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Autore: kikka_love1d    02/05/2014    1 recensioni
"Basta crederci.
Che strana parola no?
Bhè, ma dopo aver conosciuto quella ragazza è diventato tutto strano.
Diciamo che lei porta fede al suo nome.
Grazie a quella semplice parola io ci sono riuscito.
Io ho rincorso il mio sogno.
Ho lottato e ho sofferto.
Ma una cosa è certa: ora tutto è stato ricompensato.
Ho trovato la mia strada.
Ho realizzato il mio sogno.
Tutto grazie a quella strana parolina.
Ora sono quello che ho sempre sognato.
Io non ho mollato.
E guardate chi sono diventato"
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Believe
Una  volta ero circondato da amici, avevo un sacco di ragazze ai piedi e sponsor che mi pregavano di accettare le loro proposte.
 Fino a qualche anno ero uno di quelli fighi, di quelli da seguire per diventare popolari. Tutti mi dicevano che avevo talento; e in effetti, il talento ce lo avevo. Che poi, alla fine non era questione di talento o no, per me contava tutta la passione che ci mettevo io a fare quella cosa che costituiva la mia felicità.
*inizio flashback*
Mamma: ”Vieni tesoro, andiamo a comprare un bel gioco per il tuo compleanno”
Io: ”Ok mamma”
Arrivati nel negozio, vidi il reparto che più amavo, il reparto del canto. Allora pregai mia mamma di comprarmi quel gioco con il microfono dove si poteva cantare, e mia mamma accettò.
Mamma: ”Va bene amore, così ti potrai allenare per seguire il tuo sogno!”
Arrivati a casa, iniziai già a provarlo, e finii per cantare tutti i giorni fino all’età di 10 anni. In fin dei conti non avevo una voce orribile, anzi, non era per niente male.
*fine flashback*
Quel momento me lo ricordo ancore adesso, quando cantai per la prima volta in pubblico, in un concertino del paese. Ricevetti molti applausi e complimenti, e da quel momento la mia popolarità a scuola e con gli amici iniziò a salire. Ero diventato il miglior cantante di tutto il paese, e spesso mi chiedevano di cantare per le feste o le manifestazioni cittadine. Io accettavo volentieri, ero sempre stato molto disponibile.
Però un giorno a una festa di un mio amico bevvi un po’ troppo, pur sapendo che la mattina dopo avrei dovuto cantare per un’importante commemorazione che riguardava l’intera regione. Arrivai a casa a tarda notte, ubriaco fradicio. La mattina mi svegliai con un mal di testa insopportabile, non riuscivo a stare in piedi, figuriamoci se ero in grado di cantare! Però ormai non potevo disdire, avevo promesso di esserci. Così mi resi il più presentabile possibile, e cercai di stare tranquillo, ma proprio non ci riuscivo.
Una volta sul palco entrai in panico: non mi sentivo bene e non ricordavo le parole. Tra il pubblico c’erano sguardi incoraggianti e sorrisi che però non riuscivano a rassicurarmi. Fecero partire la musica più volte, ma non c’era verso. Non mi ricordavo il ritmo e neanche le parole. Alcune lacrime incominciarono a scendere dai miei occhi, e quando non ce la feci più a sopportare gli occhi di tutti su di me scappai via dal palco piangendo come un bambino. Mi sentivo tremendamente in colpa, avevo deluso tutti, ma più di tutti avevo deluso me stesso. Mi ero promesso che quello era il mio era sogno, ed io lo avrei portato avanti, che l’avrei sempre preso con serietà; invece avevo fallito. Mi ero ubriacato e non avevo pensato alle conseguenze.
Da quel momento tutti mi guardavano male, con odio. Avevo provato più volte a scusarmi, ma non mi volevano ascoltare. Li avevo delusi.
I miei “amici” mi esclusero dal loro gruppo e le ragazze non mi consideravano più.
Tutti m’isolavano, e il brutto era che io non reagivo, non facevo niente per fermarli. Mi tenevo tutto dentro, piangevo la notte e lanciavo urla sul cuscino per non farmi sentire dai miei genitori. Mi sentivo uno schifo, avrei voluto non esistere, ero inutile a tutti gli effetti.
A scuola ero diventato lo zimbello di tutti, il solito sfigato. A 17 anni non avevo amici, non avevo nessuno. Ero sempre da solo, sia in classe sia in ricreazione. Non uscivo mai, non mi divertivo come facevano quelli della mia età.
Un giorno la professoressa di arte ci diede da fare un lavoro in coppia, ormai c’ero abituato: i miei compagni mi lasciavano tutto il lavoro a me, e se il voto non era buono dopo, mi picchiavano. Però quella volta era diversa, capitai con una ragazza timida, ma molto carina. Si chiamava Hope..che bel nome “speranza”..speranza era il colore verde, era la luce negli occhi di ci crede fino alla fine.  Speranza è quando un bambino spera tanto che la mamma gli compri il giocattolo, è quando si spera che un giorno da grandi si diventerà miliardari, la speranza è quella che leggevo negli occhi della mia compagna. Però, io la speranza non ce la avevo più da molto tempo, forse non speravo più nelle cose da troppo tempo.
Ci mettemmo d’accordo, e lei venne a casa mia il pomeriggio seguente per iniziare il lavoro. Era molto simpatica, e andavamo molto d’accordo. Con lei ridevo e scherzavo come non facevo da tempo, lei aveva tirato fuori il vero me, il me di una volta. Arrivata l’ora che lei tornasse a casa, io mi offrii di accompagnarla, e lei accettò volentieri. Mentre camminavamo, iniziò a piovere, eravamo bagnati fradici! Hope era davvero bella, forse stavo iniziando a provare qualcosa per lei.
Arrivati davanti a casa sua, ci salutammo, ma io la richiamai indietro.
-“Hope”
-“sì?”
I nostri sguardi s’incrociarono, restammo a guardarci negli occhi per parecchi minuti. C’eravamo aperti l’uno all’altra. Non lo avevo mai concesso a nessuno, non so perché a lei sì. Dopo alcuni minuti io mi avvicinai a lei, eravamo a pochi centimetri di distanza.
-“sai, forse mi sto innamorando di te” mi disse lei diventando leggermente rossa.
-“anch’io Hope” le sussurrai, per poi annullare ogni distanza.
Le mie labbra si poggiarono sulle sue. Le nostre lingue si cercavano, come se ne avessero bisogno. Questo era il bacio più bello che avessi mai dato.
 In poche ore mi sembrava di conoscere quella ragazza come da una vita; le avevo raccontato tutto, del mio passato. Lei sapeva ogni singola virgola, più di quanto sapesse chiunque.
Quando ci staccammo dal bacio, avevamo entrambi il sorriso in faccia.
Hope: ”Ti amo.”
Io: ”Anch’io”
Hope: ”E ricordati, basta crederci. Credi nelle cose e ci riuscirai”
Detto questo, mi lasciò un bacio a fior di labbra ed entrò in casa.

“crederci” …che parola strana, no? Te puoi credere a babbo natale, puoi credere alla fatina dei denti e a tutte le storielle che ti raccontano quando sei piccolo. Una persona può credere a tutto quello che vuole. Io, ad esempio, ho creduto nel mio sogno. Ho creduto di essere bravo a cantare, che ne valeva la pena di tutti i pianti e i sacrifici fatti.
Sì, io ho creduto nel mio sogno. E ora, guardate cosa sono riuscito a realizzare. Io canto, rendo felice la gente. Finalmente sono riuscito a trovare la mia strada, sono riuscito a inseguire il mio sogno. Tutto grazie ad una semplice parola. Quella parola l’ha pronunciata una ragazza che si chiama Hope e lei la speranza la porta nel cuore. Lei è speranza. Che cosa strana..bhè in poche parole. Grazie a quella parola io ce l’ho fatta. Adesso sono un cantante. Adesso sono Liam Payne. Sì, proprio quel Liam Payne.

Angolo autrice
Ciao ;)
Che ne dite? Mi farebbe piacere cosa ne pensate con una piccola recensione.
Spero vi sia piaciuta!! A presto
-Kikka

 

  
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