De umana insania
di C. Lee
“La sottosezione della squadra
omicidi di Scotland Yard ha arrestato in data pre odierna il pluri omicida
Uchiha Itachi, reo di aver assassinato la sua famiglia e una decina di donne che
apparentemente non avevano alcun legame
con
quest’ultima.
Domani le porte del tribunale si
apriranno all’imputato:
sarà giudicato eccezionalmente
dalla Corte Suprema Britannica.
[…] ”
Londra, The Sun, 3 di Dicembre,
1958.
Sakura rilesse per tre volte
consecutivamente quel piccolo pezzo di articolo, i fogli del giornale tremavano
sotto la presa ferrea delle sue mani.
Accanto a lei Ino torturava uno dei
suoi guanti bianchi, guardandosi attorno freneticamente, come se aspettasse
qualcuno. Effettivamente tutte le persone, comprese loro due, che si trovavano
in quell’aula di tribunale, aspettavano qualcosa che sicuramente non sarebbe
stato piacevole.
Era incredibile come le persone
provassero curiosità per i fatti più macabri e devastanti che la natura umana
potesse concepire; non provavano curiosità ed emozioni per le cose belle che la
vita poteva offrire, non cercavano di appagare le loro menti perverse con un
romantico tramonto, una tranquilla alba, il dolce spuntare dei fiori, la
solitudine di una collina sperduta in una campagna selvaggia. Appagavano la loro
eccitazione animale (perché in fondo cosa era l’uomo, se non un animale forse
più intelligente degli altri?) provando brividi davanti ad avvenimenti
catastrofici, sciagure che non si augurerebbero nemmeno al peggior nemico, al
sangue, alla violenza.
Tutte cose che un uomo normale non
farebbe, ma dalle quali inevitabilmente si sentirebbe
attratto.
Come un giocattolo troppo costoso
che non si può avere.
L’uomo era infinitamente
capriccioso ed egoista.
Sakura ripiegò frettolosamente il
giornale, lasciandolo sulla panca di legno scuro accanto a
lei.
Il tribunale era quasi pieno, le
panche della prima fila erano occupate da giornalisti che bisbigliavano tra
loro, facendo congetture su quello che sarebbe capitato, pensando a titoli
esplosivi da mettere il giorno seguente sulle prime pagine dei giornali; il
resto dell’aula era piena di curiosi, persone che non c’entravano un bel niente
con tutto quello, che non avevano mai conosciuto la famiglia Uchiha (famiglia
sciagurata) e non sapevano niente su di loro. Spettegolavano basandosi su fatti
superficiali riportati dai quotidiani, su false congetture e sulla fantasia
troppo audace di qualche bocca larga.
Lei era lì per vedere la giustizia,
voleva vedere con i suoi occhi il responsabile di quelle tragedie, voleva vedere
chi le aveva segnato la vita per sempre, chi aveva segnato indelebilmente la
persone che più amava al mondo, chi le aveva portato via un pezzo di
cuore.
Ino le battè leggermente sul
braccio, richiamando la sua attenzione su un uomo alto, robusto, dalla leggera
barbetta incolta sul mento e sulle guance, una sigaretta fumata a metà che
penzolava dalla bocca al ritmo delle sue parole.
“La parte dell’aula riservata a voi
spettatori sarà ricoperta dal buio. Questo perché il soggetto di questa udienza
è mentalmente instabile, e la folla potrebbe influenzarlo in modo tale da far
risultare questa seduta un’autentica perdita di tempo. Quindi vi preghiamo di
fare silenzio e di non spaventarvi quando le luci verranno
spente.”
Sakura ascoltò quelle parole,
deglutendo il groppo che aveva in gola.
Soggetto mentalmente
instabile?
No, quella era pazzia. Pazzia
omicida pura.
Ino la scosse nuovamente, indicando
un punto preciso dell’aula; di lato alle postazioni della Corte Suprema, due
file di panche coprivano la parete di sinistra, le quali vennero occupate da
alcuni membri della squadra omicidi.
Gli occhi di Sakura si
spalancarono, mentre la bocca si dischiudeva leggermente per l’apprensione:
Naruto entrò zoppicante nell’aula, sorretto da Kiba che lo aiutava a mettere i
piedi nel posto giusto; il suo braccio destro era fasciato e sostenuto da una
benda che gli faceva il giro del collo, il volto pieno di graffi e piccoli
cerotti. I suoi occhi azzurri incontrarono per pochi secondi quelli smeraldini
di Sakura, e lei fu quasi certa che questi le
sorridessero.
Che cavolo ridi, stupido? Ti ha
quasi ammazzato e tu ridi!
Improvvisamente, come annunciato,
le luci dell’aula si spensero, lasciando alla luce delle lampade la postazione
dell’imputato.
Quando
“Ti prego, non
farlo!”
“Lo devo fare. E non preoccuparti
per me, starò benone.”
“Non che non starai bene! Ti
ucciderà, come ha fatto con gli altri,
se mi ami, non farlo,
Naruto!”
“Sakura-chan, tu mi sottovaluti
troppo!”
Sakura non aveva visto un posto più
tetro di quello.
Era sorpresa di come l’aula
rumorosa e illuminata dove era seduta fosse diventata buia e
silenziosa.
Non una parola, nè un colpo di
tosse. Niente sospiri, niente battiti di mani.
Solo
silenzio.
In lontananza una porta si apriva,
e dei passi rimbombarono dappertutto, sembrava che coloro che camminassero
fossero ovunque: accanto a lei, dietro, davanti, sopra.
Un rumore che
t’intrappolava.
Davanti a lei, il famoso balconcino
di legno dell’imputato venne occupato da una figura alta, più magra dell’ultima
volta che l’aveva vista, i capelli lunghi raccolti in un basso codino, le mani
legate in avanti, le spalle ricurve.
Una sensazione di rabbia e vendetta
le attraversò le ossa, costringendo le sue mani a stringere convulsamente la
borsetta di stoffa che teneva sulle gambe.
“Itachi Uchiha” parlò una voce
maschile dall’alto della Corte Suprema. “Lei è accusato della morte di undici
donne e due uomini durante il periodo di tempo che va dal 13 Aprile 1958 al 7
Novembre del medesimo anno. Come si dichiara davanti a tali
accuse?”
L’uomo che corrispondeva al nome
Uchiha si mosse impercettibilmente nella sua posizione. Poi una sola parola,
detta con tono rauco e tranquillo, vibrò dalle sue corde vocali, corde che
Sakura avrebbe voluto strappare con le proprie mani.
“Innocente.”
“Lei è a conoscenza delle prove
esistenti sulla sua colpevolezza, vero?”
“Sì,
signore.”
“Sono prove che lei ritiene vere
perché corrispondenti al fatto che lei abbia ucciso, o presume che siano false,
costruite per metterla nei guai?”
“La prima opzione,
signore.”
Sakura sentì poco distante da lei
due uomini che confabulavano indignati.
“Per tanto, se anche lei dichiara
che tali prove siano vere, qual è il motivo che la spinge a giudicarsi
innocente?”
Sembrò che Itachi non volesse
rispondere a quella domanda. Il suo sguardo era fisso verso le sue mani, unite
da un paio di manette di ferro; tutto il suo corpo sembrava stanco e provato, i
suoi respiri erano impercettibili. Sembrava un morto che stava in
piedi.
“Signor Uchiha, le è stata rivolta
una domanda, è pregato di rispondere.”
Itachi fece un mezzo sorriso e per
la prima volta da quando era entrato in quell’aula di tribunale, alzò i suoi
occhi rossi verso
“Mi permette di farle una domanda,
signor Morino?”
Ibiki Morino lo guardò alzando le
sopracciglia scettico, scambiandosi un’occhiata perplessa con i suoi
colleghi.
“E sia..”
“Lei ha paura della
Morte?”
“Come ogni essere umano, credo.”
Rispose l’uomo un po’ titubante.
Aveva interrogato personalmente il
ragazzo, il giorno precedente, ed era rimasto sconvolto dalla sua intelligenza.
Si era chiesto come una persona ben disposta al ragionamento come lo era Itachi
Uchiha, si fosse rovinata la vita macchiandosi di delitti
imperdonabili.
Itachi sorrise compiaciuto,
prendendo un bel respiro e guardando negli occhi il membro della
Corte.
“Temere la morte,
infatti, non è altro, cittadini, che credere di essere sapiente senza esserlo: è
credere di sapere ciò che non si sa, perché nessuno sa se la morte non sia il
maggiore di tutti i beni per l’uomo, ma tutti la temono come se sapessero con
certezza che è il maggiore di tutti i mali. E non è ignoranza questa, anzi la
più biasimevole, credere di sapere ciò che non si sa? In questo forse,
cittadini, sono differente dalla maggior parte degli uomini.”
*
“Che sta dicendo?”
Chiese una voce di donna dietro le spalle di Sakura.
“Signor Morino, come
può dire lei che la morte è un male. Nessuno è mai tornato indietro per
raccontarci cosa succede, cosa capita dopo
So invece che
commettere ingiustizia e disobbedire a chi è migliore di noi, dio o uomo, è cosa
brutta e cattiva. Perciò davanti ai mali che so essere mali non temerò e non
fuggirò mai quelli che non so se siano anche beni.” **
Il tono di Itachi era
persuasivo, il suo timbro di voce aveva la capacità di ipnotizzare le persone,
tutti pendevano dalle sue labbra.
Sakura rimase a bocca
aperta, mentre Ino accanto a lei le stringeva la mano per
calmarla.
L’aula era stata
invasa da un brusio indistinto che le tappava le orecchie, non riusciva più a
ragionare lucidamente.
Vedeva gli occhi di
Ibiki Morino spalancarsi per lo stupore.
Ci sta cascando,
pensò Sakura con
terrore.
All’improvviso una
mano si elevò dalla Corte Suprema, intimando il silenzio. Una donna
apparentemente giovane dai lunghi capelli biondi tossì un paio di volte,
riportando l’attenzione dei presenti su di sé.
“Sicuramente quello
che sta dicendo è corretto, signor Uchiha. Quindi sarà felice di allietare
questa udienza raccontandomi come si sono svolti gli
omicidi.”
“Perché mai dovrei,
signora?”
“Perché sono una
donna. La curiosità sta nel mio DNA.”
Accanto a Sakura, Ino
si mosse in modo irrequieto sulla panca, avvicinando la bocca all’orecchio
della’amica: “Sta civettando con lui?”
Sakura non si diede
pena di risponderle.
Itachi osservò la
donna, guardandola con rispetto quasi.
“Mi sembra una donna
intelligente. Le racconterò quello che vuole sapere, se così le
aggrada.”
Tunade sorrise,
scrutando poi i fogli che teneva davanti a lei.
“So cosa ha fatto, ai
suoi genitori e a quelle povere ragazze. Tutti uccisi con un colpo di pistola in
punti vitali. La domanda che mi preme però è: perché?”
“Loro non
capivano.”
“Cosa
esattamente?”
“Tutte le loro vite.
I miei genitori erano dei poveri stupidi, i loro interessi giravano tutti
intorno al futuro mio e a quello del mio sciocco fratello. Non avevano credenze,
non avevano niente. Ricchi fuori e aridi come della terra al sole dentro.
Patetici.”
“E quelle
donne?”
“Lo stesso. Volevano
essere appagate a livello fisico, volevano essere appagate col mio corpo. E io
davo loro ciò che volevano. Ma dopo cosa restava loro, dopo il piacere assoluto,
il raggiungimento del loro scopo? Niente. Aride anche loro. Donne prive di un
barlume d’intelligenza o morale.”
La voce dell’uomo era
impastata, stanca e arida, ma il suo timbro vocale più alto del normale
nascondeva quella nota stridula comune della pazzia. I suoi occhi spalancati che
fissavano
L’aula si riempì di
nuovo di un brusio fastidioso e Sakura avrebbe tanto voluto che tutti stessero
zitti, perché non capivano, non capivano niente.
Itachi stava
vincendo, incredibilmente stava vincendo quello scontro. Stava abbindolando
tutti con i suoi discorsi, con le sue frasi d’autore. Era furbo e intelligente,
maledettamente.
Era o un grande genio
o un grande pazzo.
Dove stava la
differenza?
Da nessuna
parte.
“Ci parli di suo
fratello. È l’unico che ha ricevuto un trattamento diverso: per quale
motivo?”
“Era un povero
sciocco. Ucciderlo è stato come drogarsi, un piacere assoluto che ti sconvolge
la mente..”
Sasuke era
perspicace.
Davvero, non si
ricordava di avere un fratello così sveglio, per quanto stupido potesse
essere.
Erano passati mesi
dall’omicidio dei loro genitori, e solo allora aveva cominciato a sospettare di
lui.
E pensare che
Sas’ke-kun usava confidargli tutti i lavori della
polizia.
“Naruto mi ha detto
che non hanno trovato niente sull’assassino. Speriamo che qualcosa spunti fuori
o io impazzisco. Deve pagare per quello che ci ha
fatto.”
Certo,
pagare..
Povero fratellino,
non pensava che l’assassino, colui che gli aveva rovinato la famiglia, gli
stesse proprio accanto. Che colpo quando aveva trovato la sua pistola ancora
carica dall’ultima donna ammazzata, dentro al cassetto del
comodino.
Povero piccolo
ingenuo Sas’ke-kun.
Itachi stava
percorrendo le rive del fiume, in tasca teneva un
pugnale.
Suo fratello non
doveva essere scappato molto lontano, sicuramente era un ottimo corridore, ma la
paura gli stava prendendo il cervello, non sarebbe andato molto
lontano.
“Sasuuuuukeee..”
Lo aveva chiamato in
modo gentile anche.
Se non avesse fatto
storie, probabilmente avrebbe fatto un lavoro veloce senza dolore; se ne sarebbe
andato in pace senza nemmeno accorgersene.
Sì, Itachi sì che era
un fratello premuroso.
Un’ombra era
rannicchiata dietro un albero.
Eccolo.
“Sas’ke.. non dirmi
che hai paura..”
“Perché l’hai fatto?
Perché sei diventato così? Cosa c’entravano loro?”
“Cosa c’entrano loro?
Cosa c’entra tutto il mondo, vuoi dire? Siete tutti uguali, accecati dalle
vostre manie di grandezza. Non avete mai capito niente della vita. Siete
soltanto degli egoisti che giocano a vivere senza farlo
davvero.”
“Tu invece sei
diverso, non è vero?”
Sasuke adesso si
trovava davanti a lui, ormai consapevole forse del proprio destino, pronto ad
accettarlo.
Però doveva, voleva
sapere, prima di passare a miglior vita, le ragioni che potevano spingere una
mente umana a fare tutto quello.
“Io sono ciò che voi
mi avete fatto diventare.”
“E quello che sei non
ti piace, vero?”
“Già. È per questo
che state pagando. Ma forse vi sto facendo un favore: chissà che non siate più
allegri, nell’aldilà.”
Con una velocità
impressionante, Itachi aveva preso il coltello, infilzandola nella carne calda
del fianco di Sasuke, che non aveva potuto far altro che cercare di deviare il
colpo.
Il suo sangue, caldo, ferroso, vivo, ricopriva la lama
del pugnale, i suoi abiti, il suolo davanti ai suoi
piedi.
Faceva così
male..
“Vuoi proprio vivere
eh? Vuol dire che ti farò molto male allora..”
Sasuke poteva vedere
il lampo sadico negli occhi di suo fratello.
In tutto quello che
diceva, che pensava, che faceva, ormai non c’era più niente di sano, di
normale.
Itachi era un
qualcosa che si muoveva senza ragione, quasi a caso, seguendo i suoi istinti
animali.
Fu preso per il
colletto della camicia, issato di peso quasi senza il minimo
sforzo.
Sasuke stava quasi
soffocando.
Gli arrivò un pugno
in pieno viso, sentì il naso produrre un suono sinistro sotto le sue
nocche.
Il sangue cadeva
anche da lì.
Sasuke aveva sempre
odiato il sangue.
Aveva un colore
troppo vistoso.
“La tua amichetta
Haruno si dispererà tanto nel vedere il tuo faccino
rovinato..”
Un pungo nello
stomaco lo fece cadere a terra, stordito dal dolore.
“Ma dimenticavo, lei
non è la tua ragazza. Sta col biondo, giusto?”
Un calciò arrivo
ancora nello stomaco.
Per Sasuke era come
se qualche organo dentro di lui si stesse ammaccando piano piano, un dolore che
lo stava distruggendo con una lentezza inumana.
“Il tuo migliore
amico, no? Voi siete una famiglia, vero? Che tristezza quando ti vedranno
morto..”
Itachi voltò Sasuke
in posizione prona, mettendosi poi a cavalcioni sul suo corpo
dolorante.
Riprese il coltello,
puntandoglielo alla gola.
“Ma non preoccuparti,
fratellino. Dopo di te il biondino ti seguirà, così potete stare tutti
assieme..”
Con una mossa
fulminea, Itachi graffiò in profondità la gola di Sasuke, che urlò di dolore,
cercando con le mani di tapparsi il taglio.
Il suo sangue
zampillava come una fontanella, macchiando anche i vestiti di
Itachi.
A lui il sangue
piaceva da matti.
Era come un toro, il
colore rosso lo eccitava da morire.
“La ragazza la lascio
per ultima, così può godersi la scena dei suoi uomini che perdono la vita. Le
donne distrutte dal dolore e dalla vendetta sono così.. cielo! Mi fanno
ribollire il sangue, sono affascinanti, eccitanti!
Hanno un fuoco dentro
che le anima; sono bellissime!”
Itachi alzò il
pugnale, la lama rivolta verso il basso.
Sasuke stava perdendo
conoscenza, la vista aveva cominciato a calare, ma non per questo i suoi sensi
si erano affievoliti; quando la lama lo avrebbe colpito, avrebbe gridato di
dolore talmente tanto che probabilmente l’anima gli sarebbe uscita dal
corpo.
“Addio fratellino, ci
vediamo tra qualche annetto.”
La lama era affondata
decida in mezzo al petto.
Itachi aveva un
sorriso felice e soddisfatto dipinto sul volto bello e
dannato.
Poi aveva tagliato
con lentezza tutto il busto del fratello fino alla vita, vedendo il sangue e le
interiora che uscivano un poco.
Meraviglioso.
Il corpo umano, la
vita.
Era tutto
meraviglioso.
Il mattino seguente
la squadra omicidi avrebbe trovato il corpo di Sasuke senza vita e senza organi
interni.
E Naruto, sull’albero
vicino, avrebbe trovato un’incisione che gli avrebbe salvato la
vita.
“E’
Sakura si morse il
labbro, mentre lottava con tutta se stessa per non andare a vomitare da qualche
parte. La donna dietro di lei si alzò, un fazzoletto alla bocca, cercando di non
crollare in mezzo all’aula.
Il racconto di Itachi
aveva turbato molti, anche lei che ad ogni parola dell’uomo si ricordava il
corpo di Sasuke squartato all’obitorio.
“Però vede..” Riprese
Itachi, sorridendo a Tsunade che non si era mossa di un centimetro, come se
stesse ascoltando una storia qualunque.
“.. il fratellino mi
aveva incastrato. Il suo amichetto mi ha teso un’imboscata.” Disse riferendosi a
Naruto, seduto poco distante da lui.
Tsunade e gli altri
della Corte Suprema si scambiarono un’occhiata l’un l’altro, comunicando a
gesti, tutti d’accordo sulla decisione da prendere.
“Itachi Uchiha.”
Chiamò Morino.
Il silenzio nell’aula
era palpabile. Il verdetto era giunto.
Sakura non respirava.
Da quando era iniziato il processo, le era sembrato di stare in una apnea
costante.
“Lei è giudicato
colpevole per tutte le accuse. Ergastolo.”
I muscoli di Sakura
si distesero, mentre Ino l’abbracciava forte, contenta.
Itachi non si mosse
dalla sua postazione, anzi rimase col suo sguardo fiero, senza dire una parola,
osservando Tsunade che lo ricambiava: un perfetto segno di
sfida.
“Lei credeva davvero
alle mie parole, a quelle di Platone.” Le disse curioso.
“Perché allora ha
deciso questo? Perché?”
Tsunade lo osservò,
alzandosi in piedi e mettendo a posto le sue carte.
“Mi stupisco che non
trovi da solo la risposta, dato il suo intelletto e la sua vasta
cultura.”
Itachi pendeva dalle
sue labbra, curioso come un bambino, felice di aver trovato una degna
rivale.
“Platone aveva
ragione, certe cose non si posso giudicare, perché non conosciamo la vera
essenza della Morte. Ma lei ha sbagliato, perché ha dimenticato il diritto della
Vita e della Morte stessa. Non ha lasciato tale diritto alle vittime. Loro non hanno potuto
scegliere.”
“Io l’ho detto che
lei era una donna intelligente. Sono felice di essere stato battuto da un così
tale ingegno.”
Due uomini presero in
malo modo Itachi sotto braccio e lo portarono via verso le prigioni, tra le urla
e le ovazioni della folla che gli lanciava insulti e bestemmie, gli augurava le
peggio cose in prigione.
Prima di scomparire,
Sakura fu sicura che Itachi Uchiha l’avesse guardata con provocazione, ma fu
soltanto un attimo.
Si risistemò e corse
da Naruto abbracciandolo forte, mentre lui cercava di ricambiare per quanto
impedito fosse.
“[…] Itachi Uchiha è
stato trovato morto nella sua cella, l’ora del decesso
probabilmente risale
per le ore 23.00.
Si tratta di
suicidio.
La guardia ha
rivelato che non ci sono stati strani rumori, che tutto era come ogni
sera.
Pare che l’omicida si
sia procurato dei profondi tagli in tutto il corpo e si sia lasciato morire
dissanguato.
Una morte lenta e
dolorosa che […]”
Londra, The Sun, 15 di Gennaio,
1959.
Ciò che scambiate per
pazzia non è altro che estrema godezza dei sensi. ****
Fine
Note:
* e ** à da Platone – Apologia di
Socrate.
*** à Itachi in giapponese
vuol dire “donnola”.
****à da Edgar Allan Poe
(1809-1849)
- Il giornale The Sun esiste davvero, ed è uno dei più
venduti nel Regno Unito.
-
Note di
Lee:
Devo dire che questa per me è una
grande soddisfazione nonché una grande sorpresa. Non farò la modesta dicendo che
non me l’aspettavo.
Non ci avrei scommesso un solo
centesimo del mio portafoglio.
Era un contest abbastanza difficile
per me e fino all’ultimo sono stata con l’ansia (e bhè, ormai si sa che sono una
tipa calma XD)
Ringrazio Blackie ed Elwerien per il contest e un
applauso per tutte le autrici che hanno partecipato.
Hasta Luego
Lee