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Autore: Inspired_girl    02/05/2014    15 recensioni
Cosa puoi fare quando l'insicurezza ti blocca? Cosa puoi dire quando la timidezza ti opprime la gola? Come puoi vivere quando attualmente vivi solo di malinconia e depressione?
-
«Non abbiamo bisogno di psicopatici appena usciti da istituti per depressi, tornatene a casa Howen»
(N.d.A: tematiche delicate trattate con estrema cura e cautela, realismo)
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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   'Con questo mio scritto pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, ne offenderla in alcun modo'                          
-Leggeto lo spazio autrice,
grazie.





                                                                It's time to change


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“if nothing can be erase,
it's time to me to change ”
-{m.s}


«Ti sei divertita?»
chiese mio padre non appena varcai la soglia di casa senza neanche degnarmi di uno sguardo, troppo impegnato a guardare il televisore.
Non risposi, mi fermai davanti alla porta con una smorfia sul viso ed un mal di testa intontirmi del tutto.
«Ma sei inzuppata di acqua!» esclamò mia madre che si affrettò a venirmi incontro.
Scossi la testa cercando di svegliarmi dal mio stato ipnotico, senza però raggiungere il risultato da me voluto.

«Sì, però è stato molto divertente!» enfatizzai, emettendo una risata quasi veritiera.
 
«L'importante è questo, entra e chiudi la porta che fuori fa freddo» fece mio padre sorridendo in mia direzione. Lo guardai, e mi meravigliai nel notare che fosse serio ed autenticamente ilare nei miei confronti, o lui e mia madre non si accorgevano di nulla, oppure ero io ad aver raggiunto il massimo livello di bravura nel raccontare frottole e frodare menzogne.
Valutai entrambe le opzioni considerandole tutte e due. Mia madre mi sorpassò chiudendomi la porta alle spalle e se ne tornò vicino a mio padre per seguire quello stupido documentario sulla chirurgia plastica.
Alzai gli occhi al cielo lodando mentalmente il suo affetto, mi aveva completamente snobbata, bei genitori i miei. Sbuffai improvvisamente seccata e mi mossi per andare in camera mia.
 «Spero tu non ti prenda un raffreddore» disse mia madre ancora immersa nel televisore, poi si permetteva di fare la predica a me e al mio computer; la ignorai e salii le scale sentendo mio padre esclamare con enfasi «Hai diciassette anni figlia mia, dovresti sapere che un raffreddore può comportare malattie più gravi come una polmonite!».
Mi fermai e lo guardai senza fiatare.
 «Tuo padre ha ragione, sei quasi maggiorenne tesoro!» continuò il noioso discorsetto mia madre. Ci mancavano solo loro a mettermi sotto un'enorme pressione, mi ricordai dei loro discorsetti sul confidarmi con loro, e risi tra me e me alla loro coerenza. Mi ricomposi, e torva mi preparai a risponderle a tono.
 «Non sapete nulla di me» feci io guardando entrambe le loro teste girate in direzione della televisione; alla mia frase si voltarono di scatto in contemporanea, e per un secondo mi pentii di aver risposto.
«Non usare come scusante il tuo problema signorina!» disse mia madre arcigna e aggrottata.
Non mi meravigliai tanto di lei, era solita comportarsi così quando le cose con mio padre andavano estremamente bene, formavano una specie di alleanza anti-Caren.
«Caren, smettila di nasconderti dietro tutto, tira fuori il carattere!» urlò mio padre con quel suo vocione arrochito e leggermente raspante. Focalizzai sulle sue parole che tuttavia non erano nuove per me, e dopo un attimo di dispersione corsi in camera infastidita e stanca di tutto.
Giunta nell'unico luogo in cui riuscivo ad essere me stessa, mi fiondai in bagno per togliermi di dosso quei vestiti bagnati, e lavarmi con acqua calda.
Ne approfittai per fare il riassunto dell'orribile giornata -il comportamento delle mie compagne ad educazione fisica, il litigio mattutino con Chris, il bacio tra Justin e Lizzie nel locale, l'abbraccio di Zack, l'ennesimo bacio tra i due amorosi, i commenti poco divertenti dei ragazzi nel ritorno a casa, il mio quasi 'suicidio', l'abbraccio di Justin, l'esclamazione finale di quest'ultimo che mi rinfacciava l'esclusione dal gruppo, la discussione con i miei genitori ed infine le parole di mio padre-.
Smisi di pensare a tutto ed uscii dalla doccia per vestirmi e sistemarmi, dopodiché mi buttai a peso morto sul letto contemplando la luna che godeva di precedenza visiva dalla mia finestra aperta. Mi soffermai incantata su di essa. L'unico satellite naturale della terra, che compariva in tutto il suo chiarore nell'oscurità della notte, illuminando il mondo e rappresentando per noi essere umani la speranza.
Nel buio notturno la luna brillava, e ci faceva capire che c'era speranza, che non tutto era perduto, che anche lei seppur piccola nei confronti dell'immenso cielo scuro, riusciva a brillare distinguendosi alla grande; essa dunque, esprimeva possibilità di fare qualcosa per cambiare o diventare diversi, rappresentava la chance nella vita, una chance per tutti, forse anche per me...

Scossi la testa e risi alla mia pateticità, al mio pietoso modo di rendere partecipe la luna alla mia vita cercando di ricavarne lezioni morali. Che maniera struggente per scappare dalla realtà mesta ed incredibilmente accorante, mi dovrei solo rassegnare soffrendo in silenzio.
Iniziai ad immergermi nei miei pensieri, accantonando i sentimenti e le emozioni, e prendendo in considerazione solo i fatti. Passarono ore ed ero sicura che i miei genitori fossero ormai andati a dormire.
Mi alzai lentamente e andai in cucina per mangiare qualcosa, avevo molta fame. Feci per tornare in camera mia, quando i miei occhi si soffermarono sulle scale che portavano alla soffitta, le presi senza pensare e giunta nell'abbaino polveroso e colmo di scatoloni, aprii la finestrella che occupava il maggior spazio e salii sul tetto, senza neanche badare all'altezza e al pericolo, l'adrenalina iniziò a scorrermi nelle arterie che portavano ossigeno al cervello, ed estremamente fiduciosa nelle mie capacità, camminai sulle piastrelle per giungere al punto più alto, voltandomi ad ammirare il paesaggio della cittadina. Non era la prima volta che salivo qui sopra, l'ultima risaliva a quattro anni fa, insieme ai miei cugini; tuttavia non ero in vena di ricordare e così declinai il pensiero proprio come si faceva con un invito.

Rimasi lì imbambolata, incantata, ipnotizzata, magnetizzata... Assorta da un qualcosa di fondamentalmente inesistente. Un sentimento improvviso mi fece stringere i denti, precedendo le lacrime di sfogo che sarebbero sicuramente arrivate. Iniziai a respirare dal naso tenendo la bocca sigillata nel vero senso della parola, strinsi maggiormente i denti e ad un certo punto smisi di inspirare ossigeno.
Chiusi le mani a pugno e sentii le vene scoppiare e le articolazioni tremare intrattenute dal fare qualcosa.
Il mio viso iniziò a colorarsi di un rosso vermiglio, quello però, non era imbarazzo, neanche un colore dovuto ad un'allergia o una reazione ad un caldo afoso, e nemmeno il rossore di timidezza, era qualcos'altro, qualcosa che stavo cercando di capire bene. Quando tutto il corpo iniziò a tremare, mi parve ovvio che si trattasse di rabbia, un sentimento anch'esso tanto primitivo quando la felicità e la tristezza.
Era la reazione alla frustrazione e alla disperazione morale. Lo sentivo, sentivo questo sentimento entrarmi nel sangue come veleno, eliminando in modo apparente tutto ciò che avevo provato internamente fin quando i miei ricordi riuscivano a rimembrare la mia esistenza. Misi da parte tutte le emozioni lasciando spazio ad uno stato d'animo furioso, in collera.
Tornai a respirare dopo aver intrattenuto il respiro con forza, e dopo aver spremuto per bene i miei nervi; Allo stato d'ira susseguì uno di sdegno verso tutto ciò che mi aveva fatto soffrire ultimamente, dando inizio al risentimento nei confronti di tutto in generale. Per scaricare tutto quell'insieme di sentimenti un po' nuovi, tirai un pugno sulla piastrella ignorando il dolore fisico ma godendomi in qualche modo quello morale.
Guardai la luna ed il cielo buio, e fu come se i miei occhi si colorassero di rosso sangue, la mia mascella si contrasse e mi ritrovai a ripetere quei movimenti dentali con l'arcata superiore a sbattere furiosamente con quella inferiore. Mi sentivo... furiosa, in collera, arrabbiata con me stessa e con l'esterno, a cosa mi ero ridotta? Ad una bambina frignona che piange davanti a tutto? Davvero avevo raggiunto questo livello di debolezza, senza neanche neanche reagire? All'improvviso sentii di dovermi sfogare con qualcosa, o meglio con qualcuno ed immediatamente come riflessi serpenti, saettarono nella mia mente le immagini di Lizzie, Justin, Zack, Chris ed Alex.
Annuii soddisfatta della mia piccola ricerca, sono stati loro, quei maledetti esseri ad avermi ridotta in quello stato, portandomi quasi al suicidio, e saranno loro a pagarne le conseguenze.
Niente senso di benevolenza o magnanimità, il dolore che mi procureranno verrà ripercosso su di loro, non che possa fare molto, ma atteggiarmi duramente non potrà farmi altro che bene, almeno la smetteranno di usarmi come fantoccio su cui fare due o tre battutine stupide.

                                         No Caren, non sei cattiva, hai pienamente ragione.

Questa era la frase che continuava ad incorniciare le foto di quei cinque ragazzi nella mia mente. Avevo ragione, non ero cattiva, ciò che ero adesso, era il prodotto finale di tutte le dolorose cose che la vita mi aveva schiaffeggiato in pieno viso durante tutti questi anni.
Era il prodotto di ciò che avevo subito, che tuttavia non avevo creato io, ma gli altri, compresi i cinque ragazzi che mi avevano stravolto la vita. Troppa tristezza e dolore accumulato, ed ora l'esplosione, era arrivato il momento di espellere tutto, per iniziare a vivere bene, potrei provarci.
«Dimenticatevi della vecchia Caren» continuavo a sussurrare convinta di me stessa, questa non era pazzia, no no, si trattava dell'evoluzione di una ragazza sotto pressione da diciassette anni. Sebbene provassi un po' di sicurezza, sapevo di essere ancora infondo infondo, sensibile. 
 La rabbia sarà l'involucro esterno, la mia personalità, ma dentro di me, resterò per sempre la Caren depressa e malinconica, per sempre. Guardai l'alto e notai l'alba sorgere, colorando il cielo delle sue sfumature più belle. «Caren la moscia non esisterà più» sussurrai tra me e me tornando in camera mia per dormire, tra poco sarei andata e scuola, raffreddore o no, ci sarò.

Tornata in camera non riuscii a prendere sonno, decisi così di prepararmi presto per la scuola nonostante mancassero due ore.
Mi sedetti sul letto e con la finestra spalancata rimasi sveglia in attesa che la fatidica sveglia suonasse, intimandomi di uscire di casa.
E dopo tempo di cui avevo perso e confuso la cognizione, accadde. La sveglia suonò puntuale, confusa sul se avessi sonnecchiato almeno un po' o no, mi alzai per mangiare, i miei genitori non erano in casa, non mi ero accorta della loro uscita di casa, come sempre.
Attesi il tempo giusto ed uscii dalla soglia di casa mia, chiudendo la porta e caricandomi la cartella sulle spalle. Una volta giunta al cancello scolastico superai gli studenti che riempivano lo spazio con aria di sufficienza e superiorità, non era da me, ma carica di adrenalina in collera, agivo d'istinto.

«Caren!» sentii la voce di Lizzie chiamarmi dal corridoio centrale scolastico, e girandomi notai tutta la combriccola. Risposi al suo saluto con disinteresse, non ero io che comandavo, ma la mia rabbia, nel mio inconscio sentivo risentimento ribollire nei suoi confronti, era la mia esperienza a governare.
«Ehi» sputai quasi velenosa, lei non mi sembrava più così angelica, ma sempre bella, carismatica e graziosa, al mio contrario.
«Tutto a posto?» chiese lei accigliata e nel momento in cui aggrottò le sopracciglia si fece spazio sul mio volto un'espressione compiaciuta.
 «Ti sembra il contrario?» feci io in attesa di un'altra sua reazione che mi avrebbe resa fiera.
«No...» sussurrò lei facendo un passo indietro.
«Ti ha morso una vipera?» domandò Chris cercando sicuramente di offendermi. Stetti al suo gioco.
«Molto probabilmente sì» risposi.
«Di che sottospecie si tratta?» chiese incrociando le braccia al petto, assottigliando gli occhi e facendo un ghigno presuntuoso.
 «La stessa che ti ha morso quando sei nato, dovresti conoscerla benissimo» dopo questa frase si zittì completamente guardandomi sorpreso, esitai un po' ma mi convinsi di aver fatto bene.
«Caren...»
 «Caren cosa?»
sbottai interrompendo la frase di Justin che rimase a bocca aperta, più di tutti quanti.
Stavo per chiedergli scusa ma mi costrinsi a non farlo.
Osservai Zack che da dietro stava emettendo risate, non mi dimenticai di lui e del modo in cui ieri stava ridendo di me assieme agli altri, e lo ignorai completamente.
 «Che caratterino» disse Alex che non aveva ancora parlato, lo ringraziai mentalmente per avermi offerto un'opportunità su di un piatto d'argento.
«Caratterino? a giudicare dalle vostre parole credevo di non avercelo e di essere moscia» risposi sicura al cento per cento della mia frase.
«Oh Dio ma hai bevuto tequila? Cosa stai dicendo» chiese Lizzie furibonda, ed io mi arrabbiai di più, non aveva il diritto di essere in collera con me, ero io quella arrabbiata non lei, non doveva fare la vittima, assolutamente.
«Forse quella ancora ubriaca sei tu, non sono io quella sera se l'è fatta col ragazzo da ubriaca marcia» le urlai contro infastidita dal suo atteggiamento. In realtà non sapevo se lei e Justin avessero fatto qualcosa, avevo tirato ad indovinare e a giudicare dall'espressione sbalordita di Justin, avevo fatto centro, la cosa m'infastidì di più e sorrisi compiaciuta.
«Chi te lo ha detto?» chiese Lizzie, decisi di burlarmi di lei come aveva fatto lei stessa ieri sera con gli altri. «Nostradamus. Lo narrò in una delle sue profezie riguardanti l'evoluzione negativa dell'umanità futura» esclamai sorridendole.
«Nostrache?» chiese lei, sarà pure bella ma se non sapeva chi fosse Nostradamus a diciotto anni, era messa un tantino male.
«Lo studierai da grande» feci io con aria di sufficienza, dovevo ammettere di starmi divertendo un po'.
«Ho diciotto anni, sono più grande di te Caren...»
«Peggio, Nostradamus si fa in terza superiore, e comunque, me lo ha riferito l'enorme alito di alchol che non si vuole staccare dal tuo ragazzo, e l'espressione rilassata che aveva in volto prima nel vederti, l'intuito è la qualità delle qualità» dissi ovvia.
«Perchè ti comporti così?» chiese nuovamente muovendo le mani spaesata.
 «Per lo stesso motivo per cui tu ti comporti così, ognuno ha il suo modo di essere» sussurrai incerta e con il sentimento d'iperbole invadermi la coscienza.
«Allora sei bipolare» rispose. Guardai i suoi amici impassibili, sorpresi ed incapaci di dire nulla, ne approfittai. «Allora sparisci prima che esca fuori il lato violento del bipolarismo» risposi priva di tutta la sicurezza che mi aveva abitato ieri notte, realizzai l'accaduto per davvero, e decisi di continuare con la maschera della dura.
«Non sei tu che fai mma, ma io» affermò lei squadrandomi, credevo fosse premurosa e dolce, non così... Accida, dopotutto lo stavo facendo anche io perciò...
«Non sarà quello sport ad impedirmi di suonartele almeno un po'» risposi sicura di aver esagerato, mi toccai la fronte pentita, e nel momento in cui decisi di andarmene via sentii Justin dire «Tu non le suonerai proprio nulla».
Lo guardai e furiosa, lessi la scritta nera che occupava la sua maglia bianca a maniche corte, sorrisi e decisi di usarla come risposta.
«Beh, never say never, no?» sorrisi e mi voltai per lasciarlo sbalordito.
Sentii Alex sussurrare che non ci credeva, e Justin lo stesso, mentre Zack rideva.
Li ignorai, ma sentii tutti e quattro chiamare Chris dicendogli di fermarsi, sapevo che mi stesse raggiungendo, dei passi si stavano facendo vicini.
«Aspetta un momento» lo sentii dire a pochi centimetri da me, mi spaventai, dovetti ammetterlo e nel momento in cui mi afferrò il braccio con violenza, impaurita sul se mi avrebbe fatto male o no, gli tirai uno schiaffo in pieno viso, lasciando sbalordito l'intero corridoio ed i suoi amici che lo avevano raggiunto.




SPAZIO AUTRICE
Hei magnifici lettori,
eccomi qua con questo capitolo lungo, che sinceramente non mi piace molto, sto avendo molti dubbi su questa fiction e ho perso l'interesse, però ho in mente una nuova fiction sempre su Justin, diversa da questo genere ma la trovo molto carina, penso di pubblicarla tra poco. 
Scusate possibili errori che coreggerò, e... Che pensate del banner? fa schifo lo so lol, è il mio primo e quindi penso sia abbastanza normale. Comunque, parliamo delle recesioni che sono calate molto, ci tengo e lo potete notare da  come io vi rompa il cosiddetto in ogni spazio autrice, quindi se state leggendo vi chiedo di
recensire  che non vi ruberà di certo molto tempo ): Ricevere pareri è per me la cosa più fondamentale, ed essendo in tutto circa 80/90 i lettori fissi e 200 quelli che leggono seppur non abbiano la fition nelle seguite/ricordate/preferite, la cosa mi turba un po'...
Comunque approfitto per ringraziare chiunque sia arrivato a leggere fin qua e sopratutto chi ha recensito dandomi modo d'interagire, siete magnifici <3
PS. Credo che dopo questo capitolo non aggiornerò per un po', sembra che nessuno lo attenda e mettendoci la tortura chiamata scuola la vedo dura... forse tra un mesetto scriverò il 16esimo capitolo, e lo farò lunghissimo per soddisfarvi un po'.
Caren è diventata un po' una bad girl, il che vi sembrerà prevedibile il suo comportamento futuro, ma ho in serbo un sacco di cose che vi sorprenderanno abbastanza!
Che dire, continuate a seguirmi e ditemi se questa Caren vi piace un po'!

Un bacione a tutti,
Sarah
x

 
  
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