoso viso della tua sorella preferita, del tuo unico — lo pensi così piano che quasi non ti senti — amore, senti qualcosa che si rompe e ti provoca un dolore tremendo. Ammutolita, ti porti una mano al petto e massaggi. Gli occhi di Scilla ti scivolano addosso.
— Scilla... i tuoi occhi... — dici e senti il dolore filtrare attraverso le crepe della tua voce.
— Andati — ti risponde lei, scrollando le spalle. Non riesci ad accettare la ninfa che hai di fronte: uno scarabocchio di fango, sabbia e alghe; i suoi lineamenti finissimi ci sono ancora, ma è tutta trasformata, rovinata, mutilata.
— Come hai potuto?
— Non — scrolla di nuovo le spalle — non è niente. Posso sopportarlo.

Ma io no, vorresti dire, non posso sopportare di vederti ridotta così. E poi ti cade addosso la verità: tu non vivrai abbastanza per soffrire nel vedere che tua sorella non ha più il bel corpo di prima. Non vivrai abbastanza per abituarti. Non vivrai abbastanza. Punto.
Scilla ti abbraccia, ti sporca di fango; non senti più il suo calore, provi una paura improvvisa che nel freddo di te stessa, all'interno delle tue ossa si stia già preparando la tragedia. — Tutte... dobbiamo... morire... — raspi, sulle labbra hai il sapore del tuo stesso sangue.
— No — replica Scilla, con durezza. Scompare.

 

Nascondilo a fondo, ma non così a fondo da nasconderlo anche a te stessa.
Tu hai sperato che Scilla fosse per te la stella, la lucciola, il sole — contrai le mani abbandonate sui fianchi — invece ti svegli sognando Papavero: sogni il suo cadavere con lo stomaco aperto e pieno di sangue, Scilla che rompe le braccia a suo fratello con i denti sporchi di nero e di rosso, li sogni insieme — tutti e due con la pelle chiara, tutti e due belli. Si danno baci umidi e leggeri. Tu tremi, piangi, ti svegli.
Sei una ninfa vecchia, non credevi che potessi morire.
Non credevi di poter morire per dolore, per amore del dolore del tuo amore — altrimenti perché piangi per Papavero che è l'amore morto di Scilla che è il tuo amore — invece... distendi le dita e ti sembra che ti piantino aghi e saette nelle giunture.
Singhiozzi senza speranza, trascinandoti sul greto del fiume con le mani. Tua sorella non è più tornata: hai letto nel suo sguardo lo schifo per la tua agonia. Adesso che ha scambiato la sua bellezza con l'immortalità, ha un timore superstizioso per voi che state morendo.
D'un tratto, un'immagine orribile ti passa davanti agli occhi: ti vedi mentri ti alzi e i tuoi capelli — la chioma blu di cui vai tanto fiera — che si staccano con un straaap e ti lasciano il cranio nudo e sanguinolento. Lì decidi che non puoi andare avanti, che se c'è ancora un alito di potere dentro di te vuoi usarlo.
Se proprio devi morire, pensi, vuoi farlo come desideri.

 

— No, Myrica — dice Scilla, dopo un lungo silenzio — non verrò con te.
Ti stringe la mano, l'ultima cosa che sia rimasta di te. Senti la forza delle sue dita. Tu sei solo acqua.
Voltandoti un'ultima volta, ti sembrerà di vederla stranita... ma chi?
Bruci nel mare.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Myrica e Scilla, abbastanza femslash, vietata la copia. L'opera è di Egon Schiele e si intitola: "Two female nudes: one reclining, one kneeling, aka The friends". Sembrano proprio loro due, solo con i capelli corti c:

   
 
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