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Autore: Violet2013    03/05/2014    12 recensioni
-''Allora un manga. Sei giapponese, no? I manga li leggerai...''
-''Certo!"
-''Ok, un manga. Metti che segui un manga dal primo all'ultimo numero per, che ne so, cinque anni? E poi finisce così, nel nulla, senza una degna conclusione...''
-''Tipo senza neanche un bacio tra i due protagonisti?'', arrossì.
-''Esatto!'', rispose lei, totalmente persa nei suoi ragionamenti, ''Alla fine non ti verrebbe voglia di prendere l'autore e riempirlo di botte?''
*
New York: Ranma Saotome, artista marziale giapponese, scopre che suo padre ed il suo migliore amico Soun hanno pianificato il suo matrimonio con una ragazza a lui sconosciuta.
AU su Ranma 1/2, i cui personaggi sono trasportati in una realtà totalmente differente.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NUOVO CAPITOLO
''Amore è un termine troppo debole. Ecco, io ti straamo, ti adamo, ti abramo!''
Woody Allen- Io ed Annie





Prima parte



Spense energicamente la sigaretta schiacciandola sul muretto in pietra su cui sedeva ed addentò il secondo croissant alla crema, divorandolo avidamente mentre lo innaffiava con lunghe sorsate di caffè amaro.
''Tutto bene, Akane?''
''Certo!'', rispose agitata mentre appallottolava il sacchetto in carta che fino a pochi secondi prima conteneva la sua colazione e si portava alla bocca un'altra sigaretta.
''Ne sei sicura?'', la guardò incerto Mousse, indeciso se lasciargliela fumare senza dirle niente o fermarla, benchè timoroso della sua reazione.
La mora, in tutta risposta, si alzò e si avviò decisa all'ingresso della scuola, lasciandolo indietro.


''Buon San Valentino, mia dolcissima Akane Tendo!''
''Oh no, Kuno!''
Rassegnata, si picchiò una mano sulla fronte mentre le si parava davanti la più grande composizione di rose rosse che avesse mai visto, sorretta e trasportata da ben due uomini più alti e muscolosi persino di suo padre.
''Come l'intrepido Cupido, Dio dell'amore, scaglia le sue frecce contro gli indomiti cuori dei giovani innamorati io, Tatewaki Aristocrat...''
''No guarda, non è giornata'', lo interruppe lei con una mano alzata, soprassandolo poi senza degnare di uno sguardo quella specie di giardino botanico che si era portato dietro e che tutti stavano deridendo e fotografando con i cellulari.

Aprì il suo armadietto e ne estrasse il libro di letteratura spagnola, fermandosi poi a rimirare il suo viso sullo specchietto che aveva appiccicato sul lato interno della porticina in metallo grigio.
Le occhiaie erano profonde ed il viso tirato. Era stato un grosso errore non truccarsi quella mattina, ma essendosi addormentata ancora vestita solo un'ora e mezza prima, appena rientrata a casa dopo la folle notte che aveva reso protagonisti lei e Shinnosuke, al suo risveglio aveva avuto solo il tempo di struccarsi, spogliarsi del miniabito nero e delle calze in pizzo che le prudevano da morire e schizzare fuori dal suo appartamento, vestendosi in ascensore.
Il rumore sordo e metallico che solo una porta dell'armadietto che sbatte alle 8 del mattino può provocare la fece sobbalzare, ma la sorpresa che provò non fu nulla in confronto al colpo al cuore che la travolse davanti al volto livido di Ranma ed alle maniche della sua camicia arrotolate sulle sue braccia muscolose, che rivelavano dispettose uno dei motivi per cui non riusciva davvero a farsi una ragione della loro rottura.
''Buongiorno, Akane''
''Ciao...'', rispose timidamente, con aria quasi colpevole.
''Ti sei divertita, ieri sera?''
''Eh?''
''Ti hanno vista. Tutti. Non pensavo fossi il tipo da minestra riscaldata, mi congratulo comunque per la classe che hai dimostrato buttandoti tra le braccia del tuo ex mentre  avevi ancora il sapore delle mie labbra addosso''
''Hai iniziato a frequentare Kuno?'', chiese sarcastica cercando di mascherare, a se stessa ancora più che a lui, le reazioni che quella semplice frase le aveva provocato.
''Non sto scherzando, Akane, sono furioso. Mi hai davvero dato il benservito per rimetterti con quell'idiota? Non ricordi cosa ti hanno fatto lui e Shampoo non più di due mesi fa?''
''Non che siano fatti tuoi'', replicò decisa, con la sicurezza che solo chi sa di avere la coscienza pulita e la piena ragione stretta nel pugno possiede, ''Ma si da il caso che tra me e Shinnosuke non sia successo assolutamente niente. Siamo usciti, è vero, abbiamo parlato e ballato e passato la serata insieme, ma non permetto proprio a te di venire a farmi la paternale. Dopotutto la vittima qui sono io, Ranma, e... Sì, ricordo perfettamente cos'hanno fatto lui e Shampoo, ricordo anche cosa ci hai fatto tu, se è per questo''.
''Ancora?'' chiese esasperato quasi urlando, con gli occhi spalancati, ''Ancora con questa storia? Cos'è, devo pagare uno scotto a cadenza mensile per uno sbaglio durato una sola, misera, stramaledettissima settimana?''
''Dove hai dormito ieri sera?'', lo sorprese, fissandolo con gli occhi ridotti a due fessure.
''Non sono affari tuoi'', rispose di getto, ancora arrabbiato.
''Dillo che ti piacciono quelle così'', sibilò tra i denti, ''Quelle che non si fanno problemi a concedersi al primo che passa, senza freni e reticenze''
''Beh, almeno loro sono divertenti e non ti fanno faticare per poi trovarti con un pugno di mosche in mano!", sbottò con le braccia spalancate, mordendosi immediatamente la lingua ed allungando una mano verso la sua fidanzata, tremante e rossa in volto, umiliata e sull'orlo delle lacrime.
''Si riduceva tutto a questo sin dall'inizio, vero?'', la testa bassa, gli occhi umidi nascosti sotto la frangetta.
''N- no Akane, io...''
''Per favore, di' a Mishigawa che sono stata male e sono tornata a casa...''
''Akane, io non volevo dire...''
''Buon divertimento, Ranma. Addio''



La guardò allontanarsi rassegnato, impotente.Avrebbe potuto correrle dietro, fermarla, dirle che l'amava e baciarla passionalmente sulla porta, come nel migliore dei film romantici, il giorno di San Valentino.
Ma la vita non era un film, la stanchezza fisica e mentale che la notte passata gli aveva lasciato sugli occhi, che non sembravano voler restare aperti, e sulle gambe, che a stento lo reggevano, oltre al crollo emotivo che stava subendo da 12 lunghe ore ed all'immagine della sua media di voti che sarebbe scivolata inesorabilmente, ancora un po', ancora più in basso, se si fosse anche solo azzardato a pensare di saltare un'altra lezione lo spinsero a fare la scelta più ovvia e codarda: voltarsi ed entrare in classe. Almeno lì si sarebbe potuto sedere.

Il professore di letteratura spagnola, Hikaru Mishigawa, aveva la peculiarità di essere l'uomo più noioso che Ranma avesse mai incontrato.
Parlava in maniera lenta, pacata, soporifera, di cose che Ranma non poteva nè voleva capire, mentre la sua mente vagava ed i suoi drammi personali prendevano il posto di quelli che animavano la resistenza spagnola, sembrando, ai suoi occhi, decisamente più gravi ed insormontabili.
Non era stata una bella sorpresa, per lui, vedersi piombare sua cugina tra capo e collo, con un visto da turista di 90 giorni che aveva rimediato chissà come e che sembrava intenzionata a sfruttare fino all'ultimo istante.
Ranko era una sedicenne difficile, ingestibile e pericolosa.
Figlia di Ryochi, fratello gemello di Genma, aveva dimostrato i primi squilibri sin dalla tenera età di sei anni, quando un' inondazione aveva deciso di portarsi via sua mamma e la sua sorellina, oltre che la loro casa, proprio la notte in cui era partita senza salutarle per partecipare ad un improvviso viaggio di addestramento con suo padre, suo zio e Ranma. Non si era mai perdonata di essere sopravvissuta alle due persone più importanti della sua vita, e le ripercussioni subite da chiunque le stesse intorno erano state gravi quasi quanto la tragedia stessa.
Se per un ragazzo come lui era stato difficile crescere senza la presenza di sua madre, che era comunque in vita ed in salute, per una bambina sensibile come Ranko era stato un vero e proprio trauma, tanto più che Ryochi, a differenza di Genma, non aveva minimamente a cuore la sua primogenita, rea di essere nata femmina nella famiglia più maschilista di tutto il Giappone il cui patriarca, il grande Maestro Happosai, era famoso per essere un ammasso di testosterone su due gambe.

Avevano cenato e per un momento Ranma aveva addirittura pensato che sarebbe andato tutto bene: Ranko era stata adorabile, incantevole con l'appena conosciuto Hirai e deliziosa con la zia Nodoka; l'aveva addirittura aiutata a scegliere i capi di punta per la sua nuova collezione, improvvisandosi modella e prestandosi alle follie della stilista, che a mezzanotte le stava ancora punzecchiando le caviglie con gli spilli per capire a che altezza far fare l'orlo ad un pantalone.
Dopo essere saliti nella camera degli ospiti, pronti a dormire abbracciati come facevano sempre, però, Ranma aveva finalmente rivisto la sua cuginetta in tutto il suo splendore: mentre era sotto la doccia, intento a pensare a cosa fare con Akane che era evidentemente impazzita, lei si era scolata un'intera bottiglia di vodka, aveva vomitato nel lavandino del bagno e si era fatta prendere da una crisi di pianto che sembrava non avere mai fine.
Lo aveva trascinato alle due di notte in giro per le strade, alla ricerca di una farmacia aperta che le vendesse un test di gravidanza e poi al Bunker, il locale più malfamato di Manhattan, per trovare una sua vecchia amica di nome Charlize, conosciuta due anni prima a Tokyo ad un concerto dei Libertines.
Era uscito dal locale per rispondere ad una telefonata di Hiroshi, che lo chiamava per informarlo che Akane se la stava spassando con Shinnosuke e deriderlo goliardicamente insieme a Daisuke e Ryoga e, al suo rientro, l'aveva trovata con un Black Russian in mano ed una forse sigaretta nell'altra a flirtare con un rapper famoso che aveva più del doppio della sua età.
L'aveva portata via da lì, ma la notte di Ranko non era ancora finita: dopo aver attirato l'attenzione di cinque malviventi grossi ed arrabbiati, con cui il codinato aveva dovuto poi fare a botte, aveva fatto il diavolo a quattro per eludere la sorveglianza dell' Empire State Building, salire fino in cima ed ammirare il sorgere del sole all'alba.
Si era addormentata in piedi nell' ascensore di casa alle 7 del mattino, lui l'aveva amorevolmente messa a letto, si era fatto un'altra doccia ed era corso a scuola, fisicamente e mentalmente provato, e ad attenderlo aveva trovato un'Akane furiosa ed un Mishigawa più noioso del solito.
Chiuse gli occhi per un istante e si trovò immediatamente tra le braccia di Morfeo, cullato dalla voce piatta e fioca del suo insegnante e venendo trasportato in un mondo onirico ben più amichevole di quello reale, in cui le pareti della scuola erano fatte di zucchero filato, lui era l'artista marziale più famoso del mondo e la sua fidanzata lo accoglieva a casa fiera ed amorevole, con in mano qualche delizia appena sfornata.





***




Camminava stancamente per le vie della città, senza una meta ben precisa.
Era strano essere in giro durante le ore di scuola, a ben pensarci erano mesi che non saltava più le lezioni. Forse... Sì, più o meno dall'arrivo di Ranma.
Mentre pensava che la giornata non avrebbe potuto essere più fredda e che le dannate gonne dell'uniforme scolastica erano troppo corte e leggere, vide l'ultima persona che avrebbe desiderato vedere e, terrorizzata, girò l'angolo e prese a camminare il più veloce possibile per evitarla.
''Niña! Hey, niña!''
Si voltò fingendo sorpresa, con un sorriso tirato che, ne era sicura, la faceva sembrare una di quelle stupide maschere con la faccia da politico che suo padre amava indossare a Carnevale.
''Estrella! Che... Che ci fai qui?'', chiese tentennante.
''Yo? Yo stavo facendo la spesa!'' urlò furiosa sventolandole davanti due enormi sacchetti in plastica dall'aria pesantissima, ''Sei tu che no dovresti estar aquì''
''Ecco, io... Alla prima ora mancava il professore, e...''
''Y dònde està Ranma?''
''E che ne so io di dove sta quello stupido?'', s'indispettì.
''Niña, niña...''
''Cosa?''
''Hai marinato la scuola!", le puntò il dito contro, facendo cadere un'arancia dal sacchetto che teneva nella destra.
''No!", mentì cercando di confermare le sue parole con il linguaggio del corpo, accompagnandole con degli ampi gesti della mano a confermarne l'innocenza, ''Davvero, M-Mishigawa è malato e...''
''Akane... Ranma ha dormito fuori questa notte, y tu no l'hai presa bene. Yo ho sentito. Todo siento, yo. Avete litigato perchè señorita Nabiki te ha detto che lui ha un'amante, y tu lo hai spedito da señora Nodoka. Solo che ora stai male, e quindi no sei andata a scuola perchè è San Valentino y poi soffri. Oh sì che soffri. Està claro''
''No che no està claro!", si scaldò la giovane, ''Senti, che faccia pure quello che gli pare, sono stati i nostri genitori a decidere per il nostro fidanzamento, non noi''
''Y tutto quel movimento di lingue che ho sentito in camera tua in questi due mesi?''
''Te lo brucio quel maledetto citofono interno, Estrella!"
''Bimba'', le mise una mano sulla spalla, lasciando cadere pesantemente il sacchetto, ''Parla con lui''
''No, no e no!'', scosse energicamente la testa.
''Ci parlo io?''
''Non ti azzardare!"
''Yo pienso que sea stato un malentendido, un malinteso, piccola mia. In ogni caso, tuo padre e señor Genma escono a mezzogiorno. Vatti a prendere un caffè che mi sembri mezza addormentata y poi raggiungimi, ok?''
''Ok Estrella, ti voglio bene''

Accettò di buon grado il bacio che la portoricana le posò sulla fronte e continuò a camminare dritta, trovandosi in pochi minuti ad un isolato dall'appartamento di Ataru. I Silver Coral erano in tournèe dal primo gennaio e sarebbero stati via ancora una settimana: peccato, pensò, i consigli del bassista erano sempre preziosi per lei.
Timorosa di incontrare Hirai, o peggio Nodoka, si rifugiò in un piccolo bar che sembrava stare lì da sempre, uno dei pochi rimasti a vendere un solo tipo di caffè, senza tutte le varianti glamour e fantasiose che andavano di moda nei vari Starbucks e derivati.
Si sedette in uno dei tanti tavolini liberi e polverosi ed ordinò allo svogliato cameriere una tazza in formato extra large, che prese a sorseggiare sfogliando distrattamente la rubrica del cellulare, aspettando impaziente che arrivassero le 12 per poter tornare a casa ed andare finalmente a dormire.
La notte con Shinnosuke era stata folle, sfrenata, una delle più belle della sua vita.
In fondo, se c'era qualcuno che la conosceva bene, al mondo, era proprio lui.
Sebbene Mousse fosse il suo migliore amico da quando ne avesse memoria, infatti, Akane aveva sempre dovuto frenare la sua vera natura durante le serate con lui.
Mousse era un ragazzo studioso e determinato, che rincorreva il sogno di diventare astronauta sin da bambino, uno che non aveva mai perso di vista i suoi obiettivi e non aveva mai, nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio, commesso errori che potessero pregiudicarne il raggiungimento.
Mousse non si era mai ubriacato nè avrebbe mai messo in imbarazzo se stesso e la sua famiglia con comportamenti inappropriati in pubblico, non aveva mai saltato una lezione e, durante le sere settimanali, non rientrava mai a casa più tardi delle 23. La sua media era la più alta degli studenti del secondo anno di tutto il Paese, si diceva che non avesse mai preso un voto più basso della A, in nessuna materia.
Anche Akane era brava a scuola e sapeva comportarsi in pubblico, ma come tutte le adolescenti arrabbiate ed infelici che hanno subito un trauma da bambine, ogni tanto aveva bisogno di sfogarsi, di fare qualche stupidaggine di cui avrebbe riso qualche settimana dopo, di lasciarsi andare.
E Shinnosuke per certe cose era il numero uno.
Al concerto degli amici di Hiroshi avevano ballato come dei pazzi, scatenandosi e producendosi in imbarazzanti coreografie come se nessuno li stesse guardando, avevano bevuto un paio di birre, giusto per scaldarsi, si erano lanciati in una sfida al karaoke nella sala al piano superiore del locale e poi avevano lasciato la compagnia per dirigersi al ristorante preferito di Akane, dove a mezzanotte e mezza avevano fatto merenda con tre hamburger di soia a testa e due enormi fette di cheesecake alla fragola.
Erano tornati a casa di Hiroshi, dove si erano lanciati in una sfida all'ultimo sangue a GTA -Meno male che qui avrebbe dovuto esserci Ranma, aveva pensato sarcasticamente prima di battere Daisuke per la terza volta di fila-, avevano poi trascinato gli amici a ballare, li avevano salutati di nuovo ed avevano preso a camminare scalzi sul ponte di Brooklyn, fino ad arrivare dall'altra parte, fermandosi di tanto in tanto ad ammirare l'alba.
Mentre il sole sorgeva ed il suo volto pallido si colorava di rosa, Shinnosuke le aveva cinto le spalle con un braccio e le aveva detto di amarla. Ancora, disperatamente, così aveva detto. Il fatto che in Akane, in quel momento, stesse bruciando solo il desiderio di baciarlo per farla pagare a Ranma le aveva fatto capire che non poteva nè avrebbe mai potuto ricambiarlo, per cui lo aveva abbracciato e gli aveva chiesto di rimanere suo amico..


Il suo sguardo era perso nella pozza nera contenuta dal suo bicchierone di carta, in cui si stava specchiando, e la sua mente annebbiata dai troppi pensieri. Non notò immediatamente, quindi, una cosa che invece sarebbe dovuta saltarle all'occhio subito: non era più l'unica cliente del bar.
Sulla porta, con aria trafelata, una bella ragazza stava facendo il suo ingresso, accompagnata dal suono dei campanellini che si muovevano quando l'uscio veniva aperto o chiuso.
Attratta da quel rumore, Akane alzò gli occhi e diede una prima occhiata superficiale alla sua compagna di sventura, chissà se lo sapeva già che in quel posto il caffè faceva davvero, davvero schifo.
Era una ragazza esile, minuta, ma molto sexy e provocante, benchè vestita come una senzatetto, almeno all'apparenza. Indossava un vestitino leggero a fiori ampio e molto corto, che lasciava scoperte delle bellissime gambe, nude nonostante il freddo, magre ma tornite. Portava degli anfibi slacciati dai quali facevano capolino dei calzettoni in spugna e, sopra il vestito, un pellicciotto leopardato corto.
Aveva dei bellissimi capelli rossi che le cadevano ondulati e morbidi fino a sotto il seno, incorniciando un viso che probabilmente, se non fosse stato coperto da degli occhiali da sole scuri ed un cappello a tesa larga in feltro nero, sarebbe stato bello tanto quanto il suo corpo.
Emanava un fascino selvaggio al quale nessuno avrebbe potuto resistere, sembrava una diva in incognito, una star di hollywood, o forse una viaggiatrice, una ragazza che aveva vissuto la sua vita ai cento all'ora, una che non aveva paura di niente, che la sapeva lunga.
Vergognandosi della divisa scolastica che aveva insosso, che la faceva sembrare la viziata secchiona figlia di papà che era, si avvicinò al bancone dove la rossa stava sorseggiando un Jack Daniel's e vi si appoggiò, chiedendo un altro caffè al barista che però la ignorava, perso com'era con lo sguardo nella scollatura della straniera.

''Hey bimbo, la mia amica qui ti ha chiesto un caffè'', sbottò rude la ragazza, facendo tintinnare il bicchiere per fargli intendere che avrebbe dovuto riempire anche il suo.
''Grazie'', le sorrise dolcemente, ''Io sono Akane, piacere di conoscerti"
La rossa la fissò per un istante, pensierosa, studiandola mentre sorseggiava lentamente la sua bevanda.
''Oh porca troia, tu sei Akane Tendo! Hai i capelli più corti, ma sei tu!", strillò poi puntandole un dito contro, portandosi l'altra mano alla bocca.
''Sì'', sbattè gli occhi la mora, ''Ci conosciamo?''
''Mmh no, hem...'', le sorrise maliziosa, ''Beh tu sei famosa, sai? Sei o non sei una delle It Girls della città?''
''Beh veramente, io...'' arrossì imbarazzata.
''Akane, sono proprio felice di conoscerti!'', la prese sotto braccio la nuova amica, ''Io sono... Hem...'', si guardò intorno in cerca di ispirazione, ''Moka... Monica. Monica Cup'', sorrise.
''Piacere, Monica. Sei nuova in città?''
''Beh sì'', rispose risoluta lei. Quanto a mancanza di femminilità se la giocavano, si sorprese a pensare la mora. ''Mio padre, sai... Viaggia molto. Per lavoro, sì''
''E di dove sei originariamente?''
''Del New Jersey!'', rispose velocemente, quasi mangiandosi le parole.
''Beh ma è solo ad un'ora di strada da qui!", rise Akane.
''Già, ahahah!'', la sua risata argentina fece addirittura uscire il cuoco dalle cucine. ''Ma dimmi di te'', la incalzò prima che potesse farle qualche altra domanda a cui non avrebbe saputo rispondere, ''Sei la figlia di un grande maestro di arti marziali, vero? Tendo...''
''Soun Tendo, sì! Tu combatti?''
''Sì, un po'...''
''Ti piacerebbe fare un piccolo incontro?''
''Vuoi combattere?'', chiese indecisa la rossa.
''Sì, ma solo per divertirci!''.
In fondo era una vita che non lo faceva e le mancava, oh se le mancava.
Le arti marziali erano l'aria che respirava, la sua unica ragione di vita, e la sola prospettiva di poterle praticare con qualcuno di competente, anche se solo per pochi minuti, la appagava quasi come la luce in fondo ad un tunnel appaga un disperso.
Quello stupido di Ranma le aveva fatto promettere di non fare più a botte nei vicoli, di non fare più a botte in generale, e lei non lo aveva mai tradito.
Ma lui aveva tradito lei, dunque anche se avesse contravvenuto a quel patto sarebbero stati pari.
''E dove potremmo andare a sfidarci?'', le chiese la nuova amica ridestandola dai suoi pensieri.
''Non preoccuparti, ci sono un sacco di posti. Manhattan è un'isola fantastica, non hai idea di quanti vicoli isolati ci siano ad un passo dai negozi alla moda ed alle strade affollate del centro'' rise felice. Avrebbe combattuto, lo avrebbe fatto davvero!
''Va bene, baby, ma c'è una posta in gioco. Io non combatto mai senza uno scopo'', replicò seria Monica, ''Chi perde paga da bere, perchè dopo andiamo a berci qualcosa, vero, Akane?''
''Certo!'' esclamò fintamente sicura di sè, ma per niente convinta. Prima di mezzogiorno, la cosa più particolare che avesse mai bevuto era stata il latte al cioccolato.



***




Ranma tornò a casa distrutto, fortunatamente le lezioni erano finite prima ed avrebbe avuto l'intero pomeriggio per riposarsi prima di tornare da Ranko.
Aveva bisogno di una pausa da quella ragazza, era lì da meno di 24 ore ed era già stanco di essere l'unico a prendersi cura di lei.
Se solo avesse potuto parlarne con suo padre.
Si buttò stancamente sul letto senza nemmeno guardarsi intorno, rendendosi conto troppo tardi che mancava qualcosa.
Le lenzuola, per cominciare, ma anche i libri sulla scrivania, i vestiti nell'armadio, i suoi poster alle pareti e la sua sacra ed intoccabile cintura nera, che solo a lui era permesso prendere in mano.
Nervoso ed amareggiato come poche altre volte nella sua vita corse in camera di Akane, entrandovi come una furia senza nemmeno bussare. Era troppo.
''Akane!''
Solo quando si rese conto che la stanza era deserta ed il letto ancora intatto, capì che qualcosa non tornava. La più giovane delle Tendo non era rimasta a scuola ma non era neppure tornata a casa, inoltre lo aveva cacciato malamente dall'appartamento ed aveva addirittura fatto in modo che tutta la sua roba sparisse.
Era strano come la gente potesse cambiare idea da un momento all'altro, Akane aveva insistito affinchè Ranma la smettesse di sentirsi un ospite, perchè avesse, per una volta, un punto fisso cui far riferimento.
Ne parlavano spesso, tra un bacio e l'altro. Lui le raccontava degli stenti patiti e lei lo accarezzava dolcemente assicurandogli che quei tempi erano finiti, che quella casa era anche sua, e sarebbe stato così finchè lo avesse desiderato.
Ranma non capiva come la sua ragazza avesse potuto cambiare idea così facilmente sul loro rapporto, sui suoi sentimenti; se lui voleva bene ad una persona, generalmente la cosa andava oltre una semplice discussione.
Anche se c'era da dire che, se ne ricordò mentre scendeva le scale e correva furioso a cercarla, la ragazza non aveva mai parlato di amore.
Beh neanche lui, ma non era quello il punto.



***



''Scusa. Davvero, scusami''
''Ma no!", sorrise Akane posandosi un cubetto di ghiaccio sulla guancia, vicino all'occhio nero che probabilmente le stava spuntando, ''E' stato un combattimento leale ed hai vinto tu. Sei stata bravissima Monica, complimenti''
''Grazie'', sorrise Ranko un po' stranita, prima di ricordarsi che Monica era il nome fittizio che aveva dato ad Akane per non farsi riconoscere.
''Ma dimmi qualcosa di te, ora che sei senza occhiali vedo che hai origini giapponesi anche tu'', la incitò la mora che non vedeva l'ora di sapere tutto sulla splendida ragazza che aveva di fronte, che ad ogni sorso di Negroni le sembrava più fantastica.
''Allora, sì...'' biascicò Ranko continuando a bere, ''Sono giapponese, sì...''
''Cosa ti porta a New York?''
''L'amore'', mentì lei, socchiudendo gli occhi. Se tutto fosse andato come aveva programmato si sarebbe liberata di quella scocciatrice entro il primo bicchiere.
Peccato, però, era davvero carina.
''Davvero?'' sospirò Akane incantata. Chissà che uomo meraviglioso fosse chi aveva la fortuna di stare al fianco di una bellezza del genere.
''Sì, Akane. Vedi, il nostro è un legame indissolubile. Un grande amore, sì. Siamo così simili... Anche lui è un artista marziale, sai? Anzi, è proprio il mio maestro!"
''E vive a New York City? Come si chiama? Magari l'ho sentito nominare!''
Prese fiato, prima di pronunciarne il nome. Lo stava facendo davvero?
La notte precedente Ranma le era stato incollato senza lasciarla un attimo, vero, ma da quando era uscito dal Bunker per fare una telefonata aveva totalmente cambiato atteggiamento, era ombroso, serio, triste.
Aveva appositamente provocato una rissa per sbirciare il suo cellulare e capito, grazie ad uno scambio di messaggi con una certa Nabiki, che il problema era Akane.
No, decisamente non poteva permettere che il suo adorato cuginone dedicasse tante attenzioni ad una donna che non fosse lei, quindi si fece coraggio e si apprestò a distruggere i sogni della persona che aveva di fronte.
''Ranma Saotome. Il mio amore è Ranma Saotome''.







La verità l'aveva colpita in faccia come l'aria gelida quando ci si tuffa nel vuoto dall'alto, di testa.
Aveva giusto fatto in tempo a salutare Monica con una scusa prima di scappare via e sciogliersi in un mare di lacrime, appena girato l'angolo, seduta su una panchina.

''Hey''
Alzò gli occhi e lo vide, bello come una divinità greca, arrogante come il mare in tempesta, fiero come la montagna più alta del promontorio.
E sembrava volerle dare il resto.
''Sono i sensi di colpa a farti piangere, vero?'' domandò spocchioso, con una voce roca e ferma che Akane non ricordava.
''Non hai proprio pietà di me, eh Ranma?'' chiese esausta.
''E che cosa c'entro, io? Hai fatto tutto tu, Akane" rispose con la rabbia che gli traboccava dagli occhi, alzando la voce, ''Addirittura meritavo questo? Sono un ospite così sgradito?'' si sfogò infine urlando.
''Cosa? Che diavolo stai dicendo?'', chiese lei sorpresa, spalancando gli occhi.
''Dimmi dov'è finita la mia roba. La mia cintura, Akane, dimmi dove cazzo è la mia cintura'', la ragazza non l'aveva mai visto più arrabbiato.
''Ma quale cintura?''
''Mi hai sbattuto fuori a calci in culo e non so neanche il perchè! Che c'è, ti eri stufata?''
''Solo perchè ti ho chiesto di andare a dormire da tua mamma? Non mi sembra che ti sia dispiaciuto, visto che è tornata la tua fidanzata! Quella vera, intendo''
Ranma indietreggiò di un passo.
''Cosa? Ma chi, mia cugina?'', chiese. Non voleva dirlo ad Akane, non subito, ma se il problema fosse stato solo quello...
''Mia cugina! La vecchia storia della cugina!", urlò lei allargando le braccia, ''Parlo di Monica, Mo-ni-ca, Monica Cup, la tua fidanzata''.
''Chi, scusa?'', rise nervoso, ''Non conosco nessuna Monica Mug''
''Cup''
''E' sinonimo''
''Oh, bene, siamo diventati intelligenti! Vedo che una notte fuori ti ha fatto bene! Non pensi a me? Non pensi a come mi sono sentita quando ho saputo del vostro legame indissolubile?'', lo incalzò.
''Ma io non so di che parli!''
''Mi fai schifo'', sentenziò alzandosi in piedi e trovandosi finalmente faccia a faccia con il suo interlocutore.
''Chi ti ha fatto questo?'' chiese serio lui prendendole il mento tra le dita ed osservando pensieroso il suo occhio nero.
''Che ti frega?'', si scostò.

Era indispettito, infastidito, era soprattutto stanco.
Akane era una ragazza fragile come l'interno di un negozio di cristalleria, ma allo stesso tempo distruttiva come un elefante sovrappeso che scappa terrorizzato da un topolino all'interno del negozio stesso.
Si era sempre detto che il destino di un uomo forte era stare con una donna forte come lei -Come Goku e Chichi, aveva addirittura pensato una volta-, ma l'idea di passare la vita al fianco di un'altra Ranko lo terrorizzava e lo sfiniva allo stesso tempo. Era già allo strenuo delle forze, ancor prima di cominciare.
Quello che disse subito dopo gli costò molto, ma gli sembrò inevitabile.
''Akane'', sospirò esausto, calmo. ''Io sono stufo. Non ne posso più di essere circondato da psicopatiche. Il fidanzamento è rotto, te lo dico in via ufficiale ed a scanso di equivoci. Andrò a casa a prendere le mie cose, sempre che tu non abbia già bruciato tutto''
''Io non ho toccato niente'', replicò lei tra i denti.
''Comunque, me ne vado stanotte. Per favore, stattene ancora un po' in giro. So che è da maleducati chiederti di non entrare in casa tua, ma ho bisogno di fare le valige, ringraziare i tuoi ed avvisare mio padre''

Si allontanò in silenzio senza aggiungere una parola, senza voltarsi mai, fino a sparire nel nulla da cui era sbucato sei mesi prima.
''Casa nostra'', mormorò lei piangendo, quando il ragazzo che amava non poteva più sentirla.




***




Estrella cantava a squarciagola una vecchia canzone di Jennifer Lopez mentre spolverava la credenza, agitando i fianchi a ritmo di musica ed usando il piumino come microfono.
''Ayer los dos soñábamos con un mundo perfecto, ayer a nuestros labios les sobraban las palabras...''*
''Estrella!"
''Porque en los ojos nos espiábamos el alma, y la verdad no vacilaba en tu mirada... Oh ciao bimbo. Come stai?''
''Sono venuto a salutarti. Me ne vado. Per sempre''.
Senza scomporsi, la cameriera gli prese le mani, si avvinghiò a lui e lo coinvolse in una specie di ridicola danza circolare.
''Ayer nos prometimos conquistar el mundo entero, ayer tú me juraste que este amor serìa eterno...''
''No, Estrella. Non voglio ballare'', la donna ignorava le sue richieste, continuando, nel suo disappunto, a strusciarsi addosso a lui, ''Non so cosa le ho fatto, lo capisci? Ok, forse ho esagerato con quella battuta sulla castità, stamattina, ma lei è uscita con Shinnosuke e... Monica... Chi è 'sta Monica?''
''Por que una vez equivocarse es suficiente, para aprender lo que es amar sinceramente...''
''Estrella, mi vuoi ascoltare? Io ed Akane ci siamo lasciati, ok?'', urlò, ''Me ne vado per sempre, volevo solo dirti addio''
''Qué Hiciste?'' urlò improvvisamente lei, spingendolo e facendolo cadere su una sedia, inerme davanti alla verve della cantante, che fingeva di schiaffeggiarlo mentre continuava a dimenare il sedere e cantare, ''Hoy destruiste con tu orgullo la esperanza, hoy empañaste con tu furia mi mirada...''
''Estrella, mi ascolti?''
''Borraste toda nuestra historia con tu rabia, y confundiste tanto amor que te entregaba...''
''Por favor!", continuò ad implorarla mentre la donna, in piedi davanti a lui, s'impettiva e, piumino alla mano, partiva con l'acuto, ''Còmo permiso para así romperme el alma?''
''Estrella, dannazione!" gridò alzandosi in piedi e cingendola per le spalle, attirando finalmente la sua attenzione.
''Dicevi, bimbo?'', chiese innocente.
''Me ne vado. Tra me ed Akane è finita'', sentenziò.
''Oh madre de Diòs!", si picchiò una mano sulla fronte, prendendo a farsi ripetutamente il segno della croce, ''E adesso chi lo sente Señor Tendo? E la bambina, la bambina!  Ahora no mangerà più, como prima. Y scapperà de casa, y le risse nei vicoli... Oh no, no! Yo me licenzio, vengo con te, niño!'', urlò agitata slacciandosi il grembiule e buttandolo sulla cucina, ''Señora Nodoka cerca una governante per caso? Yo no ce resto aquì, oh no!''
''Calmati, starà benissimo. Ha fatto tutto lei, pensa un po'!"
''Lei pensa che tu abbia un'amante, Ranma. Chi è la ragazza con cui sei stato ieri pomeriggio a Central Park?''
''Mia cugina Ranko'', mormorò pensieroso chiedendosi come la donna facesse a sapere tutte quelle cose, ''Ma mio padre non lo deve sapere, acqua in bocca'', le posò un dito sulle labbra carnose.
''Ma Akane lo sa?'', chiese la cameriera guardandolo con attenzione, con un tono brusco e perentorio che avrebbe messo sull'attenti anche un generale dell' esercito.
''N-No, beh... Ma lei ha parlato di una certa Monica e-e... Ha fatto sparire tutta la roba dalla mia stanza, e...''
''Scemo!" urlò la donna tirandogli uno schiaffo dietro la nuca, ''L'ho spostata io la tua roba, perchè la tua cameretta al piano di sopra està pronta! Ahi què burro!"
''C- Cosa?'', deglutì lui.
''Vai a ver, ni
ño. Vai pure'', lo congedò con un frivolo movimento della mano.



Salì le scale tre alla volta, per fare prima, fino a giungere al terzo piano, quello che sarebbe dovuto diventare il suo.
La sua stanza era bella e grande come Soun gli aveva promesso, nei toni del blu e con un'enorme parete rosso fuoco alle spalle del letto a due piazze, proprio come aveva chiesto.
Sulla scrivania in mogano erano posati tutti i suoi libri ed un computer nuovo di zecca, i poster erano appesi alle pareti e sul comodino, vicino ad una foto incorniciata di lui e Ranko, faceva bella mostra di sè la sua adorata cintura nera.
Erano solo le 17 e si era già sentito uno stupido un milione di volte.
Si sedette sul letto e si rigirò la foto tra le mani per qualche minuto, facendosi quasi esplodere il cervello per cercare di capire chi fosse la ragazza di cui Akane parlava, Monica.
Decise di andare a prendere un po' d'aria in terrazza, il posto segreto di Akane, ricordò, e poi entrò nella sua piccola palestra privata, imbattendosi, suo malgrado, in un Happosai totalmente nudo che sguazzava nell'idromassaggio del bagno di Genma, che si trovava lungo la strada per raggiungere la stanza.
Si tolse la giacca dell'uniforme, la cravatta e la camicia e prese a fare qualche flessione, per scarcarsi.
Ed in un attimo, capì.
Akane aveva parlato di ragazze appariscenti, di ragazze dall'aria facile.
Aveva un livido in faccia talmente solcato e scuro da superare di gran lunga quelli che le lasciavano Sven ed i suoi compari, ma allo stesso tempo troppo poco esteso per essere stato lasciato da una grossa mano maschile.
Akane aveva parlato di un legame indissolubile.

Buttò un occhio ai karateji impacchettati lasciati in un angolo, quelli che avrebbe dovuto regalarle la sera di San Valentino, quella sera, ed iniziò a tormentarsi e chiedersi dove fosse Akane e cosa fare per recuperare il suo rispetto dopo averla trattata in quel modo, per giunta in un giorno del genere.
Che cosa ho fatto?






Ma ciao a tutti, come vedete posto sempre in orari d'ufficio!
Allora, come state? Non ci sentiamo da un po', lo so, ma quello passato è stato un mese davvero incasinato, ho avuto dei problemi personali (risolti, grazie!) che mi hanno tenuta lontana dal pc, poi vari casini, il tempo passava e blablabla, ma chissene. Sono tornata.
Scusate, scusate, scusate il ritardo e scusatemi ancora di più per il capitolo spezzettato e la trollata della citazione iniziale, che sembra non c'entrare nulla ma c'entra un sacco (vi assicuro che quando leggerete il seguito, che arriva entro SETTE GIORNI e stavolta lo giuro, sarete felici di aver aspettato!).
So che con alcuni di voi sono indietro con le recensioni, recupererò.
La canzone che canta Estrella è ''Que hiciste'' di Jennifer Lopez, scusatemi se vi rimando a Tuttotesti e simili invece di trascrivere la traduzione ed allo stesso modo scusatemi per i soliti eventuali refusi e typo, ma se domani mattina QUALCUNO (Ciao, Ele!) non trova il capitolo mi ammazza.
Per non parlare di tutti gli altri che aspettano, che ringrazio di cuore per i messaggi di questi giorni, ma sappiate che Eleonora è quella che mi fa più paura! XD
Anto, scusami se ti ho scritto che avrei pubblicato entro le 23, mentivo, ma allora non lo sapevo!
Grazie di cuore a chi leggerà ed ancora di più a chi avrà voglia di lasciarmi un commento, lo sapete che siete la mia motivazione più grande!
Ok, ho finito, lo giuro.
Buona giornata!



















  
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