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Autore: Dasten    03/05/2014    2 recensioni
"Finnick non è morto. Non può essere morto, lo so. Mi ha dato la sua parola, e io gli credo.
Mi ha promesso che sarebbe tornato da me."
One shot dedicata alla coppia FinnickxAnnie. Ambientata nel terzo libro della saga di Hunger Games, Mockingjay - Il canto della rivolta.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Guardo il tributo davanti a me con il respiro affannoso, il cuore che mi batte forte in petto mentre la mia mente esamina velocemente ciò che è appena accaduto.
Il mio sguardo si abbassa sulle sua mano, quella in cui stringe il machete. Il sangue, ancora fresco, gocciola piano sull'erba, tingendola di scuro.

L'ha decapitato.

Sento salire la bile. La mia vista viene offuscata da piccoli puntini neri.

Gli ha tagliato la testa di netto.

Deglutisco, e mi azzardo a chiudere gli occhi; ma attraverso le palpebre abbassate rivedo la morte del tributo, la sua testa che rotola macabramente sul terreno, se apro gli occhi vedo la mia, dipinta negli occhi del avversario in quel gioco che porterà solo uno di noi a vincere.

Uno di noi. Quanti tributi saranno rimasti? Cerco di ricordare la quantità di volte in cui il cannone ha sparato, ma niente. I miei pensieri vanno in tilt, si rincorrono e calpestano l'un l'altro come cavalli impazziti: tutto ciò su cui riesco a concentrami è la testa recisa dal corpo tra di noi, gli occhi vuoti e senza vita che sembrano fissarmi. Sembrano chiedermi una ragione a tutto questo.

Ma non c'è. O almeno, io non la trovo. Perché ci troviamo nell'arena? Perché mi è toccato assistere a tutto questo?

Un brivido mi corre lungo la schiena, faccio un passo indietro e lui fa un passo avanti, come in una danza.

“Dove credi di andare, sirenetta?” mi sussurra a denti stretti. Del sangue gli ha macchiato il viso, rendendo i suoi occhi chiari dei fari sul mio corpo. Per un attimo mi balena in mente l'immagine dell'oceano prima della tempesta: una grande distesa di argento liquido.

“Siamo rimasti in pochi, ormai. Il tempo stringe”. Il sorriso sul suo volto si allarga, e una paura primordiale mi assale: non ho alcuna speranza di sopravvivere. Finnick si sbagliava.
Abbiamo sbagliato entrambi a sperare.
Il mio cuore sembra improvvisamente impazzito. La mia mente non riesce a formulare nessuna mossa che mi possa portare a salvarmi. Boccheggiò, e mi sembra di essere travolta dalle onde del mare.

Il tributo mi parla ancora. Stringe il machete nella mano ma io non lo sento più, e prima che possa rispondere o urlare, un'altra voce si insinua nella mia testa.

“Corri, Annie. Corri!”

Finnick. Il mio corpo reagisce prima ancora della mia mente e, sorprendendo il tributo di fronte a me, inizio a correre a una velocità che non credevo possibile per il mio corpo indebolito dal digiuno.

Mi muovo velocemente nella foresta, scostando i rami bassi degli alberi che mi ostacolano la via con le braccia. Sento le urla del tributo dietro di me, ma una risata stridula si fa largo nella mia gola e corro più forte. Sento dei rumori alle mie spalle, come se qualcosa stesse cadendo a pezzi, ma penso subito che sia semplicemente un brutto scherzo della mia mente.
Forse sto impazzando. Forse sono già impazzita.
Mi fermo in una radura, completamente allo scoperto. I rumori che provengono dalla foresta crescono di colpo. Mi costringono a fermarmi. Sento gli uccelli gracchiare sopra la mia testa, così la sollevò e li vedo volare lontano dagli alberi.

A quel rumore si aggiunge un rombo. Mi sembra un suono conosciuto, ma non riesco a capire di che si tratta..
Il tributo esce dalla foresta. Sento il cuore salirmi in gola e mi voltò per ricominciare a correre..
Ma lui mi sorpassa. Non mi degna di uno sguardo e continua a correre.
È terrorizzato.

Che succede?

Guardo nuovamente gli alberi alle mie spalle, e vedo ciò che lo a spaventato tanto al punto da fargli dimenticare di me.

Acqua.
Lo stupore è tanto grande da lasciarmi immobile per qualche attimo. Un'immagine si crea e si dissolve nella mia mente con la stessa velocità di un lampo. Un ricordo della mia prima notte nell'arena. Quel gigantesco muro grigio che mi aveva fatto sentire ancora più in trappola

La diga. Hanno fatto crollare la diga.
Mi volto e corro, cercando un punto in cui nascondermi per evitare l'onda che presto si abbatterà contro di me. Ma mi muovo troppo tardi. L'acqua mi investe in pieno, facendomi volare gambe all'aria. In un attimo mi ritrovo nello spaventoso e allo stesso tempo familiare abbraccio dell'acqua, che romba e distrugge tutto intorno a me.
Come se non fossi più padrona dei suoi comandi, il mio corpo inizia la sua frenetica risalita verso la superficie. Braccia e gambe si muovono in sincrono, i polmoni compiono il loro lavoro: per un momento vengo investita dall'euforia e per un'istante, ma solo per un'istante, mi godo il ritrovato contatto con quella vecchia amica.
La mia testa sfiora la superficie ma viene subito rimandata giù da qualcosa. Muovo un braccio alla cieca, e le dita mi restano impigliate in quelle che mi sembrano alghe.
O capelli.

Nell'acqua, con la luce del sole che filtra debolmente attraverso la superficie, abbasso lo sguardo verso la mia mano.
Gli occhi del tributo maschio del distretto 4 ricambiano il mio sguardo con un'espressione vuota.
Urlo. La luce sparisce mentre la forza dell'acqua mi spinge giù, nelle profondità di quella che mi sembra una distesa sterminata di sangue.

 

Con le mani afferrò con forza le lenzuola del letto, strillando cose incomprensibili perfino a me stessa. L'infermiera mi è subito addosso, mi mette le mani sulle spalle cercando di farmi sdraiare nuovamente, ma questo non fa che aumentare le mie urla.

“Il suo bambino, signora Odair. Pensi al suo bambino!” mi urla nel panico. Il riferimento a quella piccola creatura che mi cresce dentro basta a farmi riacquistare il contatto con la realtà, ma non a calmare il mio cuore impazzito.

“Era solo un incubo. È al sicuro. Qui niente potrà farle del male” continua la donna allontanandosi di un passo e prendendo un bicchiere d'acqua dal tavolo alle sue spalle.

“Ecco, beva”
Le immagini del sogno mi tornano alla mente e sento la bile salirmi alla gola. Qualcosa nel mio volto deve aver messo l'infermiera sugli attenti, che mi scrolla debolmente per e spalle.
“Stia con me, signora Odair. Va tutto bene, se non vuole bere non è un problema!”
Mi portai una mano sulla fronte e l'altra sul lato destro della testa, strizzando gli occhi come se avessi di fronte una grande luce. I pensieri e le immagini si accavallarono nella mia mente: ricordi dell'arena e delle settimane passate a Capitol City sotto tortura. Vedo la testa di Finnick al posto di quella del tributo. Il corpo di Mags svanire nella nebbia e le sue conseguenti urla.

Vedo il presidente Snow fissarmi e poi ridere, l'odore nauseabondo delle sue rose mi avvolge e mi soffoca. Sento le mani dei dottori di Capitol City su di me... Gli aghi delle siringhe sulla mia pelle...

Poi qualcosa di ruvido mi sfiora le mani. Socchiudo un occhio e vedo che l'infermiera mi ha messo tra le dita un piccolo pezzo di corda. La corda di Finnick.

Finnick. Finnick. FINNICK.

Mi aggrappo al suo pensiero, al ricordo del suo volto sorridente, all'immagine dei suoi meravigliosi occhi, e a poco a poco ritrovo il contatto con la realtà. Con le dita, lentamente, inizio a fare e disfare nodi sotto lo sguardo attento dell'infermiera.

Mi fissa. Probabilmente ha vegliato su di me per tutta la notte senza dormire. Mi fa pena, vorrei dirle che mi dispiace, che può riposare se vuole, ma le parole non escono.

Sposto lo sguardo verso l'orologio da parete alle sue spalle e mi rendo conto che ho passato più di un'ora ad annodare con la corda. Mi fanno male le dita, perciò decido di smetterla.
L'infermiera nota il mio gesto. “Va tutto bene?” chiede nervosamente. La fisso e annuisco piano.
Un colpo alla porta coglie entrambe di sorpresa, e l'infermiera corre ad aprire. Intravedo la testa di Haymitch Abernathy e mi metto a sedere con le gambe fuori dal letto, pronta ad andare.
“Sono venuto a prendere la signora Odair” lo sento dire. Una breve risata mi sfugge prima che possa fermarla, e l'infermiera si volta a guardarmi preoccupata.
“Lei..” inizia l'infermiera, ma quando mi vede accanto a lei e Haymitch ammutolisce.

“Stia attento, va bene?” lo ammonisce. L'uomo annuisce e lo seguo fuori dalla stanza.

 

“Brutta nottata, piccola Annie?” mi chiede. Probabilmente ha notato le pesanti occhiaie che mi evidenziano gli occhi.
Non rispondo, ma lui sembra capire.

“Già, neanche io ho dormito bene” continua. Ha il viso sciupato, sembra quasi invecchiato di anni da quando l'ho visto per la prima volta. Finnick mi ha detto che soffre d'astinenza, che qui al Distretto 13 per Haymitch è difficile trovare dell'alcool e, al contrario degli altri posti, qui sembra più difficile contrattare con gli abitanti per averne un po'.

Mi sfugge un sospiro. Haymitch mi guida verso una panchina isolata e ci sediamo.

Mi piace passare del tempo con Haymitch. È silenzioso. E amico di Finnick, cosa che mi rassicura molto.
“Ci sono notizie?” chiedo, la voce resa roca dal lungo silenzio.

Haymitch mi guarda, sembra che stia pensando bene a ciò che sta per dire.
“C'è stato un filmato...” inizia. Sento il cuore accelerare. Affondo le unghie nelle cosce.

“Non abbiamo più avuto notizie da allora. Sono esplose delle bombe, ma non penso..”
Si interrompe quando inizio a ridere. Non riesco a fermarmi, rido e mi porto le mani alla testa. I pensieri confusi. Il cuore che sembra volermi esplodere in petto.

“Annie, Annie, va tutto bene. ANNIE!” mi stringe una spalla e cerca di riscuotermi.
“Va tutto bene. Sono vivi, Finnick è vivo, ne sono sicuro!” quasi urla. I miei pensieri vorticano come acqua in un mulinello. Haymitch continua a chiamarmi per nome, e io cerco di afferrare la sua voce, di ritrovare la calma, ma è così difficile..

“Mi dispiace, Annie. Mi dispiace” gli si spezza la voce. Si inginocchia davanti a me, aspettando con pazienza che mi calmi, e dopo un po' lo faccio. I pensieri rallentano. Il cuore riprende in suo battito normale.
Finnick non è morto. Non può essere morto, lo so. Mi ha dato la sua parola, e io gli credo.
Mi ha promesso che sarebbe tornato da me.

 

Le ore e i giorni passano. La routine è sempre la stessa: incubi – veglia – Haymitch - incubi. Niente cambia. Nessun giorno nuovo porta nuove notizie. I miei pensieri si fanno sempre più confusi, distaccati da ciò che mi circonda. Haymitch, nei nostri pomeriggi di solitudine, cerca di tenermi vigile e attenta, ma ogni giorno passato senza ricevere nessuna comunicazione da Capitol City non fa che alimentare la voragine che sento sento crescere all'interno del mio petto.

Quanto tempo è passato da quando è partito? Quanto tempo passerà prima che ritorni?

Anche Haymitch diventa sempre più taciturno e sciupato, come se l'ansia per i ragazzi lo stesse divorando da dentro. Katniss e Peeta, non lo dice mai ad alta voce, ma so che passa ogni attimo delle sue giornate a preoccuparsi per loro.
“La signora Odair ha bisogno di riposare” l'infermiera ci raggiunge alla nostra panchina. Non l'avevo nemmeno vista arrivare, perciò la sua presenza mi rende un po' inquieta. Guardo Haymitch e lui mi fa un cenno d'assenso di rimando.
“Buona notte, piccola Annie”.

 

Qualche ora dopo vengo svegliata dal trambusto. Mi metto a sedere sul letto, cercando l'infermiera con lo sguardo, ma non la trovo. Mi alzo, indosso le scarpe e corro fuori dalla stanza. Scopro che il trambusto è causato da decine e decine di persone che corrono per il tredici. Dottori sopratutto. Li seguo, lasciandomi trasportare dalla folla, mentre i miei pensieri tornano a essere instabili e sento le gambe tremare.

“Annie!” qualcuno mi chiama. Per un momento penso si tratti dell'infermiera, ma quando mi volto vedo Haymitch che, stravolto, mi viene incontro.

“Che succede?” chiedo. La voce stranamente stabile, in contrasto con ciò che provo internamente.
“Capitol City è caduta. I dottori stanno andando lì, gli altri...”
“Finnick! Dov'è Finnick?” mi allontano da lui, muovendomi in mezzo alla calca alla ricerca di un ciuffo color del bronzo.
“Annie, aspetta!” Haymitch cerca di affermarmi, ma io sguscio via dalla sua presa. Cerco Finnick, urlo il suo nome. So che è qui. È finalmente tornato da me. Da noi.

“Annie!” Haymitch mi afferra, il suo sguardo è affranto. Le sue labbra si muovono piano ma non riesco a sentire ciò che dice. Sento che sto perdendo nuovamente il contatto con la realtà.
Perché ciò che mi sta dicendo non può essere reale. Perché Finnick non può essere morto, me l'aveva promesso, me l'aveva promesso..

 

Mi sveglio, e mi sembra di galleggiare sull'acqua. Tengo gli occhi chiusi, penso al sole, al profumo della salsedine, a Mags. A Finnick.

Sento una forte fitta di dolore al petto e inizio a urlare. Il dolore mi stordisce, i miei polmoni bruciano come se stessi affogando, e lo strazio cresce, cresce, cresce..

Qualcosa mi pizzica l'interno del braccio, e io torno a galleggiare nell'oceano.

 

Il tempo ha cessato di esistere. Non c'è più sole, non c'è luce dove mi trovo ora. Non sento nemmeno il mio corpo. L'oscurità mi si apre davanti come una distesa infinita, e io ciondolo in avanti senza una meta.

Mi chiedo dove sia finita la mia mente, dove sia finita io. Mi sembra di essere stata fatta a pezzi da una mano non troppo precisa, e mi torna alla mente l'immagine del tributo maschio del mio distretto, la sua testa recisa, i suoi occhi vuoti nei miei.
A quella del tributo si sovrappone l'immagine del volto di Finnick.

“Da quanto tempo è in questo stato?”
“Da tre giorni. Quando l'abbiamo portata giù dall'hovercraft non ha mosso nemmeno un muscolo”
“Probabilmente le avete somministrato troppa morfina, razza di idioti!”
“La colpa è tua, Abernathy. Avresti dovuto tenere la bocca chiusa conoscendo le sue condizioni”

“Aveva il diritto di sapere. Lei..”
Un gemito mi sfugge dalle labbra. Vengo catapultata nel mio corpo e il dolore mi esplode dentro come un incendio.

“Signora Odair? Signora Odair, riesce a sentirmi?”

Batto le palpebre più volte fino a quando non riesco a mettere a fuoco i voti davanti a me. Uno è Haymitch; un altro è un volto conosciuto: è il dottore che seguiva Peeta al tredici, credo che il suo nome sia Aurelius, ma non ne sono sicura. Gli altri due non li conosco, e la cosa non mi piace.
“Fareste meglio ad uscire” dice il dottore. I due se ne vanno. Haymitch tentenna.

“Mi riferisco anche a te, Abernathy” continua con tono di voce serie. Haymitch lo guarda male e poi torna a fissarmi.
“Mi dispiace, Annie”. Lo guardo senza parlare, e lui lentamente esce dalla stanza.
Il dottore mi visita. Mi fa domande a cui non rispondo, e dopo un po' sento le palpebre farsi di nuovo pesanti.
“I valori vitali del bambino sono stabili, signora Odair. Le consiglio comunque di riposare. La presidente Coin ha richiesto la sua presenza a una riunione che si terrà in questi giorni”
Presidente? Le palpebre si fanno sempre più pesanti, portò una mano alla pancia e chiudo gli occhi, lasciandomi catturare nuovamente dalle onde.

 

Un uomo mi scorta per i corridoi di quella che una volta era la residenza di Snow. Non so il suo nome, e non mi interessa saperlo. Cammino a debita distanza da lui stringendomi addosso i vestiti grigi del distretto tredici, chiedendomi dove mi stia conducendo.

Arrivati davanti a una porta, l'uomo si sposta per farmi entrare.
“La presidente Coin mi ha chiesto di informarla di aspettare qui con gli altri”
Gli altri?

Entro nella stanza e vedo Johanna, Beetee, ed Enobaria. Peeta arriva subito dopo, seguito da Haymitch.
Mi siedo a un posto da Beete e lontano da Enobaria, sentendo i muscoli delle braccia e delle gambe formicolare. Non mi piace averla vicina, e non riesco a capire perché sia qui.

Dopo qualche minuto, anche Katniss entra nella stanza.

“Che cosa succede?” chiede.

“Non ne siamo sicuri,” risponde Haymitch. “Sembra una riunione dei rimanenti vincitori.”

“Siamo tutto ciò che è rimasto?” domanda ancora. I suoi occhi vagano per un momento su di noi. È ferita, provata da tutto ciò che ha passato e dalla morte di Primrose. La rivoluzione sembra averle tolto ogni barlume di vita dallo sguardo.
La capisco. Capisco il dolore che prova.
La riunione inizia, Johanna e Enobaria battibeccano tra loro, ma io non le ascolto. Mi concentro su un punto vuoto nella parete, distaccandomi dal gruppo.

“...per evitare di eliminare l’intera popolazione di Capitol, dovremmo avere un’edizione finale e simbolica degli Hunger Games, usando i bambini direttamente imparentati con coloro i quali avevano i poteri maggiori” dice la Coin.
Le sue parole mi ridestano dal mio stato di trance, e mi volto a guardarla, incredula, così come gli altri.

“Cosa?” dice Johanna.

Guardo la Coin. Il suo sguardo freddo. È come se avesse programmato tutto da tempo. Come se questo momento avesse fatto parte da sempre del suo piano.
Mi viene da vomitare. Non voglio stare qui. Voglio tornare a casa, nel distretto quattro. Voglio allontanarmi il più possibile da Capitol City e da tutto questo.

“No!” sento Peeta sbottare. “Io voto no, ovviamente! Non possiamo avere altri Hunger Games!”

“Perché no?” ribatte Johanna. “A me sembra giusto. Snow ha persino una nipote. Voto si.”

“Anche io,” dice Enobaria, distaccata “Lasciategli provare le loro stesse medicine.”

“E’ per questo che ci siamo ribellati! Ricordate?” Peeta ci scruta uno ad uno, soffermandosi su di me “Annie?”

Sento uno sciocco nella mia testa, come se un elastico si fosse rotto, e per un momento sono disorientata.

Lo voglio? Desidero davvero che i figli degli abitanti di Capitol provino lo stesso terrore che io, le persone presenti nella stanza e altri prima e dopo di noi hanno passato?
Mi porto una mano alla pancia, e so che non è questo il mondo in cui voglio che cresca questa creatura. “Io voto no come Peeta,” mormoro, e nel momento stesso in cui pronuncio queste parole, so di star facendo la cosa giusta.

“Così farebbe Finnick se fosse qui.”

 

Sono su un treno diretta al distretto quattro. Ci sono altre persone con me, gente che si trasferisce o che torna al proprio distretto dopo che tutto è finito.
Capitol è caduta. Snow è morto. Katniss ha ucciso la Coin, sorprendendo tutti.

Alla riunione, alla fine, i sì hanno vinto, e ciò significa che ci saranno dei nuovi Hunger Games entro qualche mese. Spero siano gli ultimi.
Quando vedo i primi squarci di oceano attraverso il finestrino del treno il battito del mio cuore iniziano ad accelerare, e sento la sua presenza ovunque. Quella semplice sensazione basta a riscaldarmi, a placare – seppur non del tutto – il dolore per la perdita e la tensione per il futuro. È una sensazione bizzarra, ma mi aggrappo ad essa con tutte le sue forze mentre il treno rallenta.

Raggiungo la spiaggia il prima possibile, camminando a passo svelto per le strette strade del distretto, per poi lasciarmi cadere sulla morbida sabbia una volta arrivata, con le onde del mare che mi sfiorano a malapena le dita dei piedi.

Ho amato Finnick quando credevo che tutto in me fosse da cancellare. Quando ho pensato che gli orrori dell'arena e i suoi fantasmi mi avevano fatto diventare davvero pazza.

L'ho amato quando ho capito che non eravamo così diversi. Che entrambi eravamo fragili, rotti, distrutti da un qualcosa di più grande di noi che si era abbattuto nelle nostre vite lasciando intorno a noi solo morte e dolore.
L'ho amato perché anche quando la realtà e i ricordi si confondevano, facendomi annaspare, lui mi inseguiva nei meandri della mia mente e mi riportava a galla.

Con la punta delle dita sfioro la protuberanza sempre più sporgente nella mia pancia, chiudendo gli occhi e lasciando che gli ultimi raggi di sole della giornata mi scaldino il viso.
Lo amo tuttora perché, nonostante tutto, continua a darmi una ragione per vivere e sperare che domani sia migliore.


 


Nota autrice: Ciao a te, eventuale lettore :D non so bene cosa scrivere perciò mi limiterò all'essenziale: ho amato leggere di questa coppia nei libri, sebbene non compaiano spesso insieme e non siano nemmeno i personaggi principali, l'amore tra Finnick e Annie sembra riecheggiare tra le pagine del libro, ed è una cosa che mi ha sempre spinto a chiedermi come lei abbia reagito alla morte di lui (considerando che nemmeno io posso dire di averla superata, maledetti scrittori/trici sadici!) e, conseguentemente, a generare questa one shot.
Perciò niente, è la mia prima fan fiction, e non so se ne seguiranno altre. E' anche la prima volta che mi espongo tanto e pubblico online un qualcosa che sia scritto da me, ma questo non significa che non accetto di ricevere recensioni, anzi >.<
Detto questo, ringrazio chiunque (se c'è) che abbia avuto la pazienza di leggere e, eventualmente, commentare.
Zdravei, folks!
  
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