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Autore: Elpis Aldebaran    22/07/2008    10 recensioni
Ciò che scambiate per pazzia non è altro che estrema godezza dei sensi.
[Edgar Allan Poe]
1^ Classificata al concorso sull'Angst indetto da Elwerien e Blackie.
[Accenno al NaruSaku]
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Sakura Haruno, Tsunade, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'De Umana Insania' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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De umana insania

 

di C. Lee

 

 

 

 

“La sottosezione della squadra omicidi di Scotland Yard ha arrestato in data pre odierna il pluri omicida Uchiha Itachi, reo di aver assassinato la sua famiglia e una decina di donne che apparentemente non avevano alcun legame

con quest’ultima.

Domani le porte del tribunale si apriranno all’imputato:

sarà giudicato eccezionalmente dalla Corte Suprema Britannica.

[…] ”

Londra, The Sun, 3 di Dicembre, 1958.

 

 

Sakura rilesse per tre volte consecutivamente quel piccolo pezzo di articolo, i fogli del giornale tremavano sotto la presa ferrea delle sue mani.

Accanto a lei Ino torturava uno dei suoi guanti bianchi, guardandosi attorno freneticamente, come se aspettasse qualcuno. Effettivamente tutte le persone, comprese loro due, che si trovavano in quell’aula di tribunale, aspettavano qualcosa che sicuramente non sarebbe stato piacevole.

Era incredibile come le persone provassero curiosità per i fatti più macabri e devastanti che la natura umana potesse concepire; non provavano curiosità ed emozioni per le cose belle che la vita poteva offrire, non cercavano di appagare le loro menti perverse con un romantico tramonto, una tranquilla alba, il dolce spuntare dei fiori, la solitudine di una collina sperduta in una campagna selvaggia. Appagavano la loro eccitazione animale (perché in fondo cosa era l’uomo, se non un animale forse più intelligente degli altri?) provando brividi davanti ad avvenimenti catastrofici, sciagure che non si augurerebbero nemmeno al peggior nemico, al sangue, alla violenza.

Tutte cose che un uomo normale non farebbe, ma dalle quali inevitabilmente si sentirebbe attratto.

Come un giocattolo troppo costoso che non si può avere.

L’uomo era infinitamente capriccioso ed egoista.

Sakura ripiegò frettolosamente il giornale, lasciandolo sulla panca di legno scuro accanto a lei.

Il tribunale era quasi pieno, le panche della prima fila erano occupate da giornalisti che bisbigliavano tra loro, facendo congetture su quello che sarebbe capitato, pensando a titoli esplosivi da mettere il giorno seguente sulle prime pagine dei giornali; il resto dell’aula era piena di curiosi, persone che non c’entravano un bel niente con tutto quello, che non avevano mai conosciuto la famiglia Uchiha (famiglia sciagurata) e non sapevano niente su di loro. Spettegolavano basandosi su fatti superficiali riportati dai quotidiani, su false congetture e sulla fantasia troppo audace di qualche bocca larga.

Lei era lì per vedere la giustizia, voleva vedere con i suoi occhi il responsabile di quelle tragedie, voleva vedere chi le aveva segnato la vita per sempre, chi aveva segnato indelebilmente la persone che più amava al mondo, chi le aveva portato via un pezzo di cuore.

Ino le battè leggermente sul braccio, richiamando la sua attenzione su un uomo alto, robusto, dalla leggera barbetta incolta sul mento e sulle guance, una sigaretta fumata a metà che penzolava dalla bocca al ritmo delle sue parole.

“La parte dell’aula riservata a voi spettatori sarà ricoperta dal buio. Questo perché il soggetto di questa udienza è mentalmente instabile, e la folla potrebbe influenzarlo in modo tale da far risultare questa seduta un’autentica perdita di tempo. Quindi vi preghiamo di fare silenzio e di non spaventarvi quando le luci verranno spente.”

Sakura ascoltò quelle parole, deglutendo il groppo che aveva in gola.

Soggetto mentalmente instabile?

No, quella era pazzia. Pazzia omicida pura.

Ino la scosse nuovamente, indicando un punto preciso dell’aula; di lato alle postazioni della Corte Suprema, due file di panche coprivano la parete di sinistra, le quali vennero occupate da alcuni membri della squadra omicidi.

Gli occhi di Sakura si spalancarono, mentre la bocca si dischiudeva leggermente per l’apprensione: Naruto entrò zoppicante nell’aula, sorretto da Kiba che lo aiutava a mettere i piedi nel posto giusto; il suo braccio destro era fasciato e sostenuto da una benda che gli faceva il giro del collo, il volto pieno di graffi e piccoli cerotti. I suoi occhi azzurri incontrarono per pochi secondi quelli smeraldini di Sakura, e lei fu quasi certa che questi le sorridessero.

Che cavolo ridi, stupido? Ti ha quasi ammazzato e tu ridi!

Improvvisamente, come annunciato, le luci dell’aula si spensero, lasciando alla luce delle lampade la postazione dell’imputato.

Quando la Corte Suprema Britannica entrò nell’aula, tutti si alzarono di piedi.

 

“Ti prego, non farlo!”

“Lo devo fare. E non preoccuparti per me, starò benone.”

“Non che non starai bene! Ti ucciderà, come ha fatto con gli altri,

se mi ami, non farlo, Naruto!”

“Sakura-chan, tu mi sottovaluti troppo!”

 

Sakura non aveva visto un posto più tetro di quello.

Era sorpresa di come l’aula rumorosa e illuminata dove era seduta fosse diventata buia e silenziosa.

Non una parola, nè un colpo di tosse. Niente sospiri, niente battiti di mani.

Solo silenzio.

In lontananza una porta si apriva, e dei passi rimbombarono dappertutto, sembrava che coloro che camminassero fossero ovunque: accanto a lei, dietro, davanti, sopra.

Un rumore che t’intrappolava.

Davanti a lei, il famoso balconcino di legno dell’imputato venne occupato da una figura alta, più magra dell’ultima volta che l’aveva vista, i capelli lunghi raccolti in un basso codino, le mani legate in avanti, le spalle ricurve.

Una sensazione di rabbia e vendetta le attraversò le ossa, costringendo le sue mani a stringere convulsamente la borsetta di stoffa che teneva sulle gambe.

“Itachi Uchiha” parlò una voce maschile dall’alto della Corte Suprema. “Lei è accusato della morte di undici donne e due uomini durante il periodo di tempo che va dal 13 Aprile 1958 al 7 Novembre del medesimo anno. Come si dichiara davanti a tali accuse?”

L’uomo che corrispondeva al nome Uchiha si mosse impercettibilmente nella sua posizione. Poi una sola parola, detta con tono rauco e tranquillo, vibrò dalle sue corde vocali, corde che Sakura avrebbe voluto strappare con le proprie mani.

“Innocente.”

“Lei è a conoscenza delle prove esistenti sulla sua colpevolezza, vero?”

“Sì, signore.”

“Sono prove che lei ritiene vere perché corrispondenti al fatto che lei abbia ucciso, o presume che siano false, costruite per metterla nei guai?”

“La prima opzione, signore.”

Sakura sentì poco distante da lei due uomini che confabulavano indignati.

“Per tanto, se anche lei dichiara che tali prove siano vere, qual è il motivo che la spinge a giudicarsi innocente?”

Sembrò che Itachi non volesse rispondere a quella domanda. Il suo sguardo era fisso verso le sue mani, unite da un paio di manette di ferro; tutto il suo corpo sembrava stanco e provato, i suoi respiri erano impercettibili. Sembrava un morto che stava in piedi.

“Signor Uchiha, le è stata rivolta una domanda, è pregato di rispondere.”

Itachi fece un mezzo sorriso e per la prima volta da quando era entrato in quell’aula di tribunale, alzò i suoi occhi rossi verso la Corte, scrutando uno ad uno i volti delle persone che lo stavano giudicando.

“Mi permette di farle una domanda, signor Morino?”

Ibiki Morino lo guardò alzando le sopracciglia scettico, scambiandosi un’occhiata perplessa con i suoi colleghi.

“E sia..”

“Lei ha paura della Morte?”

“Come ogni essere umano, credo.” Rispose l’uomo un po’ titubante.

Aveva interrogato personalmente il ragazzo, il giorno precedente, ed era rimasto sconvolto dalla sua intelligenza. Si era chiesto come una persona ben disposta al ragionamento come lo era Itachi Uchiha, si fosse rovinata la vita macchiandosi di delitti imperdonabili.

Itachi sorrise compiaciuto, prendendo un bel respiro e guardando negli occhi il membro della Corte.

“Temere la morte, infatti, non è altro, cittadini, che credere di essere sapiente senza esserlo: è credere di sapere ciò che non si sa, perché nessuno sa se la morte non sia il maggiore di tutti i beni per l’uomo, ma tutti la temono come se sapessero con certezza che è il maggiore di tutti i mali. E non è ignoranza questa, anzi la più biasimevole, credere di sapere ciò che non si sa? In questo forse, cittadini, sono differente dalla maggior parte degli uomini.” *

“Che sta dicendo?” Chiese una voce di donna dietro le spalle di Sakura.

“Signor Morino, come può dire lei che la morte è un male. Nessuno è mai tornato indietro per raccontarci cosa succede, cosa capita dopo la Morte. Forse uccidendo quelle persone, uccidendo la mia famiglia, sì perché sono stato io a farlo, ho fatto un favore a tutte loro. Ho mandato il loro spirito in un posto migliore, migliore di questo mondo sul quale siamo costretti noi vivi: perché allora devo essere giudicato su qualcosa che l’uomo non sa? Perché devo essere giudicato se non si può sapere le conseguenze dopo la Morte?

So invece che commettere ingiustizia e disobbedire a chi è migliore di noi, dio o uomo, è cosa brutta e cattiva. Perciò davanti ai mali che so essere mali non temerò e non fuggirò mai quelli che non so se siano anche beni.” **

Il tono di Itachi era persuasivo, il suo timbro di voce aveva la capacità di ipnotizzare le persone, tutti pendevano dalle sue labbra.

Sakura rimase a bocca aperta, mentre Ino accanto a lei le stringeva la mano per calmarla.

L’aula era stata invasa da un brusio indistinto che le tappava le orecchie, non riusciva più a ragionare lucidamente.

Vedeva gli occhi di Ibiki Morino spalancarsi per lo stupore.

Ci sta cascando, pensò Sakura con terrore.

All’improvviso una mano si elevò dalla Corte Suprema, intimando il silenzio. Una donna apparentemente giovane dai lunghi capelli biondi tossì un paio di volte, riportando l’attenzione dei presenti su di sé.

“Sicuramente quello che sta dicendo è corretto, signor Uchiha. Quindi sarà felice di allietare questa udienza raccontandomi come si sono svolti gli omicidi.”

“Perché mai dovrei, signora?”

“Perché sono una donna. La curiosità sta nel mio DNA.”

Accanto a Sakura, Ino si mosse in modo irrequieto sulla panca, avvicinando la bocca all’orecchio della’amica: “Sta civettando con lui?”

Sakura non si diede pena di risponderle.

Itachi osservò la donna, guardandola con rispetto quasi.

“Mi sembra una donna intelligente. Le racconterò quello che vuole sapere, se così le aggrada.”

Tunade sorrise, scrutando poi i fogli che teneva davanti a lei.

“So cosa ha fatto, ai suoi genitori e a quelle povere ragazze. Tutti uccisi con un colpo di pistola in punti vitali. La domanda che mi preme però è: perché?”

“Loro non capivano.”

“Cosa esattamente?”

“Tutte le loro vite. I miei genitori erano dei poveri stupidi, i loro interessi giravano tutti intorno al futuro mio e a quello del mio sciocco fratello. Non avevano credenze, non avevano niente. Ricchi fuori e aridi come della terra al sole dentro. Patetici.”

“E quelle donne?”

“Lo stesso. Volevano essere appagate a livello fisico, volevano essere appagate col mio corpo. E io davo loro ciò che volevano. Ma dopo cosa restava loro, dopo il piacere assoluto, il raggiungimento del loro scopo? Niente. Aride anche loro. Donne prive di un barlume d’intelligenza o morale.”

La voce dell’uomo era impastata, stanca e arida, ma il suo timbro vocale più alto del normale nascondeva quella nota stridula comune della pazzia. I suoi occhi spalancati che fissavano la Corte Suprema come sfidandola erano un chiaro segno della sua instabilità mentale. Ma sembrò che solo Tsunade si accorgesse di tutto quello.

L’aula si riempì di nuovo di un brusio fastidioso e Sakura avrebbe tanto voluto che tutti stessero zitti, perché non capivano, non capivano niente.

Itachi stava vincendo, incredibilmente stava vincendo quello scontro. Stava abbindolando tutti con i suoi discorsi, con le sue frasi d’autore. Era furbo e intelligente, maledettamente.

Era o un grande genio o un grande pazzo.

Dove stava la differenza?

Da nessuna parte.

“Ci parli di suo fratello. È l’unico che ha ricevuto un trattamento diverso: per quale motivo?”

“Era un povero sciocco. Ucciderlo è stato come drogarsi, un piacere assoluto che ti sconvolge la mente..”

 

Sasuke era perspicace.

Davvero, non si ricordava di avere un fratello così sveglio, per quanto stupido potesse essere.

Erano passati mesi dall’omicidio dei loro genitori, e solo allora aveva cominciato a sospettare di lui.

E pensare che Sas’ke-kun usava confidargli tutti i lavori della polizia.

“Naruto mi ha detto che non hanno trovato niente sull’assassino. Speriamo che qualcosa spunti fuori o io impazzisco. Deve pagare per quello che ci ha fatto.”

Certo, pagare..

Povero fratellino, non pensava che l’assassino, colui che gli aveva rovinato la famiglia, gli stesse proprio accanto. Che colpo quando aveva trovato la sua pistola ancora carica dall’ultima donna ammazzata, dentro al cassetto del comodino.

Povero piccolo ingenuo Sas’ke-kun.

Itachi stava percorrendo le rive del fiume, in tasca teneva un pugnale.

Suo fratello non doveva essere scappato molto lontano, sicuramente era un ottimo corridore, ma la paura gli stava prendendo il cervello, non sarebbe andato molto lontano.

“Sasuuuuukeee..”

Lo aveva chiamato in modo gentile anche.

Se non avesse fatto storie, probabilmente avrebbe fatto un lavoro veloce senza dolore; se ne sarebbe andato in pace senza nemmeno accorgersene.

Sì, Itachi sì che era un fratello premuroso.

Un’ombra era rannicchiata dietro un albero.

Eccolo.

“Sas’ke.. non dirmi che hai paura..”

“Perché l’hai fatto? Perché sei diventato così? Cosa c’entravano loro?”

“Cosa c’entrano loro? Cosa c’entra tutto il mondo, vuoi dire? Siete tutti uguali, accecati dalle vostre manie di grandezza. Non avete mai capito niente della vita. Siete soltanto degli egoisti che giocano a vivere senza farlo davvero.”

“Tu invece sei diverso, non è vero?”

Sasuke adesso si trovava davanti a lui, ormai consapevole forse del proprio destino, pronto ad accettarlo.

Però doveva, voleva sapere, prima di passare a miglior vita, le ragioni che potevano spingere una mente umana a fare tutto quello.

“Io sono ciò che voi mi avete fatto diventare.”

“E quello che sei non ti piace, vero?”

“Già. È per questo che state pagando. Ma forse vi sto facendo un favore: chissà che non siate più allegri, nell’aldilà.”

Con una velocità impressionante, Itachi aveva preso il coltello, infilzandola nella carne calda del fianco di Sasuke, che non aveva potuto far altro che cercare di deviare il colpo.

Il suo sangue, caldo, ferroso, vivo, ricopriva la lama del pugnale, i suoi abiti, il suolo davanti ai suoi piedi.

Faceva così male..

“Vuoi proprio vivere eh? Vuol dire che ti farò molto male allora..”

Sasuke poteva vedere il lampo sadico negli occhi di suo fratello.

In tutto quello che diceva, che pensava, che faceva, ormai non c’era più niente di sano, di normale.

Itachi era un qualcosa che si muoveva senza ragione, quasi a caso, seguendo i suoi istinti animali.

Fu preso per il colletto della camicia, issato di peso quasi senza il minimo sforzo.

Sasuke stava quasi soffocando.

Gli arrivò un pugno in pieno viso, sentì il naso produrre un suono sinistro sotto le sue nocche.

Il sangue cadeva anche da lì.

Sasuke aveva sempre odiato il sangue.

Aveva un colore troppo vistoso.

“La tua amichetta Haruno si dispererà tanto nel vedere il tuo faccino rovinato..”

Un pungo nello stomaco lo fece cadere a terra, stordito dal dolore.

“Ma dimenticavo, lei non è la tua ragazza. Sta col biondo, giusto?”

Un calciò arrivo ancora nello stomaco.

Per Sasuke era come se qualche organo dentro di lui si stesse ammaccando piano piano, un dolore che lo stava distruggendo con una lentezza inumana.

“Il tuo migliore amico, no? Voi siete una famiglia, vero? Che tristezza quando ti vedranno morto..”

Itachi voltò Sasuke in posizione prona, mettendosi poi a cavalcioni sul suo corpo dolorante.

Riprese il coltello, puntandoglielo alla gola.

“Ma non preoccuparti, fratellino. Dopo di te il biondino ti seguirà, così potete stare tutti assieme..”

Con una mossa fulminea, Itachi graffiò in profondità la gola di Sasuke, che urlò di dolore, cercando con le mani di tapparsi il taglio.

Il suo sangue zampillava come una fontanella, macchiando anche i vestiti di Itachi.

A lui il sangue piaceva da matti.

Era come un toro, il colore rosso lo eccitava da morire.

“La ragazza la lascio per ultima, così può godersi la scena dei suoi uomini che perdono la vita. Le donne distrutte dal dolore e dalla vendetta sono così.. cielo! Mi fanno ribollire il sangue, sono affascinanti, eccitanti!

Hanno un fuoco dentro che le anima; sono bellissime!”

Itachi alzò il pugnale, la lama rivolta verso il basso.

Sasuke stava perdendo conoscenza, la vista aveva cominciato a calare, ma non per questo i suoi sensi si erano affievoliti; quando la lama lo avrebbe colpito, avrebbe gridato di dolore talmente tanto che probabilmente l’anima gli sarebbe uscita dal corpo.

“Addio fratellino, ci vediamo tra qualche annetto.”

La lama era affondata decida in mezzo al petto.

Itachi aveva un sorriso felice e soddisfatto dipinto sul volto bello e dannato.

Poi aveva tagliato con lentezza tutto il busto del fratello fino alla vita, vedendo il sangue e le interiora che uscivano un poco.

Meraviglioso.

Il corpo umano, la vita.

Era tutto meraviglioso.

Il mattino seguente la squadra omicidi avrebbe trovato il corpo di Sasuke senza vita e senza organi interni.

E Naruto, sull’albero vicino, avrebbe trovato un’incisione che gli avrebbe salvato la vita.

 “E’ LA DONNOLA” ***

 

Sakura si morse il labbro, mentre lottava con tutta se stessa per non andare a vomitare da qualche parte. La donna dietro di lei si alzò, un fazzoletto alla bocca, cercando di non crollare in mezzo all’aula.

Il racconto di Itachi aveva turbato molti, anche lei che ad ogni parola dell’uomo si ricordava il corpo di Sasuke squartato all’obitorio.

“Però vede..” Riprese Itachi, sorridendo a Tsunade che non si era mossa di un centimetro, come se stesse ascoltando una storia qualunque.

“.. il fratellino mi aveva incastrato. Il suo amichetto mi ha teso un’imboscata.” Disse riferendosi a Naruto, seduto poco distante da lui.

Tsunade e gli altri della Corte Suprema si scambiarono un’occhiata l’un l’altro, comunicando a gesti, tutti d’accordo sulla decisione da prendere.

“Itachi Uchiha.” Chiamò Morino.

Il silenzio nell’aula era palpabile. Il verdetto era giunto.

Sakura non respirava. Da quando era iniziato il processo, le era sembrato di stare in una apnea costante.

“Lei è giudicato colpevole per tutte le accuse. Ergastolo.”

I muscoli di Sakura si distesero, mentre Ino l’abbracciava forte, contenta.

Itachi non si mosse dalla sua postazione, anzi rimase col suo sguardo fiero, senza dire una parola, osservando Tsunade che lo ricambiava: un perfetto segno di sfida.

“Lei credeva davvero alle mie parole, a quelle di Platone.” Le disse curioso.

“Perché allora ha deciso questo? Perché?”

Tsunade lo osservò, alzandosi in piedi e mettendo a posto le sue carte.

“Mi stupisco che non trovi da solo la risposta, dato il suo intelletto e la sua vasta cultura.”

Itachi pendeva dalle sue labbra, curioso come un bambino, felice di aver trovato una degna rivale.

“Platone aveva ragione, certe cose non si posso giudicare, perché non conosciamo la vera essenza della Morte. Ma lei ha sbagliato, perché ha dimenticato il diritto della Vita e della Morte stessa. Non ha lasciato tale diritto alle vittime. Loro non hanno potuto scegliere.”

“Io l’ho detto che lei era una donna intelligente. Sono felice di essere stato battuto da un così tale ingegno.”

Due uomini presero in malo modo Itachi sotto braccio e lo portarono via verso le prigioni, tra le urla e le ovazioni della folla che gli lanciava insulti e bestemmie, gli augurava le peggio cose in prigione.

Prima di scomparire, Sakura fu sicura che Itachi Uchiha l’avesse guardata con provocazione, ma fu soltanto un attimo.

Si risistemò e corse da Naruto abbracciandolo forte, mentre lui cercava di ricambiare per quanto impedito fosse.

 

“[…] Itachi Uchiha è stato trovato morto nella sua cella, l’ora del decesso

probabilmente risale per le ore 23.00.

Si tratta di suicidio.

La guardia ha rivelato che non ci sono stati strani rumori, che tutto era come ogni sera.

Pare che l’omicida si sia procurato dei profondi tagli in tutto il corpo e si sia lasciato morire dissanguato.

Una morte lenta e dolorosa che […]”

Londra, The Sun, 15 di Gennaio, 1959.

 

 

Ciò che scambiate per pazzia non è altro che estrema godezza dei sensi. ****

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

Note:

* e ** à da Platone – Apologia di Socrate.

*** à Itachi in giapponese vuol dire “donnola”.

****à da Edgar Allan Poe (1809-1849)

- Il giornale The Sun esiste davvero, ed è uno dei più venduti nel Regno Unito.

- La Corte Suprema Britannica non esiste.

 

 

Note di Lee:

Devo dire che questa per me è una grande soddisfazione nonché una grande sorpresa. Non farò la modesta dicendo che non me l’aspettavo.

Non ci avrei scommesso un solo centesimo del mio portafoglio.

Era un contest abbastanza difficile per me e fino all’ultimo sono stata con l’ansia (e bhè, ormai si sa che sono una tipa calma XD)

Ringrazio Blackie ed Elwerien per il contest e un applauso per tutte le autrici che hanno partecipato.

 

Hasta Luego

 

Lee

 

   
 
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